Corte di Cassazione, civile, Sentenza|26 aprile 2022| n. 12975.
In tema di assicurazione marittima di merci, ai sensi degli artt. 540, lett. a), e 541, lett. c), c.n., sono presupposti del legittimo abbandono delle merci all’assicuratore, oltre alla perdita della nave su cui le merci sono caricate, l’assoluta innavigabilità della nave e la sua non riparabilità, nel caso in cui manchino sul posto i mezzi necessari per la riparazione e non sia possibile procurarli facendone richiesta altrove. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso l’innavigabilità della nave, essendo stata accertata la riparabilità tramite sostituzione dell’albero motore, senza che fosse stata dedotta l’impossibilità di reperirlo nel porto dove la nave era rimorchiata o di farlo ivi pervenire).
Sentenza|26 aprile 2022| n. 12975. In tema di assicurazione marittima di merci
Data udienza 1 dicembre 2021
Integrale
Tag/parola chiave: Contratto di trasporto – Trasporto su nave – Assicurazione merci – Comunicazione di abbandono della merce – Art. 541 c.nav. – Richiesta di indennizzo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente
Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 25797/2019 proposto da:
(OMISSIS) Spa, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), e (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1210/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 21 marzo 2019;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza cameralizzata dell’1 dicembre 2021 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI.
In tema di assicurazione marittima di merci
FATTI DI CAUSA
1. (OMISSIS) S.p.A. – gia’ (OMISSIS) s.a.s. – conveniva davanti al Tribunale di Venezia, con atto di citazione notificato il 15 dicembre 2011, (OMISSIS) S.r.l., esponendo di aver acquistato in Egitto una partita di perfosfato granulare e di avere concluso un contratto di trasporto da (OMISSIS) con un armatore egiziano, (OMISSIS), proprietario della motonave (OMISSIS), su cui il (OMISSIS) veniva caricata la merce; in pari data (OMISSIS), mediante (OMISSIS), stipulava una polizza di coassicurazione delle merci al 60% con (OMISSIS) S.p.A. e a 40% con (OMISSIS) S.p.A..
Il (OMISSIS), poco dopo la partenza, l’armatore informava che la nave, impossibilitata a navigare, era stata rimorchiata in un porto siriano, (OMISSIS), per i necessari accertamenti; e all’inizio di (OMISSIS) la capitaneria di porto dichiarava innavigabile la nave. Nel (OMISSIS), poi, (OMISSIS) apprendeva che la motonave aveva subito danneggiamento del motore principale con tracce di esplosione su coperture dell’asse del motore, che occorreva sostituire. Pertanto, ritenendo la nave innavigabile e non riparabile, e ritenendo altresi’ impossibile il trasbordo del carico in assenza di collaborazione del vettore, il (OMISSIS) l’attrice, tramite l’agente di assicurazione, inviava alle compagnie assicuratrici comunicazione di abbandono della merce ex articolo 541 c.n., chiedendone il conseguente indennizzo per perdita totale del carico.
(OMISSIS) respingeva l’atto d’abbandono e la richiesta di pagamento dell’indennita’; (OMISSIS) non contestava, ma in seguito veniva posta in liquidazione coatta amministrativa.
In tema di assicurazione marittima di merci
Per tutto questo (OMISSIS) conveniva (OMISSIS), chiedendo che si accertassero l’abbandono della nave ex articolo 546 codice navale e il suo diritto a ricevere l’indennizzo dovuto pro quota per la totale perdita del carico; in subordine esercitava l’azione di avaria per mancata consegna, chiedendo di accertare il proprio diritto di ricevere l’indennizzo pro quota da (OMISSIS).
(OMISSIS) si costituiva resistendo. Il Tribunale separava la causa tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in proprio da quella tra (OMISSIS) e (OMISSIS) nella sua qualita’ di agente di assicurazione di (OMISSIS), nella quale quest’ultima era pure intervenuta.
Con sentenza n. 2614/2014 il Tribunale di Venezia dichiarava valido ed efficace l’abbandono e condannava (OMISSIS) a corrispondere all’attrice la somma di Euro 238.110,23 oltre accessori.
(OMISSIS) proponeva appello, cui (OMISSIS) resisteva.
La Corte d’appello di Venezia, con sentenza del 21 marzo 2019, “in accoglimento dell’appello e in totale riforma” della sentenza di primo grado, respingeva la domanda di pagamento dell’indennita’ per insussistenza dei suoi presupposti, condannando l’appellata a rifondere all’appellante le spese dei due gradi di giudizio.
2. (OMISSIS) ha presentato ricorso, da cui si e’ difesa con controricorso (OMISSIS); entrambe le parti hanno depositato memoria.
Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte per l’accoglimento parziale del ricorso.
