In caso di notifica non andata a buon fine a causa della variazione dell’indirizzo dello studio del procuratore di parte appellata

Corte di Cassazione, sezione sesta (terza) civile, Ordinanza 15 settembre 2020, n. 19113.

La massima estrapolata:

In caso di notifica non andata a buon fine a causa della variazione dell’indirizzo dello studio del procuratore di parte appellata, si è al cospetto non già di una mera nullità della notifica ma di una vera e propria inesistenza, giacchè l’atto viene restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa», con conseguente impredicabilità di una rinnovazione iussu iudicis sanante con effetto ex tunc, ai sensi dell’art. 291 c.p.c.

Ordinanza 15 settembre 2020, n. 19113

Data udienza 9 luglio 2020

Tag/parola chiave: Processo civile – Notifica non andata a buon fine – Cambio dell’indirizzo del difensore di primo grado di giudizio – Errore imputabile al notificante – Fattispecie – Errore non imputabile al notificante – Fattispecie – Divieto del superamento della metà dei termini di cui all’art 325 cpc

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 940/2019 R.G. proposto da:
(OMISSIS) S.p.a., rappresentata e difesa dagli Avv.ti (OMISSIS), con domicilio eletto presso lo studio del primo in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto presso il suo studio in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza del Tribunale di Roma, n. 10397/2018, depositata il 22 maggio 2018;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 9 luglio 2020 dal Consigliere Emilio Iannello.

