In tema di dichiarazione di fallimento in presenza di una scissione di società totalitaria

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Sentenza 19 giugno 2020, n. 11984.

La massima estrapolata:

In tema di dichiarazione di fallimento in presenza di una scissione di società totalitaria, verificandosi un fenomeno di tipo successorio tra soggetti distinti e dunque l’estinzione della società scissa, trova applicazione la regola di cui all’art. 10 l.fall. per cui il fallimento di quest’ultima potrà essere pronunciato entro un anno dalla sua cancellazione dal registro delle imprese.

Sentenza 19 giugno 2020, n. 11984

Data udienza 20 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Fallimento – Operazione straordinaria che comporta estinzione dell’ente – Termine di un anno – Dichiarazione di fallimento

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere

Dott. FIDANAZIA Andrea – Consigliere

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso n. 6513/2016 r.g. proposto da:
(OMISSIS) (cod. fisc. (OMISSIS)), in proprio e nella qualita’ di liquidatore e legale rappresentante del (OMISSIS) soc. coop. a responsabilita’ limitata, rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dagli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS).
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO del (OMISSIS) soc. coop. a responsabilita’ limitata, in persona del curatore fallimentare Dott.ssa (OMISSIS), e (OMISSIS) s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimati –
avverso la sentenza della Corte di Napoli, depositata in data 29.1.2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/2/2020 dal Consigliere Dott. Amatore Roberto;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa SOLDI Anna Maria, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Napoli ha rigettato il reclamo proposto, ai sensi della L.Fall., articolo 18, da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) s.p.a. avverso la sentenza n. 116 emessa in data (OMISSIS) dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
La corte del merito ha, in primo luogo, ricostruito la vicenda processuale oggi sub iudice: a) con una prima sentenza emessa in data 19.9.2013 la Corte di appello di Napoli aveva dichiarato inammissibile il reclamo perche’ proposto dal legale rappresentante di una societa’ cancellata ed estinta, e cioe’ da soggetto non legittimato, per essere, invece, legittimati i soci della societa’ estinta; b) la Corte di Cassazione, investita della conseguente impugnazione, con sentenza n. 25617 del 9.12.2014, aveva accolto il ricorso, dichiarando la legittimazione del legale rappresentante della societa’ cancellata a proporre reclamo L.Fall., ex articolo 18, cassando pertanto la sentenza impugnata, con rinvio alla corte territoriale.
Il giudice del reclamo ha, inoltre, ricordato la vicenda negoziale sottostante alla declaratoria di fallimento, precisando che: i) nel corso dell’anno 2010, il (OMISSIS) a r.l. aveva incorporato la (OMISSIS) societa’ di partecipazioni cooperative per azioni e la (OMISSIS) e di (OMISSIS) scarl; li) con atto del 27.10.2011, iscritto nel registro delle imprese in data 19.12.2011, il Consorzio si era scisso totalmente in due consorzi di nuova costituzione, denominati (OMISSIS) e (OMISSIS) e che, alla stessa data del 19.12.2011, il Consorzio, poi fallito, si era cancellato dal registro delle imprese.
La corte distrettuale ha, dunque, ritenuto che: 1) la societa’ attinta dalla istanza di fallimento non si era estinta a seguito della scissione, sebbene quest’ultima fosse stata totalitaria, restando, dunque, ferma la possibilita’ di chiedere, entro il termine annuale, il fallimento della societa’; 2) alla scissione totale consegue, ex articolo 2506 c.c., lo scioglimento senza liquidazione della societa’ scissa, cui, comunque, si applica la L.Fall., articolo 10, secondo cui e’ possibile chiedere il fallimento della societa’ nel termine di un anno dalla cancellazione, unico evento idoneo a rendere l’estinzione efficace nei confronti dei terzi; 3) nel caso in esame, la cancellazione della societa’ scissa era avvenuta contestualmente all’iscrizione dell’atto di scissione e l’istanza di fallimento era stata tempestivamente proposta entro il termine di cui alla predetta L.Fall., articolo 10; 4) il ricorso per fallimento, depositato il 9.11.2012, era stato notificato al liquidatore il 12.11.2012 per l’udienza del 4.12.2012, non sussistendo, dunque, la nullita’ per violazione del termine dilatorio previsto dalla L.Fall., articolo 15; 5) i requisiti dimensionali per la declaratoria di fallimento risultavano superati, come si evinceva dai bilanci allegati; 6) che sussisteva anche il requisito oggettivo dello stato di insolvenza.
