In tema di fallimento, la stipulazione di un contratto di mutuo

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|22 febbraio 2021| n. 4694.

In tema di fallimento, la stipulazione di un contratto di mutuo con la contestuale concessione d’ipoteca sui beni del mutuatario, ove non risulti destinata a procurare a quest’ultimo un’effettiva disponibilità, essendo egli già debitore in virtù di un rapporto obbligatorio non assistito da garanzia reale, è revocabile, in presenza dei relativi presupposti, in quanto diretta, per un verso ad estinguere con mezzi anormali la precedente obbligazione, per altro verso a costituire una garanzia per il debito preesistente, dovendosi ravvisare il vantaggio conseguito dalla banca non già nella stipulazione del negozio in sé, ma nell’impiego dello stesso come mezzo per la ristrutturazione di un passivo almeno in parte diverso. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la pronuncia di merito che nel caso di due banche mutuanti, una sola delle quali vantava un un precedente credito nei confronti della mutuataria, non aveva differenziato la posizione dell’altra, la quale effettivamente aveva erogato le somme alla debitrice con contestuale iscrizione dell’ipoteca su suoi immobili, senza tuttavia beneficiare dell’estinzione anticipata del proprio credito).

Ordinanza|22 febbraio 2021| n. 4694

Data udienza 4 novembre 2020

Integrale

Tag/parola chiave: Fallimento – Opposizione allo stato passivo – Credito chirografario – Mutuo fondiario – Requisito temporale – “Periodo sospetto” – Azione revocatoria – Termini

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere

Dott. FERRO Massimo – Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1603/2015 R.G. proposto da:
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t. (OMISSIS), in qualita’ di rappresentante della (OMISSIS) S.P.A., rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO DELLA (OMISSIS) S.P.A. in liquidazione, in persona del curatore p.t. Dott. (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli Avv. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), con domicilio eletto presso lo studio del primo in (OMISSIS);
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso il decreto del Tribunale di Perugia depositato il 10 dicembre 2014;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4 novembre 2020 dal Consigliere Dott. Guido Mercolino.

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto del 10 dicembre 2014, il Tribunale di Perugia ha parzialmente accolto l’opposizione proposta dalla (OMISSIS) S.p.a., in nome e per conto della (OMISSIS) S.p.a., avverso lo stato passivo del fallimento della (OMISSIS) S.p.a. in liquidazione, ammettendo al passivo in via chirografaria un credito di Euro 1.012.039,47, derivante da un contratto di mutuo fondiario stipulato dalla societa’ fallita con l’opponente e la (OMISSIS) S.p.a. il 21 dicembre 2007.
A fondamento della decisione, il Tribunale ha richiamato innanzitutto l’orientamento giurisprudenziale che esclude la nullita’ del contratto di mutuo in caso di superamento del limite previsto dal Decreto Legislativo 1 settembre 1993, n. 385, articolo 38, comma 2, e dalla Delib. CICR 22 aprile 1995, rilevando inoltre che la concessione del mutuo era stata sicuramente voluta dalle parti, ed escludendone pertanto anche la simulazione. Ha osservato inoltre che l’utilizzazione della somma erogata per l’estinzione di pregresse esposizioni debitorie non comportava la nullita’ del contratto per difetto di causa, in quanto il mutuo fondiario non e’ configurabile come mutuo di scopo, precisando che essa poteva configurarsi al piu’ come un negozio indiretto volto a realizzare una forma anomala di pagamento, e quindi come un’operazione compiuta in frode ai creditori, nella misura in cui il risultato pratico perseguito dalle parti fosse costituito dalla trasformazione di un precedente credito chirografario in un credito ipotecario.
