In tema di contestazioni “a catena”

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|23 marzo 2021| n. 11165.

In tema di contestazioni “a catena”, la sospensione dei termini di custodia cautelare, conseguente all’applicazione della disciplina emergenziale di cui all’art.83 d.l. n. 18 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 27 del 2020, in relazione alla misura adottata per prima opera anche con riferimento ai termini, decorrenti dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima ordinanza, relativi alla misura adottata con la seconda ordinanza.

Sentenza|23 marzo 2021| n. 11165

Data udienza 22 gennaio 2021

Integrale
Tag – parola chiave: MISURE CAUTELARI – DURATA

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GALLO Domenico – Presidente

Dott. AGOSTINACCHIO Luigi – Consigliere

Dott. CIANFROCCA Pierluigi – Consigliere

Dott. PAZIENZA Vittor – rel. Consigliere

Dott. SARANO Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato in (OMISSIS);
avverso l’ordinanza emessa in data 15/07/2020 dal Tribunale di Torino;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere PAZIENZA Vittorio;
Lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale CIMMINO Alessandro, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 29/06/2020, il Tribunale di Torino, adito con appello ex articolo 310 c.p.p., ha parzialmente riformato l’ordinanza emessa dal G.i.p. del Tribunale di Torino, con la quale erano state rigettate le istanze di declaratoria della perdita di efficacia (ovvero, in subordine, di sostituzione) della misura custodiale in carcere, formulate nell’interesse di (OMISSIS), in relazione all’ordinanza applicativa della predetta misura emessa nei suoi confronti in data 05/05/2020 (eseguita il 04/06/2020) dal G.i.p. del predetto Tribunale, in relazione ai reati di cui ai capi A), C), D), I), O) della rubrica.
In particolare, il Tribunale ha rigettato la prima istanza escludendo che fosse decorso il termine di fase, pur dopo la retrodatazione dei termini al 13/01/2020 (data in cui aveva avuto inizio l’esecuzione di altro titolo cautelare per altri fatti connessi) disposta ai sensi dell’articolo 297 c.p.p., comma 3, ritenendo operativa la sospensione dei termini di cui al Decreto Legge n. 18 del 2020, articolo 83; ha invece accolto la richiesta subordinata di sostituzione della misura in atto con quella degli arresti domiciliari.
2. Ricorre per cassazione l’ (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, deducendo:
2.1. Violazione del Decreto Legge n. 18, articolo 83 (convertito con modificazioni dalla L. n. 27 del 2020) e 303 c.p.p. Dopo aver ricostruito la vicenda processuale e l’evolversi della normativa emergenziale introdotta per il contrasto del COVID-19, il ricorrente censura l’interpretazione accolta dal Tribunale in ordine agli effetti della richiesta di procedere di cui all’articolo 83, comma 3 secondo cui tali effetti decorrerebbero esclusivamente a far data dalla richiesta medesima (nel caso di specie, dal 16/04/2020), senza coprire l’intero periodo dal 9 marzo all’I 1 maggio individuato dal predetto articolo (periodo che anzi dovrebbe partire dal 17 marzo, onde evitare applicazioni retroattive dell’articolo 83, comma 4).
2.1.1. Al riguardo, il ricorrente deduce che la richiesta di procedere non e’ costruita come una causa di cessazione della sospensione del decorso dei termini, ma come una causa di non operativita’ della disciplina il cui verificarsi e’ rimesso alla volonta’ dell’interessato. Pertanto, si sostiene che la richiesta di procedere formulata il 16/04/2020 aveva avuto l’effetto di rendere inoperante l’intero periodo di sospensione: era quindi interamente decorso il termine semestrale di fase, per la seconda ordinanza emessa nei confronti dell’ (OMISSIS), alla data del 12/07/2020 (individuata a seguito del riconoscimento, da parte del G.i.p., della retrodatazione di cui all’articolo 297 c.p.p., comma 3, trattandosi di fatti connessi gia’ noti al momento dell’emissione del primo titolo cautelare).
