Impugnazione contro la misura della custodia cautelare in carcere

Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 8 ottobre 2019, n. 41283.

Massima estrapolata:

Nel processo penale l’impugnazione contro la misura della custodia cautelare in carcere, proposta irritualmente, non può essere sanata con la trasmissione a mezzo Pec dalla cancelleria del tribunale che ha ricevuto l’atto, al tribunale competente.

Sentenza 8 ottobre 2019, n. 41283

Data udienza 11 settembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPOZZI Angelo – Presidente

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

Dott. GIORDANO Emilia An – rel. Consigliere

Dott. APRILE Ercole – Consigliere

Dott. VIGNA Maria Sabina – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ord nanza del 23/03/2019 del TRIB. LIBERTA’ di PALERMO;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIORDANO EMILIA ANNA;
sentite le conclusioni del PG PICARDI ANTONIETTA che conclude per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS) chiede l’annullamento dell’ordinanza indicata in epigrafe con la quale il Tribunale ha rigettato la richiesta di riesame avverso l’ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Agrigento il 21 febbraio 2019 applicativa della misura della custodia cautelare in carcere per i reati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, commi 1, 2, 3 e 4, aggravato ex articolo 416-bis c.p., comma 1; Decreto del Presidente della Repubblica cit. articolo 73, comma 1, contestati ai capi 20) e 29) nonche’ il reato di detenzione porto di pistola, contestato al capo 36), reati commessi in (OMISSIS) ed altre zone almeno fino al mese di (OMISSIS).
2. Il Tribunale ha ritenuto acquisito un solido quadro indiziario sulla esistenza di un’associazione a delinquere volta alla commissione di reati in materia di sostanze stupefacenti, associazione capeggiata da (OMISSIS) e dedita alla organizzazione di una florida attivita’ di acquisto di stupefacente, cocaina ma anche hashish e marijuana, e successivo smercio, previo confezionamento delle dosi in locali all’uopo adibiti. Ha ritenuto che il (OMISSIS) fosse partecipe del gruppo associativo, condotta di partecipazione neppure contestata dalla difesa, e che si concretava nel concreto e significativo apporto fornito sia occupandosi dell’attivita’ di spaccio al dettaglio che partecipando alle operazioni preliminari in vista dell’accuisto di droga, come attestato dalle conversazioni intercettate che lo vedono impegnata sia nelle operazioni preliminari, volte al reperimento e delle somme necessarie al pagamento delle forniture sia all’approvvigionamento della droga, operazione, questa, organizzata dal capo dell’associazione, (OMISSIS), presso un fornitore palermitano, individuato in (OMISSIS). E’ stata ritenuta sussistente sia l’aggravante dell’associazione armata che quella della finalita’ agevolativa della famiglia mafiosa di Agrigento, in ragione del riscontrato e frequente intervento, nella gestione degli affari del gruppo e ne la commissione dei reati fine, di (OMISSIS), capo della locale famiglia mafiosa ed al quale il ricorrente era direttamente collegato. Secondo l’ordinanza impugnata, infatti, il (OMISSIS), avvalendosi del metodo mafioso che prevedeva l’uso dell’intimidazione e della violenza per ottenere il rispetto delle zone di competenza nello spaccio e per conseguire il pagamento cella droga da acquirenti inadempienti, era riuscito a monopolizzare il traffico di sostanze stupefacenti nella citta’ di Agrigento e zone limitrofe stipulando patti di esclusiva con molti acquirenti che rivendevano lo stupefacente nelle ispettive zone di competenza e, dunque, aveva allestito una struttura operativa che, sulla scorta delle intercettazioni e dei controlli di polizia, era risultata impegnata in modo professionale nello smercio di droga potendo contare su stabili canali di rifornimento, grazie ai rapporti con esponenti contigui alla criminalita’ organizzata operanti a Palermo, Palma di Montechiaro ed in Calabria; su luoghi deputati alla conservazione della droga; sulla ripartizione di compiti fra gli associati; sulla esistenza di una cassa comune e di una comune contabilita’; su una stabile rete di vendita, organizzazione che si era mostrata in grado di reggere anche a seguito degli arresti di singoli componenti del gruppo ed E I sequestro, in piu’ occasioni, di partite non modiche di cocaina, ketamina, marijuana e sostanze da taglio.
