In tema di danni derivanti dalla condotta illecita del promotore di prodotti finanziari

Corte di Cassazione, sezione sesta (terza) civile, Ordinanza 15 settembre 2020, n. 19111.

In tema di danni derivanti dalla condotta illecita del promotore di prodotti finanziari o assicurativi, la responsabilità della banca o della compagnia di assicurazioni è astrattamente inquadrabile quale responsabilità oggettiva ex articolo 2049 del codice civile – norma rispetto alla quale l’articolo 31, comma 3, del decreto legislativo n. 58 del 1998 si pone in rapporto di specie a genus, donde la piena ammissibilità del riferimento alla norma generale, non comportando esso alcun mutamento del quadro fattuale e giuridico tenuto presente dal giudice di merito – cioè quale ipotesi di responsabilità indiretta per il danno provocato dal proprio incaricato, in quanto agevolato o reso possibile dalle incombenze demandategli, su cui la preponente aveva la possibilità di esercitare poteri di direttiva e di vigilanza. Per la sua configurabilità è necessario e sufficiente provare il «rapporto di occasionalità necessaria» tra la condotta antigiuridica posta in essere dall’agente e le incombenze che gli erano state affidate dal preponente, nel senso che l’incombenza disimpegnata abbia determinato una situazione tale da agevolare o rendere possibile il fatto illecito e l’evento dannoso, anche se il dipendente (o, comunque, il collaboratore dell’imprenditore) abbia operato oltre i limiti delle sue incombenze, purché sempre nell’ambito dell’incarico affidatogli. (

Ordinanza 15 settembre 2020, n. 19111

Data udienza 9 luglio 2020

Tag/parola chiave: Banca – Illecita appropriazione di somme – Art. 31 comma 3 dlgs n. 58/98 – Responsabilità dell banca per fatto del promotore finanziario ex art. 2049 cc – Prova del rapporto di occasionalità necessaria – Valenza anche del rapporto di mero fatto – Diligenza del danneggiato – Incidenza sul nesso causale – Presupposti – Rinvio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 36811/2018 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dagli Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.p.a., rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto presso il suo studio in (OMISSIS);
– controricorrente –
e nei confronti di:
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Brescia, n. 1421/2018, depositata il 14 settembre 2018;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 9 luglio 2020 dal Consigliere Emilio Iannello.

RILEVATO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Venezia, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda proposta, ai sensi del Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, articolo 31, comma 3, da (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS) S.p.a. per il risarcimento dei danni (liquidati in primo grado in Euro 88.820, oltre rivalutazione di interessi) derivati dalla illecita appropriazione da parte di (OMISSIS) (incaricato dalla banca di segnalare nominativi dei possibili clienti) delle somme che a quest’ultimo il (OMISSIS) aveva consegnato, perche’ fossero investiti in titoli (OMISSIS) presso Banca (OMISSIS).
Ha infatti ritenuto che – essendo incontestato che il (OMISSIS) non fosse mai stato promotore finanziario della banca ma avesse il solo incarico di produttore assicurativo e “segnalatore in campo finanziario” – erroneamente il Tribunale avesse fondato la propria decisione sul fatto che il predetto fosse apparso al (OMISSIS) quale promotore, creando nello stesso un affidamento incolpevole su tale sua qualita’ e sulla disponibilita’ di documentazione relativa alla conclusione di contratti di intermediazione.
Cio’ in quanto:
– dai documenti prodotti (sommariamente descritti in sentenza quanto a natura e contenuto) “non emerge la spendita da parte del (OMISSIS) (recte: del (OMISSIS), n.d.r.) della sua qualita’ di promotore finanziario;
– essi erano stati contestati dalla banca quanto a “provenienza, contenuto, paternita’ e riferibilita’”;
– non era smentita da alcuna prova contraria la difesa della banca che aveva negato di avere essa consegnato detta documentazione al (OMISSIS), evidenziandone anche la facile riproducibilita’;
– l’affidamento sul fatto che il (OMISSIS) agisse quale promotore finanziario nemmeno poteva essere fondato sulla lettera datata 7/3/2006 con la quale si comunicava al (OMISSIS) l’inserimento “nel suo dossier dei titoli (di) obbligazioni (OMISSIS) per 100.000,00 prezzo 90,00…”, sia perche’ su tale documento la banca aveva svolto specifiche contestazioni, sia perche’ tale missiva era successiva alla sottoscrizione da parte del (OMISSIS) del contratto di investimento ed alla consegna delle somme al (OMISSIS);
– le somme risultavano versate su conti correnti non intestati alla banca, alla quale pertanto non poteva essere imputata alcuna omessa vigilanza;
– la banca non aveva la possibilita’ di dare tempestivo avviso al (OMISSIS) della cessazione dell’incarico conferito al (OMISSIS), non essendo il primo suo cliente e non esistendo presso di essa alcuna posizione a lui intestata.
