Cassazione toga rossa

Suprema Corte di Cassazione

sezione IV

sentenza 22 aprile 2016, n. 17010

Ritenuto in fatto

1. Il Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Caltagirone, con la sentenza in epigrafe, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di C.G. in ordine al reato ascrittogli con la formula “per non aver commesso il fatto”.
2. Il fatto è stato così ricostruito nella suindicata sentenza: il (omissis) l’autovettura Fiat Punto condotta da Ca.Gi. , che percorreva la SS XXX in direzione di Catania, era entrata in collisione con uno degli elementi plastici new-jersey posizionati a delimitazione del cantiere allestito dalla Sion s.r.l. (appaltatrice di lavori di manutenzione stradale per contratto stipulato con l’A.N.A.S.); tale elemento si trovava, forse a causa del forte vento, sulla sede stradale in quanto non era stato zavorrato; in seguito all’urto, il conducente aveva perso il controllo del mezzo ed aveva invaso l’opposta corsia di marcia andando a collidere con un autocarro proveniente dall’opposto senso di percorrenza; sia il conducente dell’autovettura che il passeggero avevano perso la vita.
3. All’imputato si contestava la violazione dell’art. 589 cod. pen. perché, per colpa consistita in imprudenza, imperizia e negligenza, quale direttore dei lavori dell’A.N.A.S., nell’allestire il cantiere relativo ai lavori oggetto dell’appalto, aveva dotato la banchina del lato sinistro, rispetto alla direzione di marcia dell’autovettura, di elementi provvisionali di delimitazione della sede stradale (barriera new-jersey) in un materiale plastico non zavorrati e non dotati di sagomatura utile al reciproco fissaggio, pur avendo l’obbligo di assicurarne la stabilità, consentendo così che, in presenza di vento, alcuni di detti elementi si spostassero, invadendo così la sede stradale nella corsia di marcia Caltagirone-Catania. Il giudice procedente aveva ritenuto, tuttavia, che le risultanze in atti deponessero in senso contrario rispetto all’assunto accusatorio perché non era ravvisabile alcuna posizione di garanzia in capo al direttore dei lavori, specie nel caso concreto in cui erano nominati il direttore esecutivo e l’ispettore di cantiere, che avevano effettuato un sopralluogo il 9 dicembre 2009 senza segnalare alcun pericolo né anomalia sul percorso.
4. Le parti civili N.M.T. e S.S.G. propongono, a mezzo di difensore e procuratore speciale, ricorso per cassazione avverso tale sentenza con unico motivo per violazione dell’art. 606, comma 1, lett.b) ed e) cod.proc.pen. con riferimento all’art. 425 cod.proc.pen. e con riferimento agli artt.123 e ss. d.P.R. 21 dicembre 1999, n.554, 130 d. lgs. 12 aprile 2006, n.163 e 90-92 d. lgs. 9 aprile 2008, n.81. Le ricorrenti si dolgono del fatto che il giudice abbia posto a fondamento della decisione impugnata valutazioni estranee alla regola di giudizio propria dell’udienza preliminare, soffermandosi sull’elemento oggettivo del reato, sotto il profilo della pertinenza ed idoneità della condotta dovuta dall’imputato a scongiurare l’evento, omettendo di effettuare la dovuta prognosi rispetto alla possibile evoluzione del compendio probatorio in sede dibattimentale. Il giudice di merito, si assume, avrebbe dovuto rilevare la possibilità di diverso sviluppo dibattimentale delle acquisizioni istruttorie sia per l’inattendibilità delle fonti dalle quali emergeva che nessuna anomalia era stata segnalata al direttore dei lavori, trattandosi di fonti appartenenti al medesimo ufficio della Direzione dei Lavori, sia per la natura di mera comunicazione interna del documento, indicato in sentenza come datato 9 dicembre 2012 ma con data di protocollo di due giorni successiva a quella del sinistro, peraltro contrastante con quanto annotato dai Carabinieri di Palagonia il giorno del sinistro. Nel ricorso si sostiene che, dalla comunicazione A.N.A.S. di aggiudicazione definitiva del bando di gara (omissis) prot. n. (omissis) , emergeva il ruolo di coordinatore per la sicurezza svolto da C.G. , mentre l’esame di tale fonte di prova, onde verificare la posizione di garanzia dell’imputato, è stato omesso. Sebbene C.G. avesse dichiarato in sede di sommarie informazioni che dal 1 dicembre 2009 la messa in sicurezza del cantiere fosse di competenza della Sion s.r.l., come da nota del verbale di consegna dei lavori, le ricorrenti evidenziano l’omesso esame della nota datata 23 dicembre 2009, prodotta in giudizio il 6 novembre 2014,a sostegno della contestazione da parte della Sion s.r.l. di avere ricevuto in consegna i lavori. L’ulteriore evoluzione probatoria nel dibattimento non si sarebbe potuta escludere anche in virtù della limitata autonomia dell’appaltatore rispetto alla continua ingerenza dell’Amministrazione nei contratti aventi ad oggetto opere pubbliche, nonché in considerazione del fatto che dalla normativa di settore (d.P.R. n.554/99) emerge che l’attività del direttore dei lavori non è limitata al solo aspetto amministrativo-contabile.
5. Con memoria difensiva depositata il 17 novembre 2015 C.G. ha concluso per l’inammissibilità del ricorso in quanto privo di autosufficienza e manifestamente infondato.
6. Con memoria depositata il 14 marzo 2016 le parti civili ricorrenti hanno sviluppato i motivi di ricorso allegando atti del procedimento.

