In tema di differimento facoltativo dell’esecuzione della pena

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 26 maggio 2020, n. 15848.

Massima estrapolata:

In tema di differimento facoltativo dell’esecuzione della pena, sussiste l’interesse del condannato ad impugnare il provvedimento con cui, riconosciuta la situazione di cui all’art. 147, comma primo, n. 2 cod. pen., venga applicata, in luogo del richiesto differimento, la misura alternativa della detenzione domiciliare, di cui all’art. 47-ter, comma 1-ter, ord. pen., attesa la diversità di effetti, tanto sotto il profilo dello stato di esecuzione della sanzione quanto sotto il corrispondente profilo dello “status libertatis” del condannato, tra il rinvio dell’esecuzione e la prosecuzione di quest’ultima nella forma della detenzione domestica.

Sentenza 26 maggio 2020, n. 15848

Data udienza 21 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Procedimento penale – Articolo 147 cp – Differimento della pena facoltativo – Articolo 47 ter ordinamento penitenziario – Detenzione domiciliare – Presupposti – Pericolosità sociale – Valutazione del giudice di merito – Criteri

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZEI Antonella P. – Presidente

Dott. SIANI Vincenzo – rel. Consigliere

Dott. BIANCHI Michele – Consigliere

Dott. CENTOFANTI Francesco – Consigliere

Dott. CAIRO Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 18/07/2019 del TRIB. SORVEGLIANZA di PERUGIA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. SIANI VINCENZO;
lette le conclusioni del PG Dr. LIGNOLA Ferdinando, che ha chiesto dichiararsi la inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza in epigrafe, resa in data 18 luglio 2019, il Tribunale di sorveglianza di Perugia, sull’istanza promossa nell’interesse di (OMISSIS) condannato in espiazione della pena dell’ergastolo, gia’ in differimento pena nelle forme della detenzione domiciliare, come da ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Milano del 20 marzo 2018, detenzione domiciliare prorogata in via provvisoria dal Magistrato di sorveglianza di Spoleto con provvedimento del 3 maggio 2019 -, istanza finalizzata, non alla prosecuzione della detenzione domiciliare, ma al differimento della pena tout court, ha disposto ancora il differimento della pena fino al 3 maggio 2020, ma sempre nelle forme della detenzione domiciliare ex articolo 47-ter, comma 1-ter, Ord. pen., da eseguirsi in (OMISSIS), presso l’abitazione di (OMISSIS), con autorizzazione ad assentarsene ogni giorno per due ore per attendere alle sua necessita’ personali, dalle ore 18:00 alle ore 20:00, fino al 30 settembre 2019, e dalle ore 10:00 alle ore 12:00, nel tempo seguente.
Il Tribunale, dopo aver appurato la persistenza della grave infermita’ legittimante il rinvio dell’esecuzione della pena, ha ritenuto che l’effetto dovesse essere ancora (non il differimento tout court ex articolo 147 c.p., bensi’) la perdurante utilizzazione dell’istituto della detenzione domiciliare ex articolo 47-ter, comma 1-ter, Ord. pen., istituto gia’ applicato senza violazioni nel recente periodo, da considerarsi l’unica misura tale da offrire la necessaria garanzia della maggiore cautela rispetto alla pericolosita’ sociale del condannato.
2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore di (OMISSIS) chiedendone l’annullamento senza rinvio, con il differimento della pena e l’immediata rimessione in liberta’ del condannato, o, in via subordinata, con rinvio, sulla base di un unico motivo con cui lamenta il vizio di motivazione con riferimento alla concretezza e attualita’ della pericolosita’ sociale del soggetto, che pure si e’ riconosciuto versare in una condizione di grave infermita’ fisica.