La pubblica udienza si e’ compiuta in forma camerale, Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, ex articolo 23, comma 8 bis, convertito in L. 18 dicembre 2020, n. 176.
In tema di assicurazione marittima di merci
RAGIONI DELLA DECISIONE
3. Il ricorso e’ articolato in otto motivi.
3.1 Il primo motivo denuncia, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione del combinato disposto degli articoli 540 e 541 c.n., per avere il giudice d’appello ritenuto necessaria, per la legittimita’ dell’abbandono delle merci all’assicuratore, la innavigabilita’ assoluta, cioe’ che la nave non sia riparabile e quindi non possa essere messa in condizioni di navigabilita’, anziche’ ritenere legittimo l’abbandono “anche se la nave sia riparabile, ma senza che possa essere riparata per poter tempestivamente riprendere il viaggio interrotto”.
3.1.1 Si osserva che il giudice d’appello ha rilevato che, ai fini della legittimita’ dell’abbandono nel caso di cui all’articolo 541 c.n., lettera c), occorre che la nave sia divenuta inabile alla navigazione in modo assoluto, e quindi neppure possa essere riparabile, e che ha invocato al riguardo Cass. 5 febbraio 1975 n. 428, per cui “la innavigabilita’ della nave va intesa come condizione negativa incidente sulla struttura obiettiva della nave stessa e non come mero difetto di taluna delle condizioni richieste perche’ la nave sia navigabile a tenore dell’articolo 164 c.n.”. Ad avviso della ricorrente, pero’, si tratterebbe di una estrapolazione dal complessivo tessuto motivazionale di tale sentenza, che al contrario “induce a ritenere che la non riparabilita’ menzionata nell’articolo 540 c.n., lettera a), richiamato nell’articolo 541 c.n., lettera c), non va intesa come “assoluta” ma relativa, come peraltro insito nelle norme citate”.
In tema di assicurazione marittima di merci
La sentenza del 1975 concerneva un caso in cui l’evento che aveva interrotto il viaggio era stato un incendio sulla nave, poi domato. Il primo giudice aveva rigettato le domande, avanzate dall’assicurato, di accertamento della legittimita’ di abbandono e di condanna dell’assicuratore al pagamento dell’indennita’, ritenendo indimostrato che l’incendio avesse causato alla nave un danno tale da giustificare la dichiarazione di abbandono; il giudice d’appello, poi, aveva riformato giudicando legittimo l’abbandono delle merci all’assicuratore indipendentemente dalla prova specifica dell’entita’ dei danni derivati dall’incendio, reputando di per se’ rilevante il fatto che la nave non aveva ripreso il mare per portare a destino le merci entro un tempo ragionevole.
L’assicuratore, ricorrendo al giudice di legittimita’, aveva denunciato violazione e falsa applicazione dell’articolo 541, lettera c), in relazione all’articolo 540 c.n., lettera a), nel senso che tali norme prevederebbero l’abbandono delle merci “condizionato dalla sussistenza degli elementi che legittimano l’abbandono della nave”, presupponendo che, per un evento assunto a rischio, questa fosse divenuta irreparabile in senso assoluto o relativo, quello relativo integrato dalla impossibilita’ di riparazioni sul posto e di trasferire la nave in altro luogo idoneo a effettuarle; e il giudice d’appello avrebbe negato ogni connessione tra l’abbandono delle merci e l’abbandono della nave, escludendo pertanto apoditticamente che tale connessione fosse richiesta dalla polizza assicuratoria, omettendo cosi’ di esaminarla.
In tal caso, dunque, lo stesso assicuratore ricorrente aveva riconosciuto che l’abbandono potrebbe essere legittimo anche in caso di irreparabilita’ relativa, e questa Suprema Corte aveva accolto il ricorso rinviando ad altra corte territoriale perche’, alla luce della normativa sull’abbandono, vagliasse se lo specifico contratto assicurativo, in deroga o meno alla legge, prescindesse o meno da un determinato grado di innavigabilita’ quale presupposto del diritto di abbandono e quindi decidesse se nel caso specifico si fosse o meno verificato detto presupposto.
In tema di assicurazione marittima di merci
3.1.2 La sentenza n. 428/1975 aveva comunque affermato, in termini dei principi generali della disciplina legale dell’abbandono, che gli articoli 540 e 540 c.n., “nel collegare ad un determinato stato della nave (cioe’ la inabilita’ alla navigazione) la possibilita’ di fare abbandono delle merci, fanno riferimento ad una inabilita’ di un certo grado, il quale e’ espresso in forma generica dal codice della navigazione (che richiede essere la nave “diventata assolutamente inabile alla navigazione e non riparabile”, articolo 540, lettera a))”, concludendo che aveva quindi errato la corte di merito ritenendo che “ai fini del giudizio sulla legittimita’ dell’abbandono delle merci la legge prescinderebbe dal grado di innavigabilita’ della nave”.
