Imposte, è onere del contribuente provare la deducibilità di perdite

Corte di Cassazione, sezione tributaria, Sentenza 21 novembre 2018, n. 30036.

La massima estrapolata:

In tema di imposte, è onere del contribuente provare l’assunta deducibilità di perdite su crediti ritenute che l’Erario ritiene non deducibili, analizzandone la natura deli componenti con elementi certi e precisi ovvero mediante la prova dell’assoggettamento a procedura concorsuale.

Sentenza 21 novembre 2018, n. 30036

Data udienza 4 luglio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – rel. Consigliere

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
Sul ricorso iscritto al numero 30740 del ruolo generale dell’anno 2011, proposto da:
(OMISSIS) s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore (OMISSIS), rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al ricorso, dall’avv.to Prof. (OMISSIS), elettivamente domiciliata presso il suo studio, in (OMISSIS);
– ricorrente e controricorrente incidentale –
contro
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
e contro
Agenzia delle entrate – Direzione Provinciale Roma (OMISSIS) – in persona del Direttore pro tempore;
– intimata –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 208/06/2010, depositata in data 22 novembre 2010, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4 luglio 2018 dal Relatore Cons. Maria Giulia Putaturo Donati Viscido di Nocera.
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. De Augustinis Umberto, che ha concluso per l’inammissibilita’ e in subordine per il rigetto del ricorso principale e per il rigetto di quello incidentale;
uditi per la societa’ ricorrente l’avv.to (OMISSIS) e per l’Agenzia delle entrate l’avv.to dello Stato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 208/06/2010, depositata in data 22 novembre 2010, non notificata, la Commissione tributaria regionale del Lazio, accoglieva parzialmente l’appello proposto da (OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, avverso la sentenza n. 256/06/2008 della Commissione tributaria provinciale di Roma che aveva rigettato il ricorso della societa’ contribuente avverso l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio aveva contestato nei confronti di quest’ultima maggiore materia imponibile ai fini Irpes, Irap, Iva e ritenute alla fonte, per l’anno di imposta 2004, in conseguenza al disconoscimento degli sconti superiori al 12% sulle vendite di auto nuove, all’applicazione di una percentuale di ricarico pari al 21,96% relativamente alle cessioni di auto usate, al recupero a tassazione, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 37 bis, degli sconti su crediti derivanti da operazioni di factoring nonche’ all’applicazione delle ritenute d’acconto sugli interessi passivi dei finanziamenti effettuati dai soci alla societa’ contribuente.
2. La CTR, in punto di diritto, per quanto di interesse, ha osservato che: 1) l’avviso di accertamento aveva chiaramente enunciato i principi posti a base delle varie contestazioni e si componeva di una parte motivazionale e di una parte relativa ai conteggi; 2) sia dal p.v.c. che dall’atto impositivo risultava una precisa ricostruzione dei fatti contestati per cui, anche se da quest’ultimo non si evinceva alcun riferimento al Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 39, comma 2, era rimessa al giudice l’individuazione delle norme applicabili alla fattispecie sulla base dei fatti sottoposti al suo giudizio; 3) quanto al motivo di appello concernente l’assunta nullita’ dell’avviso di accertamento del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, ex articolo 37 bis, comma 5, per omessa valutazione, con riguardo ai rilievi nn. 3 e 4 – inerenti il recupero a tassazione degli sconti sui crediti derivanti da operazioni di factoring e l’applicazione delle ritenute d’acconto sugli interessi relativi a finanziamenti fruttiferi dei soci – delle osservazioni formalmente addotte dalla societa’, la sentenza impugnata aveva, anche se implicitamente e sinteticamente, affrontato tutti i punti essenziali della controversia, e in ogni caso, nel “tenuto conto” della motivazione dell’avviso di accertamento erano state riportate le osservazioni del contribuente e nel “considerato” le ragioni del loro mancato accoglimento; 4) quanto al motivo di appello concernente l’assunta inesistenza, trattandosi di accertamento analitico-induttivo, dei requisiti di