Secondo la difesa, la motivazione posta a base del giudizio di pericolosita’ risulta assiomatica, stilemica e illogica, siccome in insanabile contrasto con i dati oggettivi: per essa viene reiterata la censura di astrattezza con cui, nel precedente giudizio, la Corte di cassazione con decisione del 9 novembre 2016 aveva annullato il provvedimento di rigetto dell’istanza di differimento della pena formulata dal condannato, facendo carico ai giudici di merito di non aver spiegato se e in quel modo un soggetto con le funzioni vitali compromesse e in condizioni di oggettivo scadimento fisico, potesse effettivamente concepire e realizzare ulteriori condotte illecite; ne’ si e’ dato riscontro, sottolinea il ricorrente, al certificato di provenienza della ASL Umbria in data 25 marzo 2019 attestante che (OMISSIS) e’ portatore di handicap in situazione di gravita’, mentre lo stesso provvedimento di proroga della detenzione domiciliare emesso dal Magistrato di sorveglianza il 20 marzo 2018, eseguito il 26 marzo 2018, era stato ottemperato dal condannato in autonomia, dato che egli era stato abbandonato fuori del carcere di Milano Opera, senza l’ausilio dell’indispensabile carrozzina, con modalita’ inumane, ma a riprova dell’assenza di pericolosita’, e, con un taxi, senza scorta, aveva raggiunto Foligno, sede dell’ulteriore detenzione extramuraria.
Ricordato l’iter pregresso, con l’originario rigetto dell’istanza in toto, annullato con rinvio dalla suindicata pronuncia di legittimita’, la successiva ordinanza emessa dal Tribunale di sorveglianza di Milano del 20 marzo 2018, che aveva disposto l’espiazione della pena in detenzione domiciliare, ex articolo 47-ter, comma 1-ter, Ord. pen., e la conclusiva sentenza della Corte di cassazione n. 7920 del 13/12/2018, dep. 2019, che aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione, il ricorrente ha evidenziato che nella nuova istanza aveva specificamente dedotto l’assoluta non configurabilita’ di qualsivoglia periculum libertatis, ma il Tribunale di sorveglianza di Perugia, replicando l’errore compiuto in precedenza dai giudici di sorveglianza di Milano, si sarebbe discostato dalla linea segnata dalla prima sentenza di legittimita’ omettendo ogni integrazione in punto di valutazione della pericolosita’ sociale del condannato, nonostante che, con memoria del 15 aprile 2019, si fosse ribadita l’illiceita’ di ogni restrizione della liberta’ del condannato, in assenza di pericolosita’, e si fosse anche criticata la base logica su cui avevano ragionato i giudici di legittimita’ nella seconda sentenza nella parte in cui avevano negato la sussistenza in capo a (OMISSIS) dell’interesse attuale e concreto, una volta ottenuta la detenzione domiciliare, a insistere nel differimento della pena, cosi’ lasciando che si perpetuasse il vizio censurato dalla prima sentenza di legittimita’ circa l’illogicita’ della valutazione di pericolosita’ formulata in modo astratto, senza collegarla alle condizioni di salute del soggetto, per il riscontro delle quali le relazioni redatte dal consulente tecnico nominato all’epoca del giudizio di merito avevano confermato che non era possibile ipotizzare che (OMISSIS) potesse autonomamente allontanarsi da casa e compiere atti violenti contro terzi, avendo egli bisogno di essere pressoche’ completamente assistito nelle attivita’ della vita quotidiana.
In definitiva, per il ricorrente, solo il differimento dell’esecuzione della pena senza vincoli avrebbe potuto salvaguardare la persona del condannato.
La difesa ha anche dato conto del procedimento iniziato innanzi alla Corte EDU da (OMISSIS) contro lo Stato italiano con riferimento al succitato procedimento di sorveglianza anzitutto per la violazione dell’articolo 5, oltre che dell’articolo 6, CEDU.
3. Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, essendo l’opzione assunta dal Tribunale di sorveglianza fondata su una valutazione congrua della pericolosita’ del condannato ed essendo carente l’interesse di (OMISSIS) a dolersi della – contestualmente riconosciuta – detenzione domiciliare, misura ancorata, non solo alla condizione di pericolosita’ del condannato in ragione del grave delitto commesso, con l’evenienza di un pericolo di reiterazione non escluso dalle condizioni del soggetto, ma anche al rischio che (OMISSIS) si sottragga all’esecuzione della pena dell’ergastolo irrogatagli.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La Corte ritiene che l’impugnazione non sia fondata.
2. Il Tribunale, a specificazione dell’approdo raggiunto, ha anzitutto rilevato che la nota pervenuta dal Commissariato di Polizia di Foligno e l’allegata relazione sanitaria hanno descritto le condizioni generali mediocri in cui si trova (OMISSIS), il quale, in situazione di cecita’ all’occhio destro per neoplasia oculare, dopo aver subito l’intervento di gastrectomia totale e plurimi interventi per ernie discali lombari, presenta ipostenia agli arti superiori, a sinistra, tonotrofismo della muscolatura degli arti inferiori, ridotto ma conservato, con stazione eretta mantenuta solo poche decine di secondi, nonche’ piaga da decubito al gluteo destro, con diagnosi di paraparesi esitata dagli interventi al rachide lombare, compromissione motoria con impossibilita’ alla deambulazione e al mantenimento della stazione eretta, in una condizione complessivamente cronicizzata, tuttavia senza conseguenze sulle principali funzioni vitali. I giudici di merito hanno anche dato atto che non sono emerse note negative circa il precedente periodo trascorso in detenzione domiciliare. Quanto ai precedenti penali di (OMISSIS), la loro considerazione ha fatto emergere in particolare l’omicidio della moglie commesso nell’aprile 2008, per il quale egli sta espiando l’ergastolo, nonche’ antecedenti reati di sfruttamento della prostituzione e di falso, commessi nel 1999.
Questo essendo il quadro valutato, le condizioni di salute del condannato sono state ritenute dal Tribunale come ancora gravi e non compatibili con l’esecuzione della pena detentiva in carcere, in particolare per la compromissione della deambulazione e per la condizione di quasi cecita’, di guisa che il caso e’ stato considerato rientrare fra quelli che legittimano il differimento della pena, in modo omologo a quello disposto dal Tribunale di sorveglianza di Milano relativamente a (OMISSIS) per il tempo immediatamente precedente.
Tuttavia, in ordine al sollecitato differimento secco ai sensi dell’articolo 147 c.p., il Tribunale, considerando la gravita’ del reato commesso, le relative connotazioni e la pena perpetua inflittagli, ha ritenuto che (OMISSIS) si trovi in posizione per la quale si rende necessario che l’esecuzione penale prosegua nelle forme della detenzione domiciliare, la quale si profila adeguata sotto il profilo dell’erogazione delle cure che necessitano al condannato e, nel contempo, idonea a contenere il pericolo di recidiva nel reato e di sottrazione del condannato all’esecuzione della pena dell’ergastolo, tenuto conto che i deficit di autonomia di (OMISSIS) non escludono i suindicati, concreti rischi, dal momento che le funzioni vitali non sono intaccate e nemmeno emerge che il reo debba restare collegato per la sopravvivenza a macchine o strumenti particolari: il punto di equilibrio e’ stato individuato nella persistente utilizzazione della detenzione domiciliare ex articolo 47-ter, comma 1-ter, Ord. pen., sola misura – fra le due – a offrire l’adeguata garanzia di cautela rispetto alla pericolosita’ sociale del condannato.
3. Premesso cio’, il Collegio ritiene che l’impugnazione non possa essere dichiarata inammissibile per carenza di interesse, non apparendo potersi giungere a questa conclusione sulla sola scorta del carattere surrogatorio della misura della detenzione domiciliare a durata prestabilita ex articolo 47-ter, comma 1-ter, Ord. pen., rispetto al rinvio dell’esecuzione della pena previsto, per quanto qui rileva, in via facoltativa dall’articolo 147 c.p..
