In caso di diffamazione avvenuta via web

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|12 gennaio 2021| n. 854.

In caso di diffamazione avvenuta via web, il giudice competente va individuato con criterio del luogo del domicilio dell’imputato.

Sentenza|12 gennaio 2021| n. 854

Data udienza 23 novembre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Diffamazione via internet – Lesione dell’onore di soggetti allocati su siti in Internet – Controversia – Competenza per territorio – Residenza dell’imputato – Rilevanza
ottobre 2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CATENA Rossella – Presidente

Dott. ROMANO Michel – rel. Consigliere

Dott. SESSA Renata – Consigliere

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere

Dott. BRANCACCIO Matilde – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 21/05/2019 della CORTE APPELLO di MILANO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. RENATA SESSA;
o il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. FILIPPI PAOLA, ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso come da requisitoria scritta.
Il difensore ha trasmesso memorie difensive ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 2 luglio 2019 la Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza emessa il 13 luglio 2017 dal Tribunale della medesima citta’, ritenuta la prevalenza delle gia’ riconosciute attenuanti generiche sulle aggravanti contestate, ha ridotto la pena inflitta a (OMISSIS), imputato del delitto di cui all’articolo 595 c.p., comma 3, ad Euro 400,00 di multa; e ha confermato nel resto il provvedimento di primo grado.
2. Avverso la predetta sentenza ricorre per cassazione, tramite il difensore, l’imputato (OMISSIS), per i seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce l’inosservanza e/o violazione di legge in relazione agli articoli 8, 9 e 16 c.p.p. nonche’ vizio di motivazione per quanto riguarda la competenza territoriale rispetto al presente procedimento.
Dalla lettura del capo di imputazione emergono tre condotte ascritte al (OMISSIS), aventi ad oggetto interviste e/o dichiarazioni da quest’ultimo rese e pubblicate tutte in data 23 dicembre 2013.
Nel dettaglio, si tratta: di un’intervista rilasciata a Telesveva, canale televisivo pugliese locale, di una conferenza stampa diffusa e pubblicata sul sito web (OMISSIS) ed, infine, di alcune dichiarazioni pubblicate sul medesimo sito.
Mentre e’ fuori discussione l’orario della trasmissione del Telegiornale di (OMISSIS), avvenuta alle ore 14:15 del (OMISSIS), si contesta, invece, che sia stata proprio questa la prima condotta riferibile all’imputato a livello temporale.
Si e’ infatti dimostrato, mediante la produzione di uno stampato dell’articolo in questione, allegato agli atti, che le dichiarazioni divulgate dalla testata giornalistica online (OMISSIS) sono state pubblicate via web prima della suddetta trasmissione, vale a dire alle ore 13:32 del medesimo (OMISSIS).
Senonche’, secondo la impugnata sentenza, pur dandosi atto che “a sostegno di tale affermazione la difesa ha prodotto una stampata in data (OMISSIS) della pagina web contenente il testo dell’articolo del (OMISSIS), attestante l’orario delle 13:32 del (OMISSIS)”, tuttavia “dalla documentazione gia’ prodotta dalla parte civile in primo grado e vagliata dal primo giudice risulta (…) che tale pubblicazione in internet sia avvenuta alle 15:12 e non alle 13:32.
Orbene, non risulta chiara la ragione per la quale debba attribuirsi maggiore attendibilita’ allo stampato della parte civile. Infatti, secondo la Corte territoriale, “dovendosi ritenere che non sia possibile che le fotografie siano state pubblicate a distanza di due ore dalla pubblicazione dell’articolo ma in orario ad essa coevo, si deve dedurre che la pubblicazione dell’articolo sia avvenuta effettivamente alle 15:12… E non all’orario indicato nella stampata successivamente effettuata il (OMISSIS)”.
E’ evidente che si tratta di una motivazione totalmente illogica, del tutto mancante nella parte in cui non chiarisce, se non in modo congetturale ed assiomatico, le ragioni per le quali debba individuarsi l’orario di pubblicazione in quello indicato dalla parte civile.
Tale evidenza finisce con lo spostare la competenza territoriale dal Tribunale di Milano a quello di Trani, dovendosi individuare, tra reati di pari gravita’, quello commesso per primo nella ipotizzata diffamazione commessa a mezzo internet (tramite articolo ed intervista al (OMISSIS) pubblicati sul sito web (OMISSIS) alle ore 13:32 del (OMISSIS)) e dovendosi individuare il giudice naturale in forza del criterio del luogo di domicilio dell’imputato, ovvero (OMISSIS), e non gia’ in forza del criterio previsto dalla disciplina derogatoria in materia di diffamazione a mezzo canale televisivo, che indica il luogo di residenza della persona offesa – nel caso di specie la sede della Lega Nazionale per la Difesa del Cane, destinatario della diffamazione, vale a dire Milano.