2.1.2. Sotto altro profilo, il ricorrente censura l’assunto del Tribunale secondo cui, ai fini della cessazione della sospensione, non puo’ darsi rilievo alla richiesta di misura cautelare formulata dal P.M. in data 27/03/2020, in quanto gli unici soggetti legittimati a proporre la richiesta di procedere sono l’indagato ed il suo difensore. Tale interpretazione sarebbe irragionevole ed eccentrica, dovendo invece darsi rilievo alle ipotesi in cui, nonostante la sospensione, il P.M. formuli una domanda cautelare e il G.i.p. disponga in conformita’ dando luogo, tra l’altro, ad un ulteriore sacrificio della liberta’ personale dell’indagato.
Si censura altresi’ la decisione del Tribunale nella parte in cui ha ritenuto irrilevante la predetta richiesta, in quanto, individuando quale data di inizio della sospensione ex lege quella del 17/03/2020 (onde evitare applicazioni retroattive dell’articolo 83), e considerando quale data di cessazione della sospensione medesima quella del 27/03/2020 – in altri termini sommando il periodo di custodia compreso tra il 13/01/2020 e il 17/03/2020, e quello compreso tra il 27/03/2020 e il 27/07/2020 – si otterrebbe esattamente il termine semestrale previsto dall’articolo 303 c.p.p., comma 1, lettera a, n. 2.
2.2. Vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta manifesta infondatezza della questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 83, commi 2 e 4, nella parte in cui non prevede che le disposizioni ivi previste operino anche nelle ipotesi in cui nella fase delle indagini, il Pubblico Ministero proceda nonostante la sospensione dei termini processuali.
Si censura anzitutto la ritenuta irrilevanza della questione, motivata sull’erroneo presupposto per cui il periodo di sospensione decorrerebbe dal 09/03/2020, anziche’ – per le gia’ indicate ragioni volte ad evitare un’applicazione retroattiva dell’articolo 83 – dal 17/03/2020.
Si evidenzia, inoltre, quanto alla non manifesta infondatezza, l’indiscriminato automatismo del prolungamento della custodia, per ragioni estranee alla gestione delle singole vicende processuali, sganciato dall’intervento di un giudice: laddove invece, negli articoli 304 e 305 c.p.p., il prolungamento dei termini si fonda su un contemperamento tra la durata della privazione cautelare e le esigenze funzionali intrinseche alla dinamica giudiziaria (v. anche il congelamento dei termini di cui all’articolo 297 c.p.p., comma 4). Si evidenzia altresi’ l’irragionevolezza della disciplina sia rispetto a quanto disposto dallo stesso articolo 83 per i procedimenti nei quali e’ pendente la richiesta di applicazione di una misura di sicurezza detentiva (essendo in quel caso sufficiente la sola pendenza per escludere la sospensione), sia rispetto all’ipotesi, ricorrente nella specie, di “operosita’ attiva” del P.M. e del G.i.p..
2.3. Violazione di legge con riferimento alla ritenuta applicabilita’ della sospensione ex articolo 83 alla custodia cautelare disposta con ordinanza eseguita il 04/06/2020. Si censura il richiamo ad un isolato precedente giurisprudenziale (concernente, tra l’altro, una vicenda del tutto diversa), in quanto il periodo di sospensione previsto ex lege era interamente decorso al momento dell’esecuzione della misura: ne’ poteva rimproverarsi alla difesa il fatto di non aver proposto, nell’altro procedimento in cui era stata emessa la prima ordinanza, richiesta di procedere sin dal 09/03/2020.
3. Con requisitoria del 04/01/2021, il Procuratore Generale sollecita il rigetto del ricorso, ritenendo condivisibili le osservazioni del Tribunale sia quanto all’interpretazione dell’articolo 83 (anche con riferimento ai soggetti legittimati a chiedere che si proceda), sia quanto all’irrilevanza, nel caso di specie, di una eventuale decorrenza del termine di custodia dalla richiesta cautelare formulata dal P.M..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ nel suo complesso infondato e deve essere percio’ rigettato.
2. Come gia’ accennato in precedenza, il Tribunale di Torino ha accolto solo in parte, con l’ordinanza oggetto dell’odierno ricorso, i motivi di appello proposti dall’ (OMISSIS) avverso il provvedimento di rigetto (emesso dal G.i.p. in data 15/07/2020) delle richieste di perdita di efficacia, o in subordine di attenuazione, della misura custodiale in carcere applicata al ricorrente con ordinanza del 05/05/2020, in relazione ai reati di associazione per delinquere, riciclaggio e ricettazione.