Pertanto la pronuncia del 1975 avrebbe “semplicemente evocato, quale presupposto per l’abbandono, la sussistenza di un certo grado di innavigabilita’ della nave”, riconoscendo che il codice della navigazione ne fornisce soltanto una individuazione generica con la formula “diventata assolutamente inabile alla navigazione e non riparabile”, e censurando il giudice di merito per avere ritenuto irrilevante qualsiasi esame “sulla concreta possibilita’ di provvedere tempestivamente alla riparazione dei danni riportati dalla nave, sulla natura e sull’entita’ di tali danni, sul comportamento del capitano e del proprietario della nave”, in tal modo omettendo di considerare il dettato normativo per cui i danni subiti dalla nave devono essere tali da renderla “assolutamente inabile alla navigazione e non riparabile”. Tuttavia, la sentenza n. 428/1975 aveva pure precisato che l’articolo 540, lettera a), richiamato nell’articolo 541, lettera c), “prevede l’abbandono – e quindi e’ legittimo pure in quei casi di non riparabilita’ “relativa” – anche per la mancanza in loco dei mezzi necessari alla riparazione, per l’impossibilita’ della nave di recarsi in altro porto ove siano disponibili e di procurarseli altrove, circostanze che, evidentemente, non riguardano la non riparabilita’ “assoluta”, che, pertanto, non puo’ venire predicata… sempre necessaria al fine di legittimare l’abbandono delle merci all’assicuratore”.
L’arresto del 1975, in conclusione, non costituirebbe il “modello della soluzione” resa nella sentenza qui impugnata, ma, al contrario, ne dimostrerebbe la violazione o falsa applicazione del combinato disposto dell’articolo 540, lettera a), e articolo 541, lettera c) “per avere ritenuto legittimo l’abbandono delle merci all’assicuratore solo nel caso in cui la nave non sia riparabile in modo “assoluto”, cioe’ solo nell’ipotesi di definitiva ed irreversibile impossibilita’ della nave di riprendere a navigare, anziche’ in modo “relativo”, cioe’ anche se non e’ categoricamente escluso che possa riprendere la navigazione, ma non possa farlo – ed e’ questo che importa davvero – per proseguire tempestivamente il viaggio interrotto”.
3.1.3 Il giudice d’appello, d’altronde, avrebbe errato riferendo l’avverbio “assolutamente” di cui all’articolo 540, lettera a), richiamato nell’articolo 541, lettera c), anziche’ soltanto allo stato di innavigabilita’ (e lo dimostrerebbe la sua inclusione nella qualificazione della nave innavigabile come “divenuta assolutamente inabile alla navigazione”), anche allo stato della nave come “non riparabile”, cosi’ non considerando che dette norme legittimano l’abbandono non solo se la nave e’ non riparabile in modo assoluto, ma pure se non lo e’ in modo relativo “perche’ non e’ possibile utilizzare mezzi di riparazione del luogo dove la nave innavigabile si trova, ne’ puo’ venire trasferita in un altro porto ove tali mezzi di riparazione sono utilizzabili, ne’ tali mezzi di riparazione possono procurarsi facendone richiesta altrove”. Inoltre l’abbandono sarebbe legittimo anche se entro un determinato tempo di innavigabilita’ della nave entro tre mesi se si tratta di merci deperibili o entro sei mesi se non deperibili non e’ proseguito il trasporto delle merci ex articolo 541, lettera c), onde l’innavigabilita’, pur assoluta, potrebbe venire sopperita, “richiedendo, ai fini della legittimita’ dell’abbandono, non tanto che la nave non sia riparabile in modo “assoluto”, quanto piuttosto che il viaggio interrotto delle merci non possa tempestivamente riprendere ed essere completato, significando, in questo caso, che la locuzione “non riparabile” va interpretata in senso “relativo” ed in connessione alla sorte del carico da portare a destino”.
3.1.4 A questo punto si sostiene che l’avere il giudice d’appello trascurato i suddetti casi e comunque che la non riparabilita’ potrebbe essere relativa ma ugualmente legittimante l’abbandono delle merci emergerebbe “dalle risultanze documentali” scrutinate nella sentenza impugnata – nelle pagine 5-6 e a pagina 9 – che il ricorrente dettagliatamente riporta (ricorso, pagine 19-20), per poi “puntualizzarle” con un’ampia serie di osservazioni fattuali tratte dal compendio probatorio (ricorso, pagine 20-22), e giungere infine ad asserire che la corte avrebbe dovuto, considerata la non riparabilita’ relativa anziche’ ritenere necessaria quella assoluta, dichiarare legittimo l’abbandono “perche’ era stato dimostrato documentalmente che la M/n “(OMISSIS)” non poteva tempestivamente riprendere la navigazione per proseguire il viaggio interrotto e completarlo altrettanto tempestivamente, senza incorrere nella violazione o falsa applicazione delle norme di cui all’articolo 540 c.n., lettera a) e articolo 541 c.n., lettera c), che ha invece commesso”, come sarebbe reso evidente dalla conclusione cui la corte e’ pervenuta, trascurando la rilevanza della non riparabilita’ relativa e affermando che “sulla base della documentazione acquisita al giudizio non pare potersi dunque ricavare che la nave fosse in condizioni di assoluta innavigabilita’”.