Risulta dunque pienamente applicabile al caso di specie la giurisprudenza di legittimita’ secondo la quale “la competenza per territorio per il reato di diffamazione commesso mediante la diffusione di notizie lesive dell’altrui reputazione allocate in un sito della rete internet, va determinata in forza del criterio del luogo di domicilio dell’imputato, in applicazione della regola suppletiva stabilita dall’articolo 9 c.p.p., comma 2” (Cass. pen., sez. I, sent. n. 16307 del 15 marzo 2011).
La competenza verrebbe,peraltro/radicata presso il Tribunale di Trani anche applicando al caso di specie il criterio di cui all’articolo 9, comma 1, cosi’ come previsto dalla Suprema Corte nei casi in cui essa ha reiteratamente chiarito che “nei reati di diffamazione tramite la rete internet, ove sia impossibile stabilire il luogo di consumazione del reato e sia stato invece individuato quello in cui il contenuto diffamatorio e’ stato caricato come dato informatico, per poi essere immesso in rete, la competenza territoriale va determinata, ai sensi dell’articolo 9 c.p.p., comma 1, in relazione al luogo predetto, in cui e’ avvenuta una parte dell’azione” (Cass. pen., sez. V, sent. n. 8482 del 23 gennaio 2017).
Quanto detto impone l’annullamento dell’impugnata sentenza con rinvio al giudice territorialmente competente a decidere.
Peraltro, anche se fosse andata in onda prima la trasmissione televisiva, trasmessa, come si e’ detto, su un canale locale, rispetto alla pubblicazione dell’articolo online, in ogni caso la competenza territoriale non dovrebbe in alcun modo mutare, stante l’orientamento prevalente di questa Corte; la quale ha reiteratamente circoscritto l’ambito applicativo della disciplina derogatoria di cui alla L. n. 223 del 1990 ai soli soggetti ivi indicati (si veda ad es. Cass. pen., sez. II, sent. n. 34717 del 23 aprile 2008, laddove si e’ affermato che “le norme speciali di cui alla L. 6 agosto 1990, n. 223, articolo 30, in tema di trattamento sanzionatorio e di competenza territoriale per il reato di diffamazione con attribuzione di fatto determinato commesso attraverso trasmissioni televisive – secondo le quali si applicano le sanzioni previste dalla L. 8 febbraio 1948, n. 47, articolo 13 – valgono esclusivamente, come discende dal combinato disposto del comma 1 e comma 4 della predetta disposizione, con riferimento ai soggetti in essa specificamente indicati, i quali si identificano nel concessionario privato, nella concessionaria pubblica ovvero nella persona da loro delegata al controllo della trasmissione”; v. anche, conforme, Cass. pen., sez. V, sent. n. 27823 del 19 aprile 2017 per la quale “le norme speciali previste in questa disposizione in tema di trattamento sanzionatorio e di competenza territoriale per il reato di diffamazione commesso attraverso trasmissioni televisive si riferiscono a soggetti specificamente indicati – il concessionario privato, la concessionaria pubblica ovvero la persona da loro delegata al controllo della trasmissione, ne’ possono trovare applicazione analogica”).
La sentenza merita dunque di essere annullata, rilevata la violazione degli articoli 8, 9 e 16 c.p.p., e gli atti devono essere trasmessi all’Autorita’ competente presso il Tribunale di Trani, da individuarsi quale territorialmente competente.
2.2. Con il secondo motivo si deducono l’inosservanza e/o l’erronea applicazione dell’articolo 595 c.p., con conseguente vizio motivazionale laddove si e’ affermata la penale responsabilita’ del (OMISSIS).
La Corte di Appello non ha minimamente messo in dubbio che il (OMISSIS) abbia a piu’ riprese circoscritto l’oggetto delle proprie esternazioni, valutate come diffamatorie, all’operato dei tre rappresentanti dell’associazione. Si e’ affermato infatti che “l’imputato nelle sue esternazioni ha specificamente fatto riferimento ai tre soggetti, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in relazione ai primi due dei quali e’ stata pronunciata sentenza di condanna in primo grado per estorsione in danno del (OMISSIS)”, cosi’ come che “egli ha in piu’ tratti delle sue affermazioni espresso rispetto per la funzione della Lega e soprattutto per la meritevolezza del comportamento dei suoi volontari”.