3. Con motivi di ricorso, di seguito sintetizzati ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p., il difensore dell’indagato chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata della quale denuncia plurimi vizi di violazione di legge e vizi di motivazione.
In particolare:
3.1. violazione di legge e vizio di motivazione in punto di ritenuta sussistenza dell’aggravante del metodo mafioso, di cui all’articolo 416-bis c.p., comma 1, in relazione al reato associativo di cui al capo 2). Non e’ sufficiente, ai fini della sostenibilita’ dell’esistenza dell’aggravante, ne’ la presenza tra gli affiliati al sodalizio criminale di persona gia’ condannata per delitti di mafia ne’ la mera sovrapposizione della modalita’ operativa dell’associazione dedita al narcotraff:co con quella mafiosa occorrendo, invece, la prova della effettiva (e non meramente programmatica) ed attuale capacita’ citi intimidazione con il corollario della sussistenza di validi comportamenti omertosi. Erroneamente il Tribunale ha escluso che precise circostanze fattuali risultanti dalle indagini – il cospicuo ammontare dei debiti non pagati da vari associati fra i quali il (OMISSIS); l’inosservanza di precisi ordini del (OMISSIS), come quello di non coinvolgere nell’attivita’ di spaccio tale (OMISSIS); l’apprensione diretta del denaro da parte di taluni degli indagati; il mancato assoggettamento alla condizione di soggezione e omerta’ di singoli associati i quali spacciavano in autonomia; l’assenza di finalita’ di controllo di altri settori economici – non fossero in contrasto, smentendolo, con la configurabilita’ dell’aggravante in parola;
3.2. l’ordinanza impugnata e’ affetta da un insanabile vizio di motivazione, per contraddizione interna, nella parte in cui ha ritenuto che l’apprensione di una grossa quantita’ di denaro, addebitata all’odierno ricorrente, costituisca una evenienza naturale nella dinamica di un contesto associativo poiche’, invece, secondo la difesa, tale condotta deve ritenersi un atto di defezione, rivelatore di carenza dell’affectio societatis e dell’incapacita’ di imporre gli ordini e, quindi, denota la carenza di forza intimidatrice del vincolo imposto ai consociati. Ne’ l’ordinanza impugnata, che e’ sul punto carente, ha spiegato le ragioni per le quali ha ritenuto non rilevanti le ulteriori censure difensive sugli aspetti innanzi indicati;
3.3. vizio di motivazione per inidoneita’ del mero contenuto della conversazione intercettata, in mancanza del ritrovamento dell’arma, ad integrare i gravi indizi di colpevolezza del reato di cui al capo 36.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile perche’ tardivo.
2. Risulto dagli atti che l’ordinanza del Tribunale del riesame e’ stata depositata il 3 maggio 2019 e notificata all’indagato il 4 maggio 2019 ed al difensore il 14 maggio 2019. Il ricorso e’ stato depositato presso la cancelleria del Tribunale di Agrigento il 24 maggio 2019 ed e’ pervenuto, in copia cartacea, al Tribunale del riesame solo in data 4 giugno 2019, ovvero oltre il termine di giorni dieci stabilito dall’articolo 311 c.p.p..
3. La modalita’ di presentazione del ricorso e’ irrituale e determina l’inammissibilita’ dell’impugnazione. A differenza di quanto previsto per la presentazione della richiesta di riesame, ai sensi dell’articolo 311 c.p.p., comma 3, il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame in materia cautelare personale, deve essere depositato presso la cancelleria del giudice che ha emesso la decisione, nel caso di specie il Tribunale del riesame di Palermo, ove, come anticipato, l’impugnazione e’ pervenuta ben oltre il termine di dieci giorni, previsto dalla legge. Le specifiche modalita’ fissate dall’articolo 311 c.p.p., comma 3, per la presentazione del ricorso per cassazione, costituiscono evidente deroga alle norme che regolano in via generale la presentazione dell’impugnazione, secondo un risalente principio affermato dalla giurisprudenza di questa Corte dal quale non vi e’ ragione di discostarsi, ci talche’ il ricorso per cassazione avverso la decisione del Tribunale della liberta’ deve essere presentato nella cancelleria dello stesso Tribunale, con esclusione, anche per la parte pubblica, di qualsiasi soluzione alternativa (Sez. 6, n. 3539 del 06/12/1990, Messora, Rv. 187018).