In tema di assicurazione marittima di merci
3.2 Il secondo motivo denuncia, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione dell’articolo 541 c.n., per avere il giudice d’appello ritenuto che i casi di cui alle lettera da a) a d) di tale norma per cui l’assicurato puo’ abbandonare le merci all’assicuratore ed ottenere l’indennita’ per perdita totale – “debbano ricorrere cumulativamente, o comunque in concorso”, non essendo autonomi/alternativi; si lamenta in particolare che il giudice d’appello, nel caso di cui alla lettera c) della norma, richiamante l’articolo 540 c.n., lettera a), abbia ritenuto la necessita’ della sussistenza sia della innavigabilita’ della nave sia della perdita o del danneggiamento del carico.
Dato atto che ” (OMISSIS) aveva dichiarato l’abbandono delle merci agli assicuratori” ai sensi dell’articolo 541 c.n., lettera c), si argomenta nel senso che la legittimita’ dell’abbandono e la relativa richiesta dell’indennita’ per perdita totale avrebbero dovuto essere valutate, appunto, solo in riferimento al combinato disposto dell’articolo 541 c.n., lettera c), e articolo 540 c.n., lettera a), senza che fosse necessario il concorso, e cio’ anche in riferimento ad elementi che sarebbero evincibili dai documenti prodotti e da precedenti atti difensivi.
3.3 Il terzo motivo denuncia, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto discusso e decisivo, in relazione al fatto della demolizione della motonave e dell’attestato rilasciato al riguardo dall’International Register of Shipping, prodotto agli atti, che dimostrerebbe la innavigabilita’ e la irreparabilita’ della nave.
Si argomenta ampiamente sul contenuto di tale certificazione e sugli effetti fattuali che questo avrebbe apportato, sostenendo che la corte territoriale, se avesse “preso in esame la demolizione della nave ed il documento che l’attesta”, si sarebbe “convinta della non riparabilita’” della motonave: in particolare “il mancato esame di quel fatto (demolizione) cosi’ documentato e del relativo documento (Certificazione dell’International Register of Shipping)” avrebbe determinato l’omessa considerazione del fatto decisivo rappresentato dalla demolizione della motonave “poco tempo dopo l’arresto del viaggio”.
3.4 Il quarto motivo denuncia, in riferimento all’articolo 360, comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione dell’articolo 111 Cost., comma 6, e articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, “con inosservanza della garanzia costituzionale della necessaria motivazione di tutti i provvedimenti giurisdizionali”, per avere la sentenza impugnata omesso “di motivare la ritenuta non operativita’ della polizza assicurativa” per la spedizione sulla motonave egiziana o comunque per avere la sentenza reso una motivazione apparente, che non consente di comprendere il fondamento della decisione.
In tema di assicurazione marittima di merci
Si riporta pertanto il seguente passo della sentenza d’appello, definito criptico:
“Infondata anche la doglianza svolta con il secondo motivo, che e’ comunque assorbita, in quanto la polizza n. (OMISSIS) stipulata dalla (OMISSIS) non poteva ritenersi operativa con riferimento alla spedizione sulla motonave (OMISSIS) in mancanza di prova della sussistenza delle condizioni di operativita’ di essa, il cui onere incombeva alla societa’ appellata, che non lo ha assolto” (pagina 10 della sentenza impugnata).
Ad avviso della ricorrente, tale frase e’ meritevole di censure in riferimento dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, per cui le vengono dedicati, oltre al presente motivo, anche i successivi motivi quinto, sesto e settimo.
In primo luogo, mentre al principio della frase la doglianza rappresentata nel secondo motivo d’appello di (OMISSIS) e’ definita “infondata” – e il secondo motivo del gravame aveva lamentato “errata interpretazione e applicazione della polizza assicurativa” -, “subito dopo, nella stessa frase”, detta doglianza si dichiara “assorbita”, nonostante che in prosieguo “la Corte di Appello l’ha invece ritenuta “fondata” affermando che la polizza “non poteva ritenersi operativa’”.
La contraddittorieta’, dunque, appare evidente, e rende incomprensibile la motivazione.