La Corte non ha tuttavia ritenuto che le frasi proferite fossero dirette a commentare l’operato dei tre citati soggetti, riferendosi piuttosto all’azione della Lega Nazionale del Cane nel suo complesso, laddove ha statuito che “si vede bene dunque che le espressioni offensive formulate dall’imputato travalicano l’accusa ai tre soggetti, ma offendono l’ente stesso di cui i tre sono rappresentanti”, citando a tal proposito determinata giurisprudenza di legittimita’ (Cass. pen., sez. V, sent. n. 4982 del 30 gennaio 1998 e Cass. pen., sez. V, sent. n. 1188 del 26 ottobre 2001 dalla quale ha mutuato il principio secondo cui le frasi diffamatorie rivolte a singoli soggetti possono estendersi anche all’associazione di appartenenza).
La fattispecie alla quale dette pronunce si riferiscono e’, tuttavia, ampiamente diversa dal caso concreto: infatti, si trattava di enti ed associazioni direttamente destinatarie delle affermazioni degli imputati, laddove nella presente vicenda le dichiarazioni del (OMISSIS) miravano a commentare e criticare l’azione di taluni soggetti che avevano posto in essere, a dire dell’imputato, condotte delittuose, il cui compimento era stato facilitato o comunque reso possibile dalla loro appartenenza alla Lega Nazionale del Cane; sarebbe dunque impossibile esonerare tale associazione dal discorso.
Va anche tenuto presente come la ricostruzione effettuata con la impugnata sentenza si e’ solo limitata a parcellizzare le frasi del (OMISSIS), senza tuttavia considerare come i suoi continui riferimenti alle apprezzabili azioni poste in essere dalla Lega in quanto tale e dalla gran parte dei suoi volontari, contrapposte all’operato del (OMISSIS), della (OMISSIS) e della (OMISSIS) (unici destinatari delle critiche rivolte dall’imputato), incidano in maniera diretta ed oggettiva sulla concreta insussistenza dell’elemento soggettivo del reato di diffamazione.
Si intende, dunque, rilevare che nel momento in cui il ricorrente ha reso le affermazione di cui all’imputazione, egli non intendesse certo offendere, neppure a titolo generico, la Lega del Cane, quanto piuttosto commentare e criticare l’azione dei tre suddetti soggetti.
Per tali ragioni, si insiste affinche’ la Corte apprezzi l’erronea applicazione dell’articolo 595 c.p. di cui e’ affetta l’impugnata sentenza e, dunque, il grave vizio motivazionale che la contraddistingue.
2.3. Con il terzo ed ultimo motivo di ricorso si deduce l’inosservanza e/o erronea applicazione della norma di cui all’articolo 131-bis c.p., e, in ogni caso, la totale mancanza di motivazione in ordine alla possibilita’ di riconoscere in favore dell’imputato la causa di non punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto.
Considerato, infatti, che la fattispecie di cui all’articolo 595 c.p. rientra tra quelle per le quali e’ applicabile la particolare causa di non punibilita’ per tenuita’ del fatto, in ragione dei limiti edittali previsti dalla norma di cui all’articolo 131 bis c.p. e della citata norma sanzionatoria, e’ necessario accertare se in concreto le circostanze di fatto che hanno connotato le affermazioni del (OMISSIS) nella vicenda de qua giustifichino tale richiesta.
Invero, l’articolo 131 bis c.p. gia’ di per se’ descrive i limiti entro i quali la causa di non punibilita’ puo’ non essere riconosciuta, rinviando ai parametri previsti dall’articolo 133 c.p., ovvero all’assenza di motivi abietti o futili, all’abitualita’ della condotta o alle particolari condizioni soggettive ed oggettive della persona offesa, ovvero ancora alle conseguenze cagionate alla stessa.
Tuttavia, a parere della Corte territoriale “la oggettiva gravita’ delle espressioni usate impedisce di qualificare il fatto come di particolare tenuita’; l’attribuzione a un ente dell’uso di metodi mafiosi e camorristici non e’ sicuramente un fatto particolarmente tenue”.
E’ evidente l’erronea interpretazione delle frasi proferite; la metodologia mafiosa/camorristica sarebbe infatti stata utilizzata solo da uno dei tre soggetti denunciati dal (OMISSIS), cosi’ come peraltro riconosciuto espressamente anche nella sentenza resa dal Tribunale di Trani, nel procedimento che vedeva il ricorrente quale parte civile, sentenza pure ammessa dalla Corte di Appello di Milano.
Nel caso di specie, dunque, nulla lascia desumere che il fatto-reato in esame possa essere connotato in termini di abitualita’ delittuosa.
In ragione dei suesposti principi di diritto, rilevata altresi’ la palese contraddittorieta’ intrinseca della motivazione, si insiste dunque affinche’ venga annullata la impugnata sentenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato.
Il primo motivo coglie nel segno rispetto alla preliminare questione della competenza territoriale, nella parte in cui evidenzia innanzitutto che non risulta esplicitato in maniera chiara ed esauriente il criterio valutativo che ha indotto la Corte territoriale a ritenere maggiormente affidabile la pagina stampata prodotta dalla parte civile rispetto a quella esibita – anch’essa tempestivamente e ancor prima della formulazione dell’eccezione – dalla difesa dell’imputato.