4. Deve rilevarsi, per completezza dell’esame, che secondo la giurisprudenza di questa Corte l’impugnazione, pur irritualmente non proposta presso la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, e’ ammissibile purche’ pervenga nei termini di legge presso la cancelleria del giudice competente a riceverla (Sez. 6, n. 29477 del 23/03/2017, P.m. in proc. Di Giorgi e altri, Rv. 270559; Sez. 1, n. 6912 del 14/10/2011, dep. 2012, Rv. 252072), ma che nel caso in esame non possiede efficacia sanante la trasmissione, eseguita a mezzo PEC, dalla cancelleria del Tribunale di Agrigento al Tribunale di Palermo, trasmissione disposta il 24- giugno 2019. Tale modalita’ di trasmissione non e’ idonea ad integrare un valido atto di deposito dell’impugnazione dinanzi al giudice che ha emesso il provvedimento impugnato.
5. Questa Corte, in generale e con riferimento al deposito degli atti di parte diretti al giudice, ha gia’ enunciato il principio secondo cui nel processo penale non e’ consentito alla parte privata l’uso della posta elettronica certificata per la trasmissione dei propri atti alle altre parti ne’ per il deposito presso gli uffici, perche’ l’utilizzo di tale mezzo informatico – ai sensi del Decreto Legge 18 ottobre 2012, n. 179, articolo 16, comma 4, convertito con modificazioni dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221 – e’ riservato alla sola cancelleria per le comunicazioni richieste dal pubblico ministero ex articolo 151 c.p.p. e per le notificazioni ai difensori disposte dall’autorita’ giudiziaria (Sez. 4, n. 21056 del 23/01/2018, D’Angelo, Rv. 272741). Nella motivazione della sentenza ora richiamata si afferma altresi’, che il Decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, articolo 2, comma 6, (cd. “Codice digitale”) presuppone l’operativita’ del cd. processo telematico; di modo che, ove questo non sia instaurato, come accade nel processo penale, appare erroneo ipotizzare l’applicazione generalizzata di talune delle norme, e, in particolare quella di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 7, comma 10, che presuppongono la cornice di un processo organizzato in base agli strumenti digitali. Sicche’, avuto riguardo alla inesistenza nel procedimento penale di un fascicolo telematico, “che costituisce il necessario approdo dell’architettura digitale degli atti giudiziari, quale strumento di ricezione e raccolta in tempo reale degli atti del processo, accessibile e consultabile da tutte le parti”, coerentemente, l’uso del mezzo informatico in argomento per la trasmissione di atti endoprocessuali e’ consentito nei soli casi espressamente previsti dalla legge.
6.La giurisprudenza di legittimita’ ha analizzato e descritto la portata delle previsioni recate dal Decreto Legge n. 179 del 2012, articolo 16, comma 9, lettera c-bis), convertito con modificazioni dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221, a tenore del quale, a decorrere dal 15 dicembre 2014, nei procedimenti “dinanzi ai tribunali e alle corti di appello”, possono essere operate con la “PEC” le notificazioni a persona diversa dall’imputato a norma dell’articolo 148 c.p.p., comma 2-bis, articoli 149 e 150 c.p.p. e articolo 151 c.p.p., comma 2. La giurisprudenza appare orientata nel senso di riconoscere la legittimita’ della descritta forma di notifica, che deroga rispetto all’ordinario regime delle notifiche, a ben definite ipotesi, e, pertanto, si pone come alternativa privilegiata soltanto in casi determinati e nei confronti di specifiche categorie di destinatari (Sez. 3, n. 6883 del 26/10/2016 – dep. 2017, Manzi, Rv. 269197; Sez. 3, n. 48584 del 20/09/2016, Cacciatore, Rv. 268192; Sez. 5, n. 24332 del 05/03/2015, Pmt. Alamaru, Rv. 263900; Sez. 1, n. 18235 d& 28/01/2015, Livisianu, Rv. 263189; Sez. 3, n. 7058 del 11/02/2014, Vacante, Rv. 258443).