RILEVATO IN FATTO

1. Il Tribunale di Roma, respinta la preliminare eccezione di tardivita’ dell’appello, in accoglimento dello stesso e in riforma della decisione di primo grado, ha revocato il decreto ingiuntivo n. 6309 del 2013 emesso dal Giudice di pace di Roma nei confronti della (OMISSIS) S.r.l. per il pagamento, in favore della ingiungente (OMISSIS) S.p.a., della somma di Euro 5.000 in via di regresso a fronte del versamento da questa effettuato in favore di (OMISSIS) S.p.a., in adempimento di polizza sostitutiva della cauzione provvisoria, rilasciata su richiesta della (OMISSIS) S.r.l..
In ordine alla questione preliminare della tempestivita’ dell’appello ha in particolare osservato che, “sebbene l’atto di citazione in appello sia stato notificato in rinnovazione in data 26/10/2016 – quindi oltre il termine semestrale ex articolo 327 c.p.c., scaduto il 29/2/2016, posto che la sentenza di primo grado e’ stata depositata in data 21/8/2015 -, ciononostante parte appellante ha effettuato un primo tentativo di notifica non andato a buon fine in data 26/2/2016, quindi entro il termine semestrale di legge.
“Il primo tentativo di notifica non e’ andato a buon fine a causa della variazione dell’indirizzo dello studio del procuratore di parte appellata gia’ nelle more del giudizio di primo grado.
“Tuttavia, tale variazione, benche’ comunicata tempestivamente all’Ordine degli Avvocati, non e’ stata dichiarata nel giudizio di primo grado, tanto che la stessa sentenza impugnata indica il precedente indirizzo.
“Ne consegue che l’errore di individuazione dell’indirizzo dello studio del procuratore di parte appellata a cui notificare l’atto di citazione in appello e’ addebitabile all’odierna appellata che, pur avendo trasferito lo studio presso altro indirizzo prima del passaggio in decisione della causa in primo grado, non ha tempestivamente comunicato tale variazione alla controparte del giudizio di primo grado.
“A tale stregua, e’ corretta la rimessione in termini dell’appellante, la quale ha ritualmente notificato in rinnovazione l’atto di citazione in appello nel nuovo termine assegnatole, con conseguente tempestivita’ della notificazione e infondatezza dell’eccezione di inammissibilita’ dell’appello medesimo”.
2. Avverso tale decisione (OMISSIS) S.p.a. propone ricorso per cassazione affidato a sei motivi, cui resiste (OMISSIS) S.r.l., depositando controricorso.
3. Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che e’ stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, error in procedendo in relazione al rigetto della preliminare eccezione di inammissibilita’ del gravame, per tardivita’.
Rileva che a carico delle parti si configura un onere di diligenza nei riguardi della effettivita’ del domicilio del difensore al quale e’ indirizzato l’atto di impugnazione, onere al quale corrisponde necessariamente la assunzione da parte del notificante del rischio dell’esito negativo della notifica eventualmente richiesta in un domicilio diverso da quello effettivo e che, nella specie, non poteva dirsi altrimenti soddisfatto che con il previo riscontro del domicilio dei difensori presso l’albo professionale, il quale sarebbe stato sufficiente a garantire alla parte la corretta individuazione dello studio cui indirizzare la notifica.
Ne consegue, secondo la ricorrente, che, nella specie, poiche’ i difensori della parte appallata risiedevano, in ragione del loro ufficio, ed a norma del R.Decreto Legge 27 novembre 2013, n. 1578, articolo 10 e 17, comma 1, n. 7 in (OMISSIS), era questo il preciso luogo (e non piu’ (OMISSIS)) nel quale la (OMISSIS) avrebbe dovuto notificare l’appello entro il termine dell’articolo 327 c.p.c. -il quale tutela interessi indisponibili – pena la inammissibilita’ del gravame per effetto della definitiva consumazione del potere di impugnazione, determinando l’omessa notifica per la ragione detta una ipotesi di inesistenza della notificazione per causa imputabile al notificante.
Soggiunge che, peraltro, anche diversamente opinando sul punto, e ipotizzando dunque che l’errore del notificante potesse ritenersi scusabile, (OMISSIS) avrebbe dovuto, comunque, attivarsi tempestivamente per la rinnovazione della notifica, cosa che non ha invece fatto, avendo preferito attendere l’udienza di prima comparizione per richiedere a tal fine la rimessione in termini.
Cio’ ha fatto si’ che il tempo intercorso tra la conoscenza dell’esito negativo della prima notificazione e la ripresa del procedimento notificatorio superasse quello della meta’ dei termini di cui all’articolo 325 c.p.c., assunto dalla giurisprudenza come parametro di tempestivita’ a tali fini.
2. La censura e’ fondata, sotto entrambi i profili dedotti.
2.1. Converra’ premettere, benche’ sul punto non sussista contrasto tra le parti, che con la locuzione “notifica non andata a buon fine a causa della variazione dell’indirizzo dello studio del procuratore di parte appellata” la sentenza impugnata da’ atto del mancato perfezionamento della notifica medesima e, quindi, della sua radicale inesistenza.