In definitiva, secondo la Corte territoriale, “il rapporto fiduciario che ha dato luogo alla messa a disposizione delle somme anche attraverso modalita’ anomale, tra cui, in particolare, la consegna a mani di assegni circolari, non e’ stato instaurato in relazione al fatto che il (OMISSIS) si fosse qualificato o apparisse promotore della banca (OMISSIS) (cosa che, come esposto, non e’ stata provata) ma in virtu’ di un affidamento che trova ragione in un rapporto personale diretto e preesistente, specificatamente finalizzato al compimento di operazioni di investimento”.
2. Avverso tale decisione (OMISSIS) propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resiste (OMISSIS) S.p.A., depositando controricorso.
L’altro intimato, (OMISSIS), chiamato in garanzia dalla banca ma rimasto contumace in entrambi i gradi del giudizio di merito, non svolge difese nella presente sede.
3. Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che e’ stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.
Il ricorrente e la controricorrente hanno depositato memorie ex articolo 380-bis c.p.c..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’articolo 2049 c.c., per avere la Corte di merito ritenuto decisivi, ai fini di escludere la dedotta responsabilita’ della banca, l’assenza di incarichi di promotore finanziario e la mancata prova di un comportamento, anche omissivo, del supposto preponente, atto ad agevolare la genesi di un affidamento incolpevole del terzo contraente.
Rileva di contro che, secondo il principio di “occasionalita’ necessaria”, consolidato nella giurisprudenza di legittimita’, la sussistenza di un vincolo contrattuale, che in ogni caso leghi i due soggetti – nella specie, l’istituto di credito ed il soggetto che presti in suo favore attivita’ seppure a titolo non di promotore finanziario, bensi’ di produttore assicurativo – in un vincolo di svolgimento di attivita’ del preposto nell’interesse del preponente, sia per se’ sufficiente all’insorgere una responsabilita’ di quest’ultimo ai sensi di cui all’articolo 2049 c.c., alla sola condizione che l’incarico conferito al preposto abbia consentito od agevolato, in fatto, la commissione di un illecito.
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce poi, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione”, in tesi rappresentati dai documenti 7 ed 8 prodotti in primo grado i quali – afferma – “non costituiscono affatto copie di facile riproduzione, bensi’ originali, ictu ()cuti visibili, di modulistica riservata ai promotori finanziari ai fini istituzionali di illustrazione e di sintesi di determinati prodotti finanziari, pertanto documentazione di limitata attendibilita’ e disponibilita’ e di cui il (OMISSIS) non avrebbe potuto appropriarsi se non in quanto abilitato, seppure de facto, ad inserirsi nelle stanze riservate di (OMISSIS)”.
3. Il primo motivo e’ fondato.
In tema di danni derivanti dalla condotta illecita del promotore di prodotti finanziari o assicurativi, la giurisprudenza di questa Corte e’ ormai ferma nel ritenere che la responsabilita’ della banca o della compagnia di assicurazioni e’ astrattamente inquadrabile quale responsabilita’ oggettiva ex articolo 2049 c.c. – norma rispetto alla quale il Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 31, comma 3, si pone in rapporto di specie a genus, donde la piena ammissibilita’ del riferimento, in ricorso, alla norma generale, non comportando esso alcun mutamento del quadro fattuale e giuridico tenuto presente dal giudice di merito – cioe’ quale ipotesi di responsabilita’ indiretta per il danno provocato dal proprio incaricato, in quanto agevolato o reso possibile dalle incombenze demandategli, su cui la preponente aveva la possibilita’ di esercitare poteri di direttiva e di vigilanza (v. Cass. Sez. U. 16/05/2019, n. 13246; v. anche e pluribus Cass. 26/06/2019, n. 17060; 10/11/2015, n. 22956; 04/11/2014, n. 23448; 04/03/2014, n. 5020; 25/01/2011, n. 1741; 22/06/2007, n. 14578).
