In tema di esecuzione l’incompetenza territoriale del pubblico ministero

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 23 aprile 2020, n. 12846.

Massima estrapolata:

In tema di esecuzione, l’incompetenza territoriale del pubblico ministero, in assenza di una specifica previsione di legge, non comporta la nullità dell’ordine di esecuzione, trattandosi di un atto privo di natura giurisdizionale.

Sentenza 23 aprile 2020, n. 12846

Data udienza 20 marzo 2020

Tag – parola chiave:Giudice dell’esecuzione – Ordine di esecuzione – Istanza di revoca – Irrevocabilità delle sentenze e dei decreti penali – Annullamento parziale – Rimessione al giudice del rinvio della sola questione relativa al riconoscimento di una circostanza aggravante – Pena non determinata ma determinabile nel minimo – Esecuzione – Necessità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZEI Antonella P. – Presidente

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere

Dott. CASA Filippo – rel. Consigliere

Dott. CENTOFANTI Francesco – Consigliere

Dott. APRILE Stefano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 27/09/2019 della CORTE APPELLO di MILANO;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. CASA FILIPPO;
lette le conclusioni del PG Dr. SPINACI Sante, che ha chiesto:
1) l’annullamento con rinvio dell’udienza impugnata limitatamente all’omessa motivazione sulla istanza di applicazione della disciplina della continuazione e di diniego della revoca della sospensione condizionale della pena concessa con sentenza del Tribunale di Pavia 8.11.2018;
2) la declaratoria di inammissibilita’, nel resto, del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza in epigrafe, la Corte d’appello di Milano, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza avanzata da (OMISSIS) per ottenere la revoca del provvedimento di esecuzione della pena n. 418/2019 SIEP emesso dal P.M. di Pavia il 24.7.2019 in relazione a due sentenze di condanna a complessivi cinque anni di reclusione.
In particolare, l’istante contestava l’eseguibilita’ della sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Pavia in data 9.10.2013 e confermata dalla Corte d’appello di Milano in data 30.5.2017, in quanto la Corte di Cassazione, con sentenza del 6.6.2019, aveva annullato la decisione di secondo grado limitatamente alle pene accessorie fallimentari, con rinvio ad altra sezione della Corte di merito, e rigettato nel resto il ricorso: dunque, non si era in presenza di un titolo eseguibile, benche’ fosse divenuta irrevocabile l’affermazione di responsabilita’ dell’imputato.
Secondo il Giudice a quo, viceversa, la sentenza di condanna del Tribunale di Pavia era divenuta definitiva quanto alle statuizioni di condanna relative alla responsabilita’ ed alle pene principali, sicche’ era stata correttamente posta in esecuzione.
2. Ricorre per cassazione l’interessato, per mezzo del difensore.
Il ricorrente premette che, con l’incidente di esecuzione, era stata prospettata l’illegittimita’ del provvedimento di esecuzione di pene concorrenti in quanto avente ad oggetto una sentenza di condanna non ancora definitiva, nonche’ l’incompetenza della Procura della Repubblica di Pavia ad emettere tale provvedimento, la mancanza dei presupposti per la revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena concessa con una precedente sentenza del Tribunale di Pavia e il riconoscimento della continuazione tra i reati oggetto delle sentenze di condanna.
2.1. Con il primo motivo di ricorso, deduce violazione di legge processuale e vizio di motivazione.
La Corte d’appello aveva ritenuto irrevocabile la sentenza di condanna benche’ la Corte di Cassazione avesse annullato la sentenza di secondo grado limitatamente alle pene accessorie fallimentari; tuttavia, costituendo le pene accessorie parte integrante della pena, la condanna alla pena principale di tre anni di reclusione non poteva considerarsi definitiva.
La motivazione sul punto appariva contraddittoria, perche’, da un lato, riconosceva la sentenza come non irrevocabile, dall’altro, rigettava l’incidente di esecuzione.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia violazione di legge processuale con riferimento alla competenza del P.M. ad emettere l’ordine di esecuzione: l’ordinanza impugnata riconosceva la competenza della Corte territoriale, sul presupposto che trattavasi di Giudice del rinvio, ma confermava la validita’ del provvedimento di esecuzione di pene concorrenti emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pavia che, invece, era illegittimo in quanto emesso da organo incompetente.
2.3. Con il terzo motivo, si lamentano violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena: non ricorrevano i presupposti per la revoca di diritto ai sensi dell’articolo 168 c.p., comma 1, n. 2, atteso che la sentenza di condanna condizionalmente sospesa era stata emessa l’8/11/2018, mentre la seconda sentenza di condanna era risalente al 9/10/2013. Non ricorreva nemmeno la diversa ipotesi di revoca di diritto ai sensi dell’articolo 168 c.p., comma 1, n. 1.