Tanto premesso, e ritenuto pacifico che il finanziamento era stato utilizzato in parte per l’acquisto dell’immobile destinato all’esercizio dell’impresa, in parte per l’estinzione di mutui ipotecari precedentemente concessi dalla (OMISSIS) S.p.a. e dalla (OMISSIS), mentre il residuo era confluito su un conto corrente acceso presso l’ (OMISSIS) S.p.a., all’epoca appartenente allo stesso gruppo di una delle Banche mutuanti, il Tribunale ha rilevato che all’epoca della stipulazione del contratto la (OMISSIS) aveva una rilevante esposizione debitoria, non ancora estinta alla data della dichiarazione di fallimento, osservando che, come emergeva dallo stato passivo, dopo la concessione del finanziamento la predetta situazione era peggiorata, invece di migliorare, ed aggiungendo che dall’esame dei bilanci e dai dati forniti dalla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia risultava una situazione di grave indebitamento e di grave debolezza finanziaria, nonche’ d’incapacita’ di far fronte alle passivita’ risalente all’esercizio 2005. Ha affermato che attraverso la concessione del finanziamento la (OMISSIS) e l’ (OMISSIS) non avevano trasformato propri crediti chirografari in crediti privilegiati, ma avevano ottenuto l’estinzione anticipata di mutui ipotecari, in tal modo assicurandosi l’integrale soddisfazione dei propri crediti in danno degli altri creditori, senza dover attivare le garanzie patrimoniali. Precisato inoltre che la concessione dell’ipoteca su tutti gli immobili costituiva di per se’ un atto di disposizione idoneo a determinare una diminuzione della garanzia patrimoniale del debitore nei confronti degli altri creditori, rendendone piu’ difficile, se non impossibile, il soddisfacimento, ha ritenuto che la Banca mutuante non potesse non essere consapevole di tale pregiudizio, essendo in grado di valutare i sintomi dello stato di dissesto attraverso l’esame dei bilanci e l’accesso alla Centrale dei Rischi.
Il Tribunale ha ritenuto infine provato il compimento dell’atto nel periodo sospetto, rilevando che il mutuo era stato concesso nel mese di dicembre 2007, mentre il fallimento era stato dichiarato nel mese di (OMISSIS). Ha concluso pertanto per la sussistenza dei requisiti prescritti dall’articolo 2901 c.c., precisando tuttavia che cio’ non precludeva l’ammissione al passivo in via chirografaria dell’importo corrispondente alla parte del mutuo effettivamente utilizzata.
3. Avverso la predetta sentenza la (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi. Il curatore del fallimento ha resistito con controricorso, proponendo ricorso incidentale, affidato ad un solo motivo, illustrato anche con memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo del ricorso incidentale, il cui esame risulta logicamente e giuridicamente prioritario rispetto a quello del ricorso principale, il controricorrente deduce la violazione dell’articolo 1344 c.c., osservando che, nell’escludere la nullita’ del contratto di mutuo per frode alla legge, il decreto impugnato non ha tenuto conto delle modalita’ di impiego della somma mutuata, utilizzata, in pendenza di una situazione di dissesto della mutuataria, per sostituire un credito chirografario con un credito privilegiato, in contrasto con il Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, articolo 216.
1.1. Il motivo e’ infondato.
In tema di nullita’ del contratto, questa Corte ha infatti affermato ripetutamente che, in assenza di una norma che vieti in via generale di porre in essere attivita’ negoziali pregiudizievoli per i terzi, il negozio lesivo dei diritti o delle aspettative dei creditori non puo’ considerarsi di per se’ illecito, sicche’ la sua conclusione non comporta una nullita’ per illiceita’ della causa, per frode alla legge o per motivo illecito determinante comune alle parti, dal momento che, a tutela di chi risulti danneggiato da tale atto negoziale, l’ordinamento appresta rimedi speciali, i quali comportano, in presenza di particolari condizioni, l’applicazione della sola sanzione dell’inefficacia (cfr. Cass., Sez. III, 31/10/2014, n. 23158; Cass., Sez. II, 11/10/2013, n. 23158; Cass., Sez. I, 4/10/2010, n. 20576). Tale principio, correttamente richiamato dal decreto impugnato, e’ stato ribadito anche in riferimento all’ipotesi di stipulazione di un mutuo ipotecario in violazione della L.Fall., articolo 216, comma 3, che punisce il reato di bancarotta preferenziale: in linea generale, si e’ infatti osservato che la violazione di una norma imperativa non da’ luogo necessariamente alla nullita’ del contratto, dal momento che l’articolo 1418 c.c., comma 1, facendo salva l’ipotesi in cui la legge disponga diversamente, impone all’interprete di accertare se il legislatore, anche nel caso d’inosservanza del precetto, abbia voluto salvaguardare la validita’ del negozio, mediante la predisposizione di un meccanismo alternativo idoneo a realizzare gli effetti della norma; nel caso in cui il debitore abbia effettuato pagamenti o simulato titoli di prelazione con l’intento di favorire uno o piu’ creditori a danno di altri, il predetto meccanismo e’ stato poi individuato nell’esercizio dell’azione revocatoria, la quale, comportando la dichiarazione d’inefficacia dell’atto, in quanto lesivo della par condicio creditorum, consente di escludere l’applicabilita’ della sanzione di nullita’ per illiceita’ della causa, ai sensi dell’articolo 1344 c.c.
