In materia di danno risarcibile per la lesione del rapporto parentale

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|24 marzo 2021| n. 8218.

In materia di danno risarcibile per la lesione del rapporto parentale subita da soggetti estranei al nucleo familiare ristretto, sebbene sia opportuno scongiurare il pericolo di una dilatazione ingiustificata dei soggetti danneggiati secondari, non può essere accolto l’assunto per il quale il dato esterno ed oggettivo della convivenza possa costituire elemento idoneo di discrimine e giustificare dunque l’aprioristica esclusione, nel caso di non sussistenza della convivenza, della possibilità di provare in concreto l’esistenza di rapporti costanti e caratterizzati da reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto la convivenza (Nel caso di specie, la Suprema Corte si è pronunciata in merito al risarcimento danni da lesione del rapporto parentale patiti da tre nipoti per la morte della zia).

Ordinanza|24 marzo 2021| n. 8218

Data udienza 18 febbraio 2021

Integrale
Tag/parola chiave: Danno parentale – Morte del congiunto – Requisito delle convivenza – Necessità – Esclusione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14865/2019 R.G. proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), con domicilio eletto presso il loro studio in (OMISSIS) (c/o studio Avv. (OMISSIS));
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) S.p.A., rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto presso il suo studio in (OMISSIS);
– controricorrente –
e nei confronti di:
(OMISSIS) e (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma, n. 7318/2018,depositata il 20 novembre 2018;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 febbraio 2021 dal Consigliere Emilio Iannello.