Per la sua configurabilita’ e’ necessario e sufficiente provare il “rapporto di occasionalita’ necessaria” tra la condotta antigiuridica posta in essere dall’agente e le incombenze che gli erano state affidate dal preponente, nel senso che l’incombenza disimpegnata abbia determinato una situazione tale da agevolare o rendere possibile il fatto illecito e l’evento dannoso, anche se il dipendente (o, comunque, il collaboratore dell’imprenditore) abbia operato oltre i limiti delle sue incombenze, purche’ sempre nell’ambito dell’incarico affidatogli.
3.1. Una tale nozione – come precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. U. n. 13246 del 2019, cit., in motivazione, §§ 46-51) – vale a descrivere null’altro che “una peculiare specie di relazione di causalita’”, da valutarsi alla stregua del criterio di regolarita’ causale con il quale e’ declinato in ambito civile il principio di equivalenza causale di cui all’articolo 41 cpv. c.p., tale per cui “la verificazione del danno-conseguenza non sarebbe stata possibile senza l’esercizio dei poteri conferiti da altri, che assurge ad antecedente necessario anche se non sufficiente”.
Deve dunque trattarsi di una “sequenza tra premesse e conseguenze… rigorosa e riferita a quelle tra queste che appaiano, con giudizio controfattuale di oggettivizzazione ex ante della probabilita’ o di regolarita’ causale, come sviluppo non anomalo, anche se implicante violazioni o deviazioni od eccessi in quanto anch’esse oggettivamente prevenibili, di attivita’ rese possibili solo da quelle funzioni, attribuzioni o poteri.
“In tanto puo’ giustificarsi, infatti, la scelta legislativa di far carico al preponente degli effetti delle attivita’ compiute dai preposti, in quanto egli possa raffigurarsi ex ante quali questi possano essere e possa prevenirli o tenerli in adeguata considerazione nell’organizzazione della propria attivita’ quali componenti potenzialmente pregiudizievoli: e quindi in quanto possa da lui esigersi di prefigurarsi gli sviluppi che possono avere le regolari (in quanto non anomale od oggettivamente improbabili) sequenze causali dell’estrinsecazione dei poteri (o funzioni o attribuzioni) conferiti al suo preposto, tra i quali rientra la violazione aperta del dovere di ufficio la cui cura e’ stata affidata” (Cass. Sez. U. sent. cit. §§ 54, 56).
Vale, per converso, anche in tale ambito, l’elisione del nesso causale in ipotesi di fatto naturale o del terzo o del danneggiato che sia di per se’ solo idoneo a determinare l’evento e trova altresi’ applicazione la regola generale dell’articolo 1227 c.c. in tema di concorso del fatto colposo del danneggiato (su cui v., tra le altre, in tema di responsabilita’ per danno da cose in custodia, Cass. ord. nn. 2478, 2480 e 2482 del 2018).
3.2. Alla luce di tali premesse appare evidente che non assumono decisivo rilievo la natura e la fonte del rapporto esistente tra preponente e preposto, essendo sufficiente anche una mera collaborazione od ausiliarita’ del preposto, nel quadro dell’organizzazione e delle finalita’ dell’impresa gestita dal preponente (v. Cass. 16/03/2010, n. 6325; v. anche Cass. 03/04/2000, n. 4005; 21/06/1999, n. 6233; 17/05/1999, n. 4790). Il fondamento della responsabilita’ ex articolo 2049 va infatti rinvenuto non gia’ nella formale esistenza di un rapporto di lavoro o di agenzia, ma nel rapporto effettuale che si istituisce quando per volonta’ di un soggetto (committente), altro soggetto (commesso) esplica in fatto attivita’ per di lui conto e sotto il suo potere (v. gia’ Cass. 24/05/1988, n. 3616; nello stesso senso anche Cass. 09/08/1991, n. 8668, e ancor prima, ex aliis, Cass. 02/04/1977, n. 1255); in altre parole, e’ sufficiente che l’agente sia inserito, anche se temporaneamente o occasionalmente, nell’organizzazione aziendale, ed abbia agito per conto e sotto la vigilanza dell’imprenditore (Cass. 09/11/2005, n. 21685; 09/08/2004, n. 15362; 22/03/1994, n. 2734).
