Impugnazione delle deliberazioni assembleari del condominio

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Sentenza 23 agosto 2019, n. 21632.

Massima estrapolata:

In tema di impugnazione delle deliberazioni assembleari del condominio, ove il primo grado sia trattato nelle forme del rito speciale del lavoro e, perciò, introdotto con ricorso anziché con citazione, l’impugnazione della sentenza che venga proposta – anch’essa – con ricorso deve considerarsi ammissibile se quest’ultimo sia tempestivamente depositato in cancelleria, a prescindere dalla sua successiva notificazione, e ciò in ragione del principio di ultrattività del rito che – quale specificazione del più generale principio per cui l’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile deve avvenire in base al principio dell’apparenza, cioè con riguardo esclusivo alla qualificazione, anche implicita, dell’azione e del provvedimento compiuta dal giudice – trova fondamento nel fatto che il mutamento del rito con cui il processo è stato erroneamente iniziato compete esclusivamente al giudice.

Sentenza 23 agosto 2019, n. 21632

Data udienza 9 aprile 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi – Presidente

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 12358-2015 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliate in ROMA, VIALE ANGELIC0,92, presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che le rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1081/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 10/03/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/04/2019 dal Consigliere ANTONINO SCALISI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale MISTRI CORRADO che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore delle ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS), con ricorso per impugnazione di deliberazione dell’assemblea ex articolo 1137 c.c. del 16.05.2009, ha adito il Tribunale di Pavia per sentire accogliere le seguenti domande: – in via preliminare e cautelare: disporre la sospensione dell’efficacia della Delib. assembleare impugnata, assunta il 9 aprile 2009; – nel merito: dichiarare nulla, annullabile e/o inefficace la suddetta Delib. 9 aprile 2009 per i motivi di cui al ricorso; con il favore di spese, diritti ed onorari di giudizio, oltre ad accessori anche fiscali di legge.
A fondamento del ricorso (OMISSIS) deduceva: illegittima individuazione del luogo dell’assemblea; erronea individuazione degli enti condominiali; illegittimo richiamo di permessi di costruire rilasciati dal Comune di Landriano; indeterminatezza e insufficienza dell’ordine del giorno della convocazione con riferimento a quanto deliberato.
Si costituivano formalmente in giudizio (OMISSIS), (OMISSIS), le quali eccepivano: l’inammissibilita’ del ricorso di (OMISSIS) per carenza di interesse ad agire; l’infondatezza in fatto ed in diritto di tutti i motivi di ricorso prospettati da controparte. Chiedevano il rigetto del ricorso.
Con ordinanza 08.06.2009, il Giudice di primo grado respingeva l’istanza di sospensione e fissava, per la discussione della causa di merito, l’udienza del 15.07.2009.
Il Tribunale di Pavia, con sentenza n. 237/2010, definitivamente pronunciando, dichiarava la nullita’ della Delib. assembleare impugnata e condannava (OMISSIS) e (OMISSIS) a rifondere al ricorrente le spese di lite.
Il Tribunale faceva proprio l’orientamento giurisprudenziale secondo cui “Quando il regolamento di condominio non stabilisce la sede in cui debbano essere tenute le riunioni assembleari, l’amministratore ha il potere di scegliere la sede che, in rapporto alle contingenti esigenze del momento, gli appare piu’ opportuna. Tale potere discrezionale, tuttavia, incontra un duplice limite: anzitutto il limite territoriale, costituito dalla necessita’ di scegliere una sede entro i confini della citta’ in cui sorge l’edificio in condominio; quindi, un secondo limite, costituito dalla necessita’ che il luogo di riunione sia idoneo, per ragioni fisiche e morali, a consentire la presenza di tutti i condomini per l’ordinato svolgimento della discussione” (in questi termini da ultimo Cass. Sez. Un. 14461/1999). Eppero’, nel caso di specie, il condominio e’ sito in (OMISSIS) (rectius “in (OMISSIS)) e senza giustificazione alcuna l’assemblea condominiale e’ stata fissata in (OMISSIS). Nessun rilievo puo’ avere la circostanza che nel medesimo luogo un anno prima si erano fatte delle riunioni alla presenza delle medesime parti e dei rispettivi legali, in quanto il precedente che puo’ rilevare e’ unicamente quello di consuetudini di assemblee condominiali.
Avverso tale sentenza interponevano appello (OMISSIS) e (OMISSIS) chiedendo, in riforma della stessa, che venissero accolte le conclusioni rassegnate in primo grado.
Si costituiva (OMISSIS) il quale rassegnava le seguenti conclusioni: a) in via preliminare ed assorbente, ai sensi del combinato disposto degli articoli 325 e 342 c.p.c., dichiarare la definitiva-insanabile inammissibilita’ del ricorso per appello e ossia dell’impugnativa proposta dalle sig.re (OMISSIS) e (OMISSIS) per intervenuta decadenza e per mancata specificita’ dei motivi; confermare integralmente la sentenza n. 237/2010 (rep. n. 578/10) pubblicata dal Tribunale di Pavia; comunque rigettare il ricorso per appello presentato dalle sigg.re (OMISSIS) e (OMISSIS), ovverosia, respingere ogni domanda e/o eccezione proposta nell’ambito del presente giudizio avverso il sig. (OMISSIS).
La Corte di Appello di Milano, con sentenza n. 1081/16.01.2015, depositata in data 10.03.2015, notificata in data 8.03.2015, dichiarava inammissibile l’appello. Condannava le appellanti, in solido tra loro, alla rifusione delle spese per il presente grado. Secondo la Corte di Appello di Milano, la sentenza impugnata e’ stata notificata a (OMISSIS) e (OMISSIS) il 22.04.2010; il ricorso proposto dalle stesse e’ stato notificato presso gli studi del difensore in (OMISSIS) in data 17.06.2010, oltre il termine perentorio previsto dall’articolo 325 c.p.c..
La cassazione di questa sentenza e’ stata chiesta da (OMISSIS) e (OMISSIS) con ricorso affidato ad un motivo. (OMISSIS) ha resistito con controricorso.
In prossimita’ dell’adunanza camerale del 14 gennaio 2019 le parti hanno depositato memorie. In prossimita’ dell’udienza pubblica (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno depositato ulteriore memoria.
Questa Corte, in camera di consiglio, considerato che sulla questione prospettata esistono orientamenti diversi nella stessa giurisprudenza di questa Corte, con ordinanza ha trasmesso la causa al Presidente della Sezione per la fissazione di udienza pubblica.

