In tema di diritto di difesa del minore

Corte di Cassazione, sezione quarta penale, Sentenza 7 aprile 2020, n. 11541.

Violato il diritto di difesa del minore se si afferma la sua non imputabilità perché di età inferiore ai 14 anni senza garantirgli un dibattimento nel quale può interloquire. Nello specifico l’accusa era di furto.

Sentenza 7 aprile 2020, n. 11541

Data udienza 30 gennaio 2020

Tag – parola chiave: Furto aggravato – Minore – Giudice che pronuncia una sentenza di non luogo a procedere nei confronti di un minore non imputabile – Età inferiore ai 14 anni – Violazione del diritto di difesa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI SALVO Emanuele – Presidente

Dott. NARDIN Maura – rel. Consigliere

Dott. ESPOSITO Aldo – Consigliere

Dott. BRUNO Mariarosaria – Consigliere

Dott. CENCI Daniele – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 11/12/2018 del GIP TRIB. MINORENNI di ROMA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. MAURA NARDIN;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. TAMPIERI Luca;
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’ per carenza di interesse;
udito il difensore;
E’ presente l’avv. (OMISSIS) del Foro di Roma in difesa di (OMISSIS) e (OMISSIS) che si riporta ai motivi del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 11 dicembre 2018 il G.I.P. presso il Tribunale per i minorenni di Roma ha dichiarato il non luogo a procedere, Decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 1988, ex articolo 26 nei confronti di (OMISSIS) e di (OMISSIS), in ordine al reato di furto aggravato in concorso, in quanto di eta’ minore di anni quattordici all’epoca dei fatti, e quindi non imputabili.
2. Avverso la sentenza propone ricorso il difensore d’ufficio di (OMISSIS) e di (OMISSIS), formulando un unico motivo di ricorso, con il quale si duole della violazione della legge processuale in relazione al disposto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 1988, articolo 26 per avere il giudice pronunciato immediata declaratoria di non imputabilita’ delle imputate, violandone il diritto di difesa. Assume che l’interpretazione della norma, data dalla decisione, che prescinde dal positivo accertamento della responsabilita’ per il reato ascritto, implica l’impossibilita’ per il minorenne di interloquire, in violazione dell’articolo 6 CEDU e dell’articolo 40 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, implicando, tuttavia, il pregiudizio dell’iscrizione nel casellario giudiziale ed ipoteticamente, nei casi piu’ gravi, anche l’adozione di una misura di sicurezza. Sottolinea che la giurisprudenza di legittimita’, dopo diversi indirizzi intepretativi, e’ ormai costante nell’affermare che la sentenza di non luogo a procedere per difetto di imputabilita’ presuppone il necessario accertamento dei fatti, per i quali si procede, nonche’ della responsabilita’ del minore degli anni quattordici. Conclude per l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere accolto.
2. Il provvedimento, con il quale il G.I.P. del Tribunale dei minorenni di Roma ha dichiarato il non luogo a procedere per difetto di imputabilita’ delle minori infraquattordicenni, e’ stato pronunciato senza provvedere all’instaurazione del contraddittorio, tramite la fissazione dell’udienza preliminare ed il previo avviso all’esercente la potesta’ genitoriale, ai sensi dell’articolo 31, comma 3 Decreto del Presidente della Repubblica cit.. Siffatta disposizione, che regola lo svolgimento dell’udienza preliminare nel processo minorile, nondimeno, non contraddice affatto la previsione di cui all’articolo 26 medesimo D.P.R., che consente al giudice di dichiarare anche d’ufficio il non luogo a procedere, in ogni stato e grado del procedimento, allorquando sia accertato che l’imputato sia minore degli anni quattordici e come tale persona non imputabile (cfr. Sez. 3, n. 45441 del 20/09/2016, M e altri, Rv. 267836; nonche’ Sez. 5, n. 35189 del 22/06/2011, M., Rv. 251200).
3. Il diverso orientamento secondo il quale sarebbe consentita una pronuncia de plano posto che “La previsione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 1988, articolo 26 impone al giudice di dichiarare immediatamente con sentenza, in ogni stato e grado del procedimento, il non luogo a procedere quando accerti che l’imputato sia minore degli anni quattordici, considerato che l’articolo 97 c.p. stabilisce una presunzione assoluta di non imputabilita’ e, quindi, anche di assoluta incapacita’ processuale che prescinde dall’effettivo riscontro della capacita’ di intendere e volere in capo al minore infraquattordicenne (…)” (Sez. 5, n. 49863 del 25/11/2009 – dep. 29/12/2009, Maggini e altro, Rv. 245815; Sez. 1, n. 16118 del 14/02/2019 C, Rv. 275892), non pare condivisibile.
4. Non solo, infatti, la declaratoria di non luogo a procedere e’ pronunciata con sentenza, cioe’ con un provvedimento di contenuto intrinsecamente giurisdizionale, senza che l’interessato sia neppure informato del contenuto dell’accusa, ma comporta conseguenze virtualmente pregiudizievoli, quale l’applicazione di misure di sicurezza ex articolo 224 c.p., laddove il minore infraquattordicenne sia ritenuto pericoloso, o anche la semplice iscrizione nel casellario giudiziale Decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre del 2002, n. 313, ex articolo 3, comma 1, che viene cancellata solo al raggiungimento della maggiore eta’.