3.1. Si muove dall’assodato principio di diritto secondo cui, anche in tema di differimento facoltativo della pena detentiva, ai sensi dell’articolo 147 c.p., comma 1, n. 2), e’ necessario che la malattia da cui e’ affetto il condannato sia grave, vale a dire tale da porre in pericolo la vita o da provocare rilevanti conseguenze dannose e, comunque, da esigere un trattamento che non si possa facilmente attuare nello stato di detenzione, e che poi si operi un bilanciamento tra l’interesse del condannato ad essere adeguatamente curato e le esigenze di sicurezza della collettivita’, cosi’ che nella relativa sintesi siano osservati anche i principi costituzionali della conformita’ della pena al senso di umanita’ e della sua costante funzionalizzazione al fine rieducativo, nel rispetto del diritto alla salute del condannato, tenuto sempre conto che l’ultimo comma della suddetta norma stabilisce che il provvedimento di differimento non puo’ essere adottato o, se e’ stato adottato, va revocato se sussiste il concreto pericolo della commissione di delitti.
Pertanto, quando sia formulata l’istanza di rinvio dell’esecuzione della pena per grave infermita’, deve valutarsi se le condizioni di salute del condannato risultino o no compatibili con la finalita’ rieducativa della pena stessa e, dunque, con la concreta prospettiva di reinserimento sociale ad essa consentanea.
Si puo’, in tale prospettiva, addivenire all’accoglimento dell’istanza quando, effettuata la ponderazione degli elementi caratterizzanti la concreta situazione e tenuto conto della natura dell’infermita’ e di un’eventuale prognosi infausta quoad vitam, si stabilisca che l’espiazione della pena in quelle condizioni sarebbe contraria al senso di umanita’ per le sproporzionate sofferenze che ne deriverebbero, oppure sarebbe ormai priva di significato rieducativo a causa della fattuale impossibilita’ di dare una qualsivoglia apprezzabile prospettiva futura agli effetti della sanzione detentiva sul condannato, avendo riguardo anche agli stati morbosi o al generale scadimento fisico in grado talmente avanzato da determinare una situazione di esistenza al di sotto di una soglia di dignita’, da rispettarsi pure nella restrizione carceraria (v. Sez. 1, n. 27352 del 17/05/2019, Nobile, Rv. 276413; Sez. 1, n. 53166 del 17/10/2018, Cina’, Rv. 274879; Sez. 1, n. 789 del 18/12/2013, dep. 2014, Mossuto, Rv. 258406).
Di conseguenza, il giudice chiamato a decidere sul differimento dell’esecuzione della pena deve effettuare un bilanciamento tra le istanze sociali correlate alla pericolosita’ del detenuto e le condizioni di salute di quest’ultimo, con riguardo sia all’astratta idoneita’ dei presidi sanitari e terapeutici disponibili, sia alla concreta adeguatezza della possibilita’ di cura e assistenza che nella situazione specifica puo’ assicurarsi al predetto, valutando pure le possibili ripercussioni del mantenimento del regime carcerario in termini di aggravamento del quadro clinico (Sez. 1, n. 37062 del 09/04/2018, Acampa, Rv. 273699).
3.2. Nella cornice cosi’ delineata, appare in prima approssimazione da condividersi l’affermazione che l’insussistenza delle condizioni richieste per la concessione del rinvio facoltativo (od obbligatorio) dell’esecuzione della pena preclude, di massima, l’applicabilita’ della detenzione domiciliare per un periodo di tempo determinato previsto dall’articolo 47-ter, comma 1-ter, Ord. pen., in quanto tale istituto e’ privo di un ambito applicativo autonomo, potendo – la relativa misura – essere riconosciuta, in via surrogatoria, a condizione che ricorrano i presupposti legittimanti il differimento della pena ai sensi dell’att. 147 c.p. (o 146) (Sez. 1, n. 47868 del 26/09/2019, Paiano, Rv. 277460; Sez. 1, n. 25841 del 29/04/2015, Coku, Rv. 263971; Sez. F, n. 38036 del 28/08/2014, Sibio, Rv. 261235).