In particolare, il Tribunale ha ritenuto attenuate le esigenze cautelari, con conseguente sostituzione della misura piu’ gravosa con quella degli arresti domiciliari.
2.1. Il Collegio torinese ha invece disatteso le censure formulate avverso il rigetto dell’istanza principale di perdita di efficacia della misura, che la difesa aveva proposto evidenziando, da un lato, la necessita’ di “retrodatare” l’inizio della sua decorrenza, ai sensi dell’articolo 297 c.p.p., comma 3, al 13/01/2020, data nella quale era stato eseguito il fermo dell’ (OMISSIS) – con conseguente emissione di ordinanza applicativa di misura cautelare – per fatti connessi a quelli oggetto della seconda ordinanza (ed essendo questi ultimi gia’ noti al momento dell’emissione del decreto di giudizio immediato nel primo procedimento). D’altro lato, la difesa aveva chiesto la declaratoria della perdita efficacia del secondo titolo cautelare per il decorso del termine semestrale di fase (calcolato appunto non gia’ dal 22/05/2020, ma dal 13/01/2020) senza che fosse stato emesso alcuno dei provvedimenti previsti dall’articolo 303, comma 1, lettera a), del codice di rito.
In linea con il percorso argomentativo gia’ tracciato dal G.i.p., il Tribunale ha per un verso ritenuto applicabile l’istituito della c.d. retrodatazione, e ha quindi ritenuto corretto individuare la data del 13/01/2020 quale inizio della decorrenza del secondo titolo cautelare; per altro verso, il Collegio torinese ha escluso che la misura avesse perso efficacia per l’inutile decorso del termine semestrale, dovendosi tener conto della sospensione dei termini, ai sensi del Decreto Legge n. 18 del 2020, articolo 83, nel periodo compreso tra il 09/03/2020 e il 16/04/2020 (data, quest’ultima, in cui l’ (OMISSIS) aveva chiesto, ai sensi del comma 3, lettera b, n. 2 del citato articolo 83, che si procedesse alla trattazione del procedimento in cui era stata applicata la prima misura). Infatti, computando il predetto periodo di sospensione, il decreto di giudizio immediato era stato emesso in una data (23/07/2020) anteriore a quella di scadenza del termine di fase.
2.2. Con i motivi in precedenza sintetizzati, la difesa dell’ (OMISSIS) per un verso ha censurato l’interpretazione dell’articolo 83 accolta dal Tribunale e la conseguente individuazione di un periodo di sospensione dei termini di custodia dal 09/03/2020 al 16/04/2020, prospettando in linea subordinata una questione di legittimita’ costituzionale; d’altro lato, la difesa ricorrente ha contestato comunque l’applicabilita’, ai termini di custodia della misura “retrodatata” emessa nel secondo procedimento, del periodo di sospensione asseritamente maturato nel primo (ovvero nel procedimento in cui era stata applicata all’ (OMISSIS) la misura all’esito della convalida del fermo): un periodo tra l’altro interamente decorso prima del secondo titolo cautelare (essendo quest’ultimo stato emesso, come gia’ accennato, solo in data 22/05/2020).
Per evidenti ragioni di coerenza espositiva, le censure difensive verranno esaminate prendendo le mosse da tale ultima questione, prospettata con il terzo motivo di ricorso: essendo evidente che ogni ulteriore approfondimento sulla interpretazione della normativa emergenziale di cui al Decreto Legge n. 18 del 2020, articolo 83, risulterebbe ultroneo, laddove si dovesse ritenere che le cause di sospensione dei termini, applicabili alla misura applicata nel primo procedimento, non si “comunichino” ai termini di custodia cautelare relativi alla seconda ordinanza “retrodatata”.
3. Le censure difensive prospettate con il terzo motivo sono infondate.
Il Tribunale di Torino ha fatto invero corretta applicazione del principio, affermato da questa Suprema Corte, secondo cui “in tema di contestazioni “a catena”, la sospensione dei termini di custodia cautelare, disposta dal giudice con riferimento alla misura adottata per prima, opera anche con riferimento ai termini, decorrenti dal giorno in cui e’ stata eseguita o notificata la prima ordinanza, relativi alla misura adottata con la seconda ordinanza” (Sez. 3, n. 19047 del 18/02/2009, Valentino, Rv. 243709).
