In tema di diffamazione l’esimente del diritto di critica

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 5 giugno 2020, n. 17243.

Massima estrapolata:

In tema di diffamazione l’esimente del diritto di critica postula una forma espositiva corretta, strettamente funzionale alla finalità di disapprovazione e che non trasmodi nella gratuita ed immotivata aggressione dell’altrui reputazione, ma non vieta l’utilizzo di termini che, sebbene oggettivamente offensivi, hanno anche il significato di mero giudizio critico negativo di cui si deve tenere conto alla luce del complessivo contesto in cui il termine viene utilizzato. (Fattispecie in cui la Corte non ha ritenuto esorbitante dai limiti della critica legittima l’accusa di “assoluta incapacità ad organizzare il reparto” rivolta al direttore di un Pronto Soccorso da un consigliere del comitato consultivo di un’Azienda Ospedaliera che, nell’esercizio delle proprie funzioni di controllo dell’attività e dell’organizzazione aziendale, evidenziava reali disservizi organizzativi e sollecitava i dovuti controlli).

Sentenza 5 giugno 2020, n. 17243

Data udienza 19 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Diffamazione – Missiva – Frase offensiva dell’altrui reputazione – Elemento soggettivo del delitto – Animus iniuriandi vel diffamandi – Sufficiente il dolo generico anche in forma eventuale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Francesca – Presidente