2. Con il primo motivo del ricorso principale, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 2901 c.c. e della L.Fall., articoli 66 e 69-bis, nonche’ l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, osservando che, nel collocare l’atto nel periodo sospetto, il decreto impugnato non ha considerato che il contratto era stato stipulato il 27 dicembre 2007, mentre l’esclusione del titolo azionato aveva avuto luogo il 26 novembre 2013. Precisa che a tal fine non poteva assumere alcun rilievo la separata proposizione dell’azione di nullita’ del contratto, risalente al mese di dicembre 2013 (recte: 2012), dal momento che in quella sede non era stata dedotta la revocabilita’ del mutuo o dell’ipoteca, ma solo la violazione dei principi in tema di mutuo fondiario. Sostiene inoltre la contraddittorieta’ dell’accertamento compiuto in ordine al carattere fraudolento dell’atto, rilevando che il Tribunale da un lato ha escluso che il finanziamento avesse comportato la trasformazione di un credito chirografario in un credito privilegiato, e dall’altro ha affermato che l’estinzione anticipata del precedente credito ipotecario avrebbe consentito al creditore di ottenerne la soddisfazione integrale senza attivare la garanzia patrimoniale. Aggiunge che la concessione dell’ipoteca, oltre ad aver avuto luogo contestualmente alla stipulazione del mutuo, non ha comportato alcun danno per gli altri creditori, che erano titolari di crediti chirografari, dal momento che il precedente credito era anch’esso garantito da ipoteca sull’intero patrimonio della (OMISSIS). In via subordinata, afferma che, relativamente all’importo di Euro 259.367,68, non era configurabile alcuna forma di distrazione, essendo lo stesso confluito nel patrimonio della societa’ fallita e dalla stessa utilizzato per i propri fini istituzionali.
2.1. Il motivo e’ solo parzialmente fondato.
Benvero, non risulta agevolmente comprensibile il riferimento del decreto impugnato al “requisito temporale richiesto dall’articolo 2901 c.c., ossia il compimento dell’atto nel c.d. periodo di “sospetto””, in relazione al quale il Tribunale ha rilevato che la stipulazione del mutuo e la concessione dell’ipoteca avevano avuto luogo nel mese di dicembre 2007, mentre la dichiarazione di fallimento era stata pronunciata nel mese di (OMISSIS): considerato infatti che il decreto impugnato, rimasto incensurato sul punto, ha confermato la riconducibilita’ dell’eccezione d’inefficacia proposta dalla difesa del fallimento alla L.Fall., articolo 66 ed all’articolo 2901 c.c., deve ritenersi quanto meno inappropriato il richiamo al “periodo sospetto”, previsto dalla sola disciplina della revocatoria fallimentare (L.Fall., articolo 67), e non riferibile a quella ordinaria, la quale, anche se esercitata dal curatore del fallimento, resta soggetta esclusivamente al termine di prescrizione quinquennale stabilito dall’articolo 2903 c.c. Quest’ultimo termine non e’ tuttavia applicabile alla revocatoria proposta in via di eccezione dal curatore in sede di accertamento del passivo, dal momento che la L.Fall., articolo 95, comma 1, dispone, all’ultimo periodo, che “il curatore puo’ eccepire i fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto fatto valere, nonche’ l’inefficacia del titolo su cui sono fondati il credito o la prelazione, anche se e’ prescritta la relativa azione”, in tal modo codificando, anche in riferimento alla materia in esame, il noto principio generale quae temporalia ad agendum, perpetua ad excipiendum (cfr. Cass., Sez. I, 8/02/2019, n. 3778; 27/11/2013, n. 26504). In virtu’ di tale principio, e’ stato ritenuto inapplicabile alla revocatoria ordinaria anche il termine di decadenza triennale previsto dalla L.Fall., articolo 69-bis, comma 1, evidenziandosi per un verso il tenore testuale di tale disposizione, secondo cui il regime da essa introdotto riguarda le sole azioni “disciplinate” dalla sezione in cui e’ collocata, e quello della lfal
articolo 66, secondo cui l’azione revocatoria ordinaria proposta dal curatore si esercita “secondo le norme del codice civile”, ed osservandosi per altro verso che l’applicazione del predetto termine comporterebbe un indebolimento della tutela delle ragioni creditorie, nel caso in cui esse coinvolgano interessi (quelli della massa dei creditori) di valenza superiore a quello di cui e’ portatore un singolo creditore (cfr. Cass., Sez. I, 19/05/2020, n. 9136; 12/02/2019, n. 4244; Cass., Sez. III, 4/04/2017, n. 8680). Pertanto, pur dovendosi procedere alla correzione della motivazione del decreto impugnato, nella parte in cui ha escluso la scadenza del termine per la proposizione dell’azione revocatoria, implicitamente affermandone l’applicabilita’, non possono trovare accoglimento le considerazioni svolte dalla difesa della ricorrente in ordine all’avvenuta stipulazione del mutuo in epoca anteriore al quinquennio precedente al provvedimento di esclusione del credito ed all’impossibilita’ di ravvisare un atto interruttivo nell’azione di accertamento della nullita’ separatamente proposta prima della presentazione dell’istanza di insinuazione al passivo.