Si tratta di un principio che – a differenza di quanto sostenuto in ricorso – non risulta affatto isolato, essendo stato ripreso da altre successive decisioni di questa Suprema Corte (cfr. Sez. 2, n. 2775 del 19/11/2015, dep. 2016, Barbato; Sez. 6, n. 30550 del 12/04/2013, Romeo; Sez. 6, n. 12610 del 10/12/2012, dep. 2013, Napoli), e soprattutto risponde ad evidenti criteri di ragionevolezza complessiva del sistema.
E’ invero evidente che non puo’ accordarsi la tutela auspicata nel ricorso a chi – dopo aver chiesto e ottenuto la retrodatazione della seconda ordinanza al momento applicativo della prima, facendo valere la sussistenza dei presupposti che avrebbero dovuto o potuto comportare l’emissione solo del primo provvedimento coercitivo, data la sostanziale unicita’ della vicenda – intenda successivamente recuperare la diversita’ delle misure cautelari, nel momento in cui la loro trattazione unitaria, quanto al computo dei relativi termini, non risulti piu’ “conveniente” a causa dell’emersione, nel primo procedimento, di una causa di sospensione.
Del tutto persuasiva risulta altresi’ l’applicazione del principio alla normativa emergenziale introdotta per fronteggiare l’emergenza epidemiologica. Invero, nessun ostacolo letterale o sistematico si frappone a che l’ordinanza che qui rileva – emessa nei confronti dell’ (OMISSIS) nel secondo procedimento per fatti connessi con quelli del primo e desumibili prima dell’emissione, in tale diversa sede, del decreto di giudizio immediato – segua gli sviluppi procedimentali del primo titolo cautelare, quanto ai periodi di sospensione dei termini maturati in conseguenza della predetta normativa.
4. Le censure difensive volte a contestare la sussistenza di un periodo di sospensione dei termini di custodia dal 09/03/2020 al 16/04/2020, ai sensi e per gli effetti di cui al Decreto Legge n. 18 del 2020, articolo 83, sono infondate, per alcuni aspetti in modo manifesto.
4.1. E’ anzitutto opportuno ricordare che l’emergenza sanitaria correlata alla diffusione del COVID-19 ha determinato, nei primi mesi del 2020, la progressiva introduzione – per fronteggiare l’aggravamento della pandemia – di alcune disposizioni aventi ad oggetto l’attivita’ giudiziaria, volte da un lato a determinare una consistente temporanea riduzione dell’ambito operativo dell’attivita’ stessa e, dall’altro, a modificare alcuni importanti snodi processuali dell’attivita’ non sospesa.
Vengono qui in rilievo, in particolare, le norme che, per il primo periodo emergenziale, hanno disposto – oltre al rinvio delle udienze – la sospensione ex lege del decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto, nei procedimenti civili e penali. Tale sospensione, gia’ prevista dal Decreto Legge 8 marzo 2020, n. 11 per il periodo compreso tra il 9 e il 22 marzo 2020, e’ stata ribadita dal Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, articolo 83, comma 2, (convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27) in termini volti a chiarire la portata onnicomprensiva delle disposizioni. Infatti, dopo aver esteso la durata della sospensione ex lege del decorso dei termini al periodo compreso dal 9 marzo al 15 aprile (periodo ulteriormente ampliato fino all’11 maggio dal Decreto Legge 8 aprile 2020, n. 23, articolo 36), il citato comma 2 dell’articolo 83 chiarisce che “si intendono pertanto sospesi, per la stessa durata, i termini stabiliti per la fase delle indagini preliminari, per l’adozione di provvedimenti giudiziari e per il deposito della loro motivazione, per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, per le impugnazioni e, in genere, tutti i termini procedurali”.
4.2. E’ altresi’ noto che la normativa emanata per fronteggiare l’emergenza epidemiologica ha comunque individuato alcune tipologie di procedimenti per i quali – in considerazione delle connotazioni di urgenza della trattazione, insite nel rispettivo oggetto – le disposizioni in tema di rinvio delle udienze e di sospensione del decorso dei termini sono destinate a non operare.