5. Come gia’ efficacemente osservato da questa Corte di legittimita’ “la formula terminativa di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 1948, articolo 26, non puo’ essere considerata ampiamente liberatoria, alla stessa stregua di quelle di cui all’articolo 129 c.p.p.. Conseguenza ne e’ la eventuale applicazione dell’articolo 224 c.p.. Si profila, pertanto, una sostanziale incompatibilita’ tra il dettato del predetto articolo 26 e quello del ricordato articolo 224 c.p., atteso che il primo pretende che, preso atto della eta’ infraquattordicenne della persona nei cui confronti le indagini sono state promosse o dovrebbero esserlo, il giudice emani sentenza di non luogo a provvedere, omettendo o sospendendo – secondo tale “lettura” – qualsiasi eventuale accertamento nel merito, mentre il secondo lascia aperta la possibilita’, a seguito della decisione sopra indicata, della applicazione di provvedimenti anche fortemente incisivi sulla liberta’ personale o, quantomeno, su quella di movimento. E cio’ anche dopo che la Corte costituzionale, con la sentenza 20 gennaio 1971, ha eliminato l’automatismo di cui all’articolo 224 c.p., comma 2; anzi, a ben vedere, proprio l’abolizione di tale automatismo rende ancor piu’ problematica la coordinazione tra le due norme, atteso che, da un lato, il giudicante deve immediatamente dichiarare non luogo a provvedere, una volta effettuato il semplice accertamento anagrafico, dall’altro, dovrebbe essere in grado di conoscere il merito e di scandagliare la personalita’ del minore, allo scopo di valutare la necessita’ di applicare la misura di sicurezza. Conseguentemente, sembrerebbe permanere nell’ordinamento una irragionevole situazione di contrasto e di stallo, con evidenti implicazioni circa la sospetta costituzionalita’ dell’una o dell’altra norma o del loro combinato disposto” (Sez. 1, n. 16769 del 10/04/2015, non massimata).
6. A cio’ deve aggiungersi, secondo la medesima pronuncia, che l’orientamento contrario, che consente di dichiarare de plano la non imputabilita’ del minore di anni quattordici, si pone in contrasto sia con principii di rango costituzionale (in particolari con l’articolo 3 Cost., articolo 10 Cost., articolo 24 Cost., comma 2, articoli 76, 111, 112 Cost.), che con norme sovranazionali, quali l’articolo 40 della Convenzione di New York e l’articolo 6 CEDU, non consentendo la piena esplicazione del diritto di difesa.
7. Depone a fondamento della tesi sostenuta anche quanto affermato con la sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, in data 11 dicembre 2008, ric. n. 4268/04, Panovits v. Cyprus, che affronta il tema della salvaguardia della condizione di particolare vulnerabilita’ del minore nel processo penale e della sua incidenza sul contenuto degli obblighi positivi che discendono dalla CEDU, ovvero sulle misure che gli Stati devono adottare per assicurare il pieno godimento dei diritti alle persone di minore eta’ sottoposte alla loro giurisdizione. Cosi’, ad esempio, secondo la Corte EDU, lo Stato e’ tenuto ad organizzare il processo penale a carico di un minore tenendo conto dell’eta’, del livello di maturita’ e del grado di sviluppo delle capacita’ intellettive ed emotive dell’accusato, in modo da consentirgli di comprendere e partecipare attivamente al procedimento, esercitando pienamente il diritto alla difesa garantito dall’articolo 6 CEDU (la sent. Panovits v. Cyprus, cit. al par. 67, ha chiarito che “Il diritto di un minore accusato alla partecipazione effettiva al suo processo penale richiede che sia trattato con il dovuto rispetto per la sua vulnerabilita’ e capacita’ fin dalle prime fasi del suo coinvolgimento in un’indagine penale” – e che- “Le autorita’ devono adottare misure per ridurre il piu’ possibile i propri sentimenti di intimidazione e inibizione e garantire che il minore accusato abbia un’ampia comprensione della natura dell’indagine, di cio’ che e’ in gioco per lui o lei, compreso il significato di qualsiasi sanzione che puo’ essere inflitta, nonche’ dei suoi diritti di difesa e, in particolare, del suo diritto al silenzio (SC v. Regno Unito, n. 60958/00, § 29, CEDU 2004 IV). Significa che lui o lei, se necessario con l’assistenza di, ad esempio, un interprete, un avvocato, un assistente sociale o un amico, dovrebbero essere in grado di comprendere la spinta generale di cio’ che viene detto dall’agente di arresto e durante le sue interrogazioni da parte della polizia (ibid).)”.
8. Si tratta di considerazioni che inducono a propendere per la necessita’ di assicurare al minore, ancorche’ infraquattordicenne e come tale non imputabile, la piu’ ampia difesa al fine di scongiurare, consentendogli la partecipazione al processo nel pieno contraddittorio, qualsiasi effetto pregiudizievole derivante dal coinvolgimento in un affare penale, ivi compresi – ovviamente – effetti diversi dall’applicazione della sanzione penale, quali l’applicazione di una misura di sicurezza o, anche, la semplice annotazione della sentenza di proscioglimento su certificato del casellario penale, tenuto conto della possibile ricaduta del proscioglimento per difetto di imputabilita’, accompagnato da dette misure, sul pieno ed incondizionato inserimento sociale del minore, nella delicata fase dello sviluppo della personalita’.
9. La sentenza impugnata deve essere, dunque, annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale per i minorenni di Roma.
10. Va disposto l’oscuramento dei dati personali.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia, per nuovo giudizio, al Tribunale dei minorenni di Roma.
In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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