2.2. Sono invece fondate le censure concernenti la revocabilita’ del contratto di finanziamento con contestuale concessione d’ipoteca stipulato tra la Banca e la Societa’ fallita, in quanto finalizzato all’estinzione anticipata di un altro mutuo precedentemente stipulato tra le medesime parti, e quindi lesivo della par condicio creditorum.
In tema di azione revocatoria, questa Corte, all’esito di un articolato percorso giurisprudenziale, e’ pervenuta all’enunciazione del principio secondo cui la stipulazione di un contratto di mutuo con la contestuale concessione d’ipoteca sui beni del mutuatario, ove non risulti destinata a procurare a quest’ultimo un’effettiva disponibilita’, essendo egli gia’ debitore in virtu’ di un rapporto obbligatorio non assistito da garanzia reale, non integra necessariamente ne’ la fattispecie della simulazione del mutuo (volta a dissimulare la concessione di una garanzia per il debito preesistente), ne’ quella della novazione (consistente nella sostituzione del preesistente debito chirografario con un debito garantito), potendosi configurare anche come un procedimento negoziale indiretto, nell’ambito del quale l’importo pattuito viene effettivamente erogato ed utilizzato per l’estinzione del precedente debito chirografario: in tal caso, l’intera operazione e’ impugnabile per revocatoria, in presenza dei relativi presupposti, in quanto diretta per un verso ad estinguere con mezzi anormali la precedente obbligazione, e per altro verso a costituire una garanzia per il debito preesistente, dovendosi ravvisare il vantaggio conseguito dalla banca non gia’ nella stipulazione del mutuo fondiario in se’, ma nell’impiego dello stesso come mezzo per la ristrutturazione di un passivo almeno in parte diverso (cfr. Cass., Sez. I, 25/07/2018, n. 19746; 21/02/2018, n. 4202; 29/02/2016, n. 3955). Risulta pertanto superato il precedente indirizzo che, ravvisando nella fattispecie in esame un fenomeno simulatorio (caratterizzato dalla circostanza che le somme erogate non erano destinate a procurare un’effettiva disponibilita’ al mutuatario) o un accordo negoziale contraddistinto da un motivo illecito comune (consistente nello intento di ledere la par condicio creditorum), perveniva alla duplice conclusione della revocabilita’ della garanzia, in quanto costituita per un debito preesistente, e, in caso di fallimento, dell’impossibilita’ di ammettere al passivo il credito della banca (cfr. Cass., Sez. I, 9/10/2012, n. 17200; 7/01/2004, n. 12; 19/11/1997, n. 11495): si e’ infatti osservato che l’ammissione al passivo della somma mutuata risulta incompatibile con le sole fattispecie della simulazione e della novazione, e non anche con quella del negozio indiretto, poiche’ in tal caso la revoca dell’intera operazione comporterebbe pur sempre la necessita’ di ammettere al passivo la somma (realmente) erogata in virtu’ del mutuo revocato, atteso che all’inefficacia del contratto conseguirebbe pur sempre la necessita’ della restituzione, sia pur in moneta fallimentare (cfr. Cass., Sez. I, 20/03/2003, n. 4069).
