Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|28 gennaio 2021| n. 2020.
In tema di assegno di mantenimento in favore del figlio maggiorenne non autosufficiente, a seguito del divorzio dei genitori, l’interesse morale è un canone che, nella sua immediata portata, resta estraneo alla previsione di cui all’art. 337 ter, comma 4, c.c., rilevando esclusivamente quale fine destinato ad ispirare l’esercizio della responsabilità genitoriale e i relativi provvedimenti giudiziali, tenuto conto che l’assegno di mantenimento serve ad assicurare, insieme con la cura, l’educazione e l’istruzione, anche le frequentazioni e le opportunità di crescita sociale e professionale del figlio. (Nella specie la S.C. ha respinto il motivo di ricorso del padre, che aveva domandato la riduzione dell’assegno divorzile di cui era stato gravato in favore dei figli, sostenendo che un assegno troppo elevato potesse nuocere al loro interesse morale).
Ordinanza|28 gennaio 2021| n. 2020
Data udienza 2 dicembre 2020
Integrale
Tag/parola chiave: Divorzio – Assegno di mantenimento in favore di figli maggiorenni – Assegno in favore della ex coniuge – Famiglia di fatto dell’ex coniuge – Aumento delle entrate economiche della ex moglie – Rinvio
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere
Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24062/2017 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1971/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 24/03/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 02/12/2020 dal Cons. SCALIA Laura.
FATTI DI CAUSA
1. (OMISSIS) ricorre con tre motivi per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata con cui la Corte di appello di Roma, nel rigettare l’impugnazione proposta in via principale dal primo e in via incidentale dalla ex moglie (OMISSIS), confermava la sentenza del locale tribunale che, pronunciando nel giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario contratto dagli ex coniugi, per quanto ancora rileva, poneva a carico del ricorrente un assegno di mantenimento dell’ex coniuge di Euro 1.000,00 mensili ed un contributo per il mantenimento dei figli maggiorenni di Euro 3.500,000, di cui Euro 2.000,00 da versarsi alla ex moglie ed Euro 750,000, per ciascuno, direttamente ai figli, oltre a spese straordinarie.
La Corte di merito apprezzava la convivenza con un terzo dedotta dal (OMISSIS) a sostegno della domanda di revoca dell’assegno divorzile non provata nei caratteri della stabilita’ e continuita’ cosi’ da sostenere un modello di vita analogo a quello che, di regola, caratterizza la famiglia fondata sul matrimonio.
Nel resto i giudici di appello si determinavano alla conferma degli assegni indicati, muovendo: a) quanto a quello divorzile, dalla necessita’ della richiedente di conservare il tenore di vita, elevatissimo, goduto in costanza di matrimonio nel notevole divario esistente tra i redditi degli ex coniugi, valutata, altresi’, la non verosimiglianza del decremento dedotto dal (OMISSIS); b) quanto a quello di contributo al mantenimento dei figli, dalla congruita’ dello stesso in ragione delle accresciute necessita’ dei figli, ponendo a carico di (OMISSIS), per intero, le spese straordinarie nella notevole sproporzione dei redditi tra gli ex coniugi.
Resiste con controricorso (OMISSIS) deducendo infondatezza ed inammissibilita’ del contrario mezzo.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente fa valere la violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, articolo 5, comma 6 e delle n. 74 del 1987, articolo 10, per avere la Corte di appello motivato sull’attribuzione dell’assegno divorzile in favore della signora (OMISSIS) senza tenere conto dei documenti prodotti con l’istanza ex articolo 345 c.p.c., ed ammessi con decreto del 10 gennaio 2017 e senza dichiarare l’assoluta e totale indipendenza economica della stessa.
La Corte romana aveva confermato il diritto dell’ex moglie a percepire un assegno di mantenimento nella misura di Euro 1.000,00 mensili sull’errato presupposto del divario dei redditi e dell’impossibilita’ per la prima di mantenere il medesimo tenore di vita goduto durante il matrimonio e non invece, secondo la piu’ recente giurisprudenza di legittimita’, in ragione della mancanza di autosufficienza economica. Dal 2014 la signora (OMISSIS) percepiva una retribuzione mensile di Euro 3.000,00, a fronte di quella in precedenza dichiarata di Euro 1.200,00 mensili; ella godeva inoltre del 50% della ex casa coniugale – il cui mutuo provvedeva a pagare il ricorrente di contro a quanto erroneamente ritenuto dalla Corte territoriale – e, nella medesima misura percentuale, di altro immobile, sito in (OMISSIS), il cui corrispettivo di vendita era stato suddiviso per meta’ tra le parti e, ancora, di una liquidita’ in banca.
