In tema di disciplina penale dell’immigrazione clandestina

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|24 marzo 2021| n. 11328.

In tema di disciplina penale dell’immigrazione clandestina, la previsione di una sanzione penale pecuniaria per la contravvenzione di ingresso e permanenza illegale nel territorio dello Stato di cui all’articolo 10 bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 non contrasta con la direttiva del Parlamento e del Consiglio dell’Unione europea in materia di rimpatri del 16 dicembre 2008, n. 115, non costituendo ostacolo alla procedura di rimpatrio prevista dalla stessa, e, pertanto, non può essere disapplicata dal giudice.

Sentenza|24 marzo 2021| n. 11328

Data udienza 27 novembre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Immigrazione – Straniero – Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato – Rimpatrio – Ammenda – Pendenza dell’azione penale – Non ostacola il rimpatrio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TARDIO Angela – Presidente

Dott. FIORDALISI Domenico – rel. Consigliere

Dott. CASA Filippo – Consigliere

Dott. CENTOFANTI Francesco – Consigliere

Dott. APRILE Stefano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI CATANIA;
nel procedimento a carico di:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 08/11/2019 de GIUDICE DI PACE di CATANIA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. DOMENICO FIORDALISI;
lette le richieste scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. PINELLI MARIO MARIA STEFANO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Catania ricorre avverso la sentenza del G.d.P. di Catania, che ha assolto (OMISSIS) dal reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, di cui al Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286, articolo 10 bis. Secondo l’accusa, l’imputato in data (OMISSIS) e con condotta perdurante si sarebbe trattenuto sul territorio italiano, nella citta’ di (OMISSIS), privo del permesso di soggiorno.
Il G.d.P. ha evidenziato che, come rilevato anche dalla giurisprudenza comunitaria (Corte giustizia, 06/12/2012, Sagor), la fattispecie penale delineata dal combinato disposto dell’articolo 10 bis Testo Unico imm. e del Decreto Legislativo 28 agosto 2000, n. 274, articoli 53 e 55 non era conforme alla Direttiva U.E. 2008/115/CE, posto che il sistema di sanzioni in concreto irrogabili era idoneo a ritardare la procedura di allontanamento del soggetto e, quindi, ad ostacolare una politica realmente efficace del controllo dei flussi migratori nell’ambito dell’Unione Europea.
2. Il ricorrente lamenta inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli articoli 10 bis Testo Unico imm., Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 36, comma 2, articoli 53 e 55 perche’ il G.d.P. avrebbe omesso di considerare che la giurisprudenza di legittimita’ ha gia’ avuto modo di chiarire che la fattispecie contravvenzionale prevista dall’articolo 10 bis Testo Unico imm. non viola la c.d. direttiva Europea sui rimpatri (Direttiva U.E. 2008/115/CE), non comportando alcun intralcio alla finalita’ primaria perseguita dalla direttiva predetta di agevolare ed assecondare l’uscita dal territorio nazionale degli stranieri extracomunitari privi di valido titolo di permanenza e non e’ in contrasto con l’articolo 7, par. 1, della medesima, che, nel porre un termine compreso tra i 7 e 30 giorni per la partenza volontaria del cittadino di paese terzo, non per questo trasforma da irregolare a regolare la permanenza dello straniero nel territorio dello Stato (Sez. 1, n. 951 del 22/11/2011, dep. 2012, Gueye, Rv. 251671).
Il ricorrente, pertanto, evidenzia che la previsione di una pena pecuniaria non sia di ostacolo all’esecuzione dell’espulsione dello straniero, posto che la citata direttiva non vieta che il diritto di uno Stato membro possa qualificare il soggiorno irregolare dello straniero alla stregua di reato e preveda, quindi, sanzioni penali al fine di scoraggiare e reprimere la commissione di siffatta infrazione. La norma interna, inoltre, non sarebbe in contrasto con la normativa comunitaria nemmeno in ordine al dedotto ritardo, e quindi ostacolo, alla procedura di allontanamento (questione che, inoltre, nel caso di specie sarebbe del tutto irrilevante, posto che il giudizio si e’ svolto in assenza dell’imputato). A tal fine, il ricorrente evidenzia che la durata massima della permanenza domiciliare e’ di 45 giorni (ai sensi del Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 53, comma 2), circostanza che non puo’ ostacolare seriamente la procedura di rimpatrio, tenendo presente che l’articolo 7 della citata