In relazione al reato di danneggiamento seguito da pericola di incendio

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 5 febbraio 2020, n. 4929

Massima estrapolata:

In relazione al reato di danneggiamento seguito da pericola di incendio, il giudizio sulla ricorrenza di quest’ultimo va formulato sulla base di una prognosi postuma, ex ante e a base parziale, avuto riguardo alla probabilita che il fuoco evolva in incendio vero e proprio, la quale deve essere desunta dalla situazione di fatto e, in particolare, dalle dimensioni del fuoco stesso in relazione al suo oggetto , senza che assumano alcuna rilevanza eventuali fattori imprevedibili o sopravvenuti (tra cui il tempestivo intervento di spegnimento).

Sentenza 5 febbraio 2020, n. 4929

Data udienza 10 dicembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TARDIO Angela – Presidente

Dott. FIORDALISI Domenico – Consigliere

Dott. BINENTI Roberto – Consigliere

Dott. CENTOFANTI Francesco – Consigliere

Dott. APRILE Stefano – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 12/10/2017 della Corte di appello di Venezia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Francesco Centofanti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. CENICCOLA Elisabetta, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Venezia confermava, in punto di penale responsabilita’, la decisione di primo grado, con cui, all’esito del dibattimento, (OMISSIS) era stata dichiarata colpevole del delitto di cui all’articolo 424 c.p., comma 1, cosi’ riqualificata l’originaria imputazione di incendio doloso elevata ai sensi dell’articolo 423 c.p..
La pena era rideterminata al limite minimo edittale, pari a sei mesi di reclusione.
Era altresi’ confermata la condanna, generica, al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili, con annessa provvisionale.
2. (OMISSIS), la notte del (OMISSIS), aveva dato alle fiamme i locali di un appartamento, contiguo al proprio, di proprieta’ di (OMISSIS) ma concesso in locazione ad un’impresa di pulizie. Con il titolare di essa l’imputata aveva in passato discusso e lo aveva anche minacciato.
Secondo la Corte territoriale, l’imputata aveva agito al solo scopo di danneggiare l’immobile, ma dal fatto era derivato il pericolo di un incendio, inteso come fuoco di vaste proporzioni, tendente a diffondersi e non facile da estinguere.
Pur nell’operata riduzione della pena, la Corte stessa negava la sospensione condizionale, riportandosi alle “ragioni esposte dal giudice di primo grado”.
3. L’imputata, ritualmente assistita, ricorre per cassazione, articolando due motivi.
3.1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce erronea interpretazione e applicazione dell’articolo 424 c.p., e illogicita’ della motivazione sul punto.
Assume la ricorrente che il pericolo di verificazione dell’incendio, inteso come probabilita’ dello stesso, avrebbe dovuto essere valutato in termini oggettivi, anziche’ essere derivato dalla sola paura che l’incendio potesse scoppiare; la paura consistendo in un mero sentimento, soggettivo, di percezione di un pericolo.
La sentenza impugnata avrebbe confuso i due aspetti. Il perito, ascoltato in dibattimento, avrebbe infatti parlato di fiamme di discreta intensita’ nella fase iniziale, poi non propagatosi non gia’ per l’avvenuto intervento dei Vigili del fuoco, ma per mancanza di sufficiente materiale combustibile.
Nelle condizioni date, anche con prognosi ex post emergerebbe l’insussistenza del pericolo.
3.2. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce erronea interpretazione e applicazione degli articoli 163 e 164 c.p., e carenza di motivazione sul punto.
La ricorrente osserva che in primo grado era stata inflitta la pena di dieci mesi di reclusione la quale, cumulata a quella di un anno e sei mesi oggetto di precedente condanna, eccedeva il limite ordinario stabilito dalla legge per la sospensione condizionale, pari a due anni. Senonche’, nelle more del giudizio di appello, l’imputata aveva compiuto settant’anni e avrebbe potuto godere del piu’ ampio limite, di due anni e sei mesi, in tal caso previsto; in ogni caso, il giudice di appello aveva ricondotto la pena alla misura di sei mesi che, anche tenuto conto della condanna pregressa, era compatibile con la sospensione condizionale secondo il regime ordinario.
Il giudice di appello, in tale mutato contesto, avrebbe dovuto dare autonomo conto delle ragioni del mantenuto diniego del beneficio.