Considerato in diritto

1. In presenza dell’impugnazione della sola parte civile va premesso che, in base al testo dell’art. 428 cod.proc.pen., come innovato dall’art.4 legge 20 febbraio 2006, n. 46, la parte civile può ricorrere in Cassazione contro la sentenza di non luogo a procedere solo se riveste anche la qualità di persona offesa. Non è quindi sufficiente la qualità di danneggiato dal reato che pur legittima all’esercizio dell’azione civile nel processo penale. Nel caso in esame questa coincidenza è da ritenere esistente per il disposto dell’art. 90, comma 3, cod.proc.pen. che, nel caso in cui la persona offesa sia deceduta in conseguenza del reato, attribuisce ai prossimi congiunti le facoltà e i diritti previsti dalla legge per la medesima persona offesa. Tanto premesso, il ricorso è fondatamente proposto nei termini che seguono.
2. La Corte di Cassazione ha avuto modo, anche recentemente (Sez. 6, n. 17659 del 01/04/2015, Bellissimo, Rv. 263256), di affrontare il tema del contenuto della sentenza di non luogo a procedere emessa dal Giudice dell’Udienza preliminare ai sensi dell’art. 425 cod.proc.pen., ribadendo la natura prognostica di tale pronuncia. Il giudice dell’udienza preliminare deve pronunciare sentenza di non luogo a procedere nei confronti dell’imputato solo in presenza di una situazione di innocenza tale da apparire non superabile in dibattimento dall’acquisizione di nuovi elementi di prova o da una possibile diversa valutazione del compendio probatorio già acquisito; e ciò anche quando, come prevede espressamente l’art. 425, comma 3, cod. proc. pen., “gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contradditori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio”: tale disposizione altro non è se non la conferma che il criterio di valutazione per il giudice dell’udienza preliminare non è l’innocenza, bensì l’impossibilità di sostenere l’accusa in giudizio.
2.1. Tale prognosi si snoda in due momenti complementari ma distinti: a) la possibilità di completare gli atti di indagine, dunque per converso la completezza di essi; b) l’utilità dell’approfondimento istruttorio in sede dibattimentale, da verificare in concreto valutando la forza di resistenza degli elementi acquisiti e non limitandosi ad esaminare il loro valore conoscitivo.
2.2. Se, in ragione di tale funzione prognostica, il compito del giudice è di dare conto che il materiale probatorio sottoposto al suo vaglio è insuscettibile di necessario completamento e che l’apprezzamento al quale egli è pervenuto (in ordine alla prova piena positiva dell’innocenza ovvero alla mancanza di piena prova della responsabilità nei suoi distinti ma indispensabili punti, oppure all’incertezza di un risultato univoco su tali aspetti) è in grado di resistere all’approfondimento dibattimentale, se ne deve trarre la conseguenza che il ricorso che contesti la legittimità di siffatta sentenza dovrà essere conformato secondo un particolare contenuto.
2.3. Si tratta, in ossequio al dettato dell’art. 425, comma 3, cod.proc.pen., di porre in evidenza che il provvedimento impugnato non si è conformato al predetto giudizio prognostico, omettendo ad esempio di spiegare per quali ragioni non sia possibile acquisire ulteriori elementi probatori ovvero non vi siano margini per integrare e chiarire nel contraddittorio dibattimentale il materiale istruttorio.
3. Va, quindi, ricordato che il controllo della Corte di Cassazione sulla sentenza non può comunque avere ad oggetto gli elementi acquisiti dal pubblico ministero, bensì solo la giustificazione resa dal giudice nel valutarli (Sez. 2, n. 28743 del 14/05/2010, Orsini, Rv. 247860). Con riguardo al dedotto vizio di motivazione, l’unico controllo consentito in sede di legittimità concerne la riconoscibilità del criterio prognostico adottato nella valutazione d’insieme degli elementi acquisiti dal pubblico ministero. Diversamente si giunge ad attribuire al giudice di legittimità un compito in effetti di merito, in quanto anticipatorio delle valutazioni sulla prova da assumere. E la tal cosa si pone in contraddizione insanabile con la possibilità di revoca della sentenza da parte dello stesso giudice per le indagini preliminari, sopravvenute o scoperte nuove fonti di prova da combinare eventualmente con quelle già valutate (art. 434 cod. proc. pen.).