Assodato cio’ quanto alla verifica delle condizioni necessarie per l’accesso al differimento dell’esecuzione in senso lato, peraltro non va trascurata la specificazione in base’ alla quale – se, pur in presenza di gravi infermita’, il condannato presenti comunque margini di pericolosita’ sociale contenibili dal contesto detentivo domiciliare e, quindi, sussistano, nel bilanciamento tra le esigenze del condannato stesso e quelle della difesa sociale, elementi che facciano ritenere necessario un residuo e piu’ tenue controllo da parte dello Stato – la scelta giudiziale puo’ adeguatamente orientarsi nella disposizione, in luogo del rinvio dell’esecuzione della pena, della detenzione domiciliare per il termine di durata stabilito e prorogabile (v. le indicazioni provenienti da Sez. 1, n. 25841 del 29/04/2015, cit., Sez. 1, n. 4750 del 14/01/2011, Tinelli, Rv. 249794; Sez. 1, n. 23512 del 08/04/2003, Bisogno, Rv. 224424; Sez. 1, n. 656 del 28/01/2000, Ranieri, Rv. 215494).
E’ in tale ultima prospettiva che si inscrive il condiviso principio secondo cui, nelle ipotesi in cui potrebbe essere disposto in rinvio obbligatorio o facoltativo della esecuzione della pena ai sensi degli articoli 146 e 147 c.p., il tribunale di sorveglianza, anche in mancanza di una richiesta dell’interessato, puo’ disporre ex officio la detenzione domiciliare, ove ritenga tale misura piu’ rispondente sia agli interessi della collettivita’ che a quelli del condannato, valutati questi ultimi oggettivamente e complessivamente, anche nella prospettiva dell’ineludibilita’ della esecuzione della pena, una volta venute meno le ragioni del rinvio (Sez. 1, n. 12565 del 03/03/2015, Cizmic, Rv. 262301).
3.3. Si ritiene, dunque, acquisito (come ha ribadito Corte Cost. n. 99 del 2019, allorche’ ha dichiarato la parziale incostituzionalita’ dell’articolo 47-ter, comma 1-ter, ord. pen.) che la detenzione domiciliare umanitaria o in deroga puo’ essere utilizzata dal giudice in modo tale da salvaguardare il fondamentale diritto alla salute del detenuto, qualora esso sia incompatibile con la sua permanenza in carcere, e, contemporaneamente, le esigenze di difesa della collettivita’, la quale va protetta dalla potenziale pericolosita’ che sia residuata in capo al soggetto.
La misura surrogatoria, percio’, puo’ essere impiegata quando potrebbe essere disposto il rinvio obbligatorio o facoltativo dell’esecuzione della pena, in alternativa alla pura e semplice sospensione dell’esecuzione suddetta, cosi’ da rendere piu’ duttile il complessivo istituto, onde perseguirne meglio la ratio, affinche’ – in determinati casi, valutabili secondo il prudente apprezzamento del giudice di merito – l’esecuzione della pena prosegua nella forma, meno rigorosa, della detenzione domiciliare come effetto del miglior bilanciamento del diritto alla salute del condannato con le esigenze di tutela sociale.
Peraltro, il legislatore non ha fornito criteri espliciti per orientare la scelta fra rinvio secco dell’esecuzione e detenzione domiciliare a durata prestabilita, di guisa che e’ corretto ritenere che, in questo delicato snodo, la discrezionalita’ che il tribunale di sorveglianza esercita sia certamente ampia.
In effetti, il giudice di merito deve compiere una duplice valutazione: prima, verifica la sussistenza delle condizioni richieste dalla legge per disporre il differimento e, poi, dispone, eventualmente, la detenzione domiciliare in alternativa alla sospensione dell’esecuzione, qualora ricorrano ragioni particolari.