All’interno di tale categoria, peraltro, nel settore penale il legislatore ha tracciato una distinzione definita in dottrina tra procedimenti “ad urgenza assoluta” (da trattare quindi in ogni caso) e procedimenti “ad urgenza relativa” (da trattare cioe’ solo ad istanza di parte): una distinzione introdotta gia’ con il Decreto Legge n. 11 del 2020 (dove peraltro si faceva riferimento alle udienze, e non ai procedimenti: cfr. articolo 2, comma 2, lettera g), e ribadita nel comma 3 del Decreto Legge n. 18 del 2020, articolo 83, comma 3, lettera b).
In particolare, rientrano nella prima categoria – ai sensi della prima parte della predetta disposizione, come modificata dalla legge di conversione – i procedimenti di convalida dell’arresto, del fermo e dell’ordine di allontanamento dalla casa familiare, i procedimenti per cui nel periodo di sospensione o nei sei mesi successivi scadono i termini di cui all’articolo 304 c.p.p., comma 6, i procedimenti di estradizione per l’estero e quelli per la consegna di un imputato o condannato all’estero in applicazione delle disposizioni in tema di mandato di arresto Europeo, nonche’ i procedimenti in cui sono applicate misure di sicurezza detentive (ovvero pende la relativa richiesta).
Nella seconda parte dell’articolo 83, comma 3, lettera b), invece, sono elencati i procedimenti in cui le disposizioni in tema di rinvio delle udienze e di sospensione dei termini non operano “quando i detenuti, gli imputati, i proposti o i loro difensori espressamente richiedono che si proceda”. Si tratta dei procedimenti a carico di persone detenute, quelli in cui sono applicate misure cautelari o di sicurezza, i procedimenti per l’applicazione di misure di prevenzione (e quelli in cui tali misure sono state disposte), nonche’ i procedimenti che presentano carattere di urgenza per la necessita’ di acquisire prove indifferibili ai sensi dell’articolo 392 c.p.p..
4.3. Alla luce di tali disposizioni, risulta immune da censure la ricostruzione del Tribunale, il quale ha rilevato che nel procedimento a carico dell’ (OMISSIS) rientrante tra quelli “ad urgenza relativa”, essendo stata applicata al ricorrente una misura cautelare – i termini (tra cui quelli di custodia) sono rimasti sospesi ex lege dal 09/03/2020 al 16/04/2020, data in cui il ricorrente ha manifestato la propria volonta’ di trattare il (primo) procedimento.
Per le ragioni indicate nel paragrafo precedente, tale periodo di sospensione e’ applicabile anche alla misura retrodatata, e il suo computo si rivela decisivo nella valutazione della infondatezza della richiesta di declaratoria della perdita di efficacia della misura stessa: nel secondo procedimento, infatti, il decreto di giudizio immediato e’ stato emesso in data 23/07/2020, ovvero prima della scadenza del termine di fase, qualora si aggiungano, ai sei mesi decorrenti dal 13/01/2020 (per effetto della retrodatazione), i 38 giorni di sospensione cui si e’ appena accennato.
4.4. Tale percorso argomentativo e’ stato censurato dal ricorrente anzitutto sul piano dell’interpretazione dell’inciso “quando i detenuti, gli imputati, i proposti o i loro difensori espressamente richiedono che si proceda”, qui sopra ricordato: si e’ visto infatti che, secondo la difesa, la disposizione dovrebbe essere intesa nel senso che la manifestazione di volonta’ dell’interessato, espressa in un qualsiasi momento del periodo di sospensione ex lege, renderebbe inoperante l’effetto sospensivo anche per i giorni precedenti la manifestazione di voler procedere.
L’assunto non puo’ in alcun modo essere condiviso, per gli effetti assolutamente paradossali che si produrrebbero, ictu oculi, attribuendo tale efficacia retroattiva alla manifestazione di voler trattare il procedimento: basterebbe, infatti, che quest’ultima venisse comunicata verso lo scadere del “proprio” termine di fase (ad es., nel caso dell’ (OMISSIS), nella prima decade del mese di luglio 2020) per determinare la perdita di efficacia della misura, perche’ certamente, fino a quel momento, nessun atto tra quelli previsti dall’articolo 303 sarebbe stato adottato proprio per la sospensione ex lege di tutti i termini processuali: sospensione come detto operante a partire dal 9 marzo, in assenza di richieste di trattazione.
