In tema di cessione d’azienda e l’inesistenza dei libri contabili

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 7 ottobre 2020, n. 21561.

In tema di cessione d’azienda, l’inesistenza dei libri contabili, dovuta a qualsiasi ragione, compresa la loro non obbligatorietà per lo specifico tipo di impresa, esclude l’elemento costitutivo della responsabilità del cessionario per i debiti relativi all’azienda e conseguentemente preclude il sorgere della medesima responsabilità; rimangono salvi l’eventuale, espresso patto di accollo con cui il cessionario si obblighi a pagare i debiti contratti dal cedente ancorché non risultanti dai libri contabili obbligatori e l’applicabilità dell’art. 2112, comma 2, c.c. – sussistendone i presupposti – per i crediti dei prestatori di lavoro subordinato.

Ordinanza 7 ottobre 2020, n. 21561

Data udienza 14 febbraio 2020

Tag/parola chiave: Cessione d’azienda – Responsabilità dell’acquirente per i debiti anteriori al trasferimento solo se risultano dai libri contabili obbligatori – Opponibilità al cessionario del titolo esecutivo conseguito nei confronti del cedente e relativo ad un rapporto d’impresa non del tutto esaurito – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 5778/2016 proposto da:
(OMISSIS) S.N.C. (OMISSIS), in persona degli amministratori (OMISSIS), (OMISSIS), e (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), in virtu’ di procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.r.l., in liquidazione, in persona del liquidatore e legale rappresentante (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avv.ti. (OMISSIS), (OMISSIS), in virtu’ di procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente, ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 154/2015 della Corte d’appello di Trento sez. dist. di Bolzano, depositata il 20/08/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 14/02/2020 dal Cons. Dott. GIUSEPPE TEDESCO.

RITENUTO

che:
1. (OMISSIS) s.n.c. (OMISSIS) ( (OMISSIS)), con ricorso del 5 marzo 2013 al Tribunale di Bolzano, Sezione distaccata di Bressanone, esponeva: a) di essere creditrice di (OMISSIS) S.r.l. ((OMISSIS)) in forza di titolo esecutivo costituito da verbale di conciliazione giudiziale del 20 luglio 2010; b) che amministratore unico di (OMISSIS) era (OMISSIS); c) in data 30 gennaio 2012 era stata costituita la nuova societa’ (OMISSIS) S.r.l.((OMISSIS)), amministrata dal medesimo (OMISSIS); d) che con Delib. 29 maggio 2012, (OMISSIS) era stata messa in liquidazione; e) che (OMISSIS) era stata poi dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Bolzano del (OMISSIS).
Cio’ posto (OMISSIS) chiedeva, nei confronti di (OMISSIS), che fosse estesa a questa l’efficacia del titolo giudiziale formatosi contro (OMISSIS), sostenendo esservi perfetta continuita’ aziendale fra (OMISSIS) e (OMISSIS), desumibile da una pluralita’ di elementi concorrenti e univoci.
Sosteneva in particolare che il complesso di tali elementi permetteva di considerare la vicenda alla stregua di una cessione di azienda, concepita e attuata in frode dei creditori della societa’ di seguito dichiarata fallita.
(OMISSIS) rappresentava ancora che il giudice delegato al fallimento di (OMISSIS) aveva ammesso il credito al passivo per importo inferiore al dovuto, non perche’ ne avesse riconosciuto solo in parte l’esistenza, ma per una ragione attinente alla natura della parte non ammessa: trattandosi di penale l’onere era eccessivamente gravoso per la procedura.
2. (OMISSIS), in corso di causa, chiedeva un sequestro conservativo. Il ricorso era rigettato con ordinanza confermata in sede di reclamo.
Il giudice del cautelare osservava che la ricorrente non aveva provato e nemmeno dedotto l’iscrizione del debito nei libri contabili, configurandosi l’iscrizione quale elemento costitutivo della responsabilita’ del cessionario per i debiti dell’azienda ceduta ai sensi dell’articolo 2560 c.c.: essendo l’articolo 2560 c.c., norma eccezionale, l’iscrizione del debito non e’ surrogabile da altre forme di conoscenza.