Da cio’ si deduce che la preposizione puo’ derivare anche da un rapporto di fatto; che non sono essenziali ne’ la continuita’, ne’ l’onerosita’ del rapporto; e’, inoltre, sufficiente l’astratta possibilita’ di esercitare un potere di supremazia o di direzione, non essendo necessario l’esercizio effettivo di quel potere (v. in tal senso da ultimo Cass. 26/09/2019, n. 23973, che ha ritenuto sussistente la responsabilita’ dell’assicuratore per i danni conseguenti dalla condotta del sub-agente in un caso in cui, pur in assenza di alcun diretto rapporto tra gli stessi, risultava tuttavia che l’assicuratore: quale primo preponente, aveva conferito al sub-agente un autonomo e diretto potere rappresentativo; conservava un controllo diretto anche sul sub-agente; si avvaleva comunque di un’organizzazione imprenditoriale articolata in un reticolo di agenzie che operano di regola a mezzo di sub-agenti abilitati a vendere i prodotti assicurativi della preponente).
Quanto all’ambito qui di interesse, sara’ quindi sufficiente che al collaboratore siano conferiti incarichi che, sia pure occasionalmente e temporaneamente, da un lato, lo legittimino a rivolgersi alla clientela per proporre o anche solo segnalare prodotti finanziari o assicurativi della banca o della societa’ d’assicurazioni e che, dall’altro, prevedano per cio’ stesso un vantaggio riflesso per la compagnia.
4. La portata di tale schema di responsabilita’ oggettiva puo’ meglio essere compresa se la si raffronta, in negativo, con il contiguo ma diverso paradigma di imputazione, alternativo alla responsabilita’ (oggettiva e indiretta) ex articolo 2049 c.c., che puo’ condurre a ritenere la banca o la compagnia d’assicurazione responsabile del danno provocato dalla condotta illecita del sedicente promotore, pur in mancanza di rapporti di committenza di alcun tipo, in applicazione del principio dell’apparenza del diritto, quando con il proprio comportamento colposo (e dunque, in tal caso, in forza della generale clausola aquiliana: articolo 2043 c.c.) la banca o la compagnia d’assicurazione abbia ingenerato nel cliente il legittimo affidamento che il promotore agisse nell’ambito di incombenze affidategli, purche’ in tal caso sussista la buona fede incolpevole del terzo danneggiato (vds., per tale diversa ipotesi, Cass. 04/11/2014, n. 23448).
5. Come questa Corte ha di recente avuto occasione di precisare (v. Cass. 17/01/2020, n. 857) la colpevole buona fede svolge in questa ipotesi un ruolo diverso da quello che, come sopra s’e’ detto, puo’ in astratto assumere nella prospettiva qualificatoria correlata all’articolo 2049 c.c..
Mentre nel primo caso (apparenza del diritto causa di affidamento incolpevole) essa porta ad escludere la configurabilita’ di un elemento costitutivo della responsabilita’ dell’apparente preponente, ossia, per l’appunto, l'”incolpevole affidamento” del terzo, nel secondo caso (responsabilita’ indiretta ex articolo 2049 c.c.) la colpa del terzo non incide sul fondamento dell’imputazione di responsabilita’ ma puo’ solo assumere rilievo di fattore all’origine di una diversa serie causale che concorre all’evento dannoso ex articolo 1227 c.c., fino eventualmente ad elidere il nesso che collega quest’ultimo al fatto del preponente.
Ne discende la necessita’ di un diverso metro di ponderazione della colpa del danneggiato.
Nel primo caso (affidamento incolpevole) rilevera’ la mancanza della diligenza media esigibile, avuto riguardo al contesto sociale e culturale di riferimento, nel discernere l’inesistenza di alcun collegamento tra l’apparente preposto e l’ente.
Nel secondo caso, che qui interessa – nel quale tale collegamento e’ gia’, obiettivamente, nei fatti – la colpa del danneggiato sara’ apprezzabile in presenza di un coinvolgimento soggettivo del danneggiato ben piu’ marcato; la credulita’ del danneggiato va in altre parole diversamente ponderata, in detta ipotesi, in considerazione della giustificazione che, almeno in parte, ne puo’ derivare proprio dall’inserimento del preposto nell’organizzazione dell’impresa preponente.