gravita’, precisione e concordanza delle presunzioni addotte dall’Ufficio, con riguardo ai presunti maggiori ricavi per cessioni di auto nuove ed usate, a) gli sconti recuperati sulla vendita delle auto nuove erano stati riscontrati su 191 casi per il 2003, e 200 casi per il 2004 ed erano risultati notevolmente superiori alla prassi commerciale del settore, in aggiunta all’applicazione di altre agevolazioni; b) le perdite dichiarate per la cessione delle auto usate erano notevoli, avuto riguardo ai tempi ravvicinati tra acquisto e rivendita, ai criteri prudenziali per valutare l’usato in acquisto e alla divergenza tra quanto dichiarato e 17 contratti in corso; 5) era da accogliere il motivo di appello concernente la ripresa a tassazione degli sconti sui crediti derivanti da operazioni di factoring, dato che il vantaggio della liquidita’ poteva essere compensato con il costo dell’operazione; 6) la materiale erogazione degli interessi sui finanziamenti dei soci non era presupposto necessario per la ritenuta d’acconto; 7)era inammissibile il motivo di appello concernente erroneita’ della pronuncia della CTR in ordine alla riscontrata mancata produzione in giudizio da parte della societa’ contribuente di documentazione fiscale;
3. Avverso la sentenza della CTR, la (OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, propone ricorso per cassazione affidato a sei motivi, cui resiste, con controricorso, l’Agenzia delle entrate, articolando ricorso incidentale, affidato a due motivi. Resiste al ricorso incidentale, la societa’ contribuente con controricorso.
4. (OMISSIS) s.r.l. ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c. insistendo nelle conclusioni del ricorso principale e del controricorso al ricorso incidentale.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso principale, la societa’ contribuente denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articoli 42, comma 2, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 56, della L. 241 del 1990, articolo 3, della L. n. 212 del 2000, articolo 7, per avere la CTR erroneamente ritenuto valida la motivazione per relationem dell’avviso di accertamento, ancorche’ quest’ultimo non evidenziasse ne’ il tipo ne’ la natura della verifica fiscale espletata dall’Ufficio.
1.1. Il motivo e’ infondato.
In base ad indirizzo giurisprudenziale consolidato, l’onere dell’Ufficio di mettere in grado il contribuente, attraverso la motivazione dell’atto impositivo, di conoscere le ragioni della pretesa tributaria, puo’ essere assolto per relationem mediante il riferimento a elementi offerti da altri documenti conosciuti o conoscibili dal destinatario, come il processo verbale di constatazione della Guardia di finanza che sia stato notificato o consegnato al contribuente; ne’ un tale rinvio puo’ considerarsi illegittimo, per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’Ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi gia’ noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio (v. e plurimis Cass. n. 28061 del 2017; Cass. 13/10/2011, n. 21119; Cass. 10/02/2010, n. 2907).
Inoltre, in tema di motivazione per relationem degli atti d’imposizione tributaria, la L. n. 212 del 2000, articolo 7, comma 1, nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’Amministrazione finanziaria ogni documento richiamato nella motivazione di esso, non trova applicazione per gli atti di cui il contribuente abbia gia’ avuto integrale e legale conoscenza per effetto di precedente comunicazione. Parimenti del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 42, comma 2, u.p., stabilisce che solo se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto ne’ ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale (Cass. n. 28713 del 2017; n. 18073 del 2008; n. 407 del 2015).
Nella specie, CTR si e’ attenuta ai suddetti principi, in quanto, ha precisato che, ancorche’ l’avviso di accertamento impugnato richiamasse il previo p.v.c., il medesimo chiaramente enunciava “i principi posti alla base delle varie contestazioni” e si componeva di una “parte motivazionale di sei pagine” nonche’ di una “parte relativa ai conteggi di tredici pagine”.