3. Si concludeva negativamente per (OMISSIS) anche il giudizio di merito, trovando conferma la medesima ratio decidendi del provvedimento negativo sulla istanza cautelare in corso di causa: il carattere costitutivo della iscrizione del debito nei libri contabili obbligatori della cedente, la natura eccezionale dell’articolo 2560 c.c., comma 2, l’irrilevanza della conoscenza del debito acquisita in modo diverso dal cessionario d’azienda.
4. La Corte d’appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, confermava la decisione, sulla base delle seguenti considerazioni;
– a) l’argomento usato dal primo giudice per negare l’efficacia del titolo contro (OMISSIS) (mancata iscrizione del debito nei libri contabili) implica la qualificazione giuridica della vicenda intercorsa fra le due societa’ quale cessione d’azienda;
– b) in ordine a tale qualificazione, in assenza di impugnazione, si e’ formato il giudicato;
– c) la cessione d’azienda costituisce fattispecie che puo’ essere ravvisata a prescindere dalla forma negoziale utilizzata, assumendo rilevanza decisiva, a questi effetti, la continuita’ nell’esercizio dell’attivita’ imprenditoriale;
– d) nella specie, una pluralita’ di elementi univoci e convergenti confermava la sussistenza di tale requisito;
– e) ai fini della responsabilita’ del cessionario d’azienda ex articolo 2560 c.c., comma 2, l’iscrizione del debito nei libri contabili obbligatori ha carattere costitutivo: la carenza di tale requisito non e’ superabile con la prova che l’esistenza del debito era comunque conosciuta dal cessionario;
f) era infondata l’ulteriore ragione di censura fatta valere in appello dalla societa’ creditrice, secondo la quale una parziale iscrizione risultava dai “mastrini” inerenti alle operazioni intercorse fra le societa’, costituendo i “mastrini” scritture ausiliarie, previste dalla normativa fiscale, non assimilabili alle scritture obbligatorie.
5. Per la cassazione della sentenza (OMISSIS) propone ricorso affidato a due motivi, illustrati da memoria;
(OMISSIS) s.r.l. in liquidazione resiste con controricorso, contenente ricorso incidentale affidato a un unico motivo.

CONSIDERATO

che:
1. Il primo motivo del ricorso principale (“violazione e falsa applicazione di norme dell’articolo 2560 c.c., in combinazione con l’articolo 2740 c.c. Violazione degli articoli 1418 c.c. e segg., per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti. Violazione degli articoli 1375 e 1175 c.c.. Abuso del diritto. Violazione dell’articolo 54 della Carta dei diritti fondamentali UE. Violazione dei principi costituzionali come quello alla solidarieta’, diritto all’impresa e al lavoro e quello secondo il quale la Repubblica disciplina, coordina e controllo l’esercizio del credito”) propone le seguenti censure:
a) l’esigenza di tutela del cessionario, che e’ alla base dell’articolo 2560 c.c., comma 2, non ha ragione di essere quando l’acquirente conosce l’esistenza del debito;
b) l’interpretazione della norma nel senso del carattere costitutivo della iscrizione, fatta propria dalla Corte d’appello, finisce per avallare la possibilita’ che, attraverso la mancata iscrizione del debito nei libri contabili obbligatori, la cessione d’azienda sia utilizzata in frode ai creditori della cedente;
c) non e’ ammissibile che la cessionaria (OMISSIS), rappresentata dalla medesima persona fisica che avrebbe dovuto curare l’iscrizione del debito nei libri contabili obbligatori della cedente, possa giovarsi della omissione, configurandosi altrimenti una evidente violazione del principio di abuso del diritto;
d) la perfetta continuita’ dell’attivita’ aziendale, disgiunta dalla responsabilita’ del cessionario per i debiti dell’azienda oggetto di cessione, costituisce nello stesso tempo violazione dell’articolo 2740 c.c.: non puo’ consentirsi un passaggio di ricchezza non accompagnato dalla correlativa responsabilita’;
e) l’articolo 2560 c.c., comma 2, non e’ norma eccezionale: subentrando il cessionario in tutte le posizioni del cedente, il limite della iscrizione non puo’ operare per i debiti conosciuti;
O la diversa interpretazione fatta propria dai giudici di merito finisce per rendere di impossibile verificazione il presupposto della responsabilita’ del cessionario quando i libri non siano obbligatori per lo specifico tipo di impresa;
g) e’ significativo il confronto con la disciplina prevista dall’articolo 2112 c.c., comma 2, in materia di crediti dei prestatori di lavoro;
h) la disciplina prevista da tale norma, seppure specifica per i crediti in essa contemplati, costituisce ulteriore argomento a sostegno della tesi sul carattere non costitutivo della iscrizione.
