In tema di concordato preventivo

Corte di Cassazione, sezione sesta (prima) civile, Ordinanza 4 febbraio 2020, n. 2422.

La massima estrapolata:

In tema di concordato preventivo la regola generale è quella del pagamento non dilazionato dei creditori privilegiati, sicché l’adempimento con una tempistica superiore a quella imposta dai tempi tecnici della procedura equivale ad una soddisfazione non integrale degli stessi, in ragione della perdita economica conseguente al ritardo rispetto ai tempi normali con il quale i creditori conseguono le somme dovute. La determinazione in concreto di tale perdita, rilevante ai fini del computo del voto ex art. 177, comma 3, l.fall., costituisce un accertamento in fatto che il giudice di merito deve compiere alla luce della relazione giurata del professionista ex art. 160, secondo comma, l.fall., tenendo conto degli eventuali interessi offerti ai creditori e dei tempi tecnici di liquidazione dei beni gravati dal privilegio in ipotesi di soluzione della crisi alternativa al concordato.

Ordinanza 4 febbraio 2020, n. 2422

Data udienza 12 dicembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Presidente

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. Consiglie –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
Sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) s.r.l., in persona del l.r.p.t., rappr. e dif. dall’avv. (OMISSIS), elettera dom. in (OMISSIS), presso lo studio di (OMISSIS), come da procura in calce all’atto;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) s.r.l., in persona dei curatori fallim. p.t., rappr. e dif. dall’avv. (OMISSIS), elettera dom. in Roma, presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), in (OMISSIS), come da procura in calce all’atto;
– controricorrente –
PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ANCONA;
PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI ANCONA;
– intimati –
per la cassazione della sentenza App. Ancona 14.12.2016, n. 1599/2016, R.G. 709/2016, rep. 1555/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 12 dicembre 2019 dal Consigliere relatore Dott. Ferro Massimo;
il Collegio autorizza la redazione del provvedimento in forma semplificata, giusta decreto 14 settembre 2016, n. 136/2016 del Primo Presidente.