7. In materia di impugnazioni, oltre al principio enunciato nella sentenza D’Angelo, citata, relativa all’impugnazione proposta avverso decreto penale di condanna, pacifica e’ l’affermazione della inammissibilita’ della impugnazione proposta a mezzo PEC dalla parte, sul rilievo che le modalita’ di presentazione e di spedizione dell’impugnazione, queste ultime disciplinate dall’articolo 583 c.p.p., sono tassative ed inderogabili e nessuna norma prevede la trasmissione mediante l’uso della PEC.. Affermazioni in tal senso si rinvengono sia con riguardo al ricorso per cassazione proposto avverso il provvedimento di revoca di ammissione 31 gratuito patrocinio (Sez. 4, n. 18823 del 30/03/2016, Mandato, Rv. 266931), sia con riferimento all’impugnazione proposta dal pubblico ministero avverso decisione cautelare (Sez. 5, n. 24332 del 05/03/2015, cit.) e, piu’ in generale, per la proposizione di ricorso per cassazione (Sez. 6, n. 55444 del 05/12/2017, C, Rv. 271677, in tema di mandato di arresto Europeo), per la presentazione di motivi nuovi, nel giudizio in cassazione (Sez. 5, n. 12347 del 13/12/2017, dep 2018, Gallo, Rv. 272781) e in materia di restituzione nel termine 9er impugnare (Sez. 1, n. 320 del 05/11/2018, dep. 2019, Stojanovic Vera, Rv. 274759).
8.Si potrebbe osservare che, nel caso in esame, non vi e’ stato il deposito dell’atto a mezzo PEC a cura della parte; che neppure si e’ in presenza di una notifica eseguita a mezzo PEC e che il deposito dell’atto presso il giudice competente a riceverlo consegue immediatamente alla trasmissione degli atti operata dal Tribunale di Agrigento che vi ha provveduto a mezzo PEC e che tale forvia di trasmissione, in luogo dell’inoltro cartaceo con lettera raccomandata con avviso di ricevimento, trova copertura nella previsione recata dall’articolo 64 disp. att. c.p.p., comma 3. Tale disposizione, quando l’atto contiene disposizioni concernenti la liberta’ personale, censente il ricorso ai mezzi di cui agli articoli 149 e 150 c.p.p., ovvero a mezzi idonei tra i quali, giustappunto, la PEC.
Premesso che di tale modalita’ di comunicazione non sono stati rispettati, per come evincibile dall’atto pervenuto alla Corte, i requisiti formali di cui all’articolo 64 cit., comma 4, ritiene il Collegio che la previsione, ferma l’osservanza dei requisiti di cui al comma 3 e 4, e’ applicabile unicamente alla comunicazione degli atti del giudice e non anche alla trasmissione, a cura della cancelleria dell’ufficio giudiziario presso il quale l’impugnazione e’ stata depositata, di un atto di parte, quale l’impugnazione. In caso di trasmissione a mezzo PEC dell’atto di impugnazione, a cura della cancelleria del giudice ove l’impugnazione sia stata depositata ai sensi dell’articolo 582 c.p.p., comma 1, la cancelleria dell’ufficio giudiziario si sostituirebbe alla parte nell’esercizio di una facolta’ che non e’ riconosciuta alla stessa parte.
9. Ma, soprattutto, una lettura diversa che dilati la previsione dell’articolo 64 disp. att. c.p.p., ovvero la equiparazione tra spedizione dell’atto attraverso PEC alla spedizione a mezzo posta, a cura della cancelleria che ha ricevuto l’atto, comporta la indebita estensione dell’uso della PEC nel processo penale, in mancanza di disposizioni precise che ne regolamentino le modalita’, tecniche e processuali, quale strumento di ricezione e raccolta in tempo reale degli atti del processo, accessibile e consultabile dall’ufficio giudiziario, dal giudice e da tutte le parti, modalita’ che, come anticipato, sono oggetto di precise disposizioni nei settori (le comunicazioni e notificazioni) nei quali e’ prevista (anzi imposta) la spedizione dell’atto a mezzo PEC.
