In tema di espulsione amministrativa dello straniero

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 16 aprile 2020, n. 12301.

Massima estrapolata:

In tema di espulsione amministrativa dello straniero con divieto di rientro nel territorio dello Stato per un periodo superiore a cinque anni, ai sensi dell’art. 13, comma 14, secondo periodo, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, secondo una lettura della norma coordinata con l’art. 11, par. 2, della Direttiva 2008/155/CE, ai fini dell’integrazione del parametro della “grave minaccia” per l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale, non è sufficiente l’inquadramento del soggetto in una delle categorie di pericolosità tipica previste dal d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, ma è necessario che il provvedimento di espulsione renda conto di una concreta ed accurata verifica del particolare livello di potenziale pericolosità del soggetto in relazione ai beni protetti.

Sentenza 16 aprile 2020, n. 12301

Data udienza 20 dicembre 2019

Tag – parola chiave: Immigrazione – Spaccio di droga – Durata del divieto di 5 anni per rientrare nel territorio nazionale – Pena modesta – Grave minaccia all’ordine pubblico o alla sicurezza nazionale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BONI Monica – Presidente

Dott. CENTOFANTI Francesco – Consigliere

Dott. MAGI Raffaell – rel. Consigliere

Dott. MINCHELLA Antonio – Consigliere

Dott. CENTONZE Alessandro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) (CUI (OMISSIS)) nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 05/03/2019 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. RAFFAELLO MAGI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. ZACCO FRANCA, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perche’ l’fatto non e’ previsto dalla legge come reato.
E’ presente l’avvocato (OMISSIS) del foro di PESARO che, associandosi alle richieste del P.G. di udienza, conclude per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.