La sua valutazione, per questo secondo ambito, va dunque orientata, nella rilevata assenza di parametri normativi espressi, a enucleare la ragione per la quale – sul piano delle caratteristiche del soggetto delle sue condizioni personali e familiari, nonche’ sul piano della gravita’ e durata della pena da espiare – la misura della detenzione domiciliare risulta, anche per la sua suscettibilita’ di essere conformata in concreto con prescrizioni, piu’ adeguata al perseguimento delle finalita’ umanitarie e assistenziali, nell’equilibrato rispetto delle concomitanti esigenze di tutela della collettivita’.
In tal senso, il giudice di merito, dispiegando l’ampio potere discrezionale che la legge gli attribuisce, ha il potere-dovere di individuare le ragioni per le quali propende per l’applicazione dell’istituto nella forma surrogatoria della detenzione domiciliare, dandone la corrispondente spiegazione.
3.4. Nella cornice cosi’ tratteggiata, deve coerentemente ritenersi che il destinatario del provvedimento di rinvio dell’esecuzione della pena declinato nella forma della detenzione domiciliare a durata prestabilita abbia interesse a impugnare il provvedimento stesso deducendo il vizio della motivazione resa a supporto della decisione.
Se, infatti, il tribunale di sorveglianza e’ tenuto, pur nelle grandi linee determinate dal dispiegamento dell’ampia discrezionalita’ attribuitagli dall’ordinamento, a dare conto dell’opzione effettuata, non puo’ negarsi che il destinatario di tale opzione abbia titolo a sottoporla al controllo di legittimita’, essendo chiaro che l’alternativa fra il rinvio secco dell’esecuzione della pena e la prosecuzione della sua esecuzione nella forma della detenzione domestica attiene a situazioni che – pur muovendo da un comune presupposto (l’esistenza delle gravi infermita’, nel caso del rinvio facoltativo di cui’ all’articolo 147 c.p., comma 1, n. 2) – producono effetti sensibilmente diversi, tanto sotto il profilo dello stato di esecuzione della sanzione quanto sotto il corrispondente profilo dello status libertatis del condannato: sicche’ non appare contestabile che anche la sfera di quest’ultimo venga diversamente incisa dall’una o dall’altra determinazione, sia per l’oggetto del provvedimento, sia per le valutazioni (anche in punto di apprezzamento della residua pericolosita’ sociale) che hanno determinato il relativo esito.
Pertanto, non puo’ essere condivisa la linea, fatta propria dall’Autorita’ requirente, della carenza di interesse del condannato a impugnare il provvedimento con cui, riconosciuta la situazione di cui all’articolo 147 c.p., si e’ disposto che il rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena avvenga nelle forme della detenzione domiciliare di cui all’articolo 47-ter, comma 1-ter, Ord. pen. (ne’ pare persuasivo il riferimento a Sez. 7, ord., n. 9641 del 17/06/2015, dep. 2016, Callipari, Rv. 266212, il contenuto della cui decisione, al di la’ della massima, afferiva a caso in cui si era assodato che la scelta era stata fra differimento obbligatorio e differimento facoltativo della pena ed era stata compiuta sulla scorta di una valutazione di sussistenza di una pericolosita’ sociale residua, per il cui contenimento era stata ritenuta adatta la detenzione domiciliare).
Del pari, non potrebbe essere ritenuta dirimente in tal senso la stessa declaratoria di inammissibilita’ resa in sede di legittimita’ a conclusione del procedimento pregresso relativo alla posizione di (OMISSIS) (declaratoria emessa con la sentenza n. 7920 del 2018, dep. 2019, cit.), data la dialettica connotante il thema decidendum ivi dedotto nel giudizio di rinvio, all’esito della sentenza rescindente, tenuto pure conto che anche quella declaratoria aveva, fra gli altri argomenti, evidenziato che era emersa la residua condizione di pericolosita’ sociale del condannato, ancorata all’obiettiva gravita’ della condotta, elemento considerato non manifestamente irragionevole rispetto alla prognosi del pericolo di condotte antisociali, pericolo che le pur gravi condizioni di salute del condannato erano state considerate tali da non escludere in-modo radicale.