2. La sentenza, pubblicata il 29.1.2016, e’ stata impugnata da (OMISSIS) con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
Il FALLIMENTO del (OMISSIS) e (OMISSIS) s.p.a., non hanno svolto difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5, violazione e falsa applicazione dell’articolo 2506 c.c. e della L.Fall., articolo 10. Si osserva che, a seguito dell’operazione di scissione totale, la societa’ scissa si estingue e l’attivita’ continua in capo alle beneficiarie che assumono i diritti e gli obblighi corrispondenti alla quota di patrimonio loro trasferita. Osserva ancora il ricorrente che, in forza di tale scissione, i rapporti giuridici pendenti e preesistenti vengono di fatto interamente trasferiti alle societa’ beneficiarie, posto che la societa’ scissa cessa di esistere. Si conclude, pertanto, nel senso che, in applicazione di tali principi, la corte di appello avrebbe dovuto revocare la sentenza dichiarativa di fallimento emessa a carico della (OMISSIS), in quanto la dichiarazione in questione non poteva certo colpire la societa’ scissa ma, in caso, le beneficiarie della scissione.
2. Con il secondo mezzo si denuncia, sempre ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5, violazione e falsa applicazione della L.Fall., articolo 15. Osserva il ricorrente che risultava accertato che, nonostante la mancata spedizione della raccomandata di avviso dell’avvenuta consegna dell’atto al portiere, il ricorso per fallimento era stato effettivamente consegnato al destinatario, raggiungendo, dunque, lo scopo di portare lo stesso a conoscenza del ricorso di fallimento e dell’udienza di comparizione la societa’ fallenda, che si era per vero costituita. Si evidenzia, tuttavia, che nessun effetto sanante poteva essere riconosciuto alla costituzione in giudizio del resistente, il quale aveva espressamente richiesto, senza ottenerlo, un termine per poter svolgere compiutamente le proprie difese stante il tempo ristretto, inferiore al minimo di legge, ad esso attribuito.
3. Il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5, violazione e falsa applicazione della L.Fall., articolo 15 e, comunque, omesso esame di fatti decisivi. Sostiene il ricorrente che, sulla errata individuazione del destinatario della notifica, la corte di appello avrebbe omesso qualsiasi pronuncia, non potendosi, per vero, riconoscere alcuna legittimazione passiva all’ultimo legale rappresentante di una societa’ cancellata, a seguito di scissione totalitaria ed essendo, invece, ben individuati dalla legge i soggetti subentrati nella posizione del debitore.
4. Il ricorso e’ infondato.
4.1. Possono essere esaminati congiuntamente il primo ed il terzo motivo di censura.
4.2 Essi sono infondati.
Occorre chiarire, in premessa, che l’applicazione della disciplina normativa dettata dalla L.Fall., articolo 10, presuppone l’intervento di un fenomeno estintivo dell’impresa ovvero della compagine sociale attinta dall’istanza di fallimento nei limiti temporali previsti dalla norma in esame, con effetti successori che investono il patrimonio dell’ente e la relativa legittimazione sostanziale e processuale di quest’ultimo.