E’ evidente infatti che si e’ al cospetto non gia’ di una mera nullita’ della notifica ma di una vera e propria inesistenza, ricorrendo uno dei pur ormai ristrettissimi casi in cui una tale ipotesi e’ configurabile secondo il dictum di Cass. Sez. U. n. 14916 del 20/07/2016, quello cioe’ in cui – per usare gli stessi termini del citato arresto – “l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, cosi’ da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioe’, in definitiva, omessa”, con conseguente impredicabilita’ di una rinnovazione iussu iudicis sanante con effetto ex tunc, ai sensi dell’articolo 291 cod. proc. civ..
2.2. Cio’ posto, e trattandosi dunque, in tale ipotesi, di valutare la tempestivita’ della successiva rinnovazione – nella specie avvenuta (come acclarato in sentenza) in data 26/10/2016 (ben oltre il termine semestrale di cui all’articolo 327 c.p.c., essendo stata la sentenza di primo grado depositata il 21/8/2015) -, occorre rammentare che la giurisprudenza distingue a seconda che l’errore sul domicilio del difensore domiciliatario (che ha determinato il mancato perfezionamento della prima notifica) sia o meno imputabile al notificante.
L’errore si considera imputabile ove sia richiesta all’ufficiale giudiziario la notifica dell’impugnazione nel domicilio di un procuratore esercente l’attivita’ nell’ambito della circoscrizione di assegnazione: in tal caso, ai fini dell’indicazione del luogo di consegna dell’atto, va indicato il “domicilio professionale” (cfr. R.Decreto Legge 27 novembre 1933, n. 1578, articolo 17) oppure la “sede dell’ufficio” (Regio Decreto 22 gennaio 1934, n. 37, articolo 68) del procuratore e il previo accertamento dell’uno o dell’altra e’ a carico del notificante e va soddisfatto con il previo riscontro presso l’albo professionale.
Si considera, invece, non imputabile nel diverso caso in cui la notificazione dell’atto di impugnazione sia indirizzata a procuratore che, esercitando il proprio ufficio in un giudizio che si svolge in circoscrizione diversa da quella del tribunale al quale e’ assegnato, abbia eletto domicilio nell’ambito della detta circoscrizione: in tal caso la notifica e’ correttamente indirizzata, da parte del notificante, in questo luogo, ai sensi del combinato disposto degli articoli 330 e 141 c.p.c., anche qualora il domiciliatario sia un avvocato iscritto al locale albo professionale, senza che sia necessario il previo riscontro presso questo albo a carico del notificante, essendo in tal caso infatti onere della parte che ha eletto domicilio indicare alla controparte eventuali mutamenti del domicilio eletto (v. ex aliis Cass. Sez. U. 18/02/2009, n. 3818; Cass. Sez. U. 24/07/2009, n. 17352; 13/02/2014, n. 3356; Cass. 18/11/2014, n. 24539; 19/10/2017, n. 24660; 11/06/2018, n. 15056; 24/10/2018, n. 26915, in motivazione § 6.2 e segg.; 28/03/2019, n. 8618). Si considera a fortiori non imputabile l’omessa notifica presso il domicilio effettivo conseguente: al mancato aggiornamento dell’albo professionale (Cass. 12/03/2008, n. 6547); alla morte del procuratore indicato in sentenza (Cass. 21/11/2006, n. 24702); all’erronea informazione del trasferimento del domicilio fornita da un terzo all’ufficiale giudiziario (Cass. 04/05/2006, n. 10216).
2.2.1. Nel primo caso – errore nella indicazione dell’indirizzo del procuratore domiciliatario imputabile al notificante – l’impugnazione potra’ ritenersi tempestivamente proposta solo se la rinnovata notifica intervenga entro il termine per impugnare, non potendosi farne retroagire gli effetti fino al momento della prima notifica (v. Cass. Sez. U. n. 3818 del 2009, cit.; Cass. n. 8618 del 2019, cit.; n. 26915 del 2018, cit.; n. 15056 del 2018, cit.; 21/06/2007, n. 14487; 01/07/2005, n. 14033).
2.2.2. Nel secondo caso invece – errore non imputabile al notificante – si ammette che la ripresa del procedimento notificatorio abbia effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, restando pertanto irrilevante che essa abbia luogo dopo lo spirare del termine per impugnare.
Quanto alle modalita’ e ai termini da osservarsi perche’ tale ripresa produca detto effetto la giurisprudenza ha, pero’, fissato dei criteri stringenti e tassativi.
Anzitutto la ripresa del processo notificatorio e’ rimessa alla parte istante e deve escludersi la possibilita’ di chiedere una preventiva autorizzazione del giudice, vuoi perche’ questa sub-procedura allungherebbe ulteriormente i tempi processuali, vuoi perche’ non sarebbe “neanche utile al fine di avere una previa valutazione certa circa la sussistenza delle condizioni per la ripresa del procedimento di notificazione, in quanto si tratterebbe solo di una valutazione preliminare effettuata non in sede decisoria e per di piu’ in assenza del contraddittorio con la controparte interessata” (precisazione questa operata, modificando precedente indirizzo, da Cass. Sez. U. 24/07/2009 n. 17352, richiamata da Cass. Sez. U. 15/07/2016, n. 14594; v. anche Cass. 11/09/2013, n. 20830; 25/09/2015, n. 19060).