Al predetto principio si e’ conformato il decreto impugnato, il quale, rilevato che l’importo del mutuo ipotecario fatto valere con l’istanza d’insinuazione al passivo era stato in parte utilizzato per l’estinzione anticipata di altri due mutui, uno dei quali precedentemente concesso da una delle due Banche partecipanti all’operazione, ed in parte versato su un conto corrente aperto presso una Banca appartenente al medesimo gruppo dell’altra Banca mutuante, ha ritenuto l’intera operazione senz’altro lesiva delle ragioni degli altri creditori, osservando che a) l’estinzione anticipata dei mutui preesistenti aveva costituito sicuramente un beneficio per i mutuanti, i quali avevano ottenuto anticipatamente l’integrale soddisfazione della propria pretesa senza dover attivare la garanzia patrimoniale, b) la concessione dell’ipoteca su tutti gli immobili costituisce di per se’ un atto dispositivo idoneo a determinare una diminuzione della garanzia patrimoniale generale del debitore, e c) contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, l’importo confluito sul conto corrente non era stato affatto utilizzato per tacitare tutti i creditori chirografari, molti dei quali a seguito della dichiarazione di fallimento della mutuataria erano stati ammessi al passivo.
L’estensione pura e semplice alla fattispecie in esame del principio enunciato dalla giurisprudenza di legittimita’ non tiene peraltro conto delle caratteristiche specifiche dell’operazione posta in essere tra la societa’ fallita e le due Banche, risultanti dallo stesso decreto impugnato, e consistenti nelle seguenti circostanze: a) una sola delle Banche mutuanti era creditrice in virtu’ di un precedente mutuo, b) entrambi i mutui preesistenti erano assistiti a loro volta da ipoteche, c) l’importo del mutuo era superiore al debito complessivamente derivante dai mutui preesistenti, d) una parte del predetto importo era stato utilizzato per l’acquisto dell’immobile destinato all’esercizio della impresa, e) l’altra Banca mutuante, per quanto risulta, non vantava un precedente credito nei confronti della societa’ fallita, f) il conto corrente sul quale era affluito il residuo importo del mutuo era stato aperto presso una Banca che, pur facendo parte dello stesso gruppo dell’altra Banca, costituiva un soggetto distinto da entrambe le mutuanti. La circostanza che soltanto una delle Banche mutuanti vantasse un precedente credito nei confronti della mutuataria avrebbe dovuto indurre a differenziare le rispettive posizioni, non potendo il principio richiamato trovare applicazione a quella che, non essendo titolare di un credito preesistente, aveva, per quanto risulta, effettivamente erogato l’importo di sua competenza, ottenendo contestualmente l’iscrizione dell’ipoteca sugli immobili della debitrice, senza poter beneficiare dell’estinzione anticipata del proprio credito. Il fatto poi che la ricorrente non fosse titolare di un precedente credito chirografario, ma di un credito garantito da ipoteca, avrebbe a sua volta imposto di riflettere sul beneficio dalla stessa effettivamente conseguito in virtu’ dell’operazione, le cui finalita’ avrebbero dovuto essere inoltre esaminate alla stregua del contenuto complessivo del contratto, non consistente nella semplice sostituzione di crediti preesistenti con nuovi crediti, ma comprendente anche la concessione di un finanziamento per l’acquisto di un immobile ed un’operazione di ristrutturazione dei debiti.
Questa Corte, nel ribadire l’assoggettabilita’ a revocatoria del mutuo ipotecario stipulato per l’estinzione di un precedente debito chirografario, ha infatti precisato che tale operazione va tenuta ben distinta da quella volta al rifinanziamento del debitore: premesso infatti che il ricorso al credito come mezzo di ristrutturazione del debito e’ previsto dalla stessa normativa vigente, che a mezzo della L.Fall., articoli 182-bis e 182-quater consente di rinegoziare i finanziamenti bancari anche nei riguardi dei debiti scaduti, si e’ osservato che “l’elemento caratteristico di tali operazioni e’ l’effettiva erogazione di nuova liquidita’ da parte della banca, funzionale non solo (e non tanto), quindi, all’azzeramento della preesistente esposizione debitoria, tutelando la banca mediante un’ipoteca configurabile come garanzia non contestuale, ma a rimodulare, per il tramite di nuove condizioni negoziali per esempio afferenti il tasso di interesse o rinnovate tempistiche dei pagamenti, l’assetto complessivo del debito nel contesto di una nuova veste giuridico-economica degli anteriori rapporti”. Nel caso in cui la predetta erogazione abbia effettivamente luogo, nel quadro di un’operazione non preordinata esclusivamente all’estinzione della precedente obbligazione ed al ripianamento (mediante l’iscrizione dell’ipoteca) del rischio di credito sottovalutato al momento della sua insorgenza, la banca si limita a svolgere la sua funzione istituzionale, fornendo all’impresa nuove disponibilita’ in conformita’ alle regole di corretta gestione di un rischio contestualmente assunto, e per questa nuovo (cfr. Cass., Sez. I, 29/02/2016, n. 3955; al riguardo, v. anche Cass., Sez. III, 8/04/2020, n. 7740).