4. Nella sentenza impugnata il giudice dell’udienza preliminare ha espressamente affermato l’inutilità del dibattimento precisando che tale valutazione fosse di natura squisitamente giuridica e basata su fatti pacificamente accertati. In particolare, il giudice di merito ha richiamato le fonti normative della responsabilità del direttore dei lavori (legge n.109/94 e artt.123 e 124 d.P.R. n.554/99) desumendone che essa è limitata, salvo che sia diversamente previsto nel contratto, al controllo circa la perfetta esecuzione dei lavori e la conformità dell’opera rispetto al progetto ed al contratto nonché all’accettazione dei materiali forniti dall’appaltatore onde assicurarne la qualità. Considerato che, nel caso concreto, l’appalto non prevedeva altri obblighi e che erano stati nominati il direttore esecutivo e l’ispettore di cantiere, i quali non avevano segnalato al superiore alcuna anomalia, il giudice ha escluso l’esistenza di norme che imponessero al direttore dei lavori di impedire, controllando la sicurezza nel cantiere, che i materiali e gli strumenti utilizzati per l’esecuzione del contratto ponessero in pericolo l’incolumità di terzi. La posizione di garanzia dell’imputato è stata esclusa anche con riferimento al diverso profilo della normativa antinfortunistica, in totale carenza di dati concreti che potessero individuare un’ingerenza del direttore dei lavori nell’organizzazione del cantiere ed in presenza di una clausola del contratto di appalto che manteneva in capo all’impresa appaltatrice ogni obbligo inerente alla materia della sicurezza.
5. Tanto premesso, è evidente l’inammissibilità di quelle censure che contrastano con i limiti di questo giudizio, sopra evidenziati al par.3. Sì tratta, in sostanza, dell’asserita inattendibilità delle prove dalle quali è stato desunto che il direttore dei lavori non fosse stato informato della presenza di pericoli né anomalie sul percorso, che questa Corte di legittimità non ha il compito di sottoporre a nuova valutazione. Ma, a ben vedere, la stessa doglianza presenta profili di inammissibilità anche in relazione all’art. 581 cod.proc.pen., posto che si assume genericamente la contraddittorietà delle prove esaminate nella sentenza con i fatti annotati dalla polizia giudiziaria, senza alcuna specifica indicazione di quali fatti si tratti.
6. Un ulteriore profilo di censura concerne l’omesso esame del documento dal quale si evincerebbe il ruolo di coordinatore per l’esecuzione dei lavori rivestito dall’imputato.
6.1. Premesso che tale profilo del ricorso difetta di autosufficienza, non essendo indicato in quale atto del processo sia rinvenibile il documento richiamato (né il documento depositato sub. All.8 corrisponde per contenuto e numero al CPA (omissis) indicato nel ricorso), giova sottolineare che al giudice dell’udienza preliminare si chiedeva di valutare la sostenibilità in giudizio dell’ipotesi accusatoria formulata dal pubblico ministero, che aveva contestato a C.G. la responsabilità per omicidio colposo in qualità di direttore dei lavori A.N.A.S..
6.2. Il richiamo nella sentenza ad eventuali profili di responsabilità in materia antinfortunistica risulta, peraltro, ultroneo, e correlativamente non dirimenti eventuali carenze motivazionali sul punto, non essendo contestata alcuna colpa specifica per violazione di norme antinfortunistiche ed essendo l’evento da ascrivere, piuttosto, al rischio connesso alla circolazione stradale. Il rispetto delle norme cautelari che regolano la sicurezza stradale non è, infatti, esigibile esclusivamente dagli utenti della strada alla guida di veicoli, dunque in fase di circolazione, ma anche da coloro che svolgano attività diverse, come la manutenzione stradale (Sez. 4, n. 23152 del 3/05/2012, Porcu, Rv.252971), come si evince da quanto espressamente previsto dall’art. 21, comma 2, d. lgs. 30 aprile 1992, n.285 (“Chiunque esegue lavori o deposita materiali sulle aree destinate alla circolazione o alla sosta di veicoli e di pedoni deve adottare gli accorgimenti necessari per la sicurezza e la fluidità della circolazione e mantenerli in perfetta efficienza sia di giorno che di notte”) e dagli artt.30-32 d.P.R. 16 dicembre 1992, n.495 a proposito delle barriere che delimitano i cantieri sulla strada.