4.3 Cio’ che occorre approfondire, nel caso di specie, e’ se la “scissione” prevista dall’articolo 2506 c.c. – che si e’ sviluppata, nel caso ora in esame, attraverso la scissione totale del (OMISSIS) a r.l. i cui beneficiari sono stati denominati (OMISSIS) e (OMISSIS) – abbia dato causa ad un fenomeno semplicemente “evolutivo e modificativo” del contratto sociale (come avviene pacificamente nel caso delle trasformazioni societarie omogenee) ovvero ad un fenomeno “estintivo” della societa’ con la formazione di un nuovo ente (e con effetti pertanto successori), giacche’ dall’accoglimento dell’una o dell’altra soluzione discende invero l’applicabilita’ o meno del disposto normativo di cui alla L.Fall., articolo 10, con conseguente fallibilita’ della societa’ debitrice (cfr. Cass. 16511/2019).
4.4 La legge fallimentare non prevede un termine di decadenza riferito al deposito del ricorso per la richiesta di fallimento. Tuttavia, va ricordato che, ai sensi della L.Fall., articolo 10, comma 1, “gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, se l’insolvenza si e’ manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo”. Peraltro, il comma 2 della norma in esame prevede che “in caso di impresa individuale o di cancellazione di ufficio degli imprenditori collettivi, e’ fatta salva la facolta’ per il creditore o per il pubblico ministero di dimostrare il momento dell’effettiva cessazione dell’attivita’ da cui decorre il termine del comma 1”. Ed infine, l’articolo 11, comma 1, completa la previsione, aggiungendo che “l’imprenditore defunto puo’ essere dichiarato fallito quando ricorrono le condizioni stabilite nell’articolo precedente”. Ebbene, deve ritenersi che le previsioni normative in esame stabiliscono un terminus post quem non, ma riferito non alla domanda L.Fall., ex articolo 6, bensi’ alla dichiarazione di fallimento, e cio’ per non estendere all’infinito gli effetti di una attivita’ di impresa non piu’ attuale. Cio’ significa, in buona sostanza, che e’ da considerarsi inammissibile la domanda di fallimento depositata quando il suddetto termine annuale e’ gia’ scaduto. Deve ritenersi, al riguardo, che il termine annuale si atteggi alla stregua di un termine di decadenza dall’iniziativa fallimentare, che puo’ essere impedita soltanto dalla tempestiva pronunzia di fallimento, nel senso che l’avvio del procedimento non comporta alcun effetto interruttivo di detto termine (cosi’, sempre Cass. 16511/2019, cit. supra).
4.5 Cio’ detto, va ulteriormente ricordato, tornando al tema principale di discussione, che sia la giurisprudenza di questa Corte che la dottrina sono concordi nel ritenere che la trasformazione di una societa’ da un tipo ad un altro previsto dalla legge, ancorche’ connotato di personalita’ giuridica, non si traduca nell’estinzione di un soggetto e nella correlativa creazione di uno nuovo in luogo di quello precedente, ma configuri una vicenda meramente evolutiva e modificativa del medesimo soggetto, la quale comporta soltanto una variazione di assetto e di struttura organizzativa, senza incidere sui rapporti processuali e sostanziali facenti capo all’originaria organizzazione societaria (Cass. 10332/2016, Cass. 13467/2011). Ne consegue che la trasformazione societaria configura una vicenda meramente evolutivo-modificativa del medesimo soggetto giuridico, senza la produzione di alcun effetto successorio ed estintivo (cosi’, sempre Cass. 16511/2019, cit. supra). Ma e’ anche vero che, invece, la cosiddetta “trasformazione” di una ditta individuale in una societa’ o di una societa’ in una impresa individuale determina sempre un rapporto di successione tra soggetti distinti, perche’ persona fisica e persona giuridica si distinguono appunto per natura e non solo per forma (Cass. 965/1997).
Ne discende che – sempre secondo la giurisprudenza di questa Corte – la nascita di un’impresa individuale, cui quella collettiva trasferisca il proprio patrimonio non preclude la dichiarazione del fallimento della societa’ entro il termine di un anno dalla sua eventuale cancellazione dal registro delle imprese (Cass. 1593/2002).
