Imprenditore volontariamente cancellatosi dal registro delle imprese e concordato preventivo

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Sentenza 20 febbraio 2020, n. 4329.

La massima estrapolata:

Il combinato disposto degli artt. 2495 c.c. e 10 l.fall. impedisce all’imprenditore individuale volontariamente cancellatosi dal registro delle imprese, di cui, entro l’anno dalla cancellazione, sia domandato il fallimento, di richiedere l’ammissione al concordato preventivo, trattandosi di procedura che, diversamente dal fallimento, caratterizzato da finalità solo liquidatorie, tende piuttosto alla risoluzione della crisi di impresa, sicché l’intervenuta e consapevole scelta di cessare l’attività imprenditoriale, necessario presupposto della cancellazione, preclude “ipso facto” l’utilizzo della procedura concordataria per insussistenza del bene al cui risanamento essa dovrebbe mirare.

Sentenza 20 febbraio 2020, n. 4329

Data udienza 11 settembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere

Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 25832/2015 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
e contro
Fallimento di (OMISSIS), – ditta individuale (OMISSIS) -, in persona del curatore Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale condizionato;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS) s.c.a.r.l., (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) s.p.a., Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Appello Brescia, Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore presso il Tribunale di Cremona, Societa’ Italo – Britannica (OMISSIS) per Azioni;
– intimati –
avverso la sentenza n. 998/2015 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, pubblicata il 24/09/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/09/2019 dal cons. DE MARZO GIUSEPPE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE RENZIS LUISA, che si riporta alle conclusioni scritte gia’ depositate e comunicate alle parti: rigetto del ricorso principale; assorbimento di quello incidentale;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso principale; rigetto dell’incidentale;
udito, per il controricorrente e ricorrente incidentale Fallimento, l’Avvocato (OMISSIS), con delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso principale; accoglimento dell’incidentale.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza depositata il 24 settembre 2015 la Corte d’appello di Brescia ha rigettato il reclamo proposto da (OMISSIS) avverso il decreto con il quale era stata dichiarata l’inammissibilita’ della proposta di concordato preventivo, in quanto formulata da soggetto non legittimato, ossia da imprenditore individuale che aveva cessato l’attivita’ d’impresa, e la conseguente sentenza con la quale il Tribunale di Cremona ne aveva dichiarato il fallimento.
2. Per quanto ancora rileva, la Corte territoriale ha osservato: a) che la cancellazione del (OMISSIS), imprenditore individuale, dal registro delle imprese in data 13 marzo 2014 rappresentava ragione sufficiente per presumere l’estinzione dell’attivita’ imprenditoriale, salva la prova contraria della sua concreta prosecuzione; b) che il reclamante non aveva fornito elementi per superare detta presunzione e, anzi, aveva dedotto – cio’ che, del resto, era confermato dalle visure camerali – di essersi spogliato del patrimonio aziendale, avendolo ceduto alla (OMISSIS) s.a.s. (OMISSIS) di nuova costituzione; c) che non era assimilabile la fattispecie della cessazione dell’attivita’ da parte dell’imprenditore individuale a quella della morte dell’imprenditore; d) che neppure poteva essere condivisa la tesi della prosecuzione dell’attivita’ da parte del (OMISSIS) attraverso la societa’, dal momento che, a seguire la prospettazione del reclamante, si sarebbero dovuti registrare due soggetti distinti (la persona fisica e la societa’) contemporaneamente svolgenti la stessa attivita’ imprenditoriale.
3. Avverso tale sentenza il (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo, cui hanno resistito con controricorso il curatore del fallimento, che ha proposto, altresi’, ricorso incidentale condizionato, e (OMISSIS) s.p.a. Non hanno svolto attivita’ difensiva la (OMISSIS) s.r.l., la (OMISSIS) soc. coop. a r.l., la Societa’ Italo – Britannica (OMISSIS) p.a., la (OMISSIS) s.p.a. e la (OMISSIS) s.p.a.
In vista della pubblica udienza, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo del ricorso principale, si lamenta violazione e falsa applicazione della L. Fall., articoli 10, 160 e 161.
Rileva il ricorrente: a) che la L. Fall., articoli 10 e 11 non hanno natura eccezionale, ma speciale, giacche’ hanno la funzione di ampliare, al di la’ del periodo temporale di esercizio dell’impresa, la possibilita’ di dichiarare il fallimento dell’imprenditore, in modo da conservare ai creditori la possibilita’ della tutela concorsuale della quale disponevano al momento dell’assunzione dell’obbligazione; b) che, pertanto, tali previsioni sono suscettibili di applicazione analogica o, almeno, di interpretazione estensiva; c) che la prevalenza della procedura concordataria su quella fallimentare, alla luce dell’interesse dei creditori ad essere soddisfatti in misura apprezzabile e in un lasso di tempo ragionevolmente breve, rende irragionevole la contraria soluzione adottata dalla Corte territoriale; d) che, in difetto di limiti normativi, deve piuttosto