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:
1. (OMISSIS) s.r.l. ((OMISSIS)) impugna la sentenza App. Ancona 14.12.2016, n. 1599/2016, R.G. 709/2016, rep. 1555/2016, che, rigettando il reclamo avverso la sentenza di fallimento Trib. Ancona 14.4.2016, pronunciata unitamente alla dichiarazione d’inammissibilita’ del concordato preventivo proposto dalla societa’ e sul riunito reclamo altresi’ avverso il decreto di apertura del procedimento di revoca del concordato, ha ritenuto la correttezza della valutazione di non fattibilita’ gia’ giuridica del piano in continuita’ diretta;
2. per la corte e’ incompatibile con il sistema dei privilegi il disallineamento temporale tra le vendite di immobili gravati da ipoteche (unica fonte di autofinanziamento) e il pagamento dei relativi creditori garantiti, pagati solo a distanza di tempo, cioe’ dopo l’esaurimento di un complesso ciclo economico inclusivo del completamento di immobili in costruzione e poi nuove costruzioni, a sua volta eccedente la ragionevolezza, poiche’ collocato a sei anni e mezzo; la conseguente violazione della clausola di salvaguardia della L. Fall., articolo 186-bis, comma 2, lettera c) era dunque manifestata dal non rimanere i beni nel patrimonio del debitore, poiche’ venduti ma senza destinazione di realizzo immediato ai detti creditori prelazionari, eventualita’ non sopperibile con l’attribuzione di voto, contraddetta tra l’altro – dalle previsioni di copertura, proprio con quei flussi, dei costi di costruzione programmati e non suffragata da un’attendibilita’ dell’attestazione, del tutto illogica perche’ smentita dalle incertezze del citato lungo periodo di produzione dei beni; era poi rilevato il limite dell’esposizione di un credito verso una societa’ a sua volta fallita, cosi’ recependosi le argomentazioni del tribunale e le conclusioni del P.M.;
3. con il ricorso, in due motivi, si contesta la decisione denunciando violazione degli articoli 160 – 186-bis L.F. ed il vizio di motivazione, avuto riguardo alla violazione dell’articolo 277 c.p.c. e articolo 177 L. Fall., avendo la sentenza errato nel negare la dilazione di pagamento ai creditori ipotecari nonostante la previa vendita degli immobili, ancora in parte destinati alla continuazione dell’attivita’ edilizia, con compensazione data dal diritto di voto, affermando la irragionevolezza di un piano in realta’ a meno di 5 anni; la corte avrebbe poi errato nel confondere fattibilita’ economica, rimessa al giudizio dei creditori, con fattibilita’ giuridica, impedendo sul punto la votazione e omettendo di pronunciarsi sulle problematiche urbanistiche dell’aumento di cubatura connesse all’inoperativita’ del vincolo sull’immobile oggetto dell’operazione; la curatela resiste con controricorso e ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:
1. il primo motivo e’ inammissibile, posto che, con apprezzamento di fatto non sindacabile in questa sede, la corte anconetana ha riscontrato, in una cornice di durata non dominabile da serie prognosi di fattibilita’, una separazione temporale tra l’epoca prevista per la vendita dei beni immobili oggetto della proposta concordataria e il pagamento dei creditori assistiti da cause di prelazione sugli stessi, cio’ di per se’ vanificando la clausola di salvaguardia dettata della L. Fall., articolo 186-bis, comma 2, lettera c) che, per essi, preclude il voto e dunque la misura partecipativo-compensativa dell’omesso pagamento immediato ogni qual volta il concordato, in fatto e come riscontrato, si risolva in una “liquidazione dei beni o diritti su cui sussiste la causa di prelazione”; va cosi’ data continuita’ all’indirizzo per cui “in materia di concordato preventivo, la regola generale e’ quella del pagamento non dilazionato dei creditori privilegiati, sicche’ l’adempimento con una tempistica superiore a quella imposta dai tempi tecnici della procedura (e della liquidazione, in caso di concordato cosiddetto “liquidativo”) equivale a soddisfazione non integrale degli stessi in ragione della perdita economica conseguente al ritardo, rispetto ai tempi “normali”, con il quale i creditori conseguono la disponibilita’ delle somme ad essi spettanti. La determinazione in concreto di tale perdita, rilevante ai fini del computo del voto L. Fall., ex articolo 177, comma 3, costituisce un accertamento in fatto che il giudice di merito deve compiere alla luce della relazione giurata L. Fall., ex articolo 160, comma 2, tenendo conto degli eventuali interessi offerti ai creditori e dei tempi tecnici di realizzo dei beni gravati in ipotesi di soluzione alternativa al concordato, oltre che del contenuto concreto della proposta nonche’ della disciplina degli interessi di cui agli articoli 54 e 55 L.F. (richiamata dall’articolo 169 L. Fall.)” (Cass. 10112/2014, 3482/2016); a sua volta Cass. 20388/2014 ha puntualizzato che ove sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione, i creditori muniti di cause di prelazione non hanno diritto al voto, trattandosi di esclusione che opera come una “sorta di moratoria coatta paragonabile a quella di cui all’abrogato istituto dell’amministrazione controllata”; tale affermazione conferma, a contrario, che per i concordati senza continuita’ aziendale vige il principio generale sancito dalla L. Fall., articolo 177, comma 3 secondo il quale “i creditori muniti di diritto di prelazione di cui la proposta di concordato prevede, ai sensi dell’articolo 160, la soddisfazione non integrale, sono equiparati ai chirografari per la parte residua del credito”;
