In materia di tutela dall’inquinamento

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 18 ottobre 2019, n. 42925.

Massima estrapolata:

In materia di tutela dall’inquinamento, l’utilizzazione di acque di frantoio in difformità alle disposizioni regionali in materia costituisce reato e non illecito amministrativo. Pertanto, integra il reato di cui all’art. 137 D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 l’utilizzazione agronomica di acque di vegetazione di frantoi effettuata in contrasto con le prescrizioni imposte dalle regioni, ivi comprese quelle per il controllo dell’attività.

Sentenza 18 ottobre 2019, n. 42925

Data udienza 21 maggio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSI Elisabetta – Presidente

Dott. SOCCI Angelo Matt – rel. Consigliere

Dott. GAI Emanuela – Consigliere

Dott. NOVIELLO Giusepp – Consigliere

Dott. ANDRONIO Alessandro M. – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 20/02/2018 del TRIBUNALE di LAGONEGRO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere SOCCI ANGELO MATTEO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore MOLINO PIETRO che ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza senza rinvio per intervenuta prescrizione dei reati.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Lagonegro con sentenza del 20 febbraio 2018 ha condannato (OMISSIS) alla pena di Euro 1.000,00 di ammenda con il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche relativamente al reato di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 137, perche’ (…) a partire dal 13 del mese di novembre 2012 effettuava l’utilizzazione agronomica di circa 3 mc di acque di vegetazione prodotte dalle operazioni di molitura ed eccedenti la capacita’ di 8,66 mc delle vasche di accumulo istallate presso il predetto frantoio, un mese prima e quindi in assenza della comuinicazione preventiva al Sindaco del Comune di Episcopia, prevista dalla Legge Regionale n. 255 del 2007 (…). Reato accertato il (OMISSIS).
2. L’imputata ha proposto appello, trasmesso a questa Corte di Cassazione, tramite il difensore, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1.
2. 1. Prescrizione del reato. Il reato deve ritenersi prescritto per il decorso del termine massimo di anni 5.
2. 2. Manifesta illogicita’ della motivazione sull’affermazione della responsabilita’ con errata interpretazione delle risultanze probatorie.
L’ipotesi del reato contestato non sussiste in quanto il fatto e’ da ritenersi punito s lo con una sanzione amministrativa ai sensi della L. n. 574 del 1996, perche’ fino a 50 mc per ettaro e’ consentita la utilizzazione delle acque di frantorio. Non essendo stata superata la soglia/ la sanzione al massimo e’ quella amministrativa della L. n. 574 del 1996, articoli 3 e 8. Le prove assunte in dibattimento/ inoltre/ non hanno chiarito neanche con precisione quando lo spandimento delle acque di frantoio e’ stato effettuato. Il teste si limita a riferire che l’utilizzazione agronomica e’ avvenuta prima della comunicazione al Sindaco.
Ha chiesto pertanto l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso risulta inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi, genericita’ e perche’ tenta di rileggere i fatti accertati in sede di merito. In tema di giudizio di Cassazione, sono precluse al giudice di legittimita’ la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita’ esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito. (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015 – dep. 27/11/2015, Musso, Rv. 265482).
In tema di motivi di ricorso per Cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicita’, dalla sua contraddittorieta’ (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasivita’, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualita’, la stessa illogicita’ quando non manifesta, cosi’ come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilita’, della credibilita’, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento. (Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015 – dep. 31/03/2015, 0., Rv. 262965). In tema di impugnazioni, il vizio di motivazione non puo’ essere utilmente dedotto in cassazione solo perche’ il giudice abbia trascurato o disatteso degli elementi di valutazione che, ad avviso della parte, avrebbero dovuto o potuto dar luogo ad una diversa decisione, poiche’ cio’ si tradurrebbe in una rivalutazione del fatto preclusa in sede di legittimita’. (Sez. 1, n. 3385 del 09/03/1995 – dep. 28/03/1995, Pischedda ed altri, Rv. 200705).
La sentenza impugnata con adeguata motivazione, immune da contraddizioni o da manifeste illogicita’, ricostruisce i fatti e determina la penale responsabilita’ della ricorrente relativamente al reato contestato, rilevando che l’utilizzazione delle acque di frantoio e’ stata effettuata senza previa comunicazione al Sindaco; comunicazione poi intervenuta successivamente, come emerge dalla deposizione del teste di P.G..
Si tratta di accertamenti di fatto relativi alle modalita’ dello spandimento sul terreno delle acque di frantoio, senza autorizzazione, insindacabili in sede di legittimita’, se adeguatamente motivati come nella fattispecie in giudizio.
Del resto l’utilizzazione di acque di frantoio in difformita’ alle disposizioni regionali in materia costituisce reato e non illecito amministrativo: “Integra il reato di cui al Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, articolo 137, l’utilizzazione agronomica di acque di vegetazione di frantoi effettuata in contrasto con le prescrizioni imposte dalle regioni, ivi comprese quelle per il controllo dell’attivita’. (Fattispecie relativa ad attivita’ di trasporto delle acque svolta in difetto di documento di trasporto conforme alle disposizioni emanate dalla Regione Puglia)” (Sez. 7, n. 37442 del 10/04/2015 – dep. 16/09/2015, Muraglia, Rv. 26445101).
Il ricorso sul punto, articolato in fatto – in quanto appello – non si confronta con le motivazioni della sentenza, ma in via del tutto generica ritiene configurabile solo un illecito amministrativo.
4. Alla data della sentenza impugnata non era decorso il termine massimo di prescrizione di anni 5, considerando anche le sospensioni della prescrizione e l’inammissibilita’ del ricorso esclude la valutazione della prescrizione maturata dopo la sentenza impugnata: “L’inammissibilita’ del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilita’ di rilevare e dichiarare le cause di non punibilita’ a norma dell’articolo 129 c.p.p. (Nella specie la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso)” (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000 – dep. 21/12/2000, D. L, Rv. 217266).
Alla dichiarazione di inammissibilita’ consegue il pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro 2.000,00, e delle spese del procedimento, ex articolo 616 c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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