4. Il ricorso, originariamente assegnato alla Sezione di cui all’articolo 610 c.p.p., comma 1, e’ stato da essa rimesso al Presidente per la trattazione in udienza pubblica.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Nelle more del presente giudizio di cassazione il reato di cui in imputazione si e’ prescritto, a norma dell’articolo 157 c.p., comma 1, e articolo 160 c.p., u.c., essendo decorso dal fatto un tempo complessivamente superiore al limite massimo dei sette anni e mezzo.
Poiche’, come si dira’ subito oltre, il ricorso supera nel suo insieme il vaglio d’ammissibilita’, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, agli effetti penali, per sopravvenuta estinzione del reato causata dalla prescrizione.
2. Ai sensi dell’articolo 578 c.p.p., il ricorso deve essere comunque esaminato in relazione alle disposizioni della sentenza impugnata che concernono gli interessi civili.
3. A tale limitato fine viene anzitutto in considerazione il primo motivo, che deve giudicarsi manifestamente infondato.
In relazione al reato di danneggiamento seguito da pericolo di incendio, il giudizio sulla ricorrenza di quest’ultimo va formulato sulla base di una prognosi postuma, ex ante e a base parziale, avuto riguardo alla probabilita’ che il fuoco evolva in incendio vero e proprio, la quale deve essere desunta dalla situazione di fatto e, in particolare, dalle dimensioni del fuoco stesso in relazione al suo oggetto (Sez. 6, n. 35769 del 22/04/2010, Musco, Rv. 248585-01), senza che assumano alcuna rilevanza eventuali fattori imprevedibili o sopravvenuti (tra cui il tempestivo intervento di spegnimento: Sez. 5, n. 37196 del 28/03/2017, Costabile, Rv. 270914-01).
Una prognosi siffatta e’ stata ineccepibilmente formulata dai giudici di merito, sulla base delle car’tteristiche dell’innesco, della mole e della durata delle fiamme, della loro velocita’ di sviluppo e dei danni comunque provocati, che sarebbero stati ben maggiori se la propagazione ulteriore non fosse stata impedita dalla contingente e fortunosa assenza di nuove superfici infiammabili.
Le obiezioni mosse dalla ricorrente a tale ricostruzione sconfinano nel merito, mancando altresi’, nel richiamo operato alle conclusioni peritali, di specificita’ e autosufficienza, in quanto non contengono l’integrale trascrizione, o allegazione, dell’atto processuale di riferimento (Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017, Schioppo, Rv. 270071-01; Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015, Bregamotti, Rv. 265053-01).
4. Infondato appare il secondo motivo.
Se e’ vero che, per individuare il limite di sospendibilita’ condizionale della pena, in rapporto all’eta’, occorre avere esclusivo riferimento all’epoca di commissione del reato (da ultimo, Sez. 3, n. 28374 del 12/04/2019, B., Rv. 276243-01), e che, in relazione a tale epoca, il limite era nel processo quello ordinario dei due anni, occorre effettivamente dare atto che la pena e’ stata ricondotta, in appello, ad una misura con il limite compatibile, sicche’ all’imputata, anche d’ufficio (articolo 597 c.p.p., comma 5), poteva essere concessa la sospensione condizionale della pena.
Senonche’, le Sezioni Unite di questa Corte – con pronuncia (n. 22533 del 25/10/2018, dep. 2019, Salerno, Rv. 275376-01) intervenuta, a risoluzione di contrasto giurisprudenziale, solo dopo la proposizione dell’odierna impugnazione, che per tale ragione, dunque, non merita di essere sanzionata in rito – hanno affermato il principio di diritto per cui, ove il giudice di appello non motivi in ordine al diniego della sospensione condizionale della pena, quand’anche concedibile d’ufficio, ovvero motivi in modo inadeguato, la questione non puo’ essere dibattuta in sede di legittimita’, qualora l’imputato non abbia fatto richiesta del beneficio, anche soltanto nel corso del giudizio di secondo grado e pur se la possibilita’ di sospendere sia sorta solo in tale grado. E, nel caso di specie, la sospensione condizionale della pena, non oggetto di motivo, neppure subordinato, di appello, non e’ stata mai neppure invocata nel relativo giudizio.
5. Per le considerazioni che precedono, le statuizioni civili della sentenza impugnata debbono essere confermate.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perche’ il reato e’ estinto per prescrizione, ferme restando le statuizioni civili.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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