2. Con il secondo motivo del ricorso principale, la societa’ contribuente denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 39, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 54 e dell’articolo 112 c.p.c., per avere la CTR, pur ammettendo la mancata indicazione nell’atto impositivo di alcun riferimento normativo al criterio utilizzato dall’Ufficio ai fini dell’accertamento, erroneamente rigettato il motivo di appello concernente la assunta erronea ricostruzione dei fatti di causa e qualificazione dell’accertamento come induttivo da parte del giudice di primo grado, legittimando in tal modo una indebita “riqualificazione” da parte di quest’ultimo dell’accertamento mediante un titolo diverso da quello adottato dall’Ufficio;
2.1. In disparte l’avere evocato congiuntamente la violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, senza che nella parte argomentativa fossero state sviluppate le ragioni a sostegno dell’una e dell’altra censura, il secondo articolato mezzo di impugnazione e’ infondato.
Infatti, il motivo muove dall’erroneo presupposto che al giudice tributario sia preclusa la facolta’ di autonoma qualificazione dei fatti di causa – nella specie, di ritenere essersi trattato di un accertamento induttivo – mentre, invece, “il principio secondo cui le ragioni poste a base dell’atto impositivo segnano i confini del processo tributario, il cui carattere impugnatorio comporta che l’ufficio finanziario non puo’ porre a base della propria pretesa ragioni diverse da quelle fatte valere con l’atto impugnato, non esclude il potere del giudice di qualificare autonomamente la fattispecie a prescindere dalle allegazioni delle parti in causa, ne’ l’esercizio di poteri istruttori d’ufficio, nei casi previsti dalla legge, non potendo ritenersi che i poteri del giudice tributario siano piu’ limitati di quelli esercitabili in qualunque processo d’impugnazione di atti autoritativi, quale quello amministrativo di legittimita’” (Cass. n. 20027 del 2017; 7393 del 2012; conf. Cass. n. 20398 e n. 22932 del 2005 nonche’ n. 21221 del 2006).
Nella specie, giudice di appello ha fatto buon governo dei suddetti principi avendo – dopo avere precisato che, sia nel p.v.c. che nell’avviso di accertamento, risultava una precisa ricostruzione dei fatti oggetto di contestazione – ricondotto la autonoma qualificazione della fattispecie al potere del giudice di merito.
Da qui anche la irrilevanza, a tal fine, della riscontrata mancata indicazione nell’avviso di accertamento della indicazione del riferimento normativo al Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 39, comma 2.
3. Con il terzo motivo del ricorso principale, la societa’ contribuente denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, la violazione dell’articolo 112 c.p.c., per avere la CTR omesso di dichiarare la nullita’ della sentenza di primo grado ex articolo 112 c.p.c. per omessa pronuncia sul motivo di ricorso concernente la dedotta illegittimita’ del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, ex articolo 37 bis, dell’avviso di accertamento, quanto alla ripresa degli sconti sui crediti derivanti da operazioni di factoring e al recupero della ritenuta di acconto sugli interessi sui finanziamenti dei soci, nonche’ al motivo di ricorso sull’inapplicabilita’ delle sanzioni.
3.1. Al riguardo, la ricorrente deduce che la CTR, pur riconoscendo, nel richiamare l’effetto devolutivo dell’appello, l’omessa pronuncia da parte del giudice di primo grado sulle suddette censure, avrebbe erroneamente omesso di dichiarare la nullita’ della sentenza di primo grado.
3.2. In disparte il profilo di inammissibilita’ per avere la ricorrente richiamato congiuntamente, dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, i nn. 3, 4 e 5, la censura non coglie la ratio decidendi avendo la CTR, lungi dal riconoscere l’omessa pronuncia da parte del giudice di primo grado, affermato che quest’ultimo sia “pure implicitamente e sinteticamente” aveva affrontato tutti i punti essenziali della controversia.
3.3. Nel merito la censura e’ comunque infondata.
Va rammentato, al riguardo, che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimita’, non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancanza di espressa statuizione sul punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo (v. in particolare, Cass. n. 5351 del 2007, che ha ravvisato il rigetto implicito dell’eccezione di inammissibilita’ dell’appello nella sentenza che aveva valutato nel merito i motivi posti a fondamento del gravame), ed inoltre che ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di una espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto, e dovendo pertanto escludersi il suddetto vizio quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilita’ pur in assenza di una specifica argomentazione (Cass. n. 10636 del 2007), dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (Cass. n. 1237 del 2018; n. da 21424 a 21428 del 2017, n. 17956 del 2015, n. 20311 del 2011).