2. Il secondo motivo del ricorso principale, condizionato al mancato accoglimento del primo motivo, denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 2560 c.c., comma 2, in riferimento agli articoli 115, 116 c.p.c. e all’articolo 2697 c.c..
I debiti che trapassano al cessionario possono risultare anche dalle scritture previste dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 14, lettera c).
3. Il terzo motivo del ricorso principale, condizionato al mancato accoglimento del primo motivo, denuncia violazione di principi costituzionali. Eccezione di incostituzionalita’.
L’articolo 2560 c.c., comma 2, interpretato nel senso che esclude la rilevanza della conoscenza effettiva da parte del cessionario, e’ discriminatorio in danno dei creditori, soprattutto quando lo strumento della cessione sia stato utilizzato in frode dei creditori.
4. Il ricorso incidentale denuncia con unico motivo violazione dell’articolo 115 c.p.c. e degli articoli 2560 e 2909 c.c..
La sentenza e’ oggetto di censura nella parte in cui la corte d’appello ha riconosciuto che si era formato il giudicato sulla qualificazione della fattispecie come cessione d’azienda.
6. E’ prioritario l’esame del ricorso incidentale, che e’ infondato per una pluralita’ di ragioni.
In primo luogo, perche’ l’interpretazione della decisione di primo grado da parte della corte d’appello viene censurata attraverso il richiamo dell’ordinanza negativa sull’istanza di sequestro e del susseguente provvedimento di rigetto del reclamo.
E’ chiaro invece che la censura andava illustrata con riferimento alla decisione di merito, costituente l’unico oggetto della interpretazione che ha indotto la corte di merito a ravvisare la formazione del giudicato sulla qualificazione dell’operazione fra le due societa’ come cessione d’azienda.
In secondo luogo, perche’ la corte d’appello, pur riconoscendo la formazione del giudicato, ha poi autonomamente riconosciuto che, nella specie, c’era stata effettivamente una cessione d’azienda da (OMISSIS) a (OMISSIS) e cio’ in applicazione del principio secondo cui la fattispecie del trasferimento di azienda ricorre indipendentemente dallo strumento tecnico-giuridico, ogni qual volta ci sia continuita’ nell’esercizio dell’attivita’ imprenditoriale (Cass. n. 12771/2012; n. 26808/2018).
La controricorrente non disconosce la validita’ del principio di diritto in linea teorica, ma nega che, nella specie, ci fossero i presupposti della sua applicazione.
In questi termini, pero’, la censura si esaurisce nella manifestazione di un mero dissenso rispetto alla ricostruzione operata con la sentenza impugnata, non sfociato in alcune delle censure rientrante nel novero di quelle previste dall’articolo 360 c.p.c., comma 1.
Si ricorda che il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi piuttosto quale un rimedio a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti (Cass. 7931/2013).
Si deve ancora aggiungere che la corte d’appello ha dato ampia e logica motivazione del proprio convincimento.
7. Il primo motivo del ricorso principale e’ infondato.
L’articolo 2560 c.c., riguardante “i debiti relativi all’azienda ceduta”, dispone, nel comma 1 che “l’alienante non e’ liberato dai debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito”.
Il comma 2 della norma aggiunge “nel trasferimento di un’azienda commerciale risponde dei debiti suddetti anche l’acquirente, se essi risultano dai libri contabili obbligatori”.