RILEVATO IN FATTO

1. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) convennero in giudizio davanti al Tribunale di Velletri (OMISSIS) e (OMISSIS) (rispettivamente conducente e proprietario del veicolo investitore) e la (OMISSIS) S.p.A. (compagnia assicuratrice del mezzo) chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni (da lesione del rapporto parentale) patiti per la morte della zia (OMISSIS) seguita al sinistro verificatosi in data (OMISSIS) allorquando quest’ultima, mentre attraversava la strada, veniva investito dal veicolo condotto dal (OMISSIS).
Instaurato il contraddittorio il tribunale rigetto’ la domanda ritenendo l’esclusiva responsabilita’ della pedone nella causazione del sinistro.
2. La decisione e’ stata confermata, con la sentenza in epigrafe, dalla Corte d’appello di Roma per la assorbente e “piu’ liquida” ragione della ritenuta carenza di legittimazione in capo agli appellanti a pretendere il risarcimento del danno per la morte della loro zia, poiche’ con essi non convivente.
Sulla scorta del precedente di Cass. 16/03/2012, n. 4253 -secondo la cui massima “perche’… possa ritenersi risarcibile la lesione del rapporto parentale subita da soggetti estranei a ristretto nucleo familiare (quali i nonni, i nipoti, il genero, o la nuora) e’ necessario che sussista una situazione di convivenza, in quanto connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l’intimita’ delle relazioni di parentela, anche allargate, contraddistinte da reciproci legami affettivi, pratica della solidarieta’ e sostegno economico, solo in tal modo assumendo rilevanza giuridica il collegamento tra danneggiato primario e secondario, nonche’ la famiglia intesa come luogo in cui si esplica la personalita’ di ciascuno, ai sensi dell’articolo 2 Cost.” – ha infatti rilevato che, nella specie, “non vi e’ dubbio che i tre appellanti risultassero soggetti/parenti non conviventi con la defunta (a nulla rilevando che essi fossero stati istituiti eredi della stessa) e che in alcun modo l’esito della prova testimoniale puo’ sopperire alla carenza dell’elemento principale ed assorbente della “convivenza””.
3. Avverso tale decisione (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) propongono ricorso per cassazione con unico mezzo, cui resiste la (OMISSIS) S.p.a., depositando controricorso, illustrato da memoria.
Gli altri intimati, gia’ contumaci in entrambi i gradi del giudizio di merito, non svolgono difese nella presente sede.
4. Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che e’ stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Va preliminarmente disattesa l’eccezione opposta, in memoria, dalla controricorrente, di inammissiblita’ del ricorso per inosservanza degli oneri imposti dall’articolo 366 c.p.c.: l’eccezione sembra far riferimento sia a quello di cui al n. 3 della citata disposizione (esposizione sommaria dei fatti di causa), sia quello di cui al n. 6 (specifica indicazione degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda).
Quanto al primo profilo, deve invero di contro rilevarsi che il ricorso contiene ampia esposizione dei fatti sostanziali e processuali rilevanti ai fini della questione devoluta con l’impugnazione; quanto al secondo che la censura svolta investe una questione di puro diritto e non implica il riferimento ne’ richiede l’esame di atti o documenti, concentrandosi esclusivamente sulla correttezza (in ricorso ovviamente negata) della regola di giudizio applicata dal giudice a quo.
2. Con l’unico motivo i ricorrenti denunciano, con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2, 29, 30, 31 e 32 Cost., in combinato disposto con gli articoli 1226, 2043 e 2059 c.c.”.
Rilevano in sintesi l’erroneita’ della regola di giudizio applicata dal giudice a quo, in quanto ispirata a indirizzo giurisprudenziale respinto da diverse successive pronunce secondo le quali il dato esterno ed oggettivo della convivenza non costituisce elemento idoneo ad escludere a priori il diritto del non convivente al risarcimento del danno non patrimoniale da lesione del rapporto parentale.
3. La doglianza e’ fondata e merita accoglimento.
In fattispecie analoga – nella quale la Corte capitolina, anche allora richiamando il precedente di Cass. n. 4253 del 2012, aveva confermato il rigetto di domanda di risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale dedotto dagli attori per la morte della nonna, in ragione del difetto del requisito della convivenza – questa Corte ha condivisibilmente rilevato (Cass. 28/10/2016, n. 21230) che, se da un lato, occorre certamente “evitare il pericolo di una dilatazione ingiustificata dei soggetti danneggiati secondari”, dall’altro non puo’ tuttavia condividersi l’assunto che “il dato esterno ed oggettivo della convivenza” possa costituire elemento idoneo di discrimine e giustificare dunque l’aprioristica esclusione, nel caso di non sussistenza della convivenza, della possibilita’ di provare in concreto l’esistenza di rapporti costanti e caratterizzati da reciproco affetto e solidarieta’ con il familiare defunto.
A tanto detto successivo indirizzo e’ giunto specificamente confutando i fondamenti logico giuridici su cui l’opposto orientamento sostanzialmente si fondava, ovvero: da un lato la norma che tutela la famiglia quale societa’ naturale; dall’altro, l’assunto della convivenza, “quale connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l’intimita’ dei rapporti parentali, anche allargati, caratterizzati da reciproci vincoli affettivi, di pratica della solidarieta’, di sostegno economico.
Sotto il primo profilo si e’ infatti rilevato che non e’ condivisibile limitare la “societa’ naturale” della famiglia cui fa riferimento l’articolo 29 Cost., all’ambito ristretto della sola cd. “famiglia nucleare”, incentrata su coniuge, genitori e figli.
Sotto il secondo si e’ efficacemente obiettato che “ben possono ipotizzarsi convivenze non fondate su vincoli affettivi ma determinate da necessita’ economiche, egoismi o altro e non f convivenze determinate da esigenze di studio o di lavoro o non necessitate da bisogni assistenziali e di cura ma che non implicano, di per, se’, carenza di intensi rapporti affettivi o difetto di relazioni di reciproca solidarieta’”.
La convivenza, piuttosto, escluso che possa “assurgere a connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l’intimita’ dei rapporti parentali ovvero a presupposto dell’esistenza del diritto in parola”, “costituisce elemento probatorio utile, unitamente ad altri elementi, a dimostrare l’ampiezza e la profondita’ del vincolo affettivo che lega tra loro i parenti e a determinare anche il quantum debeatur.
Va da se’ che ad evitare quanto gia’ paventato da questa Corte (dilatazione ingiustificata dei soggetti danneggiati secondari e possibilita’ di prove compiacenti) e’ sufficiente che sia fornita la prova rigorosa degli elementi idonei a provare la lamentata lesione e l’entita’ dei danni (v. Cass. 22/10/2013, n. 23917; Cass. 21/01/2011, n. 1410) e che tale prova sia correttamente valutata dal giudice.
Tali considerazioni hanno trovato piena conferma ancora di recente negli arresti di Cass. n. 29332 del 07/12/2017; Cass. n. 18069 del 10/07/2018; Cass. n. 7743 del 08/04/2020.
Sulla scia di tale piu’ recente e qui condiviso orientamento va menzionato anche il precedente di Cass. 11/11/2019, n. 28989, il quale ricomprende anzi il legame parentale tra zio e nipote, di per se’ e indipendentemente dalla effettiva convivenza (dato rilevante solo quale eventuale concorrente elemento presuntivo), tra le circostanze che possono giustificare “meccanisimi presuntivi” utilizzabili “al fine di apprezzare la gravita’ o l’entita’ effettiva del danno”, attraverso “il dato della maggiore o minore prossimita’ formale del legame parentale (coniuge, convivente, figlio, genitore, sorella, fratello, nipote, ascendente, zio, cugino) secondo una progressione che, se da un lato, trova un limite ragionevole (sul piano presuntivo e salva la prova contraria) nell’ambito delle tradizionali figure parentali nominate, dall’altro non puo’ che rimanere aperta alla libera dimostrazione della qualita’ di rapporti e legami parentali che, benche’ di piu’ lontana configurazione formale (o financo di assente configurazione formale: si pensi, a mero titolo di esempio, all’eventuale intenso rapporto affettivo che abbia a consolidarsi nel tempo con i figli del coniuge o del convivente), si qualifichino (ove rigorosamente dimostrati) per la loro consistente e apprezzabile dimensione affettiva e/o esistenziale”.
4. La sentenza impugnata, assegnando rilievo dirimente, nel senso di escludere a priori (e indipendentemente dunque da ogni valutazione degli elementi, anche presuntivi, acquisiti) la legittimazione degli attori/appellanti in ragione del solo dato della mancanza di un rapporto di convivenza, si pone in una prospettiva diametralmente opposta alla esposta corretta ricostruzione, e va pertanto cassata, con rinvio della causa al giudice a quo, al quale va anche demandato di provvedere al regolamento delle spese del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

accoglie il ricorso nei termini di cui motivazione; cassa la sentenza in relazione; rinvia alla Corte di appello di Roma in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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