Nella specie la CTR si e’ attenuta ai suddetti principi, avendo escluso il vizio di omessa pronuncia da parte del giudice di primo grado su entrambe le censure, per avere quest’ultimo, sia pure implicitamente e sinteticamente” affrontato tutti i punti essenziali della controversia”, svolgendo poi, nel richiamare l’effetto devolutivo, sostanzialmente ad abundantiam, i rilievi circa la completezza motivazionale (nel “tenuto conto” e nel successivo “considerato”) dell’avviso di accertamento in relazione alle giustificazioni fornite dal contribuente.
4. Con il quarto motivo del ricorso principale, la societa’ contribuente denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., commi 3 e 5, la violazione dell’articolo 2729 c.c. per avere la CTR, nel rigettare il motivo di appello concernente la assunta illegittimita’ della decisione di primo grado per insussistenza dei requisiti di gravita’, precisione e concordanza delle presunzioni poste a fondamento della verifica fiscale in ordine alla cessione di auto nuove ed usate, erroneamente ritenuto legittimo l’espletato accertamento, ancorche’ gli elementi presuntivi posti alla base dello stesso non rivestissero il carattere della gravita’, precisione e concordanza.
In particolare, la ricorrente deduce l’erroneita’ della sentenza della CTR per avere confermato la legittimita’ dell’accertamento sulla base di presunzioni che apparivano ” abbastanza precise, concordanti e verosimili”, ancorche’ vertendosi in tema di accertamento analitico-induttivo, le stesse dovessero rivestire i caratteri della gravita’, precisione e concordanza.
4.2. In disparte l’evocazione congiuntamente, dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 senza che nella parte argomentativa siano state sviluppate le ragioni a sostegno dell’una e dell’altra censura, il motivo e’ inammissibile, in quanto non coglie la ratio decidendi, per avere la CTR, nel confermare, per quanto di interesse, la sentenza di primo grado, avallato la riconduzione dell’accertamento da quest’ultima effettuata nelle maglie di quello induttivo ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 39, comma 2, che puo’ basarsi anche su presunzioni prive dei requisiti di gravita’, precisione e concordanza.
5. Con il quinto motivo del ricorso principale, la societa’ contribuente denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., commi 3 e 5, la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 26, comma 5, per avere la CTR, nel disattendere il relativo motivo di appello, erroneamente ritenuto che la materiale erogazione degli interessi non fosse presupposto necessario per la ritenuta d’acconto.
5.1. Il motivo e’ infondato.
Questa Corte ha difatti gia’ avuto occasione di chiarire che, in tema d’imposta sul reddito delle persone giuridiche, la dimostrazione della mancata percezione degli interessi attivi sulle somme date a mutuo incombe sul contribuente, gia’ per il carattere normalmente oneroso del contratto di mutuo, quale previsto dall’articolo 1815 c.c., nonche’ in virtu’ della presunzione fissata dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 45, comma 2, (arg. ex Cass. 7 ottobre 2015, n. 20035; 21 aprile 2010, n. 9469). Di qui la conseguenza che la societa’ di capitali che abbia ricevuto somme di denaro a titolo di mutuo dai propri soci ha l’obbligo di effettuare la ritenuta d’acconto sugli interessi quali corrispettivi dovuti ai soci mutuanti in conseguenza del finanziamento, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 26, non solo nel caso in cui la corresponsione dei suddetti interessi sia effettivamente avvenuta, ma anche quando essa sia soltanto presunta dalla legge (Cass. n. 3819 del 2018; n. 15868 del 2009; 16821 del 2007).
Nella specie, la CTR si e’ attenuta ai suddetti principi per avere correttamente ritenuto – nel confermare la ripresa della ritenuta d’acconto sugli interessi passivi dei finanziamenti concessi dai soci alla societa’ contribuente – che la materiale erogazione degli interessi non costituisse presupposto necessario per la ritenuta d’acconto.