La convivenza instaurata dall’ex coniuge con il signor (OMISSIS), di contro a quanto ritenuto nella sentenza di appello, che in modo apodittico affermava che non era stata raggiunta la prova di una stabile convivenza, aveva rivestito le caratteristiche di una famiglia di fatto, con il conseguente venir meno di ogni presupposto per il riconoscimento dell’assegno divorzile.
2. Con il secondo motivo il ricorrente fa valere la violazione degli articoli 3 e 24 Cost. e l’errata e contraddittoria motivazione ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come inteso dalle Sezioni Unite n. 98053 del 2014, in punto di falsa rappresentazione dei redditi delle parti.
La Corte di appello nel determinare l’ammontare dell’assegno di divorzio aveva preso in considerazione i redditi netti della signora (OMISSIS) e quelli lordi del signor (OMISSIS) che erano stati riferiti sempre e soltanto ai due anni in cui il reddito, maggiormente elevato, era stato pari ad Euro 719.000,00 per ciascun anno.
Le contrazioni subite successivamente avevano invece determinato un ammontare del reddito nel 2015, al netto delle imposte dovute, pari ad Euro 139.209,00 all’anno, come da documentazione prodotta in appello.
3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 147 e 315-bis c.p.c..
La misura del contributo per il mantenimento dei figli, entrambi maggiorenni, di Euro 1.750,00 per ciascuno – oltre alla previsione che anche a madre avrebbe dovuto contribuire al loro mantenimento e, ancora, che il padre avrebbe provveduto al pagamento delle spese straordinarie -, sarebbe contraria alle previsioni di legge, esorbitante e dannosa per i figli resi, in tal modo, incapaci di adeguarsi ad un diverso ed inferiore tenore di vita quando avrebbero trovato un lavoro, non avendo mai “a disposizione Euro 750.000 mensili, una volta pagate tutte le altre spese”.
4. Il primo motivo di ricorso e’ fondato e nei suoi contenuti capace di assorbire la portata del secondo per i profili relativi alle condizioni economico-patrimoniali delle parti che dell’assegno divorzile costituiscono il presupposto.
Come saldamente affermato da questa Corte di cassazione nelle piu’ recenti pronunzie, ormai integrative di diritto vivente, se all’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarieta’, siffatta posta deve riconoscersi nella finalita’ di fornire un contributo volto a consentire al coniuge richiedente, economicamente piu’ debole, il raggiungimento, in concreto, di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare.
Nell’indicata finalita’ deve, in particolare, tenersi conto delle aspettative professionali sacrificate per una funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi non guidata, pero’, dalla necessita’ di dare ricomposizione ai tenore di vita endoconiugale, ma dal riconoscimento del ruolo e dei contributo fornito dall’ex coniuge, economicamente piu’ debole, alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi (Cass. SU n. 18287 del 11/07/2018; Cass. n. 21234 del 09/08/2019; n. 1882 del 23/01/2019; Cass. n. 5603 del 28/02/2020).
Sugli indicati principi, di cui i giudici di merito non hanno fatto applicazione, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione.
5. E’ autonomamente valutabile, invece, il terzo motivo di ricorso relativo all’assegno di contributo per il mantenimento dei figli maggiorenni e non autosufficienti, che, nei suoi contenuti, presenta profili che sono, nei contempo, di infondatezza e di inammissibilita’.
5.1. La critica proposta e’ innanzitutto infondata la’ dove vuole far rientrare tra i diretti parametri di determinazione del quantum dell’assegno di contributo alla cui corresponsione i genitori sono tenuti per il mantenimento dei figlio, l’interesse morale di quest’ultimo.
In ricorso sostanzialmente si denuncia che l’ammontare dell’assegno – pari a tremilacinquecento Euro per entrambi i figli, di cui duemila Euro da versarsi dal genitore onerato all’altro ed i restanti millecinquecento Euro direttamente, nella misura di settecentocinquanta per ciascuno, ai primi – e’ sovrastimato rispetto alle reali esigenze dei figli e finisce per danneggiarli.