direttiva prevede che possa essere concesso un termine tra sette e trenta giorni per l’allontanamento, salvi i casi di pericolo di fuga (per i quali e’ previsto l’allontanamento immediato) o per motivi familiari (circostanza per la quale, viceversa, il periodo puo’ essere prorogato). Inoltre, la sostituzione della pena pecuniaria con lavoro sostitutivo e’ prevista solo in caso di mancata esecuzione per insolvibilita’ (ai sensi del Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 55, comma 1), circostanza che non puo’ rappresentare un ostacolo alla procedura di allontanamento, poiche’ il soggetto rimane in stato di liberta’. In ogni caso, il ricorrente evidenzia che il giudice italiano puo’ disporre l’espulsione dello straniero come sanzione sostitutiva, anche ai sensi dell’articolo 16, comma 1 Testo Unico imm. e Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 62 bis. A cio’ si aggiunga che il legislatore ha recepito la citata direttiva con il Decreto Legge 24 giugno 2011, n. 89 (convertito, con modificazioni, dalla L. 2 agosto 2011, n. 129), con il quale, tra le altre disposizioni, ha sostituito con sanzioni penali pecuniarie le sanzioni detentive previste dal previgente articolo 14, comma 5-ter Testo Unico imm., ritenendole incompatibili con la predetta normativa comunitaria. Successivamente, la L. 28 aprile 2014, n. 67 avrebbe depenalizzato la fattispecie di cui all’articolo 10 bis Testo Unico imm., sebbene con una legge delega che il governo non avrebbe ancora attuato. Infine, il ricorrente evidenzia che la stessa direttiva ha ammesso l’ipotesi di revisione dell’ordine di allontanamento e la sospensione della sua esecuzione, oltre che il trattenimento seppure finalizzato al rimpatrio, circostanze sintomatiche del fatto che il procedimento amministrativo del rimpatrio possa coesistere con altre procedure.
Il giudice di merito, quindi, si e’ limitato ad affrontare una questione teorica, invece di disporre l’eventuale rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, oppure sollevare questione di legittimita’ costituzionale.
Il Procuratore generale di questa Corte, Mario Pinelli, con atto del 30.11.2020, conclude per l’accoglimento del ricorso.
L’imputato in replica alle conclusioni del Procuratore generale, con memoria del 16.11.2020 eccepisce l’intervenuta prescrizione del reato in data (OMISSIS), perche’ vi e’ un unico atto interruttivojil decreto di citazione a giudizio, e che non si applica al procedimento de quo il Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, articolo 83 e il Decreto Legge 8 aprile 2020, n. 23, articolo 36; che hanno stabilito la sospensione della prescrizione dal 9 marzo 2020 all’11 maggio 2020 e che il procedimento instaurato a seguito del ricorso e’ stato iscritto il 30 maggio 2020 e pertanto non ricade nel periodo in cui ricade la sospensione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato.
Rispetto al contenuto della disciplina penale applicabile al caso di specie, e’ errato in diritto, in funzione della disapplicazione di tale disciplina, il richiamo al contenuto della giurisprudenza comunitaria (Corte di giustizia, 28 aprile 2011, EI Dridi) che ha affermato il contrasto con gli articoli 15 e 16 della direttiva del Parlamento Europeo e dei Consiglio 16 dicembre 2008, 2008/115/CE, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno e’ irregolare, e della disciplina italiana contenuta nel Testo unico in materia di immigrazione al tempo della pronuncia vigente, prevedente l’irrogazione della pena della reclusione al cittadino di un paese terzo il cui soggiorno era irregolare per la sola ragione che questi, in violazione di un ordine di lasciare entro un determinato termine il territorio di tale Stato, avesse a permanere in detto territorio senza giustificato motivo.
Orbene, e’ proprio in considerazione del contenuto di tale decisione che il legislatore nazionale ha emanato il Decreto Legge 24 giugno 2011, n. 89 (convertito, con modificazioni, dalla L. 2 agosto 2011, n. 129), che – tra le altre disposizioni – ha sostituito con sanzioni penali pecuniarie le sanzioni detentive previste nel previgente articolo 14, comma 5-ter Testo Unico imm., che la citata sentenza della Corte di giustizia aveva ritenuto incompatibili con le pertinenti disposizioni della direttiva.