La giurisprudenza di questa Corte, seguita dalla maggioranza della dottrina, afferma correntemente: a) che l’iscrizione del debito nei libri contabili obbligatori e’ elemento costitutivo della responsabilita’ dell’acquirente: chi voglia far valere i corrispondenti crediti contro quest’ultimo ha l’onere di provare fra gli elementi costitutivi del proprio diritto anche tale iscrizione; b) che la disposizione dell’articolo 2560 c.c., comma 2, e’ norma eccezionale, non suscettibile di applicazione analogica: l’acquirente non risponde dei debiti conosciuti aliunde; c) la prova della iscrizione non puo’ essere surrogata dalla prova che l’esistenza dei debiti era comunque conosciuta dall’acquirente (Cass. n. 22418/2017; n. 22831/2010; n. 4726/2002; n. 6173/1998; n. 1454/1971; n. 303/1964).
Sulla scorta di tali insegnamenti e’ stato chiarito che “in materia di cessione d’azienda, l’inesistenza dei libri contabili, dovuta a qualsiasi ragione, compresa la loro non obbligatorieta’ per lo specifico tipo di impresa, rende impossibile l’elemento costitutivo della responsabilita’ del cessionario per i debiti relativi all’azienda e conseguentemente preclude il sorgere della medesima responsabilita’” (Cass. n. 1429/1999; conf. n. 14823/2000; n. 5123/2006).
Cio’ non toglie che, per i debiti non risultanti delle scritture contabili obbligatorie, il passaggio possa avere luogo mediante un espresso patto di accollo (Cass. n. 211/1964).
E’ fatta salva la norma dell’articolo 2112 c.c., comma 2, per i crediti dei prestatori di lavoro subordinato (Cass. n. 4598/2015; n. 7517/2010).
8. Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 5054 del 2017 – chiamate a decidere la questione se ed, eventualmente, a quali condizioni, il cessionario di un’azienda commerciale risponda, a norma dell’articolo 2560 c.c., comma 2, ovvero ad altro titolo, del debito restitutorio che consegue alla revoca fallimentare di un pagamento ricevuto dal cedente – hanno escluso che, ai fini dell’insorgenza della responsabilita’ solidale prevista dalla norma, sia sufficiente la conoscibilita’, tramite i libri contabili obbligatori, del precedente rapporto contrattuale intrattenuto dal dante causa con un imprenditore, divenuto poi insolvente alla data del pagamento.
Si legge testualmente in tale sentenza: “(…) Si deve ricondurre la responsabilita’ dell’avente causa nell’alveo dell’evidenza diretta, risultante dai libri contabili obbligatori dell’impresa, a tutela del suo legittimo affidamento, essenziale per il corretto svolgimento della circolazione di beni di particolare rilievo commerciale. La chiara dizione della rubrica (Debiti relativi all’azienda ceduta) e del testo dell’articolo 2560, non consente, infatti, di ritenere estensivamente inclusa nel trasferimento dell’azienda commerciale anche una situazione non gia’ di debito, bensi’ di soggezione ad una successiva azione revocatoria promossa dal curatore fallimentare del solvens”.
Secondo le Sezioni Unite l’articolo 2560 cpv. c.c., “incontra un limite, del resto evidente, solo nella carenza di un’effettiva alterita’ soggettiva delle parti titolari dell’azienda: come nell’ipotesi di trasformazione, anche eterogenea, della forma giuridica del soggetto (articoli 2498 c.c. e segg.) – stante la continuita’ dei rapporti pendenti – ed in quella di conferimento dell’azienda di un’impresa individuale in una societa’ unipersonale (che non costituisce trasformazione in senso tecnico): in cui, pure, e’ ravvisabile una perdurante identita’ soggettiva – sostanziale, se non formale – significativa di una conoscenza diretta dei rapporti giuridici in fieri, estraneo alla ratio protettiva del successore a titolo particolare nell’azienda, sottesa all’articolo 2560 c.c.”.
9. La ricorrente richiama nella memoria la recente Cass. n. 32134 del 2019, la quale, in una fattispecie analoga a quella in esame, ha sostenuto che la regola stabilita nell’articolo 2560 c.c., comma 2, dovrebbe essere “declinata in funzione della “effettiva ratio di protezione” contenuta nella norma, che non puo’ prescindere dalle complessive emergenze processuali”.