La lettura dichiarata e’ prospettica, guarda al futuro ed e’ quella educativa, chiamata a farsi carico del mal adattamento procurato in persone giovani che, godendo per il mantenimento da parte dei genitori di somme che si assumono eccedenti rispetto ai loro reali bisogni, quando si accosteranno al mondo del lavoro, secondo tale prospettazione, non si adegueranno al nuovo e peggiorativo tenore di vita che ne verra’.
L’interesse morale e’ canone che nella sua immediata portata resta estraneo alla previsione di cui all’articolo 337 ter c.c., comma 4, norma che – espressamente dettata per la quantificazione dell’assegno in favore del figlio, nella premessa esigenza che la sua fissazione intervenga in misura proporzionale al reddito di ciascun genitore – saldai presupposti applicativi della posta, insieme alle attuali esigenze dei figlio, anche, al tenore di vita goduto in costanza di convivenza con entrambi i genitori, ai tempi di permanenza presso ciascuno di loro, alle risorse economiche di entrambi i genitori, secondo contenuti che, per scansione e finalita’, restano condivisi quanto alle posizioni dei figli minorenni e di quelli maggiorenni non autosufficienti (per l’applicabilita’ della previsione di cui all’articolo 337-ter c.c., comma 4, ai figli maggiorenni non autosufficienti, si veda da ultimo: Cass. 16/09/2020 n. 19299).
5.2. L’interesse morale del figlio, minorenne o maggiorenne non autosufficiente, torna a valere per una lettura di sistema in cui, specularmente fissati il dovere dei genitori ed il diritto del figlio, rispettivamente, di educare e di essere educato, di assistere moralmente e di essere assistito moralmente, nel rispetto di capacita’, inclinazioni naturali ed aspirazioni del figlio stesso (articolo 147 c.c., articolo 315-bis c.c., commi 1 e 2, articolo 337-ter c.c., commi 1 e 2), l’interesse diviene, nella sua centralita’, il fine destinato ad ispirare l’esercizio della responsabilita’ genitoriale e, comunque, ogni provvedimento giudiziale tanto in ipotesi di permanenza dei vincolo coniugale che di suo allentamento, scioglimento o caducazione o, ancora, anche rispetto a figli di genitori non coniugati, per contenuti patrimoniali, o meno (sull’interesse morale dei figli minorenni: Cass. 23/10/2017 n. 25055; Cass. n. 11412 del 2014; Cass. n. 10174 del 2012; Cass. n. 6606 del 2010).
In materia di assegno di mantenimento e della sua misura, l’interesse morale del figlio riveste una funzione strumentale dovendo consentire con la cura, l’educazione e l’istruzione, anche le frequentazioni e le opportunita’ di crescita sociale e professionale del primo e non l’ingiustificata retrocessione delle condizioni di vita materiale quasi che le difficolta’ educative siano ascrivibili all’ammontare dell’assegno.
5.3. E’ infondato quindi il parametro dell’interesse morale del figlio declinato in ricorso quale ragione per ottenere dal genitore onerato la riduzione dell’ammontare dell’assegno di contributo al mantenimento e diviene inammissibile perche’ non conducente ne’ alimentato di evidenze decisive prospettate, ma omesse dal giudice, nella parte in cui quel quantum possa condurre a sicuri fatti diseducativi.
Il ricorso infatti nulla allega in ordine ai profili morali che vedrebbero l’assegno corrisposto per interessi fatui e poco commendevoli e non per la migliore educazione e cura di essi e, in modo surrettizio, richiama il principio generale dell’interesse morale in viste di una riduzione sull’ammontare del quantum, senza proporre, fin dalla fase di merito, una qualunque alternativa sul suo differente utilizzo, indicando come quell’importo, ritenuto nel suo ammontare giustificato al giudice, potrebbe essere diversamente utilizzato, anziche’ eliminato tout court.
6. La Corte, pertanto, accolto il primo motivo, assorbito il secondo e dichiarato infondato il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alle Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese dei presente giudizio.
Si dispone che ai sensi del Decreto Legislativo n. 198 del 2003, articolo 52, siano omessi le generalita’ e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo ed infondato il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Si dispone che ai sensi del Decreto Legislativo n. 198 del 2003, articolo 52, siano omessi le generalita’ e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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