Anche se poi si reputasse refuso l’incipit che qualifica la censura “infondata” pur ritenendola poi fondata, cio’ non risolverebbe l’oscurita’ del ragionamento della corte territoriale, che prosegue affermando che la polizza “non poteva ritenersi operativa con riferimento alla spedizione sulla motonave (OMISSIS) in mancanza della prova della sussistenza delle condizioni di operativita’”, senza pero’ identificare quali condizioni la corte riterrebbe indimostrate; e “in nessun altro punto viene trattato della polizza di assicurazione”.
Alla luce della giurisprudenza di queste Sezioni Unite (si richiamano gli arresti 22232/2016, 16599/2016 e 8053/2014) sussiste quindi, ad avviso della ricorrente, una “radicale anomalia motivazionale”, implicante appunto violazione sia dell’articolo 111 Cost., comma 6, sia dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4.
3.5 Il quinto motivo denuncia, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullita’ della sentenza per mancata motivazione in ordine alla ritenuta inoperativita’ della polizza, o comunque motivazione apparente al riguardo.
Si riproduce la frase oggetto di censura nel precedente motivo, sostenendo che “il radicale vizio motivazionale” ivi insito impedisce “il controllo effettivo della correttezza e della logicita’ della sentenza” sulla questione della polizza.
3.6 Il sesto motivo denuncia, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto decisivo e discusso, per avere ritenuto che la polizza non fosse operativa, imputando all’attuale ricorrente la mancata prova delle condizioni di operativita’, e cosi’ omettendo l’esame di alcuni documenti, indicati a pagina 38 del ricorso sub lettere da a) a d). Anche questa censura attiene al passo motivazionale criticato con i motivi quarto e quinto.
Si richiama poi quanto aveva addotto l’appellante in ordine alla non operativita’ della polizza e quel che aveva ribattuto l’attuale ricorrente, riportando ampi stralci di documenti agli atti, oltre a richiamare precedenti atti difensivi e la motivazione della sentenza di primo grado.
Si conclude nel senso che, anche quanto all’operativita’ della polizza, sussisterebbe il medesimo vizio denunciato con il terzo motivo quanto alla innavigabilita’ e alla non riparabilita’ della motonave, “nel senso che la Corte… ha reso la pronuncia sfavorevole ad (OMISSIS), e favorevole a (OMISSIS), omettendo di esaminare circostanze fattuali tali per cui era certa l’operativita’ della polizza”.
3.7 Il settimo motivo denuncia, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione dell’articolo 115 c.p.c., per avere il giudice d’appello ritenuto inadempiuto dall’attuale ricorrente l’onere probatorio dell’operativita’ della polizza assicurativa, senza tenere in conto una serie di produzioni documentali di (OMISSIS), che sarebbero decisive. Il riferimento e’ alla “preventiva comunicazione all’assicuratore di dati completi” della motonave e della sua registrazione di classe e alla successiva emissione del “Certificato di assicurazione” dal (OMISSIS) rilasciato appunto dagli assicuratori.
Si richiama ancora il medesimo passo oggetto di censura dei tre precedenti motivi, e si attribuisce alla corte territoriale la violazione dell’articolo 115 c.p.c., per omessa considerazione delle prove; e sempre come nelle precedenti censure si invocano il contenuto del secondo motivo d’appello e la replica che vi aveva opposto l’attuale ricorrente.
In tema di assicurazione marittima di merci
3.8 L’ottavo motivo denuncia, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullita’ della sentenza per omessa pronuncia, in violazione dell’articolo 112 c.p.c., sulla subordinata domanda dell’attuale ricorrente di indennizzo assicurativo per mancata consegna della merce assicurata, essendo stata proposta in primo grado e riproposta in secondo, “in subordine all’azione per abbandono delle merci all’assicuratore, anche l’azione per avaria”.
Il Tribunale non l’aveva decisa perche’ aveva accolto la domanda principale; la Corte d’appello, avendo respinto quest’ultima (erroneamente, secondo la ricorrente), avrebbe dovuto accoglierla quale subordinata.
Peraltro, negando il presupposto dell’azione di avaria per mancata consegna del carico, cioe’ l’operativita’ della polizza assicurativa – e quindi affermando, nell’ambito della frase criticata con i motivi quarto, quinto, sesto e settimo, che “la polizza n. (OMISSIS) stipulata dalla (OMISSIS) non poteva ritenersi operativa con riferimento alla spedizione sulla motonave (OMISSIS)” -, la corte territoriale si e’ gravemente contraddetta, “perche’, contestando che per il trasporto con la M/n (OMISSIS) potesse valere l’assicurazione perche’ la nave non fruiva di classificazione da parte di un ente appartenente allo IACS, cioe’ con “la doglianza svolta con il secondo motivo’ di appello, (OMISSIS) aveva contestato per intero, cioe’ per qualunque rischio, la copertura assicurativa”: percio’ anche la prima doglianza dell’appellante, ovvero quella relativa all’abbandono della merce, “avrebbe dovuto essere accolta immediatamente, senza bisogno di scrutinare tale abbandono”, come invece ha fatto il giudice d’appello nella impugnata sentenza, concludendo tale scrutinio “con il negare non gia’ l’operativita’ della polizza, bensi’ la legittimita’ dell’abbandono della merce”.