6. Con il sesto motivo del ricorso principale, la societa’ contribuente denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., commi 3 e 5, la violazione dell’articolo 2697 c.c. per avere la CTR confermato, per quanto di interesse, la sentenza di primo grado che aveva ritenuto erroneamente non assolto l’onere della prova da parte della societa’ contribuente per mancata produzione di documentazione fiscale rilevante.
6.1. La censura e’ inammissibile non avendo la ricorrente colto il decisum, per avere la CTR sul punto dichiarato inammissibile l’appello della ricorrente in quanto “del tutto irrilevante in relazione a quanto precedentemente esposto”, e dunque, in sostanza, per difetto sopravvenuto di interesse alla luce di quanto osservato in merito agli altri motivi di gravame.
7. Con il primo motivo del ricorso incidentale, l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 37 bis e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articoli 66 e 71 per avere la CTR erroneamente accolto – escludendo la configurabilita’ di una fattispecie elusiva ai sensi dell’articolo 37 bis cit. – il motivo di appello della societa’ contribuente in ordine alla dedotta illegittimita’ della ripresa a tassazione degli sconti su crediti derivanti da operazioni di factoring, ancorche’ le dette perdite non risultassero da “elementi certi e precisi” di cui all’articolo 66 cit., per essere state le cessioni effettuate contestualmente alla stipula dei contratti di vendita di autoveicoli ai debitori ceduti, in assenza di rischi di insolvenza, al fine di ottenere un finanziamento indiretto.
8. Con il secondo motivo del ricorso incidentale, la Agenzia denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la insufficiente motivazione della sentenza impugnata circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, per non avere la CTR sufficientemente argomentato in ordine alla sussistenza nella specie dei presupposti per la deducibilita’ delle perdite su crediti.
9. Il secondo motivo del ricorso incidentale e’ fondato.
In tema di imposte sui redditi di impresa, grava sul contribuente l’onere di fornire la prova della deducibilita’ delle perdite su crediti ritenuti dal Fisco indeducibili, dimostrando la natura di componenti negative del reddito d’impresa, sulla base di elementi certi e precisi o, in alternativa, la prova dell’assoggettamento a procedure concorsuali, dovendosi ritenere, al contrario, insuperabile l’accertamento da parte del Fisco della indeducibilita’, particolarmente se basato su contestazioni specifiche e minuziose in ordine a crediti specificamente determinati (Cass. n. 7032 del 2018; n. 447 del 2015; Cass. n. 16823 del 2014).
Quanto al dedotto vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione denunciabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lo stesso si configura solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione (Cass. n. 30822 del 2017; Cass. n. 19547 del 2017; n. 15489 del 2007).
La CTR non ha fatto buon governo dei suddetti principi, in quanto, a fronte della contestazione dell’Ufficio circa la mancata prova da parte della contribuente dell’esistenza delle asserite perdite su crediti, quali componenti negativi del reddito di impresa – con una motivazione sul punto scarna e non esente da vizi logici-giuridici, in violazione del criterio distributivo dell’onere della prova, ha ritenuto in violazione del criterio distributivo dell’onere della prova, ha ritenuto illegittima la ripresa a tassazione, in presenza di un “valido motivo economico” ravvisato nelle attuate operazioni di factoring, stante la avvenuta compensazione tra la liquidita’ ottenuta e il costo dell’operazione.
10. L’accoglimento del secondo motivo di ricorso rende inutile la trattazione del primo con assorbimento dello stesso.
11. In conclusione, va accolto il secondo motivo del ricorso incidentale, assorbito il primo e va rigettato il ricorso principale; con cassazione della sentenza impugnata, in relazione al ricorso incidentale, e rinvio, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, affinche’ esamini il merito della vicenda.

P.Q.M.

la Corte:
accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale; assorbito il primo motivo del ricorso incidentale, e rigetta il ricorso principale della societa’ contribuente; cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso incidentale e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Lazio, in diversa composizione.

Avv. Renato D’Isa

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