Dott. DE GREGORIO Edoardo – Consigliere

Dott. MICHELI Paolo – Consigliere

Dott. ROMANO Michele – Consigliere

Dott. RICCARDI Giuseppe – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 04/10/2018 del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere RICCARDI GIUSEPPE;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PICARDI Antonietta, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio perche’ il fatto non costituisce reato;
udito il difensore della parte civile, Avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo il rigetto e depositando nota spese;
udito il difensore, Avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa il 04/10/2018 il Tribunale di Santa Maria Capua vetere ha confermato la sentenza del Giudice di Pace di Casetta, che aveva condannato (OMISSIS) alla pena di Euro 300,00 di multa per il reato di cui all’articolo 595 c.p., per avere, in qualita’ di Presidente dell’ (OMISSIS) e Componente del Comitato Consultivo Misto dell’Azienda (OMISSIS), con una nota inviata al Presidente del Comitato Misto, al Direttore Generale e al Direttore Organizzazione e Sviluppo, offeso la reputazione del Dott. (OMISSIS), direttore dell’U.O.C. del Pronto Soccorso, accusandolo di incapacita’ professionale nell’organizzazione del reparto, che aveva portato all’aggressione di utenti da parte del personale infermieristico.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), deducendo tre motivi.
2.1. Con un primo motivo denuncia la violazione di legge in relazione all’articolo 595 c.p.: la nota era stata inviata agli organi dell’azienda ospedaliera per tentare di far luce sulle difficolta’ che inficiavano l’andamento del reparto, di Pronto soccorso, esprimendo preoccupazione per le problematiche emerse, e sfociate in un alterco tra personale infermieristico e alcuni pazienti; le espressioni adoperate, tuttavia, sarebbero prive di capacita’ offensiva, in quanto non vi sarebbe un’aggressione alla persona del Dott. (OMISSIS), ma l’esposizione di problemi riguardanti l’andamento complessivo del reparto; l’intervento ha riguardato esclusivamente il profilo professionale, e non personale.
Mancherebbe altresi’ il dolo della diffamazione, in quanto l’intenzione non era quella di offendere il Dott. (OMISSIS), ma di esprimere preoccupazione per l’andamento del reparto di Pronto soccorso, con la sola finalita’ di Investire di un controllo e di una valutazione circa probabili irregolarita’ o mere disfunzioni.
2.2. Con un secondo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla lettura parziale delle prove, essendo emerso che il Dott. (OMISSIS) aveva irrogato un provvedimento disciplinare al personale infermieristico in seguito all’alterco riferito dall’articolo di giornale.
2.3. Con un terzo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento del diritto di critica: la missiva ha riportato aecadimenti che effettivamente hanno avuto luogo all’interno del reparto, corrispondendo a verita’ il fatto dell’aggressione riportato dal giornale, ed il fatto che il reparto di Pronto Soccorso fosse interessato da problemi organizzativi e disfunzioni.
Quanto alla continenza, le espressioni critiche utilizzate non hanno mai trasmodato in un’aggressione gratuita alla sfera morale del Dott. (OMISSIS), ma sono consistite solo in una censura alle attivita’ di direzione del reparto, non apparendo il termine “assoluta incapacita’” idoneo a valicare i limiti della continenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato limitatamente ai terzo motivo.
2. Giova premettere che, in materia di diffamazione, la Corte di cassazione puo’ conoscere e valutare l’offensivita’ della frase che si assume lesiva della altrui reputazione perche’ e’ compito del giudice di legittimita’ procedere in prima luogo a considerare la sussistenza o meno della materialita’ della condotta, contestata e, quindi, della portata offensiva delle frasi ritenute diffamatorie, dovendo, in caso di esclusione di questa, pronunciare sentenza di assoluzione dell’imputato (Sez. 5, n. 48698 del 19/09/2014, Demofonti, Rv. 261284; Sez. 5, n. 41869 del 14/02/2013, Fabrizio, Rv. 256706).
3.. I primi due motivi sono manifestamente infondati, essendo pacifici, da un lato, la idoneita’ offensiva dell’espressione contestata all’imputato, con cui ha affermato l’incapacita’ professionale dei medico in qualita’ di Direttore del Pronto Soccorso, essendo indubbia ed oggettiva la lesione, alla reputazione professionale della persona offesa, e, dall’altro, la sussistenza del dolo, a prescindere dalla finalita’ perseguita e dal movente.
Invero, in tema di delitti contro l’onore, ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo del delitto di diffamazione, non si richiede che sussista l’animus iniurandi vel diffamandi; essendo sufficiente il dolo generico, che puo’ anche assumere la forma del dolo eventuale, in quanto e’ sufficiente che l’agente, consapevolmente, faccia uso di parole ed espressioni socialmente interpretabili come offensive, ossia adoperate in base al significato che esse vengono oggettivamente ad assumere, senza – un diretto riferimento alle intenzioni dell’agente (Sez, 5, n. 4364 del 12/12/2012, dep. 2013, Arcadi, Rv. 254390; Sez. 5, n. 8419 del 16/10/2013/ dep. 2014, Verratti, Rv. 258943).
4. Cio’ posto, deve invece ritenersi fondato il terzo motivo, sussistendo i presupposti per il riconoscimento della causa di giustificazione dell’esercizio del diritto di critica.
4.1. Al riguardo, la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato, anche con riferimento ad – espressioni dal contenuto analogo a quella oggetto di contestazione nel presente processo, che, in tema di diffamazione, il requisito della continenza postula una forma espositiva corretta della critica rivolta – e cioe’ strettamente funzionale alla finalita’ di disapprovazione e che non trasmodi nella gratuita ed immotivata aggressione dell’altrui reputazione -, ma non vieta l’utilizzo di termini che, sebbene oggettivamente offensivi, siano insostituibili nella manifestazione del pensiero critico, in quanto non hanno adeguati equivalenti (Sez. 5, n. 31669 del 14/04/2015, Marcialis, Rv. 264442, in una fattispecie in cui e’ stato ritenuto che l’utilizzo del termine “incompetente” nei confronti di un architetto con riferimento al suo operato tecnico non esorbiti di per se’ dai limiti della critica consentiti, dovendo il giudice di merito accertare se sia possibile rilevare nei suoi confronti una carenza di capacita’ professionale di grave natura, alla quale sola va commisurata la portata dell’indispensabilita’ funzionale della critica cosi’ come formulata), e non puo’ ritenersi superato per il solo fatto dell’utilizzo di termini che, pur avendo accezioni indubitabilmente offensive, hanno pero’ anche significati di mero giudizio critico negativo di cui deve tenersi conto anche alla luce del complessivo contesto in cui il termine viene utilizzato (Sez. 5, n. 37397 del 24/06/2016, C, Rv. 267866, in una fattispecie in cui e’ stato ritenuto che l’utilizzo del termine “puttaniere” in un contesto familiare, da parte di una donna nei confronti del coniuge dopo che la stessa ne aveva scoperto una convivenza “more uxorio”, non esorbiti di per se’ dai limiti della critica consentiti, avendo lo stesso una accezione, comune per la lingua italiana, di “donnaiolo, playboy o uomo alla ricerca di avventure passeggere”, compatibile con il requisito della continenza; analogamente, Sez. 5, n. 36077 del 09/07/2007, Mazzucco, Rv. 237726, secondo cui “Sussiste l’esimente del diritto di critica, qualora – con una missiva indirizzata al Sindaco e alla Giunta locali – si accusino alcuni vigili urbani di “scarsa professionalita’” e di “superficialita’ mista a incoscienza e presuntuosita’” in relazione al rilevamento degli incidenti stradali, considerato che tali espressioni costituiscono giudizi di valore e che essi rispettano i canoni della pertinenza e della continenza”).
4.2. Cio’ posto, nel caso in esame., sebbene le espressioni adoperate dall’imputato siano oggettivamente lesive della reputazione professionale del Dott. (OMISSIS), in qualita’ di Direttore dei Pronto Soccorso dell’Ospedale di Casetta, devono nondimeno ritenersi scriminate dall’esercizio del diritto di critica, sussistendone i tre presupposti applicativi della verita’ dei fatti esposti, dell’utilita’ sociale della comunicazione, e della continenza, ovvero della forma “civile” dell’esposizione dei fatti e della loro vantazione.
La missiva indirizzata dall’imputato ai vertici dell’Ospedale di Casetta, infatti, e’ stata redatta in qualita’ di consigliere del Comitato Consultivo Misto dell’Azienda Ospedaliera, e dunque nel ambito di funzioni latamente di controllo dell’attivita’ e dell’organizzazione ospedaliera; in essa, inoltre, sono stati richiamati accadimenti che effettivamente avevano avuto luogo all’interno del reparto, corrispondendo a verita’ il fatto dell’aggressione (quantomeno verbale) di un infermiere nei confronti dei parenti di una paziente riportato dal giornale, ed il fatto che il reparto di Pronto Soccorso fosse interessato da problemi organizzativi e disfunzioni; in ogni caso, con la missiva venivano sollecitati controlli sul profilo organizzativo.
Gli eventuali disservizi organizzativi dei reparto di Pronto Soccorso e la sollecitazione di controlli, peraltro, hanno un indubbio interesse pubblico.
Quanto alla continenza, le espressioni critiche utilizzate non hanno trasmodato in un’aggressione gratuita alla sfera morale del Dott. (OMISSIS), essendo consistite in una censura alle attivita’ di direzione del reparto, espressa con il termine “assoluta incapacita” di organizzare in modo adeguato il reparto, che, pur essendo oggettivamente offensivo della reputazione professionale, non risulta travalicare, nel contesto critico e valutativo della missiva, la forma civile dell’esposizione.
L’espressione, infatti, non rivela un gratuito attacco alla- persona, o una finalita’ meramente denigratoria, ma connoto una critica, sia pure aspra, alle capacita’ organizzative – ritenute insufficienti – del direttore del reparto di Pronto Soccorso.
Ne consegue che la sentenza impugnata va annullata senza rinvio perche’ il fatto non costituisce reato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ il fatto non costituisce reato.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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