In ogni caso, l’ordinanza aveva ignorato quanto dedotto in sede di incidente di esecuzione.
2.4. Con il quarto ed ultimo motivo, il ricorrente deduce vizio di motivazione con riferimento alla richiesta di riconoscimento della continuazione tra i reati giudicati con le due sentenze in esecuzione, rimasta del tutto ignorata dalla Corte adita.
3. Il Procuratore Generale presso questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, limitatamente alla omessa motivazione sul diniego della revoca della sospensione condizionale della pena e sulla disciplina della continuazione, e per la declaratoria di inammissibilita’, nel resto, del ricorso.
4. Va precisato che del presente ricorso per cassazione, gia’ fissato per la camera di consiglio non partecipata del 10.3.2020, e’ stata disposta la trattazione all’odierna udienza – tenuta da Collegio straordinario appositamente formato – su espressa richiesta del difensore, motivata dallo stato detentivo del ricorrente, in base alle disposizioni contenute nel Decreto Legge n. 11 del 2020 e Decreto Legge n. 18 del 2020 e nel provvedimento n. 36/2020 del Primo Presidente per l’emergenza COVID 19.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato limitatamente all’omessa pronuncia sulla richiesta subordinata di applicazione della disciplina del reato continuato, mentre, nel resto, va dichiarato inammissibile.
1.1. Il primo motivo di ricorso e’ manifestamente infondato, alla luce della giurisprudenza elaborata nel tempo da questa Corte sul principio della cd. “formazione progressiva del giudicato”, per cui la sentenza di condanna divenuta irrevocabile in relazione all’affermazione di responsabilita’, anche composta da un unico capo, e contenente l’indicazione della pena determinata che l’imputato deve espiare – ovvero determinabile nel minimo e modificabile solo in aumento (laddove l’annullamento sia stato pronunciato limitatamente al trattamento sanzionatorio) va posta in esecuzione, in quanto l’irrevocabilita’ riguarda non soltanto i capi autonomi di sentenza, ma anche i punti di uno stesso capo (come quelli sulla responsabilita’ e sulla individuazione della pena) che non siano stati annullati e non siano in connessione essenziale con la parte oggetto di annullamento: ed invero, il termine di “parti della sentenza” utilizzato nell’articolo 624 c.p.p., che disciplina la formazione del giudicato a seguito del giudizio di cassazione e va correlato con l’articolo 650 c.p.p. (che disciplina l’esecutivita’ delle sentenze), e’ volutamente ampio e ricomprende sia i capi, sia i punti della sentenza, ai quali conferisce autorita’ di cosa giudicata, costituente il presupposto della loro esecutivita’ (Sez. 1, n. 1 del 19/1/2000, Tuzzolino, Rv. 216239 – 01; Sez. 1, n. 23592 del 5/6/2012, Martuzi, Rv. 253337 – 01; Sez. 1, n. 41941 del 21/9/2012″ Pitara’, Rv. 253622 – 01; Sez. 1, n. 12904 del 10/11/2017, dep. 2018, Centonze, Rv. 272610 – 01; Sez. 1, n. 43824 del 12/4/2018, Milito, Rv. 274639 – 01; Sez. 1, n. 33154 del 15/5/2019, Chirico, Rv. 277226 – 01).
1.1.1. Alla stregua del richiamato indirizzo ermeneutico, nel caso di specie, concernente l’annullamento parziale della sentenza emessa dalla Corte d’appello di Milano in data 30.5.2017, essendo stata rimessa al giudice di rinvio la sola questione relativa alle pene accessorie fallimentari, il giudicato formatosi sulla responsabilita’ dell’imputato e sulla individuazione della precisa entita’ della pena principale da espiare imponeva che la sentenza di condannai, contenente l’indicazione della pena detentiva irrogata al (OMISSIS) per effetto delle statuizioni non attinte dall’annullamento e prive di connessione essenziale con la parte annullata, fosse posta in esecuzione, sicche’ deve ritenersi ineccepibile la conclusione reiettiva cui e’ pervenuto il Giudice dell’esecuzione sull’istanza prioritaria dell’interessato riportata in premessa.
1.2. Manifestamente infondato e’ anche il secondo motivo di ricorso.
E’ stato condivisibilmente affermato, in tema di esecuzione, che l’ipotesi di incompetenza dell’organo del Pubblico ministero che ha proceduto alla emissione dell’ordine di esecuzione non puo’ condurre, nell’impianto sistematico del codice, alla nullita’ dell’ordine di esecuzione emanato, che resta atto non avente natura giurisdizionale e non autonomamente impugnabile, ai cui vizi puo’ porsi rimedio solamente mediante il ricorso all’incidente d’esecuzione e con l’intervento del giudice dell’esecuzione competente.