4.6 In termini piu’ generali, e’ stato anche affermato dalla giurisprudenza di vertice della Corte che, dopo la riforma del diritto societario, attuata dal Decreto Legislativo n. 6 del 2003, qualora all’estinzione della societa’, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla societa’ estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtu’ del quale: a) l’obbligazione della societa’ non si estingue, cio’ che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, “pendente societate”, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della societa’ estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarita’ o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorche’ azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attivita’ ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la societa’ vi abbia rinunciato, a favore di una piu’ rapida conclusione del procedimento estintivo (Cass. SU 6070/2013).
4.7 Nel vigore della nuova disciplina, ferma restando la sostanziale identita’ della formula utilizzata dall’articolo 2506, comma 1 (“assegnazione”) rispetto a quella presente nel vecchio articolo 2504 septies (“trasferimento”) c.c., la tesi traslativa e’ stata riproposta, ma sotto un’ottica differente. In sintesi, si e’ affermato che la scissione societaria si accompagna ad un fenomeno successorio, ma si e’ precisato anche che quest’ultimo e’ giustificato da una modifica organizzativa del rapporto sociale, da cui deriva l’inapplicabilita’ di alcune delle disposizioni previste per i trasferimenti a causa di morte o per atto tra vivi.
Come si e’ sottolineato, dunque, il vero problema sta nel verificare la misura della compatibilita’ di regole e principi in tema di vicende traslative con quelli speciali e peculiari stabiliti in tema di scissione.
Se cosi’ e’, allora occorre concludere nel senso che, in caso di scissione, si determina sempre un rapporto di successione tra soggetti distinti, con la conseguenza che non e’ preclusa la dichiarazione del fallimento della societa’ entro il termine di un anno dalla sua eventuale cancellazione dal registro delle imprese.
Del resto, diversamente ragionando si potrebbe correre il rischio di favorire operazioni negoziali volte proprio, in prossimita’ della decozione e della dichiarazione di fallimento delle societa’, a determinare la trasformazione, pur consentita dall’ordinamento, di quest’ultime in enti ovvero altre entita’ giuridiche non fallibili, non consentendo l’apertura del concorso dei creditori sui beni della societa’ debitrice (cosi’, sempre Cass. 16511/2019, cit. supra: ove sono stati applicati di recente analoghi principi, in un caso in cui l’originaria societa’ di capitali era stata “trasformata” in una comunione di godimento dell’azienda tra gli ex soci, trasformatisi, anch’essi, secondo la comune volonta’ negoziale, in comunisti dei beni compresi nel compendio aziendale, al solo fine di godere dei frutti scaturenti dai beni stessi).
4.8 Peraltro, nell’attuale formulazione della L.Fall., articolo 10, il riferimento al dato pubblicitario della cancellazione dal registro delle imprese non consente di sviluppare, ai fini del computo del termine di fallibilita’, la valenza della pubblicita’ dichiarativa che, in via generale, del dato medesimo e’ propria.
La cancellazione volontaria delle societa’, viceversa, rileva quale mero dato storico, fattuale, formale ed esclusivo come dies a quo per il decorso del termine annuale. Essa opera, dunque, come una presunzione legale di cessazione che non soltanto consente, ma impone di prescindere dal dato empirico della effettiva cessazione e della sua reale cognizione da parte dei terzi, senza possibilita’ di richiamo ai consueti moduli giuridici della dichiarativita’, non consentendosi al debitore di provare che la cessazione dell’attivita’ sia avvenuta anteriormente alla cancellazione stessa.
Ai fini della L.Fall., articolo 10, la cessazione dell’impresa collettiva coincide con la sua cancellazione volontaria: si puntualizza e consiste in essa e cio’ per equivalenza normativa posta o, cio’ che e’ lo stesso, per presunzione legale ed assoluta, almeno nella generalita’ dei casi.
La presunzione legale e’, invece, semplice nel caso di impresa individuale o di cancellazione d’ufficio degli imprenditori collettivi, consentendosi (L.Fall., articolo 10, comma 2) ai creditori e al pubblico ministero – che chiedano la dichiarazione di fallimento – di dimostrare che, nonostante la cancellazione, l’attivita’ sia effettivamente proseguita.