6. In tal senso questa Corte ha gia’ piu’ volte affermato che, nella prospettiva qualificatoria di cui all’articolo 2049 c.c., la condotta del terzo/investitore – non inserendosi nella situazione di potenzialita’ dannosa determinata dal contegno della preponente, ma appartenendo ad una serie eziologica diversa e determinante dell’evento – puo’ giungere a interrompere il nesso causale solo allorche’ gli fosse chiaramente percepibile che la condotta del preposto si poneva in assenza o al di fuori del rapporto con l’intermediario ovvero fosse consapevolmente coinvolto nell’elusione della disciplina legale posta in essere dal promotore finanziario o ancora quando avesse prestato acquiescenza all’irregolare condotta del preposto: acquiescenza desunta dal numero o dalla ripetizione delle operazioni poste in essere con modalita’ irregolari, dal valore complessivo delle operazioni, dall’esperienza acquisita nell’investimento di prodotti finanziari, dalla conoscenza del complesso iter funzionale alla sottoscrizione di programmi di investimento e dalle sue complessive condizioni culturali e socioeconomiche (v. Cass. 22/11/2018, n. 30161; Cass. 14/12/2018, n. 32514).
In tale prospettiva, nel definire il contenuto di questa prova liberatoria, la giurisprudenza di legittimita’ ha, ad esempio, escluso che la consegna di somme di denaro da parte del cliente con modalita’ difformi da quelle cui il promotore dovrebbe attenersi possa di per se’ escludere il rapporto di necessaria occasionalita’ ed anche che possa costituire concausa del danno o determinare l’applicazione dell’articolo 1227 c.c. ai fini della riduzione del risarcimento spettante all’investitore (Cass. n. 32514 del 2018, cit.; Cass. 01/03/2016, n. 4037; 24/07/2009, n. 17393).
7. Nella specie, la Corte d’appello non ha fatto corretta applicazione di tali principi, avendo attribuito rilievo ad elementi che, in relazione ad essi, risultano irrilevanti (quali la mancata spendita della qualita’ di promotore finanziario; la mancanza di profili di colpa dell’istituto preponente; le anomale modalita’ di versamento delle somme).
Ha per contro omesso di valutare la rilevanza di altro dato fattuale pure espressamente accertato in sentenza, ossia l’effettiva attribuzione al (OMISSIS) di un incarico di produttore assicurativo e “segnalatore in campo finanziario” gia’ di per se’, oggettivamente, chiaro indice di un legame, tra l’autore dell’illecito e la banca, potenzialmente idoneo a concretare quella condizione di “occasionalita’ necessaria” che ha agevolato l’illecito: condizione che giustifica, per le ragioni dette, la pretesa risarcitoria nei confronti della banca, a prescindere dalla mancanza di alcun coefficiente soggettivo di quest’ultima.
Quel legame, infatti, legittimava il (OMISSIS) a trattare con potenziali clienti della compagnia, in nome e a vantaggio della stessa.
Il che e’ quanto basta, alla luce della richiamata giurisprudenza, a configurare la responsabilita’ oggettiva e indiretta della societa’ ex articolo 2049 c.c., la quale, giova ribadire, trova la sua ragion d’essere, per un verso, nel fatto che l’agire del promotore/segnalatore e’ uno degli strumenti dei quali l’intermediario si avvale nell’organizzazione della propria impresa, traendone benefici ai quali e’ ragionevole far corrispondere i rischi, secondo l’antica regola cuius commoda eius et incommoda; per altro verso, e in termini piu’ specifici, nell’esigenza di offrire una adeguata garanzia ai destinatari delle offerte fuori sede loro rivolte per il tramite di terzi, giacche’, appunto per le caratteristiche di questo genere di offerte, la buona fede dei clienti puo’ piu’ facilmente esserne sorpresa e aggirata (v. Cass. Sez. U. n. 13246 del 2019, in motivazione § 24; ma v. gia’, ex multis, Cass. n. 1741 del 2011; Cass. 07/04/2006, n. 8229).
L’avere il promotore/segnalatore incassato somme in assenza di alcuna autorizzazione costituisce infatti condotta, bensi’ abusiva, ma pur sempre in continuita’ al potere conferitogli, tale per cui, da un lato, quest’ultimo rimane premessa causalmente efficiente di quella condotta e, d’altro, il suo abuso costituisce evenienza prevedibile e suscettibile di essere prevenuta attraverso opportuna attivita’ di organizzazione e vigilanza.
8. In accoglimento del primo motivo, assorbito il secondo, la sentenza impugnata deve essere pertanto cassata, con rinvio al giudice a quo, al quale va anche demandato il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di appello di Brescia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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