Secondo tale sentenza l’evoluzione giurisprudenziale registratasi in materia “prospetta la necessita’ di coniugare la regola speciale dell’articolo 2560 c.c., comma 2, con la necessita’ di tenere conto dell’esigenza di fornire “tutela effettiva”, escludendo che una interpretazione fondata sul mero dato letterale ed impermeabile sia alle contestanti evidenze processuali che alle ormai consolidate elaborazioni giurisprudenziali in materia di “vicinanza della prova” e di conseguente possibile inversione dei relativi oneri, possa condurre a soluzioni incoerenti con la ratio sulla quale essa si fonda o, addirittura, ad una eterogeneita’ dei fini”.
Sono richiamati, a testimonianza delle aperture giurisprudenziali verso una diversa considerazione della norma, Cass. n. 6107 del 2013 e la sentenza delle Sezioni Unite n. 5054 del 2017.
10. Il Collegio ritiene che gli arresti della Suprema Corte, valorizzati da Cass. n. 32134 del 2019, non consentano di discostarsi dall’orientamento pluridecennale della giurisprudenza di legittimita’ sulla disciplina dei trasferimenti aziendali.
In Cass. n. 6107 del 2013 si legge testualmente: “costituisce inoltre principio acquisito quello per cui il regime fissato dall’articolo 2560 c.c., con riferimento ai debiti dell’azienda ceduta, sia destinato a trovare applicazione quando si tratti di debiti in se’ solo considerati, e non anche quando viceversa, essi si ricolleghino a posizioni contrattuali non ancora definite, in cui il cessionario sia subentrato a norma dell’articolo 2558 c.c. (Cass. 20 luglio 1991, n. 8121; Cass. 8 maggio 1981, n. 3027): queste posizioni seguono la sorte del contratto e quindi transitano con esso purche’ non gia’ del tutto esaurito (Cass. 11 agosto 1990, n. 8219)” (Cass. n. 6107/2013).
Cass. n. 6107 del 2013 chiarisce ancora che e’ applicabile nella cessione d’azienda la regola generale dell’articolo 111 c.p.c.: se il rapporto litigioso e’ compreso nella cessione d’azienda, e se questa e’ avvenuta nel corso del processo, il titolo conseguito dal ceduto nei confronti del cedente e’ opponibile nei confronti del cessionario ai sensi dell’articolo 111 c.p.c., restando
estranea alla fattispecie la previsione dell’articolo 2560 c.c. (Cass. n.
6107/2013).
In altre parole, Cass. n. 6107 del 2013, nel riconoscere che, quando la cessione d’azienda sia avvenuta nel corso di un processo al cui esito sia stata pronunciata una sentenza poi azionata in via esecutiva, il titolo conseguito nei confronti del cedente, relativo a un rapporto d’impresa non del tutto esaurito, e’ opponibile al cessionario, non applica l’articolo 2560 c.c., comma 2, in modo diverso dalla giurisprudenza precedente, ma prescinde da tale norma, fondando la responsabilita’ del cessionario sull’articolo 111 c.p.c., in relazione all’articolo 2558 c.c. (supra).
Analogamente le Sezioni Unite, con la sentenza n. 5054 del 2017, offrono una lettura della norma in linea con la propria costante giurisprudenza in merito all’individuazione dei debiti per i quali il cessionario dell’azienda e’ responsabile con il cedente, riconoscendo che la responsabilita’ dell’avente causa si deve ricondurre “nell’alveo dell’evidenza diretta, risultante dai libri contabili obbligatori dell’impresa, a tutela del suo legittimo affidamento, essenziale per il corretto svolgimento della circolazione di beni di particolare rilievo commerciale” (supra).
In quella occasione le Sezioni Unite, con obiter dicta, evidenziarono che l’applicazione dell’articolo 2560 c.c., comma 2, “incontra un limite solo nella carenza di un’effettiva alterita’ soggettiva delle parti titolari dell’azienda”, come nel caso di trasformazione della forma giuridica del soggetto e del conferimento dell’azienda di una impresa individuale in una societa’ unipersonale.
Or bene, a un attento esame, il riconoscimento che la norma non ha ragion d’essere quando non vi sia effettiva “alterita’ delle parti contrattuali”, di per se’, non contraddice l’orientamento finora invalso nel campo della disciplina dei trasferimenti aziendali.
