In tema di accertamenti tributari

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|5 marzo 2021| n. 6139.

In tema di accertamenti tributari, qualora la rettifica del valore di un immobile si fondi sulla stima dell’UTE o di altro ufficio tecnico, che ha il valore di una semplice perizia di parte, il giudice investito della relativa impugnazione, pur non potendo ritenere tale valutazione inattendibile solo perché proveniente da un’articolazione dell’Amministrazione finanziaria, non può considerarla di per sé sufficiente a supportare l’atto impositivo, dovendo verificare la sua idoneità a superare le contestazioni dell’interessato ed a fornire la prova dei più alti valori pretesi ed essendo, altresì, tenuto ad esplicitare le ragioni del proprio convincimento.

Ordinanza|5 marzo 2021| n. 6139

Data udienza 6 novembre 2020

Integrale

Tag/parola chiave: Catasto – Avviso di accertamento – Sanzioni – Rettifica del valore dell’immobile eseguita sulla stima UTE – Estrema genericità ed apoditticità dei motivi di doglianza – Inammissibilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere

Dott. CAVALLARI Dario – rel. Consigliere

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17986/2017 R.G. proposto da:
(OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di Roma, n. 63/17, depositata il 18 gennaio 2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 novembre 2020 dal relatore Dario Cavallari.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