essere prospettata un’interpretazione costituzionalmente orientata della L. Fall., articoli 10 e 161, nel senso che la presentazione della domanda di concordato sarebbe idonea a sospendere il termine annuale per la dichiarazione di fallimento; e) che siffatta conclusione sarebbe confermata dal mancato richiamo, da parte della L. Fall., articolo 162, comma 2, del precedente articolo 10; f) che, del resto, una attenta lettura della disciplina della procedura concordataria non consentirebbe di cogliere alcun ostacolo normativo alla soluzione prospettata; g) che, infine, non sarebbe dato cogliere quale interesse il legislatore avrebbe inteso tutelare escludendo dalla procedura concordataria l’imprenditore cessato, giacche’ quest’ultimo e’ comunque tenuto a rispondere dei debiti contratti e i creditori conservano l’interesse a concordare con l’ex- imprenditore le modalita’ del rientro.
Le doglianze sono infondate.
Questa Corte ha gia’ ritenuto che il combinato disposto dell’articolo 2495 c.c. e L. Fall., articolo 10 impediscano al liquidatore della societa’ cancellata dal registro delle imprese, di cui, entro l’anno dalla cancellazione, sia domandato il fallimento, di richiedere il concordato preventivo. Quest’ultima procedura, infatti, diversamente dalla prima, che ha finalita’ solo liquidatorie, tende alla risoluzione della crisi di impresa, sicche’ l’intervenuta e consapevole scelta di cessare l’attivita’ imprenditoriale, necessario presupposto della cancellazione, ne preclude ipso facto l’utilizzo, per insussistenza del bene al cui risanamento essa dovrebbe mirare (Cass. 20 dicembre 2015, n. 21286).
In definitiva, il dato cruciale e’ rappresentato dalla persistente esistenza o non di una realta’ imprenditoriale rispetto alla quale possa porsi l’esigenza di assicurare, attraverso la procedura concordataria, la risoluzione della crisi con le modalita’ previste dal legislatore.
Con tali conclusioni non collide affatto Cass. 21 dicembre 2018, n. 33349, la quale ha ritenuto che le iniziative complessivamente assunte dall’imprenditore individuale (nella specie, presentazione di una proposta concordataria), pur cancellato dal registro delle imprese, rendano evidente il compimento di operazioni economiche di tipo liquidatorio, dirette alla regolazione concordataria di una attivita’ di impresa, per cio’ stesso di fatto proseguita.
La soluzione si coordina con l’orientamento espresso da Cass. 21286/2015 cit., dal momento che, per le societa’ di capitali (quale era quella che veniva in rilievo nella decisione appena citata), l’articolo 2495 c.c. fa discendere dalla cancellazione della societa’ la sua estinzione.
Cio’ posto, la ricostruzione di 33349/2018 muove dalla premessa che, in generale la presentazione della proposta di concordato – al netto di ipotesi di abuso, non processualmente emergenti nel caso di specie possa rappresentare un atto di prosecuzione dell’attivita’ di impresa. Tuttavia, si tratta di una conclusione basata sulla valutazione operata, nel caso deciso, dai giudici di merito, quanto al superamento della presunzione di cessazione dell’attivita’ collegata alla cancellazione.
Al contrario, nella vicenda che si esamina, la sentenza impugnata muove da un diverso accertamento in fatto e cioe’ che la proposta di concordato non esprimeva alcun atto di impresa, dal momento che il (OMISSIS) si era spogliato del patrimonio aziendale, in tal modo cessando l’attivita’ imprenditoriale individuale.
La Corte territoriale ha anche condivisibilmente aggiunto che, a fronte di un’unica attivita’ imprenditoriale, non puo’ ritenersi che essa sia riconducibile a due distinti soggetti giuridici.
In definitiva, deve ribadirsi che l’imprenditore il quale volontariamente cessi l’attivita’ di impresa tiene un comportamento a lui imputabile che preclude l’utilizzo di strumenti finalizzati alla composizione della crisi dell’attivita’ imprenditoriale.
Siffatta soluzione e’, peraltro, stata recepita per il futuro dal codice della crisi di impresa.
A norma del Decreto Legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, articolo 33, u.c. che reca la disciplina della cessazione dell’attivita’ in relazione a tutte le procedure, e’ inammissibile la domanda di concordato preventivo o di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti presentata dall’imprenditore cancellato dal registro delle imprese.
2. Al rigetto del ricorso principale segue l’assorbimento di quello incidentale condizionato con il quale si lamenta violazione della L. Fall., articoli 18, 162 e 163, rilevando che il decreto di inammissibilita’ della domanda di concordato preventivo e’ reclamabile, ai sensi della L. Fall., articolo 162, comma 3 e articolo 18 solo quando quest’ultima sia inscindibilmente connessa alla contestuale o successiva dichiarazione di fallimento. Nel caso di specie, al contrario, siffatta connessione, argomentativa ed effettuale, non sarebbe sussistente.
3. Il rigetto del ricorso principale comporta, altresi’, la condanna del (OMISSIS) al pagamento, in favore di ciascuno dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate come da dispositivo, alla luce del valore e della natura della causa nonche’ delle questioni trattate.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale; condanna il ricorrente principale al pagamento, in favore di ciascuno dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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