2. avendo riguardo al secondo motivo, la sua inammissibilita’ discende dalla constatazione per cui la corte, con la medesima cogenza in questa sede dell’insegnamento di Cass. s.u. 8053/2014, non ha solo negato l’allineamento temporale fra liquidazione e pagamento ai creditori ipotecari, ma ha posto in evidenza che, oltre i cd. tempi tecnici, le operazioni liquidatorie erano essenziali oltretutto in un concordato proposto con pagamento per intero a tutti i creditori – allo stesso autofinanziamento del debitore, che solo attraverso quella liquidazione era in grado di sovvenzionare le ulteriori attivita’ del piano; sul punto, il ricorso, cosi’ peccando di specificita’, non ha indicato gli indici di corrispondenza in termini di valore nella considerazione del conseguente credito differito nel pagamento ed ai sensi della collocazione in classe e nel voto, avendo il motivo introdotto e piuttosto una questione di fatto; occorre d’altronde osservare che un conto e’ – anche in ogni altra prospettiva strumentalmente liquidatoria – la nozione di tempi tecnici della procedura o della liquidazione, un altro e ben diverso conto e’ l’assunzione, con il ricavato della liquidazione, di un rinnovato rischio d’impresa, come nella sostanza accertato dal giudice di merito, per via del reimpiego delle somme nel frattempo ricavate non nel pagamento dei creditori muniti di prelazione sui beni alienati ma in altre operazioni economiche, trattandosi di traslazione oggettiva del rischio incompatibile con lo statuto di tali creditori; va allora ripetuto che “in tema di concordato preventivo, il tribunale e’ tenuto ad una verifica diretta del presupposto di fattibilita’ del piano per poter ammettere il debitore alla relativa procedura, nel senso che, mentre il controllo di fattibilita’ giuridica non incontra particolari limiti, quello concernente la fattibilita’ economica, intesa come realizzabilita’ di esso nei fatti, puo’ essere svolto nei limiti della verifica della sussistenza, o meno, di una manifesta inettitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati, individuabile caso per caso in riferimento alle specifiche modalita’ indicate dal proponente per superare la crisi (con cio’ ponendosi il giudice nella prospettiva funzionale, propria della causa concreta). Tali principi vengono maggiormente in rilievo nell’ipotesi di concordato con continuita’ aziendale ex articolo 186-bis L. Fall., laddove la rigorosa verifica della fattibilita’ “in concreto” presuppone un’analisi inscindibile dei presupposti giuridici ed economici, dovendo il piano con continuita’ essere idoneo a dimostrare la sostenibilita’ finanziaria della continuita’ stessa, in un contesto in cui il “favor” per la prosecuzione dell’attivita’ imprenditoriale e’ accompagnato da una serie di cautele inerenti il piano e l’attestazione, tese ad evitare il rischio di un aggravamento del dissesto ai danni dei creditori, al cui miglior soddisfacimento la continuazione dell’attivita’ non puo’ che essere funzionale ” (Cass. 9061/2017); invero la previsione dell’articolo 186bis l.f., ove attribuisce al tribunale il potere di revocare l’ammissione al concordato in continuita’ qualora l’esercizio dell’attivita’ di impresa risulti manifestamente dannosa per i creditori, “esula dalla valutazione della convenienza economica della proposta concordataria riservata, quando essa non sia implausibile, all’accettazione dei creditori, sicche’ spetta al Tribunale, per i fini della pronuncia di revoca, la verifica dell’andamento dei flussi di cassa e del conseguente indebitamento, tale da erodere le prospettive di soddisfazione del ceto creditorio” (Cass. 23315/2018);
RG 6250/2017- g.est. m.ferro Pag. 6
3. il ricorso e’, pertanto, inammissibile; si da’ atto – mancando
ogni discrezionalita’ al riguardo (cfr., tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass., Sez., U. 27/11/2015, n. 24245; Cass., Sez., U. 20/06/2017, n. 15279) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’articolo 13, comma 1-quater, del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione: norma in forza della quale il giudice dell’impugnazione e’ vincolato, pronunziando il provvedimento che definisce quest’ultima, a dare atto della sussistenza dei presupposti (rigetto integrale o inammissibilita’ o improcedibilita’ dell’impugnazione) per il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto, per l’impugnazione proposta, a norma del comma 1-bis del detto articolo 13.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in favore del controricorrente in Euro 5.000, per compensi ed Euro 100 per esborsi, oltre oneri accessori di legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei medesimi ricorrenti ed in via solidale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, giusta il comma 1-bis, dello stesso articolo 13.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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