Si argomenta altresi’ sull’articolo 115 c.p.c., comma 1, articolo 105 c.p.c. e articolo 183 c.p.c., comma 6, in ordine all’assenza di specifica contestazione da parte di (OMISSIS) sulla “mancata consegna del carico a destino”, asserendo pure che sarebbe stato onere di (OMISSIS) muovere la contestazione, in modo specifico, e dimostrare la verita’ del contrario.
Si richiama inoltre documentazione prodotta dall’attuale ricorrente, che confermerebbe la mancata consegna, assumendo che quindi l’azione di avaria e’ “assolutamente fondata”.
4. Il primo motivo, come si e’ visto, censura – in riferimento a pretesa violazione o falsa applicazione del combinato disposto degli articoli 540 e 541 codice navale – la corte territoriale per avere ritenuto presupposto del legittimo abbandono delle merci all’assicuratore l’assoluta innavigabilita’, tentando, appunto, di relativizzare quest’ultima, e invocando in tal senso l’insegnamento di Cass. 428/1975.
Il motivo si presenta manifestamente infondato, e per comprendere cio’ e’ bastante la mera lettura delle inequivoche norme in esso richiamate.
In tema di assicurazione marittima di merci
L’articolo 541, Abbandono delle merci, non presenta alcuna ambiguita’: “L’assicurato puo’ abbandonare all’assicuratore le merci ed esigere l’indennita’ per perdita totale nei seguenti casi:
a) quando le merci sono totalmente perdute;
b) quando la nave si presume perita;
c) quando nei casi previsti nella lettera a) dell’articolo precedente, dalla data della perdita o dell’innavigabilita’ della nave sono trascorsi tre mesi per le merci deperibili o sei mesi per quelle non deperibili, senza che le stesse siano state recuperate ed imbarcate per la prosecuzione del viaggio;
d) quando, indipendentemente da qualsiasi spesa, i danni per deterioramento o perdita in quantita’ superano i tre quarti del valore assicurabile”.
L’articolo 540, Abbandono della nave, stabilisce allora i casi in cui l’assicurato puo’ appunto abbandonare la nave ed esigere l’indennita’ per totale perdita – id est in casi cui si applica l’articolo 541, lettera c) -, cosi’ identificandoli sub a): “quando la nave e’ perduta, o e’ divenuta assolutamente inabile alla navigazione e non riparabile, ovvero quando mancano sul posto i mezzi di riparazione necessari, ne’ la nave puo’, anche mediante alleggerimento o rimorchio, recarsi in un porto ove siano tali mezzi, ne’ procurarseli facendone richiesta altrove”.
Alla fattispecie della nave perduta, qui non pertinente, si aggiungono dunque altre due fattispecie di abbandono.
In tema di assicurazione marittima di merci
La prima, fattispecie di natura oggettiva/assoluta, concerne a sua volta due ipotesi: la nave “e’ divenuta assolutamente inabile alla navigazione” evidentemente per i danni sofferti, qualunque ne sia la causa – e la nave e’ “non riparabile” – anche qui, evidentemente la causa di cio’ si ravvisa nei danni sofferti.
La seconda, fattispecie per cosi’ dire relativizzante in rapporto alle concrete situazioni fattuali, concerne la non riparabilita’ non derivante esclusivamente dai danni sofferti, bensi’ dall’ambiente in cui la nave si trova e da cui non puo’ neppure spostarsi per essere riparata: ovvero, “quando mancano sul posto i mezzi di riparazione necessari, ne’ la nave puo’, anche mediante alleggerimento o rimorchio, recarsi in un porto ove siano tali mezzi, ne’ procurarseli facendone richiesta altrove”.
Questo inequivoco dettato, perfettamente rapportabile al principio in claris non fit interpretatio, non potrebbe certo essere inficiato neppure dalla interpretazione della giurisprudenza di legittimita’ cui a torto si riferisce la ricorrente; e comunque la remota pronuncia invocata – Cass. sez. 1, 5 febbraio 1975 n. 428 – non e’ sostenibile che davvero se ne distolga, in quanto tra l’altro insegna che, in caso di assicurazione marittima di merci, “ai fini della legittimita’ dell’abbandono delle merci all’assicuratore nel caso previsto dall’articolo 541 c.n., lettera C)… e’ necessario che la nave su cui le merci sono caricate, se non sia addirittura perduta, sia divenuta inabile alla navigazione, e che l’innavigabilita’ raggiunga un certo grado: il quale e’ espresso nella forma generica dell’innavigabilita’ assoluta e non riparabilita’ dal codice della navigazione (attraverso il riferimento all’articolo 540, lettera a)”.