In altre parole, non sembra che l’obiter delle Sezioni Unite possa essere inteso quale ripensamento della giurisprudenza precedente, nel senso, che, in termini generali, l’assenza di iscrizione nei libri contabili sia irrilevante o si atteggi comunque quale semplice presunzione di limitazione di responsabilita’ per i debiti del precedente titolare dell’azienda, superabile con la prova della conoscenza effettiva del debito da parte del cessionario.
Del resto, tale illazione non e’ operata nemmeno da Cass. n. 32134 del 2019, per la quale il cessionario non potrebbe giovarsi del difetto di iscrizione qualora l’omissione sia inserita all’interno di una cessione utilizzata come strumento fraudolento per spogliare la societa’ debitrice di ogni attivo, precludendo il recupero del credito.
A un attento esame, pero’, in questo modo si sovrappongono problemi distinti.
Altra cosa e’ sostenere che la cessione d’azienda non puo’ risolversi in un pregiudizio per i creditori del cedente, altra cosa e’ sostenere che la frode commessa in danno dei creditori autorizzi, nel singolo caso, una lettura dall’articolo 2560 c.c., diversa da quella tradizionale: l’acquirente dovrebbe rispondere dei debiti dell’azienda ceduta comunque a lui noti, anche in difetto di iscrizione.
Infatti, il pregiudizio eventualmente derivante alle ragioni del creditore deve trovare rimedio negli ordinari strumenti di impugnativa negoziale previsti per tale eventualita’, non in una diversa interpretazione dell’articolo 2560 c.c..
10. Insomma, poiche’, secondo la ricostruzione della corte di merito, si e’ avuta nella specie una cessione d’azienda fra la societa’ di capitali cedente, poi posta in liquidazione, e la societa’ di nuova costituzione, la fattispecie si colloca certamente nell’ambito di applicabilita’ dell’articolo 2560 c.c..
L’eventuale carattere solo apparente o fraudolento dell'”alterita’ soggettiva delle parti contrattuali” non coinvolge l’applicazione dell’articolo 2560 c.c., ma attiene al solo negozio di cessione, contro il quale i creditori pregiudicati possono far valere le loro ragioni, senza trovare alcuna limitazione nelle condizioni previste nel comma 2 della norma.
Pertanto, nel momento in cui la corte di merito ha negato la responsabilita’ del cessionario in assenza di iscrizione del debito nei libri contabili obbligatori, essa ha assunto una decisione in linea con la consolidata giurisprudenza di questa Corte, alla quale il Collegio ritiene di doversi uniformare.
11. Il secondo motivo del ricorso principale e’ infondato.
La ricorrente sostiene che le “schede di mastro” rientrano fra le scritture obbligatorie ai sensi dell’articolo 2214 c.c., comma 2.
E’ chiaro che tale affermazione teorica, intanto potrebbe rilevare nella presente sede, in quanto ad essa si fosse congiunta una affermazione in punto di fatto nel senso che la corte di merito, nelle annotazioni contenute in quelle scritture, avrebbe trovato la prova della condizione prevista dall’articolo 2560 c.c., comma 2.
La ricorrente, invece, si dilunga sulla nozione teorica di scritture obbligatorie ai sensi dell’articolo 2214 c.c., mentre poi, nel descrivere il contenuto delle annotazioni rilevanti nel caso di specie, riportate nei “mastrini” e nei “partitari”, allude piuttosto ad annotazioni idonee a confermare l’esistenza di rapporti fra le due societa’, non a comprovare l’iscrizione in uno dei libri obbligatori ai sensi dell’articolo 2214 c.c., del debito derivante dal verbale di conciliazione giudiziale per il quale aveva fatto valere in giudizio la responsabilita’ del cessionario.
Per completezza di esame si rileva che la giurisprudenza della sezione tributaria della Suprema Corte annovera i c.d. “mastrini” fra le scritture ausiliarie non obbligatorie, rilevanti solo sul piano fiscale (Cass. n. 21512/2010).
12. Il ricorso principale e il ricorso incidentale sono rigettati, con compensazione delle spese, avuto riguardo alla reciproca soccombenza.
Si da’ atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale; dichiara compensate le spese del presente giudizio; dichiara ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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