10. Tale estensione e’ vieppiu’ indebita in relazione alla disciplina, inderogabile e tassativa, delle impugnazioni sia con riguardo al rispetto delle modalita’ di presentazione dell’impugnazione in generale che del ricorso per cassazione avverso decisione cautelare, in particolare, impugnazione ove e’ inderogabilmente previsto il deposito del ricorso presso il tribunale del riesame in funzione della rapidita’ che caratterizza tale procedura e della verifica della tempestivita’ della proposizione dell’impugnazione. Tempestivita’ che la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto fatta salva dal materiale pervenimento dinanzi al giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, in tempo utile, dell’atto di impugnazione, essendo a carico dell’impugnante il rischio che l’impugnazione, presentata ad un ufficio diverso da quello indicato dalla legge, sia dichiarata inammissibile per tardivita’, poiche’ la data di presentazione rilevante e’ solo quella in cui l’atto perviene all’ufficio competente a riceverlo (Sez. 5, n. 42401 del 22/09l’2039, Ferrigno, Rv. 245391).
Le modalita’ di pervenimento, alle quali fa riferimento la giurisprudenza, non possono estendersi a qualsiasi forma di trasmissione ma sono necessariamente correlate alla trasmissione compiuta, secondo le regole vigenti, dalla cancelleria del giudice del luogo in cui la parte si trovi, articolo 582 c.p.p., comma 2. Queste regole non contemplano, ne’ quale mezzo di deposito per la parte ne’ come mezzo di trasmissione per la cancelleria, l’inoltro a mezzo PEC dal momento che non esiste una infrastruttura digitale per il deposito degli atti di parte ovvero delle impugnazioni e regole specifiche – di natura tecnica e processuale – in grado di assicurarne la ricezione e la conoscenza, nel rispetto dei termini processuali, da parte della cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, e, quindi del giudice dell’impugnazione, e la previsione di modalita’ che garantiscano la conservazione dell’atto e la fruizione da parte dell’autorita’ giudiziaria ricevente” in vista dei connessi adempimenti di registrazione dell’impugnazione, copia e fascicolazione degli atti e attestazioni di cancelleria, disciplinati dagli articoli 164 e ss. disp. att. c.p.p., e delle altre parti processuali. In particolare, l’inoltro a mezzo PEC non e’ in grado di garantire tempi e modalita’ certe di ricezione e conoscenza dell’atto di impugnazione da parte del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato che sono affidati a fattori casuali e indeterminati, primo fra tutti la stampa del file a cura della cancelleria ricevente, fattori che si pongono in contrasto con il principio ci tassativita’ ed inderogabilita’ delle forme per la presentazione delle impugnazioni.
Deve pertanto affermarsi il principio che e’ inammissibile il ricorso per cassazione proposto dinanzi ad autorita’ giudiziaria diversa da quella competente a riceverlo e trasmesso a mezzo PEC all’ufficio competente da parte della cancelleria del giudice ove era stato depositato ai sensi dell’articolo 582 c.p.p., comma 1.
11. Non contrastano con questa conclusione i principi affermati da questa Corte in materie diverse, quale il giudizio di convalida delle misure disposte per condotte di turbativa in occasione dello svolgimento di manifestazioni sportive (Sez. 3, n. 11475 del 17/12/2018, Giacalone Paolo, Rv. 275185) ovvero isolate pronunce, in tema di deposito di istanza di rinvio del dibattimento per legittimo impedimento (Sez. 2, n. 47427 del 07/11/2014, Pigionanti, Rv. 260963). La lettura delle decisioni rivela infatti che si tratta di affermazioni giustificate o dalla peculiarita’ della materia, relativa a procedure nelle quali non sono previste specifiche modalita’ di deposito degli atti in cancelleria, ovvero che si tratta di istanze, ancorche’ irrituali, comunque pervenute tempestivamente alla conoscenza del giudice che deve, pertanto, valutarle rimanendo a carico della parte l’onere di assicurarsi della effettiva conoscenza dell’istanza da parte dell’autorita’ giudiziaria competente. Si tratta, dunque, di materie nelle quali non e’ prevista inderogabilita’ e tassativita’ di forme di deposito, trasmissione e spedizione dell’atto, come avviene per l’impugnazione.
12. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si stima equo determinare come in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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