Posto che, sul piano formale, le nullita’ debbono essere prevedute dalla legge, si osserva che il caso d’incompetenza “territoriale” del Pubblico ministero in funzione di organo dell’esecuzione non rientra in alcuna delle ipotesi espressamente previste, ne’ e’ riconducibile ad alcuna delle disposizioni generali in tema di nullita’, che (ex articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera b) concernono l’iniziativa nell’esercizio dell’azione penale o la sua partecipazione al procedimento e, peraltro, si riferiscono all’istituto del Pubblico ministero considerato unitariamente come in relazione all’analoga dizione dell’articolo 185 c.p.p. del 1930 (Sez. 5, n. 31916 del 2/7/2007, Perilli, Rv. 237574 – 01; Sez. 3, n. 10126 del 29/01/2013 – dep. 04/03/2013, Di Cristo, Rv. 254978 – 01).
Va, poi, ricordato che la competenza in materia di esecuzione, nel caso in cui una sentenza sia divenuta definitiva soltanto in relazione ad alcuni capi o punti, essendo stato dalla Corte di cassazione disposto l’annullamento della stessa con rinvio in relazione ad altri, appartiene funzionalmente al Giudice di rinvio, anche qualora questi non si sia ancora pronunciato (Sez. 1, n. 3451 del 27/11/2017, dep. 24/1/2018, Confl. comp. in proc. Zanisi, Rv. 272407 – 01).
1.2.1. Cio’ detto, sebbene il provvedimento di esecuzione di pene concorrenti sia stato emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pavia, anziche’ dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Milano, Corte, quest’ultima, da individuarsi quale giudice competente, ai sensi dell’articolo 665 c.p.p., comma 3, nessuna omissione e’ contestabile sul punto al Giudice adito, il quale, per quanto detto, non avrebbe mai potuto dichiarare la nullita’ del provvedimento del P.M..
Suscettibile di annullamento sarebbe stata, viceversa, l’ordinanza eventualmente pronunciata da Giudice di esecuzione incompetente, nel caso in cui l’interessato, ad esempio, avesse adito il Tribunale di Pavia in luogo della competente Corte d’appello di Milano.
1.3. Manifestamente infondato e’ il terzo motivo di ricorso.
La censura sui presupposti della revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena concesso all’imputato con sentenza del Tribunale di Pavia in data 8.11.2018 (irrevocabile il 23.3.2019) avrebbe dovuto essere veicolata al Tribunale di Pavia, essendo quest’ultimo il Giudice dell’esecuzione formalmente investito dal P.M. territoriale della decisione sulla relativa richiesta di revoca, come risulta dal provvedimento di esecuzione di pene concorrenti emesso in data 24.7.2019, versato in atti (“chiede al Tribunale di Pavia quale giudice dell’esecuzione di revocare, ai sensi dell’articolo 168 c.p., comma 1, n. 2, il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso con la sentenza emessa in data 8.11.2018 dal Tribunale Ordinario di Pavia”).
Dunque, nessuna carenza di motivazione puo’ essere imputata alla Corte d’appello di Milano, alla quale, anche per quanto detto a proposito della non impugnabilita’ degli ordini di esecuzione del P.M.. (e a fortiori della parte concernente la formulazione di una mera “richiesta” di provvedimento), nessun onere motivazionale incombeva sul punto.
Fra l’altro, rammentato che la statuizione sulla revoca di diritto della sospensione della pena ha natura meramente dichiarativa (conseguendo automaticamente all’avvenuto accertamento delle condizioni previste dalla legge: Sez. 3, n. 10534 del 30/1/2008, P.G. in proc. Sciabica e altro, Rv. 239069 – 01), va detto che la prospettazione del P.M., nel caso in discussione, risulterebbe del tutto corretta, in quanto il (OMISSIS), nel quinquennio dalla irrevocabilita’ (23/3/2019) della prima, gia’ menzionata, sentenza di condanna, concessiva del beneficio, ha riportato una ulteriore condanna, divenuta irrevocabile il 4/6/2019 (sentenza del Tribunale di Pavia del 9.10.2013), per fatto anteriormente commesso (nel 2007) a pena (di anni tre), che, cumulata a quella precedente (anni due), supera i limiti stabiliti dall’articolo 163 c.p..
Sussisterebbero, quindi, i presupposti di legge integranti la fattispecie prevista dall’articolo 168 c.p., comma 1, n. 2), cosi’ come sostenuto dal P.M. di Pavia, sulla cui richiesta dovra’, in ogni caso, pronunciarsi il Giudice dell’esecuzione adito.
1.4. Fondato e’ l’ultimo motivo di ricorso,, in quanto, effettivamente, la Corte ambrosiana non si e’ pronunciata – e in questo caso avrebbe dovuto – sull’istanza, subordinata, di applicazione della disciplina della continuazione tra i reati giudicati con le due sentenze, prima menzionate, riportate nell’ordine di esecuzione emesso dal P.M. di Pavia.
Limitatamente a questa omissione, pertanto, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio per nuovo esame sul punto alla Corte d’appello di Milano.
Nel resto, come accennato in premessa, il ricorso va dichiarato inammissibile per le ragioni esposte.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente all’omessa pronuncia sulla richiesta subordinata di applicazione della disciplina del reato continuato, e rinvia per nuovo esame sul punto alla Corte d’appello di Milano.
Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.

 

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