Risulta invece del tutto coerente con l’impianto complessivo della normativa emergenziale – oltre che con l’eccezionalita’ degli eventi alla base della sua introduzione – l’opposta interpretazione secondo cui, in tutti i procedimenti “ad urgenza relativa”, la sospensione dei termini spiega i propri effetti a partire dal 09/03/2020, ove l’interessato non manifesti la propria volonta’ di procedere. Solo in caso di tale manifestazione, e solo a partire da quel momento, il procedimento ad urgenza relativa riprende le sue ordinarie cadenze, nonostante l’emergenza epidemiologica.
In altri termini, il legislatore ha ritenuto che, per tale categoria di procedimenti, l’interesse dell’imputato o indagato ad una celere definizione del suo procedimento fosse recessivo rispetto alle criticita’ connesse all’epidemia in corso, ma solo in assenza di una manifestazione di volonta’ di procedere; e’ peraltro del tutto ovvio, in tale complessivo contesto, che alla richiesta di trattazione sia correlata la cessazione della sospensione ex lege dei termini processuali (tra cui quelli di custodia cautelare).
4.5. La difesa ha poi sostenuto che in ogni caso, ovvero anche a voler accogliere l’interpretazione qui ribadita, gli effetti della sospensione ex lege potrebbero essere calcolati a partire non gia’ dal giorno 9, ma dal 17 marzo 2020, data di entrata in vigore del Decreto Legge n. 18 del 2020: secondo il ricorrente, infatti, solo in questo modo verrebbe evitata una inammissibile applicazione retroattiva della disposizione che ha introdotto, con il comma 4 dell’articolo 83, la sospensione dei termini di custodia cautelare.
Anche questa prospettazione non puo’ essere condivisa.
Con la sentenza n. 278 del 2020, la Corte costituzionale – nel dichiarare non fondate le questioni di legittimita’ costituzionale del predetto comma, nella parte in cui ha disposto la sospensione dei termini di prescrizione, oltre che dei termini di custodia – ha escluso che tale disposizione abbia spiegato effetti retroattivi, affrontando funditus la questione con argomentazioni del tutto convincenti e certamente estensibili alla sospensione dei termini di custodia, prevista dal medesimo articolo 83, comma 4.
Si e’ in particolare evidenziato (§ 17 della sentenza n. 278) che “il rinvio ex lege (e quindi la sospensione temporanea) dei procedimenti e dei processi penali nel (breve) periodo precedente il 17 marzo 2020 e la simmetrica sospensione del termine di prescrizione trovano il loro fondamento normativo nel Decreto Legge n. 11 del 2020, articolo 1, entrato in vigore il 9 marzo 2020, il quale si’ non e’ stato convertito in legge, e anzi prima ancora e’ stato abrogato dalla L. n. 27 del 2020, articolo 1, ma la stessa disposizione, pero’, ne ha fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo, unitamente a quelli oggetto del precedente Decreto Legge n. 9 del 2020. Vi e’ pertanto continuita’ normativa tra la disposizione (fin quando vigente) del Decreto Legge n. 11 del 2020, che all’articolo 1, comma 3, richiama il Decreto Legge n. 9 del 2020, articolo 10 (e quindi anche il suo comma 13 sulla sospensione del corso della prescrizione), e quella di salvezza della L. n. 27 del 2020, sicche’ il periodo di rinvio (id est sospensione) di procedimenti e processi penali dal 9 al 17 marzo trova il suo fondamento in una norma vigente gia’ alla data iniziale di questo intervallo temporale. Non c’e’ stata pertanto alcuna sospensione retroattiva del corso della prescrizione come conseguenza della sospensione di procedimenti e processi penali, bensi’ ha trovato piena applicazione il principio secondo cui la legge (nella specie, di contenuto processuale) dispone per l’avvenire (articolo 11 delle Disposizioni sulla legge in generale) e pertanto legittima e’ la ricaduta sulla prescrizione in termini di sospensione della sua durata, prevista dal Decreto Legge n. 11 del 2020, articolo 1, in combinato disposto con il Decreto Legge n. 9 del 2020, articolo 10, comma 13, in piena sintonia con l’articolo 159 c.p., comma 1”.