IN FATTO E IN DIRITTO

1. La Corte di Appello di Bologna, con sentenza resa in data 5 marzo 2019 ha confermato l’affermazione di penale responsabilita’ di (OMISSIS) – di cui alla decisione di primo grado del Tribunale di Rimini del 18 settembre 2018 – per il reato di reingresso non autorizzato nel territorio dello stato posteriore ad espulsione amministrativa (ai sensi del Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 13, comma 13), con condanna alla pena di mesi sei di reclusione.
Il provvedimento amministrativo di espulsione risulta eseguito il 13 maggio del 2009.
1.1 In motivazione si afferma che non rileva – a fini di esclusione della punibilita’ – il decorso di un lasso temporale superiore a cinque anni, pacificamente intervenuto tra il momento dell’espulsione (del 13 maggio 2009) e quello del rientro (constatato il 17 settembre 2018), posto che la condotta di reingresso e’ avvenuta entro il termine di anni dieci indicato nel provvedimento di espulsione.
Non vi sarebbe, sul punto, alcuna violazione dei contenuti della direttiva n. 115/2008 CE posto che in tale strumento normativo si prevede espressamente (ai sensi dell’articolo 11) che la durata del divieto di reingresso puo’ superare il limite ordinario dei cinque anni se lo straniero costituisce una grave minaccia per l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale.
Tale sarebbe il caso di (OMISSIS) atteso che nel provvedimento amministrativo di espulsione si compie riferimento alla pericolosita’ del medesimo (soggetto inquadrabile nelle categorie di pericolosita’ generica di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 1), correlata ad una intervenuta condanna, nel 2007, per cessione di stupefacenti (alla pena di anni uno e giorni ventisette di reclusione) ed alla pendenza di analogo procedimento in corso per fatto analogo. Si tratta di condotte che giustificano, secondo la Corte territoriale, la maggior durata del divieto di reingresso, rappresentando reti di “grave allarme sociale”, sicche’ non vi sarebbe ragione di disapplicare, in tale parte, il provvedimento amministrativo violato.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione – a mezzo del difensore – (OMISSIS), articolando distinti motivi.
2.1 Il ricorrente deduce al primo motivo erronea applicazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico.
Si evidenzia, sul punto, che le circostanze di fatto del controllo depongono – come prospettato in sede di merito – nel senso della carenza di elemento psicologico. Fu l’imputato a presentarsi presso l’ufficio immigrazione della Questura di Rimini per chiedere il rilascio del permesso di soggiorno (per ricongiungimento familiare), convinto della durata inferiore del divieto di reingresso. Il punto non sarebbe stato congruamente affrontato in sede di merito.
2.2 Al secondo motivo deduce erronea applicazione di legge in riferimento alla estensione temporale del divieto di reingresso, superiore a cinque anni, con denunzia di violazione dei contenuti della direttiva n. 115/2008 CE.
Si rappresenta che il divieto di reingresso non poteva superare il limite temporale di cinque anni, in base ai contenuti della direttiva UE, con necessaria disapplicazione, li’ dove era stata determinata una durata superiore, del provvedimento amministrativo di espulsione.
La motivazione addotta per sostenere la deroga non sarebbe conforme ai contenuti della direttiva.
3. Il ricorso e’ fondato, al secondo motivo.
3.1 Questa Corte di legittimita’, sul punto sollevato dal ricorrente ed in tema di espulsione adottata in via amministrativa, ha in piu’ occasioni affermato che a seguito della vigenza delle disposizioni contenute nella direttiva 2008/155/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio va osservato il limite di durata del divieto di reingresso – determinato in via ordinaria in anni cinque – con insussistenza del reato di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 13, comma 13 li’ dove la condotta di reingresso sia avvenuta in epoca posteriore a tale limite massimo (tra le molte, v. Sez. I n. 44146 del 1.4.2016, rv 268291; Sez. I n. 12220 del 13.3.2012, rv 252214).
Nel caso in esame, data la pacifica ricorrenza di un tempo superiore a cinque anni tra la esecuzione della espulsione ed il reingresso, la Corte di Appello di Bologna ha ritenuto punibile la condotta in quanto sussistente la speciale ipotesi derogatoria contenuta nell’articolo 11 della citata direttiva UE – che facoltizza lo Stato membro a prevedere una maggior durata del divieto “se il cittadino di un paese terzo costituisce una grave minaccia per l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale”.
3.2 Tale opzione non puo’ essere condivisa.
La previsione derogatoria di cui all’articolo 11, comma 2 della direttiva 2008/115/CE implica, gia’ in sede di adozione del provvedimento di espulsione, una concreta ed accurata verifica della condizione di fatto che legittima una piu’ ampia durata del divieto, tale da integrare una condizione soggettiva che non puo’ rapportarsi ad una ordinaria “pericolosita’ sociale” ma deve raggiungere una consistente gravita’, si’ da rappresentare, la permanenza del soggetto nello Stato membro, una “grave minaccia” a beni giuridici di particolare rango e aventi una dimensione generale.
Non a caso la “traduzione” della previsione derogatoria di cui sopra, nell’ambito della legislazione interna e’ stata operata nel modo che segue, con l’intervento legislativo di modifica del testo dell’articolo 13, comma 14, ai sensi del Decreto Legge 89 del 23 giugno 2011, articolo 3: “14. Il divieto di cui al comma 13 opera per un periodo non inferiore a tre anni e non superiore a cinque anni, la cui durata e’ determinata tenendo conto di tutte le circostanze pertinenti il singolo caso. Nei casi di espulsione disposta ai sensi dei commi 1 e 2, lettera c), del presente articolo ovvero ai sensi del Decreto Legge 27 luglio 2005, n. 144, articolo 3, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 31 luglio 2005, n. 155, puo’ essere previsto un termine superiore a cinque anni, la cui durata e’ determinata tenendo conto di tutte le circostanze pertinenti il singolo caso..”.
Pur operandosi rinvio, in tale disposizione interna, alle categorie tipizzate di pericolosita’ sociale di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011 (in virtu’ del rinvio ai contenuti del comma 2, lettera c del medesimo articolo 13) il legislatore evidenzia, con clausola generica, la necessita’ di compiuta valutazione del caso concreto.
Tale disposizione – peraltro non richiamata nella decisione impugnata – va pertanto coordinata sistematicamente con i contenuti della direttiva UE nel senso che non appare sufficiente ad integrare il parametro della “grave minaccia” la semplice iscrizione (o iscrivibilita’) dello straniero in una delle ipotesi di pericolosita’ tipica previste dalla legge in tema di misure di prevenzione, dovendosi operare ulteriore valutazione del particolare livello di potenziale pericolosita’ del soggetto in riferimento ai beni protetti.
3.3 Cio’ posto, nel caso in esame tale condizione di “aggravata pericolosita’” e’ ictu oculi insussistente, attesa la modesta valenza del precedente per cessione di sostanze stupefacenti (data l’entita’ della pena inflitta) e la mera pendenza di un ulteriore procedimento per fatto analogo. Si tratta di circostanze di fatto del tutto inidonee a concretizzare il presupposto derogatorio alla ordinaria durata quinquennale del divieto, rappresentato dalla “grave minaccia per l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale”, nei sensi sin qui precisati.
Va pertanto constatata la non punibilita’ della condotta, per essere avvenuto il rientro oltre il termine dei cinque anni, con annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perche’ il fatto non sussiste.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ il fatto non sussiste.
Si da’ atto che il presente provvedimento, redatto dal relatore Consigliere Dr. Magi Raffaello, e’ sottoscritto dal solo Consigliere anziano del Collegio, Consigliere Dr. Centofanti Francesco, per impedimento alla firma del suo Presidente e dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, articolo 1, comma 1, lettera a).

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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