L’attivita’ della parte interessata a completare la notificazione deve inoltre essere attivata con “immediatezza” appena appresa la notizia dell’esito negativo della notificazione – restando a carico della stessa l’onere di indicare e provare il momento in cui ha appreso dell’esito negativo della notifica (Cass. Sez. U. n. 14594 del 2016, cit.; Cass. n. 19060 del 2015; n. 15056 del 2018, cit.; n. 26915 del 2018, cit.) – e deve svolgersi con “tempestivita’”.
Allo scopo di dare maggiore concretezza a tale ultimo requisito, le Sezioni Unite, come noto, hanno ritenuto di poter fissare il relativo termine in misura pari alla meta’ del tempo indicato per ciascun tipo di atto di impugnazione dall’articolo 325 c.p.c. (e dunque, per l’appello, in quindici giorni), osservando che “se questi termini sono ritenuti congrui dal legislatore per svolgere un ben piu’ complesso e impegnativo insieme di attivita’ necessario per concepire, redigere e notificare un atto di impugnazione a decorrere dal momento in cui si e’ stato pubblicato il provvedimento da impugnare, puo’ ragionevolmente desumersi che lo spazio temporale relativo alla soluzione dei soli problemi derivanti da difficolta’ nella notifica, non possa andare oltre la meta’ degli stessi, salvo una rigorosa prova in senso contrario (ad esempio, relativa a difficolta’ del tutto particolari nel reperire l’indirizzo del nuovo studio)” (Cass. Sez. U. n. 14594 del 2016, motivazione § 30).
2.3. Alla luce di tali premesse, e’ agevole osservare che, nel caso di specie ricorre la prima delle ipotesi sopra esaminate (errore imputabile al notificante), atteso che il difensore domiciliatario dell’appellata, Avv. (OMISSIS), iscritto all’albo degli avvocati di Roma, era chiamato a esercitare il proprio ufficio in un giudizio svolgentesi all’interno della circoscrizione del tribunale al quale era assegnato. Come s’e’ detto, dunque, ai fini dell’indicazione del luogo di consegna dell’atto, andava indicato il “domicilio professionale” (cfr. R.Decreto Legge n. 27 novembre 1933, n. 1578, articolo 17) oppure la “sede dell’ufficio” (Regio Decreto 22 gennaio 1934, n. 37, articolo 68) del procuratore e il previo accertamento dell’uno o dell’altra era a carico del notificante e andava soddisfatto con il previo riscontro presso l’albo professionale, rimanendo dunque l’errore a carico del notificante stesso.
Non potendosi pertanto ipotizzare alcuna retroattivita’ degli effetti della rinnovazione (neppure se fosse stata “immediata”) l’appello avrebbe potuto essere considerato tempestivo solo se detta rinnovazione, in se’ e per se’ considerata, fosse avvenuta nel rispetto del termine per impugnare: cosa che nella specie, pacificametne, non e’ avvenuta.
2.4. Devesi peraltro dare atto della fondatezza anche della subordinata prospettazione censoria.
Quand’anche, infatti, potesse nella specie ravvisarsi la seconda ipotesi (errore non imputabile al notificante), nondimeno sarebbe pure da escludere che gli effetti della rinnovata notifica potessero farsi retroagire, come ritenuto dal giudice a quo, alla prima, essendo decorsi sei mesi dall’esito infruttuoso della prima notifica e, dunque, ben piu’ dei quindici giorni da osservarsi, per quanto detto, perche’ una tale rinnovazione potesse considerarsi, nell’ipotesi predetta e agli effetti indicati, “tempestiva”.
Ne’ puo’ indurre a diverso avviso la circostanza che a tal fine la parte abbia previamente chiesto e ottenuto la rimessione in termini e che a tali concessi termini essa si sia attenuta atteso che, come chiarito dal menzionato arresto delle Sezioni Unite, un tale provvedimento autorizzatario non era necessario, ne’ al contempo puo’ interferire sulla disciplina dei termini, avendo questa rilievo pubblicistico ed essendo per tal motivo sottratta alla discrezione del giudice e/o alla disponibilita’ delle parti.
3. In accoglimento del primo motivo, assorbiti gli altri, la sentenza deve essere cassata.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito, ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., comma 2, con la declaratoria di inammissibilita’ dell’appello.
Le spese, anche del giudizio di appello, seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri; cassa la sentenza; decidendo nel merito, dichiara inammissibile l’appello.
Condanna la controricorrente alla rifusione, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di appello e del presente giudizio di legittimita’, liquidate: a) le prime in Euro 1.618 per compensi; b) le seconde in Euro 1.500 per compensi oltre Euro 200 per esborsi; per entrambi i giudizi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, ed agli accessori di legge.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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