4.6. La difesa ricorrente ha inoltre sostenuto – riproponendo questioni esaminate e disattese dal Tribunale di Torino – che, nel caso di specie, il dies a quo per la ripresa della decorrenza dei termini di custodia doveva essere individuato non gia’ nel 16/04/2020 (data della richiesta di trattazione del processo), ma in quella precedente del 27/03/2020, nella quale il P.M. aveva formulato la domanda cautelare fondante la seconda ordinanza coercitiva. In linea subordinata, il difensore ha prospettato una questione di legittimita’ costituzionale della normativa emergenziale per la mancata equiparazione, ai fini che qui rilevano, della domanda cautelare del P.M. alla richiesta di trattazione del procedimento formulata dall’interessato.
Al riguardo, deve anzitutto condividersi il rilievo del Tribunale in ordine alla palese irrilevanza della questione, dal momento che – per le ragioni chiarite nel paragrafo precedente – la sospensione della prescrizione deve essere calcolata a partire dal 9 marzo, e non dal giorno 17: sicche’, anche ipotizzando che, nel caso di specie, la sospensione abbia operato dal 9 al 27 marzo, il termine di sei mesi decorrente dal 13/01/2020 riusulterebbe comunque aumentato di un numero di giorni idoneo a far ritenere tempestiva l’emissione del decreto di giudizio immediato in data 23/07/2020 (cfr. pag. 6 dell’ordinanza impugnata).
E’ opportuno peraltro evidenziare, per completezza, la palese inconsistenza della questione prospettata.
Invero, il preteso parallelismo tra la richiesta di misura cautelare del P.M. e la richiesta di trattazione dell’indagato sottoposto a misura – sul quale si fonda il dubbio di legittimita’ costituzionale perche’ solo la seconda, e non anche la prima, determina il venir meno della sospensione dei termini di custodia – perde completamente di vista la ratio posta alla base della normativa emergenziale, le cui stringenti disposizioni, volte ad evitare il piu’ possibile la circolazione delle persone anche per ragioni di giustizia, non hanno certo dato luogo ad un “fermo generalizzato” dell’attivita’ giudiziaria. Si intende dire che le disposizioni dell’articolo 83 non hanno sicuramente inteso impedire al P.M. la formulazione di una richiesta cautelare la sua trasmissione al G.i.p., ne’ a quest’ultimo di esaminarla ed eventualmente accoglierla: si tratta di aspetti operativi che non impattano in alcun modo sull’emergenza epidemiologica, avendo tra l’altro il P.M. ampia discrezionalita’ sulla scelta dei tempi di esecuzione di un’ordinanza cautelare emessa in accoglimento della propria richiesta.
Peraltro, quel che deve essere soprattutto posto in rilievo e’ che la disciplina dettata per i procedimenti “ad urgenza relativa” pone innegabilmente al centro della scena, tutelandola, la scelta dell’imputato o indagato sottoposto a misura, messo in grado di valutare liberamente se restare in attesa della cessazione dell’emergenza, ovvero se affrontare il procedimento con la richiesta di procedere (e quindi di essere interrogato nei termini di cui all’articolo 294, presentare una richiesta di riesame da decidere secondo le stringenti scansioni temporali dettate dall’articolo 309, ecc.). Tale assetto normativo, nell’ottica interpretativa proposta dal ricorrente, verrebbe peraltro paradossalmente stravolto e vanificato da un atto della controparte (la ulteriore domanda cautelare), la quale – si ripete – e’ tra l’altro del tutto priva, in se’ considerata, di impatti sull’emergenza epidemiologica.
Deve poi conclusivamente osservarsi che la facolta’ di rendere inoperante la sospensione (o il suo protrarsi), esercitabile dall’imputato attraverso la sua insindacabile richiesta di trattare il procedimento, consente di escludere la fondatezza dei rilievi prospettati in ordine alle scelte discrezionali operate dal legislatore dell’emergenza, quanto ai procedimenti “ad urgenza relativa”, rispetto ad altre fattispecie di sospensione dei termini, previste da codice di rito ed evocate in ricorso: fattispecie in cui la sospensione, pur essendo disposta dal giudice (e quindi priva dell’automatismo che caratterizza la disposizione dell’articolo 83), e’ per cosi’ dire “subi’ta” dall’interessato, che non ha alcuna possibilita’ di renderla inoperante ove ne ricorrano i presupposti.
5. Le considerazioni fin qui svolte impongono il rigetto del ricorso, e la condanna dell’ (OMISSIS) al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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