Nel caso in esame, allora, la vicenda non e’ palesemente riconducibile ad alcuna delle fattispecie sopra illustrate.
In tema di assicurazione marittima di merci
La nave, infatti, e’ pacifico che fu rimorchiata in un porto siriano e che emerse la sua riparabilita’ tramite la sostituzione dell’albero motore; e poiche’ non era stata addotta l’impossibilita’ di reperirlo in quel porto o di farvelo pervenire e neppure – di contro all’esito dell’accertamento che aveva dimostrato tale possibilita’ – di procedere alla riparazione, corretta deve qualificarsi la decisione del giudice d’appello, che infondatamente il motivo in esame censura svolgendo considerazioni su una pretesa rilevanza di cio’ che definisce riparabilita’ relativa, fuoriuscendo peraltro dai confini del paradigma normativo. Il ragionamento adottato dalla corte territoriale risulta, invero, del tutto conforme al combinato disposto dell’articolo 541, lettera c) e articolo 540, lettera a), osservando che “e’ stato provato che la motonave…, successivamente ai danni intervenuti al motore dopo la partenza da (OMISSIS) e dopo il rimorchio della stessa a (OMISSIS) avvenuto il (OMISSIS)…, era divenuta inabile alla navigazione, ma non e’ stata fornita la prova della sua irreparabilita’, secondo quanto prescritto dall’articolo 541 c.n., lettera c), e articolo 540 c.n., lettera a)”: e a questo rilievo il giudice d’appello fa seguire una valutazione propria della cognizione di merito in ordine agli elementi probatori, ritenendoli tali appunto da escludere la sussistenza della irreparabilita’ della nave e della perdita del carico.
Il motivo, pertanto, si presenta privo di consistenza.
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5. Il secondo motivo attribuisce alla corte territoriale una interpretazione cumulativa o comunque in concorso di tutte le fattispecie indicate dall’articolo 541, nelle lettera da a) a d). Si e’ dinanzi a un asserto nutrito di alcune estrapolazioni artificiose, avendo il giudice d’appello, con l’affermazione appena riportata a proposito del motivo precedente, correlato soltanto ai fini della sua valutazione “quanto prescritto dall’articolo 541 c.n., lettera c), e articolo 540 c.n., lettera a)”: il che, logicamente, non puo’ essere superabile o comunque eludibile tramite le estrapolazioni suddette, onde il motivo e’ privo di consistenza.
6. Il terzo motivo si incentra sul preteso omesso esame del fatto della demolizione della motonave e della certificazione di tale demolizione, non centrando, pero’, alcun fatto dirimente, e dunque sussumibile nel paradigma dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto la demolizione, di per se’, non risulta affatto essere derivata da un accertamento di innavigabilita’ operato congiuntamente dalle parti interessate e concordato nel suo esito, id est con la partecipazione all’accertamento suddetto della compagnia assicuratrice.
Non a caso, pure nell’atto d’appello (OMISSIS) aveva rilevato che, a suo avviso, la nave non era affetta da innavigabilita’ assoluta e che erano stati gli armatori a decidere di demolirla, cio’ non potendo gravare appunto sugli assicuratori della merce.
7.1 A partire dal quarto motivo, il ricorso censura un passo assai significativo della sentenza impugnata, che pertanto nuovamente si riporta, quale nucleo delle doglianze:
“Infondata anche la doglianza svolta con il secondo motivo, che e’ comunque assorbita, in quanto la polizza n. (OMISSIS) stipulata dalla (OMISSIS) non poteva ritenersi operativa con riferimento alla spedizione sulla motonave (OMISSIS) in mancanza di prova della sussistenza delle condizioni di operativita’ di essa, il cui onere incombeva alla societa’ appellata, che non lo ha assolto” (pagina 10 della sentenza impugnata).
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Premesso che il secondo motivo d’appello, nel settore motivazionale della sentenza impugnata denominato “Svolgimento del processo”, era stato sinteticamente indicato dalla corte territoriale come denunciante “errata interpretazione e applicazione della polizza assicurativa”, deve rilevarsi che la corte, dopo avere dedicato tutte le argomentazioni motivazionali fino ad allora elaborate in riferimento al primo motivo – a sua volta definito, nello “Svolgimento del processo”, denunciante “omessa valutazione della sussistenza dei presupposti legali per l’abbandono della merce agli assicuratori; errata applicazione dei principi in materia assicurativa; omessa valutazione del danno occorso alla merce” -, e altresi’ dopo avere introdotto la parte strettamente motivazionale con la enunciazione: “L’appello si profila fondato e meritevole di accoglimento”, enuncia la frase oggetto delle censure qui congiuntamente vagliate, che costituisce invece l’ultimo periodo dedicato alla regiudicanda prima del dispositivo (l’ultimo periodo precedente il dispositivo in termini di mera collocazione concerne l’accessorio profilo delle spese), ed e’ davvero radicalmente incomprensibile per l’intreccio di contraddittorieta’ che ictu oculi presenta.