Il G.d.P. ha quindi disapplicato una disciplina sanzionatoria diversa da quella ritenuta dalla citata sentenza El Dridi contrastante con gli articoli 15 e 16 della citata direttiva. Al riguardo, e’ opportuno precisare che la Direttiva U.E. 2008/115/CE, per come interpretata dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea, non si prefigge l’obiettivo di armonizzare integralmente le norme degli Stati membri sul soggiorno degli stranieri e, quindi, non vieta che il diritto di uno Stato membro qualifichi come reato il soggiorno irregolare e preveda sanzioni penali per scoraggiare e reprimere la commissione di siffatta infrazione (Corte giustizia, 06/12/2011, Achughbabian; Corte giustizia, 06/12/2012, Sagor).
Con particolare riferimento alla disciplina penale dell’ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato contenuta nell’articolo 10 bis Testo Unico imm., la stessa Corte di giustizia, con la citata sentenza Sagor e con l’ordinanza 21 marzo 2013, in causa C-522/11, Mbaye, ha chiarito che: l’adozione e l’esecuzione delle misure di rimpatrio previste dalla Direttiva U.E. 2008/115/CE non vengono ritardate o in altro modo ostacolate dalla circostanza che e’ pendente un’azione penale come quella prevista dal Testo unico in materia di immigrazione, dal momento che il rimpatrio previsto agli articoli 13 e 14 citato Testo unico puo’ essere realizzato indipendentemente da tale azione penale e senza che quest’ultima debba essere stata accolta; il fatto che l’azione penale conduca all’applicazione della pena dell’ammenda non e’ di per se’ fatto idoneo ad ostacolare la procedura di rimpatrio sancita dalla direttiva, non impedendo in alcun modo l’applicazione di una pena pecuniaria che una decisione di rimpatrio sia adottata ed attuata nella piena osservanza delle condizioni enunciate agli articoli 6 – 8 Direttiva U.E. 2008/115/CE, ne’ pregiudica le norme comuni in materia di adozione di provvedimenti restrittivi della liberta’ enunciate agli articoli 15 e 16 di tale direttiva; infine, la direttiva non osta alla normativa di uno Stato membro che sanzioni il soggiorno irregolare di cittadini di paesi terzi con un’ammenda sostituibile con la pena dell’espulsione, ma tale facolta’ di sostituzione puo’ essere esercitata solo se la situazione dell’interessato corrisponde a una di quelle previste dall’articolo 7, par. 4, di tale direttiva.
Conformandosi al contenuto di tali pronunzie, la giurisprudenza di legittimita’, formatasi dopo le modificazioni al Testo unico in materia di immigrazione recate dal Decreto Legge n. 89 del 2011, ha avuto quindi modo di precisare che la sostituzione della pena dell’ammenda con l’espulsione coattiva ai sensi dell’articolo 16 Testo Unico imm. e’ consentita ad eccezione che: a) emerga dagli atti il concreto rischio di fuga da parte dello straniero, che dovra’ essere apprezzato caso per caso dal giudice in base a un esame individuale della situazione dello straniero, giacche’, ove tale rischio non sussista, lo straniero ha diritto a una decisione di rimpatrio che gli riconosca, ai sensi dell’articolo 7 della direttiva, un termine per la partenza volontaria, che non e’ in facolta’ del giudice di pace concedergli; b) risulti accertato che e’ effettivamente possibile l’esecuzione immediata dell’espulsione e che non sussiste alcuna delle condizioni ostative di cui all’articolo 14, comma 1 Testo Unico imm. Entro tali limiti, la fattispecie contravvenzionale non puo’ pero’ essere oggetto di disapplicazione (Sez. 1, n. 45544 del 15 settembre 2015, Ahmed, Rv. 265233).
In conclusione, in tema di disciplina penale dell’immigrazione clandestina, la previsione di una sanzione penale pecuniaria per la contravvenzione di ingresso e permanenza illegale nel territorio dello Stato di cui all’articolo 10 bis Testo Unico imm., non contrasta con la Direttiva del Parlamento e del Consiglio dell’Unione Europea in materia di rimpatri del 16 dicembre 2008, n. 115, non costituendo ostacolo alla procedura di rimpatrio prevista dalla stessa, e, pertanto, non puo’ essere disapplicata dal giudice (Sez. 1, n. 12130 del 20/02/2019, Nyassi, Rv. 275049).
2. L’eccezione di prescrizione e’ infondata, perche’ in data 29.5.2020 e’ stata disposta la sospensione dei termini di prescrizione, sicche’ tale sospensione produce effetto fino all’udienza odierna.
3. All’accoglimento del ricorso consegue l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio al G.d.P. di Catania per un nuovo giudizio, tenendo presente che, in caso di annullamento da parte della Corte di cassazione di una sentenza inappellabile del Giudice di Pace, il giudice di rinvio va individuato in altro Giudice di Pace del medesimo ufficio in diversa persona fisica (Sez. 5, n. 2669 del 06/11/2015, dep. 2016, Raspini, Rv. 265711).

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Giudice di Pace di Catania, in diversa persona fisica.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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