Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|9 aprile 2021| n. 9485.
In tema di condominio negli edifici, non è ammesso il ricorso straordinario per cassazione contro il decreto della Corte di appello che, in sede di reclamo, abbia provveduto sulla domanda di revoca dell’amministratore, al fine di proporre, sotto forma di vizi in indicando o in procedendo, censure che rimettano in discussione la sussistenza o meno di gravi irregolarità nella gestione, perché tale statuizione, adottata all’esito di un procedimento di volontaria giurisdizione, è priva di efficacia decisoria e non incide su situazioni sostanziali di diritti o status, potendo invece il decreto essere impugnato davanti al giudice di legittimità limitatamente alla statuizione sulle spese di giudizio, concernente posizioni giuridiche soggettive di debito e credito, che discendono da un autonomo rapporto obbligatorio.
Ordinanza|9 aprile 2021| n. 9485
Data udienza 9 dicembre 2020
Integrale
Tag/parola chiave: Condominio – Revoca dell’amministratore ex artt. 1129 e 64 disp. att. cc – Provvedimento della Corte d’Appello emesso in camera di consiglio a seguito di reclamo – Volontaria giurisdizione – Esclusione del ricorso per cassazione – Natura non decisoria del decreto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. COSENTINO Antonello – Presidente
Dott. ABETE Luigi – Consigliere
Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. CASADONTE AnnaMaria – Consigliere
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23702-2019 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato da se’ stesso ai sensi dell’articolo 86 c.p.c.;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositato il 21/03/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/12/2020 dal Consigliere Dott. TEDESCO GIUSEPPE.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Il Tribunale di Catania ha rigettato l’istanza di (OMISSIS), condomino del Condominio (OMISSIS), Acireale, che aveva chiesto la revoca di (OMISSIS) dalla carica di amministratore del condominio, con condanna della parte istante al pagamento delle spese. La Corte d’appello di Catania ha accolto il reclamo proposto dal (OMISSIS) e ha revocato l’amministratore dalla carica, condannandolo al pagamento delle spese del doppio grado del giudizio. Per la cassazione del decreto (OMISSIS) ha proposto ricorso sulla base di un unico motivo, con il quale denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 91 c.p.c. in relazione agli articoli 1131 e 1129 c.c.. Il provvedimento e’ oggetto di censura nella parte in cui la corte di merito ha posto le spese di lite a carico dell’amministratore revocato. Si sostiene che il procedimento di revoca dell’amministratore non ha natura contenziosa, non essendo percio’ applicabili gli articoli 91 c.p.c. e ss. in materia di spese del giudizio. Il ricorso e’ stato fissato dinanzi alla Sesta sezione civile della Suprema corte su conforme proposta del relatore di manifesta infondatezza.
Il ricorso e’ infondato.
In tema di condominio negli edifici, non e’ ammesso il ricorso straordinario per cassazione contro il decreto della Corte di appello che, in sede di reclamo, abbia provveduto sulla domanda di revoca dell’amministratore, al fine di proporre, sotto forma di vizi in indicando o in procedendo, censure che rimettano in discussione la sussistenza o meno di gravi irregolarita’ nella gestione (nella specie, riconducibili alla mancata convocazione dell’assemblea), perche’ tale statuizione, adottata all’esito di un procedimento di volontaria giurisdizione, e’ priva di efficacia decisoria e non incide su situazioni sostanziali di diritti o status, potendo invece il decreto essere impugnato davanti al giudice di legittimita’ limitatamente alla statuizione sulle spese di giudizio, concernente posizioni giuridiche soggettive di debito e credito, che discendono da un autonomo rapporto obbligatorio (Cass. n. 15995/2020; n. 9348/2017).
Consegue da quanto sopra che, diversamente da quanto sostiene il ricorrente, la natura del procedimento non determina l’inapplicabilita’ del principio di soccombenza ai fini della condanna alle spese (Cass., S.U., n. 20957/2004).
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato con addebito delle spese del giudizio di legittimita’.
Ci sono le condizioni per dare atto Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, ex articolo 13, comma 1-quater, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto”.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna il ricorrente, al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida nell’importo di Euro 1.400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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