7.2 Se l’appello doveva essere ritenuto fondato come si preannunciava – e infatti il primo motivo era stato accolto, e nel dispositivo si sarebbe poi affermata una “totale riforma” della sentenza del Tribunale – non e’ appunto comprensibile l’incipit della frase: “Infondata anche la doglianza svolta con il secondo motivo…”.
Successivamente, tuttavia, la frase prosegue con una sintetica illustrazione che pero’ disegna una fondatezza, e quindi con stridente contraddittorieta’: “Infondata… in quanto la polizza… non poteva ritenersi operativa con riferimento alla spedizione sulla motonave (OMISSIS) in mancanza della prova della sussistenza delle condizioni di operativita’ di essa, il cui onere incombeva alla societa’ appellata, che non lo ha assolto”. Anche qualora si intendesse l’incipit “infondata” frutto di un mero refuso in luogo di “fondata”, cio’ non acquisirebbe alcun elemento di comprensibilita’ superiore, dato che la frase diverrebbe soltanto un’affermazione ciecamente apodittica di cui non si trasparirebbe minimamente il fondamento: la polizza “non poteva ritenersi operativa” per “mancanza della prova della sussistenza delle condizioni di operativita’”: quali condizioni di operativita’ non sarebbero state provate non e’ affatto dato sapere.
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7.3 La motivazione – e’ indiscutibile – costituisce lo strumento di trasparenza per il fondamento della decisione, ed e’ percio’ esattamente l’opposto, sotto il profilo logico prima che giuridico, delle affermazioni apodittiche.
Nella inaccettabile natura apodittica cadono, ovviamente, anche gli incomprensibili intrecci generati dalle contraddittorieta’ evidenti; ma anche se, si ripete, nel caso in esame vi fosse un mero refuso, rimarrebbe completamente affetta dalla natura apodittica, e quindi dall’assoluta apparenza/carenza, – la motivazione della pronuncia in relazione al secondo motivo d’appello: motivazione che, infatti, tale non e’, in quanto nulla esterna e nulla dunque svela e spiega del percorso accertatorio strutturato e poi seguito per pervenire alla decisione, che deve invece apertamente motivarsi in conformita’ con i fatti realmente sussistenti e il diritto realmente applicabile (cfr., tra gli arresti massimati, S.U. 3 novembre 2016 n. 22232, Cass. sez. L, 25 ottobre 2018 n. 27112, Cass. sez. 5, ord. 23 maggio 2019 n. 13977 e Cass. sez. L, ord. 14 febbraio 2020 n. 3819).
7.4 Ad abundantiam ormai, si nota altresi’ la presenza di un ulteriore elemento incomprensibile nella introduzione nel periodo in esame, nell’inciso per cui la seconda censura d’appello sarebbe “assorbita”: assorbita per quali ragioni non si comprende, in quanto, mentre il primo motivo riguardava l’azione per abbandono delle merci all’assicuratore, come esattamente rileva la ricorrente era stata presentata pure, in subordine, l’azione di avaria. E mentre all’azione per abbandono si era dedicata fino a questa frase la motivazione, non e’ allora comprensibile come potesse essere assorbita un’azione posta in collocazione gradata rispetto a quella esercitata per prima, id est come l’esito della prima azione potesse rendere insussistenti le condizioni di operativita’ della polizza “a tutto campo”, e quindi anche in rapporto a questa ulteriore species di tutela.
L’assoluta incomprensibilita’ della motivazione strettamente congiunta alla assoluta genericita’ del suo apodittico asserto (la polizza non era operativa per difetto di prova che lo fosse) assorbe dunque, per logica prima ancora che per diritto, pure la prospettazione dell’esistenza di una omessa pronuncia relativa alla domanda subordinata, veicolata nell’ottavo motivo.
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8. In conclusione risultano fondati, del gruppo dei motivi che dal quarto prende le mosse, il quarto e il quinto motivo, gli altri essendone assorbiti.
Pertanto, disattesi i primi tre motivi, accolti invece il quarto e il quinto e assorbiti gli altri, la sentenza deve essere conseguentemente cassata per quanto di ragione, con rinvio, anche per le spese processuali, alla Corte d’appello di Venezia in diversa sezione e diversa composizione.
P.Q.M.
In parziale accoglimento del ricorso, cassa la sentenza per quanto di ragione e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Venezia in diversa sezione e diversa composizione.
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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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