L’impugnazione, dunque, risulta basata su un interesse attuale e concreto del ricorrente e, per questo verso, e’ ammissibile.
4. Il ricorso, tuttavia, non e’ fondato.
Indiscussa l’emersione della grave infermita’ fisica sussumibile sotto il modello disciplinato dall’articolo 147 c.p., comma 1, n. 2, la scelta della detenzione domiciliare a durata prestabilita in luogo del rinvio tout court dell’esecuzione della pena operata dal Tribunale di sorveglianza di Perugia, in consecutio con la precedente e recente decisione del Tribunale di sorveglianza di Milano, e’ stata determinata dalla motivata evenienza di una residua pericolosita’ sociale del condannato, non esclusa dalle pure pregiudicate condizioni di salute e non contenibile appieno se non con la succitata misura surrogatoria.
Si tratta di una valutazione giustificata dai giudici di sorveglianza sulla base della notevolissima gravita’ dei reati commessi da (OMISSIS), riguardata anche in relazione al pesante orizzonte espiativo della pena in esecuzione e inscritta in una situazione personale non tale, in se’, da precludere il dispiegamento della pericolosita’ residua nella commissione di ulteriori reati, anche in chiave di sottrazione del condannato all’in’eludibile esecuzione in corso.
Questa giustificazione si profila adeguata, in rapporto alla situazione di fatto valutata, e non irragionevole, in tal senso costituendo congrua spiegazione del modo in cui il Tribunale, seguendo la linea tracciata nel precedente provvedimento di merito e gia’ confortata dalla relativa definitivita’, senza l’emersione di elementi nuovi determinanti, ha impiegato la discrezionalita’ affidatagli dalla legge.
Richiamare per contrastare il provvedimento impugnato la pregressa decisione di legittimita’ (quella n. 53424 del 20169), come fa il ricorrente, concreta la prospettazione di un argomento improprio: quella decisione aveva annullato la prima ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Milano, di rigetto dell’istanza, per la carenza motivazionale rilevata in essa li’ dove aveva concluso per la compatibilita’ delle pregiudicate condizioni di salute di (OMISSIS) con il prosieguo della detenzione inframuraria: approdo superato con il provvedimento emesso nel seguente giudizio rescissorio che aveva riconosciuto, invece, al condannato la detenzione domiciliare a durata prestabilita, con valutazione che aveva superato indenne il nuovo controllo di legittimita’.
Per il resto, le considerazioni svolte per censurare l’ordinanza impugnata imperniate sul postulato della carenza di ogni pericolosita’, postulato idoneamente contrastato nel provvedimento – non appaiono idonee a destituire di fondamento la decisione assunta e, per molta parte, si estrinsecano nella prospettazione di valutazioni dei fatti di segno alternativo a quelle adeguatamente espresse dai giudici di sorveglianza (cosi’, la recriminazione di essersi fatto carico, (OMISSIS), con i propri mezzi e senza scorta del trasferimento da Milano nella nuova sede della detenzione domiciliare fa riferimento a fatto che costituisce elemento suscettibile di essere interpretato anche nel senso complessivamente posto a base del provvedimento criticato).
In definitiva, la decisione del Tribunale di sorveglianza di far proseguire per (OMISSIS) la detenzione domiciliare a durata prestabilita costituisce il terminale di valutazioni che, nel loro insieme, non si pongono in contrasto con alcun principio di diritto e nemmeno con i canoni di logica.
Il provvedimento, dunque, e’ tale da superare il controllo di legittimita’, dal cui esito si trae, di conseguenza, l’infondatezza della doglianza esaminata.
5. Corollario delle considerazioni svolte e’ il rigetto dell’impugnazione, statuizione a cui segue, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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