In materia di rifiuti il sequestro preventivo impeditivo

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 24 aprile 2020, n. 12874.

Massima estrapolata:

In materia di rifiuti il sequestro preventivo impeditivo, non finalizzato alla confisca, implica l’esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa e non tra il reato e il suo autore, sicché possono essere oggetto del provvedimento anche le cose in proprietà di un terzo, estraneo all’illecito ed in buona fede, se la loro libera disponibilità sia idonea a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti. Nella fattispecie, l’ordinanza attestava che l’area sottoposta a sequestro era occupata da “veicoli in oggettivo stato di abbandono” all’interno dei quali erano ammassati «rifiuti meccanici provenienti da attività di auto-riparazione, sì da far ritenere uno stringente nesso di pertinenzialità rispetto al reato, di raccolta e deposito non autorizzato di rifiuti speciali pericolosi di cui all’art. 256, comma 2, D.L.vo 152/2006, contestato al titolare dell’adiacente autofficina, figlio del proprietario dell’area. 

Sentenza 24 aprile 2020, n. 12874

Data udienza 28 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Raccolta e deposito non autorizzato di rifiuti – Articolo 256, Dlgs 152/2006 – Sequestro preventivo – Presupposti – Fumus commissi delicti – Periculum in mora – Valutazione del giudice di merito – Giudizio di legittimità – Limiti – Manifesta infondatezza dei motivi – Genericità – Inammissibilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACETO Aldo – Presidente

Dott. GENTILI Andrea – Consigliere

Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere

Dott. REYNAUD Gianni F. – rel. Consigliere

Dott. MENGONI Enrico – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 19/09/2019 del Tribunale di Latina;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Gianni Filippo Reynaud;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Spinaci Sante, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente l’avv. (OMISSIS) in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo accogliersi le conclusioni del ricorso.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con ordinanza 19 settembre 2019, il Tribunale di Latina ha respinto la richiesta di riesame proposta dall’odierno ricorrente avverso il decreto con cui il G.i.p. dello stesso Tribunale aveva disposto il sequestro preventivo di un’area di circa 110 mq., adiacente ad un’autofficina, sulla quale insistevano alcuni veicoli ritenuti in stato d’abbandono si’ che nei confronti del titolare dell’autofficina figlio dell’odierno ricorrente – era stato ipotizzato il reato di raccolta e deposito non autorizzato di rifiuti speciali pericolosi di cui al Decreto Legislativo n. 3 aprile 2006, n. 152, articolo 256, comma 2.
2. Avverso detta ordinanza, a mezzo del difensore fiduciario, ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), quale terzo estraneo al reato e proprietario dell’area in questione, deducendo, con unico motivo, il vizio di mancanza e contraddittorieta’ della motivazione, in relazione alla violazione dell’articolo 321 c.p.p., comma 1.
In particolare, il ricorrente lamenta la mancanza di motivazione quanto al fumus del ritenuto reato con riguardo alla qualifica di rifiuti dei veicoli parcheggiati nell’area – tutti muniti di targa, iscritti al P.R.A. e riconducibili a ben individuati proprietari – ed alla riconducibilita’ degli stessi, e degli ulteriori materiali, ritenuti rifiuti meccanici, al loro interno rinvenuti, all’attivita’ di auto riparazioni gestita dal figlio (OMISSIS), con conseguente non configurabilita’ neppure del periculum.
Si lamenta, inoltre, che l’ordinanza abbia senza motivazione affermato il coinvolgimento del ricorrente nelle vicende oggetto di procedimento.
3. Il ricorso e’ inammissibile per manifesta infondatezza, genericita’ e perche’ proposto per motivi non consentiti.
3.1. L’ordinanza attesta che l’area sottoposta a sequestro era occupata da “veicoli in oggettivo stato di abbandono” all’interno dei quali erano ammassati “rifiuti meccanici provenienti da attivita’ di auto-riparazione (quali filtri, manicotti imbrattati di olio, parti meccaniche, guarnizioni, motori non bonificati e contenenti oli esausti, radiatori dismessi con all’interno liquidi refrigeranti, impianti frenanti con dischi e pasticche contenenti amianto, bidoni solventi, materiale metallico vario, materiale plastico, pneumatici e cerchioni”), si’ da far ritenere uno stringente nesso di pertinenzialita’ rispetto al reato contestato al titolare dell’adiacente autofficina, figlio del proprietario dell’area e odierno ricorrente.
L’ordinanza, quindi, reca una motivazione effettiva – con cui il ricorrente non si confronta – sul fumus del reato ipotizzato e sul periculum di prosecuzione della condotta qualora l’area non venga sottratta alla disponibilita’, anche di fatto, di chi l’ha sino ad ora utilizzata per realizzarvi un deposito incontrollato di rifiuti.
Del resto, in forza dell’articolo 325 c.p.p., essendo il ricorso per cassazione ammissibile solo per violazione di legge (Sez. 3, n. 45343 del 06/10/2011, Moccaldi e a., Rv. 251616) ed essendo quindi deducibile soltanto l’inesistenza o la mera apparenza della motivazione, ma non anche la sua illogicita’ manifesta, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), (Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, Zaharia, Rv. 269119), il giudice di legittimita’ non puo’ procedere ad un penetrante vaglio sulla motivazione addotta nel provvedimento impugnato.
3.2. Al di la’ del fugace rilievo contenuto nell’ordinanza, circa la non sicura estraneita’ del ricorrente alle vicende in contestazione – rilievo giustificato dallo strettissimo legame di parentela con l’indagato, e comunque irrilevante ai fini che qui interessano – il provvedimento correttamente richiama il condivisibile principio secondo cui il sequestro preventivo impeditivo, non finalizzato alla confisca, qual e’ quello di specie, implica l’esistenza di un collegamento” tra il reato e la cosa e non tra il reato e il suo autore, sicche’ possono essere oggetto del provvedimento anche le cose in proprieta’ di un terzo, estraneo all’illecito ed in buona fede, se la loro libera disponibilita’ sia idonea a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti (Sez. 3, n. 57595 del 25/10/2018, Cervino, Rv. 274691; Sez. 3, n. 40480 del 27/10/2010, Orlando e a., Rv. 248741; Sez. 5, n. 11287 del 22/01/2010, Rv. 246358).
4. Alla declaratoria di inammissibilita’ del ricorso, tenuto conto della sentenza Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186 e rilevato che nella presente fattispecie non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’, consegue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., oltre all’onere del pagamento delle spese del procedimento anche quello del versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma equitativamente fissata in Euro 2.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Motivazione semplificata.
Si da’ atto che il presente provvedimento e’ sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, articolo 1, comma 1, lettera a).

 

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