In quest’ottica, la dichiarazione d’inefficacia dell’ipoteca concessa a garanzia del nuovo finanziamento avrebbe richiesto una piu’ ampia valutazione, comprendente anche un raffronto tra le condizioni concordate tra le parti e quelle alle quali erano stati accordati i precedenti mutui, nonche’ l’individuazione dei beni concessi in garanzia, non risultando del tutto chiaro, in proposito, la mera constatazione dell’estensione della nuova ipoteca a tutti gli immobili della societa’ debitrice, non accompagnata da alcuna precisazione in ordine alla consistenza di quelli precedentemente vincolati.
3. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli articoli 2901 e 2967 c.c. e della L.Fall., articoli 66 e 67, censurando il decreto impugnato nella parte in cui ha ritenuto che la Banca mutuante potesse essere a conoscenza dello stato d’insolvenza della societa’ fallita, in assenza di elementi sintomatici di tale conoscenza, e sulla base della mera attribuzione alla Banca del rango di operatore qualificato. Aggiunge che il Tribunale ha erroneamente conferito rilievo a due relazioni tecniche predisposte successivamente alla stipulazione del mutuo e recanti soltanto una disamina di carattere economico sull’andamento dell’impresa.
3.1. Il motivo e’ inammissibile.
In tema di azione revocatoria ordinaria, questa Corte ha avuto infatti modo di affermare ripetutamente che, quando l’atto dispositivo sia successivo al sorgere del credito, unica condizione per il suo esercizio e’ la conoscenza che il debitore abbia del pregiudizio delle ragioni creditorie, nonche’, per gli atti a titolo oneroso, l’esistenza di analoga consapevolezza in capo al terzo, la cui posizione, sotto il profilo soggettivo, dev’essere accomunata a quella del debitore. La relativa prova puo’ essere fornita anche mediante il ricorso ad elementi presuntivi, la cui valutazione, rimessa in via esclusiva al giudice di merito, e’ sindacabile in sede di legittimita’ esclusivamente ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame di un fatto che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e risulti idoneo ad orientare in senso diverso la decisione, ovvero ai sensi dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per inesistenza assoluta, mera apparenza o manifesta illogicita’ della motivazione (cfr. Cass., Sez. VI, 18/06/2019, n. 16221; Cass., Sez. III, 30/12/2014, n. 27546; Cass., Sez. II, 17/08/2011, n. 17327). Tali vizi nella specie non sono stati neppure dedotti, essendosi la ricorrente limitata ad insistere sull’insufficienza degli elementi presi in considerazione dal decreto impugnato, in tal modo dimostrando di voler sollecitare, attraverso la denuncia della violazione di legge, una nuova valutazione dei fatti, non consentita a questa Corte, alla quale non spetta il compito di riesaminare il merito della controversia, ma solo quello di verificare la correttezza giuridica e la coerenza logico-formale delle argomentazioni svolte nel provvedimento impugnato (cfr. Cass., Sez. VI, 7/12/2017, n. 29404; Cass., Sez. V, 4/08/2017, n. 19547; 16/12/2011, n. 27197).
4. Il decreto impugnato va pertanto cassato, nei limiti segnati dall’accoglimento parziale del primo motivo del ricorso principale, con il conseguente rinvio della causa al Tribunale di Perugia, che provvedera’, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

accoglie parzialmente il primo motivo del ricorso principale, dichiara inammissibile il secondo motivo, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata, in relazione alle censure accolte, e rinvia al Tribunale di Perugia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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