Ragioni della decisione

1.= Con l’unico motivo di ricorso, (OMISSIS) e (OMISSIS) lamentano la violazione e falsa applicazione dell’articolo 325 c.p.c. e articolo 1137 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 Secondo le ricorrenti, la Corte distrettuale, nel dichiarare inammissibile l’appello per essere stato il ricorso notificato oltre il termine perentorio di trenta giorni stabilito dall’articolo 325 c.p.c., non avrebbe tenuto conto che, per il principio di ultrattivita’ del rito, l’atto introduttivo del giudizio di appello segue la stessa identica forma dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, ovvero, nel caso in esame, quella del ricorso e, dunque, la tempestivita’ dell’appello va considerata facendo riferimento al deposito del ricorso.
1.1.= Il motivo e’ fondato.
Posto che, in applicazione della regola generale dettata dall’articolo 163 c.p.c., le impugnazioni delle delibere dell’assemblea, vanno proposte con citazione (Cass., S.U. 8491/2011), questa Suprema Corte ha avuto modo di statuire che “se l’impugnazione di una sentenza relativa alla validita’ delle Delib. assembleari sia stata effettuata con la forma del ricorso, il termine per la notificazione e’ rispettato col deposito in cancelleria del ricorso e non, invece, con la notificazione del ricorso stesso” (Cass. 18117/2013).
E’ ben vero che, nella giurisprudenza di questa Corte e’ stato affermato anche il contrario principio secondo cui l’appello avverso la sentenza che abbia pronunciato sull’impugnazione di una deliberazione dell’assemblea di condominio (nonostante il primo giudizio fosse stato introdotto con ricorso), ai sensi dell’articolo 1137 c.c., va proposto, in assenza di specifiche previsioni di legge, mediante citazione in conformita’ alla regola generale di cui all’articolo 342 c.p.c., sicche’ la tempestivita’ del gravame va verificata in base alla data di notifica dell’atto e non a quella di deposito dello stesso nella cancelleria del giudice “ad quem” (Cass., n. 8839/2017).
Il Collegio ritiene, tuttavia, di aderire al primo degli orientamenti qui richiamati, dovendo ritenersi che, ove la controversia sia stata erroneamente trattata in primo grado con il rito speciale del lavoro, anziche’ con quello ordinario, la proposizione dell’appello segue le forme della cognizione speciale.
Tale conclusione e’ imposta dal principio della “ultrattivita’ del rito”, che – quale specificazione del piu’ generale principio per cui l’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile deve avvenire in base al principio dell’apparenza, cioe’ con riguardo esclusivo alla qualificazione, anche implicita, dell’azione e del provvedimento compiuta dal giudice – trova specifico fondamento nel fatto che il mutamento del rito con cui il processo e’ stato erroneamente iniziato compete esclusivamente al giudice (cfr. Cass., n. 210/2019; n. 20705/2018; n. 15897/2014; n. 682/2005).
Pretendere che la parte che intenda appellare debba proporre l’impugnazione adottando un rito diverso da quello con cui si e’ svolto il giudizio di primo grado, non solo attribuirebbe ad essa un potere di mutamento del rito che le non compete, ma si porrebbe in contrasto col principio costituzionale del “giusto processo” e con la tutela dell’affidamento della parte nelle regole del processo, che ha ormai trovato riconoscimento nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass., n. 279/2017; n. 10273/2014).
Sicche’, nel caso di specie, facendo applicazione del principio di cui sopra, sussiste la tempestivita’ dell’appello; essa infatti deve essere computata con riferimento alla data del deposito del ricorso in appello e non a quella della sua notificazione, con conseguente ammissibilita’ dell’impugnazione.
Il ricorso va, quindi, accolto. La sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata ad altra sezione della stessa Corte di merito, per lo svolgimento del giudizio di appello e, anche, per la liquidazione delle spese di questo giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Corte di Appello di Milano anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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