7. Il tema centrale della questione impone peraltro di chiarire che, allorché un incidente si verifichi in un cantiere stradale, si pone il problema di approfondire i rapporti e i limiti della responsabilità dell’Ente proprietario della strada (committente) e dell’appaltatore, sia in relazione agli obblighi che il codice della strada pone a loro carico, rispettivamente all’art. 14 per l’ente proprietario e all’art. 21 per chi esegue i lavori, sia in relazione al contratto tra gli stessi intervenuti e ad eventuali pattuizioni particolari convenute dalle parti. Non vi è, infatti, incompatibilità tra area di cantiere e strada aperta al pubblico, atteso che vale al riguardo il principio ben articolato dalla giurisprudenza civile (Sez. 3, n. 15882 del 25/06/2013, Rv. 626858; Sez. 3, n. 12811 del 23/07/2012, Rv. 623374), secondo cui in tema di danni determinati dall’esistenza di un cantiere stradale, qualora l’area di cantiere risulti completamente enucleata, delimitata ed affidata all’esclusiva custodia dell’appaltatore, con conseguente assoluto divieto su di essa del traffico veicolare e pedonale, dei danni subiti all’interno di questa area risponde esclusivamente l’appaltatore, che ne è l’unico custode. Allorquando, invece, l’area su cui vengono eseguiti i lavori e insiste il cantiere risulti ancora adibita al traffico e, quindi, utilizzata a fini di circolazione, questa situazione denota la conservazione della custodia da parte dell’ente titolare della strada, sia pure insieme all’appaltatore.
7.1. La posizione di garanzia derivante dalla proprietà della strada e dalla destinazione di essa al pubblico uso comporta, infatti, il dovere per l’Ente di far sì che quell’uso si svolga senza pericolo per gli utenti. Posizione di garanzia, dunque, a tutela della collettività, direttamente derivante dalle norme del codice della strada (art. 14), così come quella, parallela, a carico dell’appaltatore, anch’essa riconducibile, come già si è rilevato, al codice della strada (art. 21) e pertanto a tutela proprio dell’incolumità dei terzi utenti della strada che possano subire le conseguenze di una situazione di pericolo non debitamente gestita (Sez. 4, n. 11453 del 20/12/2012, dep. 2013, Zambito Marsala, Rv. 255423). Giova ricordare anche il principio affermato in altra pronuncia da questa Sezione, secondo il quale il pubblico amministratore committente non perde, in conseguenza dell’appalto dei lavori di manutenzione e sorveglianza delle strade, l’obbligo di vigilanza la cui omissione è fonte di responsabilità qualora concorrano le circostanze della conoscenza del pericolo, dell’evitabilità dell’evento lesivo occorso a terzi e dell’omissione dell’intervento diretto all’eliminazione del rischi (Sez. 4, n. 37589 del 05/06/2007, Petroselli, Rv. 237772).
7.2. Con riguardo a tale specifico profilo, la sentenza non dà conto di aver valutato la possibile incidenza, sulla posizione di garanzia dell’imputato, degli obblighi di controllo sulla sicurezza della circolazione e sulla disciplina del traffico gravanti sull’Ente committente in quanto proprietario e custode della strada. Escludendo, infatti, la posizione di garanzia del direttore dei lavori in relazione al cantiere stradale, il giudice di merito ha negato la possibilità di ulteriore sviluppo istruttorio con riguardo alla delimitazione delle responsabilità tra committente ed appaltatore limitandosi ad accertare che non fosse emersa alcuna ingerenza del C. nell’organizzazione del cantiere né alcuna segnalazione di pericoli o anomalie da parte del direttore esecutivo e dell’ispettore di cantiere, mentre avrebbe dovuto esaminare la nota prodotta all’udienza del 6 novembre 2014, indicata nel ricorso, nella quale l’appaltatore contestava di avere ricevuto in consegna i lavori, tanto più in quanto, secondo quanto specificamente dedotto nel ricorso, dal verbale di sommarie informazioni del 7 maggio 2010 lo stesso imputato aveva dichiarato che, antecedentemente alla consegna dei lavori (databile 1 dicembre 2009), la manutenzione della segnaletica del tratto stradale interessato dal sinistro era affidata a personale A.N.A.S..
8. Conclusivamente, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Caltagirone, in funzione di Giudice dell’udienza preliminare, per l’ulteriore corso, non emergendo come certa “l’inesistenza di possibili sviluppi probatori o argomentativi degli elementi acquisiti o di possibili interpretazioni alternative di questi e delle norme applicabili” (Sez. 4 n. 10738 del 26/07/2016, Lucciola, n.m.).

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Caltagirone.

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