Ne discende che, essendosi il (OMISSIS) a r.l. cancellato volontariamente dal Registro delle imprese, legittimamente e’ stato dichiarato fallito nel successivo anno, essendo alla cancellazione collegata – per equivalenza normativa – la cessazione dell’impresa, senza possibilita’ alcuna per il debitore sia di dimostrare che la cessazione e’ avvenuta antecedentemente, sia di dimostrare che la cessazione non e’ avvenuta, per inferirne la non fallibilita’.
4.9 Ma vi e’ di piu’.
Nel caso di scissione totale la societa’ scissa non sopravvive, ma si estingue senza liquidazione: si tratta di una tecnica di estinzione alternativa alla liquidazione.
Va rilevato, peraltro, che anche la sesta direttiva comunitaria sembra sposare, in materia di scissione totale, la tesi dell’estinzione seguita da trasferimento, atteso che tale forma di scissione e’ definita dall’articolo 2 della direttiva come: “(…) l’operazione con la quale una societa’, tramite uno scioglimento senza liquidazione, trasferisce a piu’ societa’ l’intero patrimonio attivo e passivo mediante l’attribuzione agli azionisti della societa’ scissa di azioni delle societa’ beneficiarie dei conferimenti risultanti dalla scissione, in seguito denominate “societa’ beneficiarie””. Ma, soprattutto, l’articolo 17 della sesta direttiva dispone che: “La scissione produce ipso jure e simultaneamente i seguenti effetti: (…)c) la societa’ scissa si estingue”.
4.10 Anche la giurisprudenza di questa Corte, in relazione ad una vicenda in cui era stata attuata la scissione totale di una societa’ per azioni, secondo la disciplina del vecchio articolo 2504 septies c.c., con contestuale costituzione di una pluralita’ di societa’, aveva affermato il verificarsi non soltanto dell’estinzione della societa’ scissa senza liquidazione, ma anche la successione a titolo universale delle societa’ beneficiarie (Cass. 6143/2001): enunciazione questa, che aveva consentito di concludere che il lavoratore che abbia cessato di lavorare alle dipendenze della societa’ poi scissa, prima della sua estinzione, nell’instaurare una controversia di lavoro nei confronti della societa’ di nuova costituzione che abbia acquisito il settore aziendale presso cui lavorava, puo’ convenire la stessa, in applicazione dell’articolo 413 c.p.c., comma 2, davanti al foro della dipendenza a cui egli era addetto al momento della cessazione del rapporto di lavoro, che sia passata nell’ambito dell’organizzazione di detta nuova societa’ (in motivazione, peraltro, era stata richiamata Cass. 9897/1998, per mettere in evidenza che tale pronuncia riguardava la diversa ipotesi della scissione parziale con trasferimento di solo parte del personale alla societa’ beneficiaria della scissione, la’ dove la societa’ scissa non poteva considerarsi estinta avendo conservato la titolarita’ di una parte del nucleo aziendale).
4.11 Si puo’ dunque concludere nel senso che, se l’ente si e’ estinto (e ne e’ seguita la cancellazione al Registro delle imprese), non puo’ che trovare applicazione la L.Fall., articolo 10.
4.12 Va anche aggiunto che, come gia’ precisato da questa Corte in altro recentissimo arresto (cfr. Cass. 4737/2020), nel vigente sistema normativo, un fenomeno di riorganizzazione societario – quale, tra gli altri, e’ la scissione -, come pure, piu’ in generale, di modificazione della struttura conformativa del debitore, non puo’, come principio, realizzare una causa di sottrazione dell’impresa dalla soggezione alle procedure concorsuali. In realta’, il tema della soggezione della societa’ scissa alle procedure concorsuali, non risulta propriamente attenere al piano dell’organizzazione societaria dell’impresa, attenendo, piuttosto, al piano dell’operativita’ dell’impresa e dei suoi rapporti coi terzi, contraenti e creditori.