(OMISSIS) e (OMISSIS) hanno impugnato un avviso di accertamento e liquidazione con il quale era rettificato il valore del 50% di un bene oggetto di un atto di compravendita.
La CTP di Roma, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 1348/2016, ha accolto in parte il ricorso.
I contribuenti hanno proposto appello.
L’Agenzia delle Entrate ha presentato appello incidentale.
La CTR di Roma, con sentenza n. 63/17, ha respinto tutte le impugnazioni.
I contribuenti hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
L’Agenzia delle Entrate si e’ costituita con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, dell’articolo 118 disp. att. c.p.c., dell’articolo 156 c.p.c., e del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 36, comma 2, n. 4, poiche’ la decisione della CTR sarebbe stata priva di motivazione.
In particolare, la CTR non avrebbe chiarito l’iter seguito per determinare il valore dell’immobile, non avrebbe spiegato perche’ aveva considerato motivato l’atto di accertamento e non avrebbe esaminato le contestazioni sollevate contro la perizia della P.A., le sanzioni irrogate e la riduzione del 30% del valore del terreno.
La doglianza e’ infondata.
Infatti, quanto alla determinazione del valore del cespite, dalla lettura della sentenza impugnata emerge che la CTR ha fondato la sua decisione nel merito sulla perizia presa a riferimento dall’Ufficio e sulle argomentazioni riportate nella ulteriore perizia di parte redatta dal tecnico (OMISSIS).
Al riguardo, occorre precisare che la CTR non si e’ assolutamente contraddetta, diversamente da quanto sostengono i ricorrenti nell’affermare, nell’ultima pagina della sua motivazione, che “detta perizia si riferiva a un terreno divenuto ormai diverso da quello effettivamente compravenduto nel 2011”, dopo avere rilevato, nella prima pagina, che “detta relazione ha interessato il medesimo terreno oggetto del presente giudizio”.
In particolare, la CTR ha voluto semplicemente evidenziare, come reso palese dal contenuto della decisione, che la menzionata perizia avrebbe dovuto essere aggiornata perche’ si riferiva “a un terreno divenuto ormai diverso da quello effettivamente compravenduto nel 2011”, con cio’ ponendo in rilievo che l’immobile originario aveva subito, nel tempo, delle modifiche, delle quali la stima de qua non poteva avere tenuto conto.
In ordine alla motivazione dell’avviso impugnato, invece, la CTR ha rigettato la relativa eccezione di controparte facendo riferimento alla giurisprudenza della S.C. secondo la quale “In tema d’imposta di registro, l’obbligo della motivazione dell’avviso di accertamento in rettifica del valore risulta assolto quando l’Ufficio enunci il “petitum” ed indichi le relative ragioni in termini sufficienti a definire la materia del contendere, con la conseguenza che va considerato adeguatamente motivato l’avviso di accertamento che rinvii ai dati contenuti in una stima effettuata dall’UTE” (Cass., Sez. 5, n. 25559 del 3 dicembre 2014).
Peraltro, i ricorrenti non hanno neppure negato che l’avviso di accertamento fosse motivato con riferimento alla perizia dell’UTE, ma si sono limitati ad affermare che tale motivazione avrebbe dovuto essere piu’ articolata, in ragione delle loro doglianze.
Per cio’ che concerne le contestazioni relative alla stima dell’Ufficio, si rileva che “In tema di accertamenti tributari, qualora la rettifica del valore di un immobile si fondi sulla stima dell’UTE o di altro ufficio tecnico, che ha il valore di una semplice perizia di parte, il giudice investito della relativa impugnazione, pur non potendo ritenere tale valutazione inattendibile solo perche’ proveniente da un’articolazione dell’Amministrazione finanziaria, non puo’ considerarla di per se’ sufficiente a supportare l’atto impositivo, dovendo verificare la sua idoneita’ a superare le contestazioni dell’interessato ed a fornire la prova dei piu’ alti valori pretesi ed essendo, altresi’, tenuto ad esplicitare le ragioni del proprio convincimento” (Cass., Sez. 5, n. 9357 dell’8 maggio 2015).
Nella specie, i contribuenti avevano sostenuto che la perizia:
a- non era atto idoneo ad essere posto a fondamento della rettifica del valore di un immobile;
b- non era temporalmente riconducibile all’accertamento in esame;
c- si riferiva ad un terreno di consistenza maggiore rispetto a quello compravenduto nel 2011;
d- non teneva conto di alcuni atti che potevano costituire elementi di confronto;
e- conteneva degli “Elementi di confronto” che erano arbitrari e risalivano agli anni dal 2007 al 2009 e, quindi, si riferivano ad un’epoca anteriore ai tre anni imposti dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, articolo 51, comma 3.
Al riguardo, si sottolinea che la doglianza sub a) e’ infondata, poiche’ la perizia ben puo’ essere utilizzata dalla P.A. e dal giudice a sostegno del proprio accertamento. Inoltre, la CTR ha valutato detta perizia assieme a quella di parte del tecnico (OMISSIS), con la conseguenza che la sentenza va confermata sul punto.
Le contestazioni sub b) e c) sono prive di pregio, atteso che la CTR ne ha dato atto, avendo ritenuto necessario aggiornare la detta perizia alla luce delle modifiche del terreno oggetto di causa.
I profili sub d) ed e), invece, sono inammissibili, stante la loro estrema genericita’, non avendo i ricorrenti riportato nell’atto di impugnazione le parti della relazione di stima contestate.
Infine, per quel che riguarda le sanzioni e la riduzione del valore dell’immobile, si evidenzia che la CTR menziona i riferimenti legislativi indicati nell’avviso di rettifica dalla P.A. a sostegno dell’irrogazione delle dette sanzioni e che la sentenza basa la conferma della riduzione in esame operata dalla CTP sulla perizia dell’Ufficio e sulla relazione di parte e non su mere considerazioni di carattere equitativo.
2. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, articoli 52, comma 2 bis, della L. n. 212 del 2000, articolo 7. e della L. n. 241 del 1990, articolo 3, comma 1, poiche’ la CTR avrebbe errato nel considerare motivato l’avviso di accertamento e non avrebbe tenuto conto che la perizia dell’Ufficio era un atto di parte non utilizzabile.
La contestazione, il cui contenuto sostanzialmente riproduce quello del primo motivo, e’ infondata per le stesse ragioni che hanno condotto al rigetto della precedente doglianza.
In particolare, si ribadisce che la motivazione dell’avviso ben poteva consistere nel richiamo dei dati contenuti nella UTE e che la CTR ha fondato il suo giudizio non solo sulla detta perizia, ma pure, alla luce delle contestazioni dei ricorrenti, sulle conclusioni della loro relazione di parte.
Soprattutto, e’ priva di valore l’affermazione che la relazione di stima non poteva essere posta a fondamento dell’avviso perche’ si sarebbe riferita ad un periodo di oltre tre anni precedente all’atto di trasferimento il cui valore sarebbe stato oggetto di rettifica, in applicazione del disposto del Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, articolo 51, comma 3. Infatti, a prescindere dalla riconducibilita’ della perizia in questione al novero degli atti indicati nella disposizione da ultima citata, la detta perizia e’ del 2009 e la compravendita e’ del 2011.
3. Con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione dell’articolo 2697 c.c., in quanto l’Agenzia delle Entrate non avrebbe dimostrato la propria pretesa tributaria.
La doglianza e’ inammissibile.
In primo luogo, si rileva che la violazione dell’articolo 2697 c.c., presuppone che il giudice abbia posto l’onere della prova della pretesa azionata a carico della parte che a cio’ non era tenuta il che, nella specie, non e’ avvenuto.
Inoltre, si osserva che la CTR ha fondato la sua decisione non solo sulla relazione di stima dell’UTE, ma pure sulla perizia di parte e, al riguardo, i contribuenti nulla hanno specificamente eccepito nell’articolare il motivo in esame.
4. Il ricorso va, quindi, rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza ex articolo 91 c.p.c., e sono liquidate come in dispositivo.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, il comma 1 quater, dell’obbligo, per i ricorrenti, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

P.Q.M.

La Corte:
– rigetta il ricorso;
– condanna i ricorrenti a rifondere le spese di lite in favore della parte controricorrente, che liquida in complessivi Euro 4.000,00, oltre spese prenotate a debito;
– ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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