Ed invero, come fa notare il ricorrente, secondo la impugnata sentenza, pur dandosi atto che “a sostegno di tale affermazione la difesa ha prodotto una stampata in data (OMISSIS) della pagina web contenente il testo dell’articolo del (OMISSIS), attestante l’orario delle 13:32 del (OMISSIS)”, tuttavia “dalla documentazione gia’ prodotta dalla parte civile in primo grado e vagliata dal primo giudice risulta (…) che tale pubblicazione in internet sia avvenuta alle 15:12 e non alle 13:32.
La parte civile ha, infatti, prodotto una prima stampata in data 11 febbraio 2014 della pagina internet di pubblicazione dell’articolo, riportante l’orario delle 15:12 del (OMISSIS); inoltre, ha documentato anche l’orario di pubblicazione delle immagini correlate all’articolo, orario indicato in ore 15:46 e 15:51”.
Non risulta, pero’, chiara la ragione per la quale debba attribuirsi maggiore attendibilita’ allo stampato della parte civile. Infatti, la Corte territoriale si limita al riguardo ad affermare: “dovendosi ritenere che non sia possibile che le fotografie siano state pubblicate a distanza di due ore dalla pubblicazione dell’articolo ma in orario ad essa coevo, si deve dedurre che la pubblicazione dell’articolo sia avvenuta effettivamente alle 15:12… E non all’orario indicato nella stampata successivamente effettuata il (OMISSIS)”.
E’ evidente che si tratta di una motivazione del tutto mancante nella parte in cui non chiarisce, se non in modo congetturale, le ragioni per le quali debba individuarsi l’orario di pubblicazione in quello indicato dalla parte civile; si ritiene addirittura “impossibile” che le fotografie vengano pubblicate a distanza di due ore dalla pubblicazione dell’articolo, laddove, secondo la prospettazione difensiva, non saggiata, al contrario, non solo questo e’ palesato dalla stampa prodotta dalla difesa, ma e’ addirittura piu’ che logico, giacche’ le fotografie ed il video contenente l’intervista del (OMISSIS) necessitano, dato il loro maggiore “peso informatico”, di piu’ tempo per essere caricate online, a dispetto invece dello stampato dell’articolo, pubblicabile mediante un semplice click.
E’ evidente che al fine di individuare il giudice territorialmente competente – questione fondante l’eccezione tempestivamente sollevata e qui riproposta -)e’ preliminare sciogliere tale dubbio, perche’ ove dovesse prevalere, dal punto di vista della priorita’ temporale, la diffusione mediante internet la competenza territoriale si sposterebbe dal Tribunale di Milano a quello di Trani; dovendosi individuare, tra reati di pari gravita’, quello commesso per primo, laddove questo coincida con la ipotizzata diffamazione commessa a mezzo internet (tramite articolo ed intervista al (OMISSIS) pubblicati sul sito web (OMISSIS) alle ore 13:32 del (OMISSIS)), il giudice naturale non potra’ che essere il tribunale di (OMISSIS), in forza dei criteri suppletivi di cui all’articolo 9 c.p.p. applicabili alla diffamazione a mezzo internet (come piu’ volte affermato da questa Corte secondo la quale “la competenza per territorio per il reato di diffamazione commesso mediante la diffusione di notizie lesive dell’altrui reputazione allocate in un sito della rete internet, va determinata in forza del criterio del luogo di domicilio dell’imputato, in applicazione della regola suppletiva stabilita dall’articolo 9 c.p.p., comma 2”, cosi’ Cass. pen., sez. I, sent. n. 16307 del 15 marzo 2019, luogo di domicilio dell’imputato che, nel caso di specie, risulta essere in (OMISSIS); la competenza verrebbe peraltro radicata presso il Tribunale di Trani anche applicando al caso di specie il criterio di cui all’articolo 9, comma 1, cosi’ come previsto da questa Corte nei casi in cui essa ha reiteratamente chiarito che “nei reati di diffamazione tramite la rete internet, ove sia impossibile stabilire il luogo di consumazione del reato e sia stato invece individuato quello in cui il contenuto diffamatorio e’ stato caricato come dato informatico, per poi essere immesso in rete, la competenza territoriale va determinata, ai sensi dell’articolo 9 c.p.p., comma 1, in relazione al luogo predetto, in cui e’ avvenuta una parte dell’azione”, Cass. pen., sez. V, sent. n. 8482 del 23 gennaio 2017).
2. La sentenza merita dunque di essere annullata per il profilo dianzi descritto con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.
Il riconoscimento della fondatezza di questo motivo comporta l’assorbimento delle altre doglianze contenute nel ricorso.
3. Spese sostenute dalla parte civile al definitivo.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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