4.13 Ne’ puo’ essere dato credito, in senso contrario a quanto sopra osservato, all’argomento letterale collegato al termine “assegnazione”, a cui ricorre la norma dell’articolo 2506 c.c., nel descrivere l’operazione di scissione: nel lessico dei codici, tale termine assume, invero, il prevalente significato di trasferimento di uno o piu’ beni dal patrimonio di un soggetto a quello di un altro (cfr., cosi’, le norme degli articoli 2798 e 2925 c.c. e quelle degli articoli 505 588 ss. c.p.c.) (cosi’, sempre cfr. Cass. 4737/2020, cit. supra). Come e’ stato correttamente rilevato nell’arresto giurisprudenziale da ultimo ricordato, che si riporta, qui verbatim: “Rilevante a questo proposito si manifesta, piuttosto, la disposizione dell’articolo 2506 c.c., comma 3, che avvia la societa’ scissa – che stabilisce di non “continuare la propria attivita’” – allo “scioglimento” dell’ente: con cancellazione della societa’ ex articolo 2495 c.c., che ne viene cosi’ a conseguire, e correlata “estinzione” della medesima (cfr. l’incipit del comma 2 di quest’ultima norma) (cosi’, sempre cfr. Cass. 4737/2020, cit. supra).
4.14 Va anche osservato, in termini piu’ generali, che la responsabilita’ delle beneficiarie per i debiti propri della societa’ scissa, che e’ sancita dalle norme dell’articolo 2506 bis c.c., comma 3 e articolo 2506 quater c.c., non puo’ determinare – come pretenderebbe il ricorrente – l’elisione della responsabilita’ della societa’ scissa.
Come gia’ precisato nel precedente piu’ volte richiamato (cfr. sempre cfr. Cass. 4737/2020, cit. supra), nel nostro ordinamento positivo, l’esonero dalla responsabilita’ patrimoniale, come pure le limitazioni della stessa, suppongono un’espressa previsione normativa a corredo (cfr. la norma dell’articolo 2740 c.c., comma 2), non potendosi ritenere sufficiente a fondare un simile (e dirompente) effetto la mera diversita’ del tenore letterale della previsione relativa al caso della scissione parziale rispetto a quello per la scissione totale.
Del resto, in assenza di una responsabilita’ della scissa, potrebbe anche verificarsi il caso – si e’ anche opportunamente rilevato in dottrina – di debiti per cui nessuno venga piu’ a rispondere illimitatamente (cosi’, sempre Cass. 4737/2020, cit. supra). Del resto, va anche ricordato che, per quelli, la “cui destinazione non e’ desumibile dal progetto” di scissione, la norma dell’articolo 2506 ter c.c., comma 3. limita la responsabilita’ delle beneficiarie al “valore effettivo del patrimonio netto attribuito” a ciascuna di esse, con conseguente correlata esclusione dei “beni futuri”, di cui all’articolo 2740 c.c.. Riguardo alle limitazioni di aggressione patrimoniale subite dai creditori, va pure ricordato che, stante il disposto dell’articolo 2506 quater c.c., comma 3, costoro possono rivolgersi alle altre beneficiarie solo allorche’ non siano stati soddisfatti dalla “societa’ a cui fanno carico” (cfr. Cass. 4737/2020, cit. supra).
4.15 Infine, va osservato che non puo’, in ogni caso, essere considerato fattore di ostacolo alla dichiarazione di fallimento della societa’ scissa il fatto che nessuno dei suoi creditori abbia formulato opposizione alla disaggrezione dell’ente ex articolo 2506 ter c.c., comma 5, e articolo 2503 c.c.: come gia’ rilevato dalla giurisprudenza di questa corte (cfr. Cass., 4 dicembre 2019, n. 31654), lo strumento dell’opposizione dei creditori alla scissione e’ rimedio non “sostitutivo e necessario”, ma solo “aggiuntivo”, mancando, d’altronde, una disposizione ad hoc, che pure sarebbe necessaria in un sistema in cui la procedura fallimentare non e’ rimessa alla disponibilita’ dei creditori (cosi’, sempre cfr. Cass. 4737/2020, cit. supra).
4.16 Per completezza, occorre anche segnalare la pronuncia gia’ sopra citata (Cass., n. 31654/2019), sulla revocatoria dell’operazione di scissione (nella specie parziale, con il corretto rilievo che la c.d. regola di irretrattabilita’ della scissione vale solo per il tema dell’invalidita’ della relativa operazione e non anche per quello revocatorio), secondo una linea che risulta anche approvata dalla Corte di Giustizia UE (cfr., sentenza 30 gennaio 2020, sezione II, c394/18).
4.17 Va, da ultimo, precisato, come ulteriore corollario dei principi sopra affermati (e in risposta al terzo motivo di doglianza del ricorrente), che legittimato a ricevere la notificazione del ricorso per fallimento era pertanto proprio il (OMISSIS), quale ultimo legale rappresentante della societa’ cancellata.
5. Anche il secondo motivo e’ infondato.
5.1 Sul punto, giova ricordare che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, nel procedimento per la dichiarazione di fallimento, il mancato rispetto del termine di quindici giorni che deve intercorrere tra la data di notifica del decreto di convocazione del debitore e la data dell’udienza (come previsto dalla nuova formulazione della L.Fall., articolo 15, comma 3) e la sua mancata abbreviazione nelle forme rituali del decreto motivato sottoscritto dal presidente del tribunale, previste dalla L.Fall., articolo 15, comma 5, costituiscono cause di nullita’ astrattamente integranti la violazione del diritto di difesa, ma non determinano – ai sensi dell’articolo 156 c.p.c., per il generale principio di raggiungimento dello scopo dell’atto – la nullita’ del decreto di convocazione se, il debitore, pur eccependo la nullita’ della notifica, abbia attivamente partecipato all’udienza, rendendo dichiarazioni in merito alle istanze di fallimento, senza formulare, in tale sede, rilievi o riserve in ordine alla ristrettezza del termine concessogli, ne’ fornendo specifiche indicazioni del pregiudizio eventualmente determinatosi, sul piano probatorio, in ragione del minor tempo disponibile (Sez. 6, Ordinanza n. 14814 del 19/07/2016).
5.2 E’ stato altresi’ precisato, sempre dalla giurisprudenza di questa Corte, che – in caso di inosservanza del termine dilatorio di cui alla L.Fall., articolo 15 – il giudice dell’appello, non ricorrendo ne’ la nullita’ della notificazione dell’atto introduttivo, ne’ alcuna delle altre ipotesi di rimessione al giudice di prime cure tassativamente previste dagli articoli 353 e 354 c.p.c., non deve limitarsi a dichiarare la nullita’ della sentenza e del giudizio di primo grado, ma deve decidere nel merito, previa rinnovazione degli accertamenti compiuti nella pregressa fase processuale ed ammissione del convenuto, contumace in primo grado, a svolgere tutte quelle attivita’ che, in conseguenza della nullita’, gli sono state precluse. Tali attivita’ il reclamante ha l’onere di precisare, pena l’inammissibilita’ del reclamo per difetto di interesse e per non rispondenza al modello legale di impugnazione (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 19601 del 04/08/2017).
5.3 Cio’ premesso, non puo’ essere sottaciuto come, nel caso in esame, la parte oggi ricorrente si era costituita, in realta’, regolarmente nella istruttoria prefallimentare, svolgendo attivita’ difensiva in ordine alla istanza di fallimento e sollevando soltanto una generica riserva in ordine al mancato rispetto del termine a difesa, riserva, cioe’, non accompagnata dalla indicazione di quali attivita’ difensive sarebbero state pregiudicate dal minore tempo disponibile per approntare le difese, cosi’ rendendo la doglianza, cosi’ genericamente proposta, inammissibile gia’ in sede di proposizione del motivo di reclamo.
Ne consegue il complessivo rigetto del ricorso.
Nessuna statuizione e’ dovuta per le spese del giudizio di legittimita’, stante la mancata difesa della curatela fallimentare e del creditore istante, entrambi intimati.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17 da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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