Il termine di prescrizione della pena

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 21 maggio 2020, n. 15589.

Massima estrapolata:

Il termine di prescrizione della pena, divenuta eseguibile a seguito del verificarsi delle condizioni per la revoca della sospensione condizionale consistenti nell’inadempimento dell’obbligo di demolizione delle opere abusive cui la stessa era stata subordinata, decorre dal giorno successivo a quello entro cui l’interessato avrebbe potuto procedere a detta demolizione.

Sentenza 21 maggio 2020, n. 15589

Data udienza 10 dicembre 2019

Tag – parola chiave: Pena – Estinzione (cause di) – Prescrizione – Sospensione condizionale della pena subordinata alla demolizione delle opere abusive – Revoca – Prescrizione della pena – Decorrenza – Individuazione.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente

Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere

Dott. SEMERARO Luca – Consigliere

Dott. CORBO Antonio – Consigliere

Dott. NOVIELLO Giusepp – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 03/04/2019 del Tribunale di Lecce;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOVIELLO Giuseppe;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, Dott. DI LEO Giovanni, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.

 

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del Tribunale di Lecce del 3 aprile 2019, veniva rigettata dal giudice dell’esecuzione l’istanza con la quale (OMISSIS), condannato in via definitiva con sentenza del tribunale di Lecce, confermata il 2.10.2009 dalla Corte di Appello di Lecce con sentenza divenuta irrevocabile il 17.11.2009, chiedeva la dichiarazione di estinzione per prescrizione della pena della ammenda, ai sensi dell’articolo 172 c.p.p., comma 5, a seguito dell’intervenuto decorso di 5 anni dallo scadere dei 60 giorni dal passaggio in giudicato della sentenza stessa, senza demolizione del manufatto abusivo oggetto del relativo processo penale, cui era stata subordinata, nei predetti termini, la concessa sospensione condizionale della pena.
2. Avverso la sentenza della Corte di appello pugliese, (OMISSIS), tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo.
In particolare, viene dedotto il vizio ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), in relazione agli articoli 172 e 173 Cost., nonche’ articoli 3, 27 e 111 Cost. e articolo 5 e 6 Cedu, nonche’ quello ex articolo 606, comma 1, lettera e) per contraddittorieta’, illogicita’ e/o carenza della motivazione. Si osserva come il giudice dell’esecuzione abbia revocato, in data 5 aprile 2018, il beneficio della sospensione condizionale concesso in favore del (OMISSIS), avendo accertato la mancata demolizione dell’immobile entro 60 gg. dal passaggio in giudicato della sopra citata sentenza di appello, quale condizione, omessa, cui era stato subordinato il beneficio stesso. Secondo il ricorrente il tribunale avrebbe quindi, nonostante il disposto di cui agli articoli 172 e 173 c.p., calcolato erroneamente, oltre che illogicamente, il termine iniziale di decorrenza del periodo di prescrizione della pena, individuandolo piuttosto che dallo scadere dei 60 gg. dal passaggio in giudicato della sentenza (termine ultimo entro cui demolire il manufatto e quindi di verificazione della condizione cui era subordinato il beneficio citato), da quello, diverso e successivo, in cui e’ stato adottato il provvedimento di revoca della sospensione condizionale della pena. La pena sarebbe quindi estinta secondo il ricorrente, per prescrizione, alla data del 17.1.2016, essendo decorsi alla stessa i previsti 5 anni dalla mancata verificazione della condizione cui era subordinata la pena sospesa, ovvero 60 gg. dal 17.11.2010 (data di irrevocabilita’ della sentenza. di secondo grado). Ed invero, la demolizione da realizzare entro 60 gg dal giudicato costituirebbe, ove non effettuata, una condizione risolutiva del beneficio concesso cosicche’, come nel caso dell’indulto da revocare per il verificarsi di una condizione risolutiva del medesimo, il termine di decorrenza della prescrizione della pena dovrebbe decorrere dalla data dell’avverarsi della condizione medesima, ossia, nel caso di specie, dal sessantesimo giorno dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna senza che sia intervenuta demolizione. Facendo invece dipendere l’individuazione del termine iniziale della prescrizione dal successivo provvedimento di revoca del beneficio, si esporrebbe il condannato ai discrezionali tempi della P.A., con violazione dell’articolo 111 Cost., in tema di giusto processo e dell’articolo 27 della Carta, per cui l’esecuzione della pena deve essere il piu’ vicina possibile alla data di commissione del reato. Opzione interpretativa coerente anche con gli articoli 5 e 6 della Cedu.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato.
2. Viene in rilievo la questione della determinazione del dies a quo del termine di prescrizione della pena in caso di revoca della sospensione condizionale della stessa, a seguito dell’accertamento dell’inadempimento dell’obbligo di demolizione cui la sospensione era stata subordinata.
2.1. Dalla lettura dell’ordinanza impugnata, del ricorso e delle conclusioni scritte del Procuratore Generale, sembrerebbe emergere un tema connotato dalla sussistenza di un contrasto tra un indirizzo giurisprudenziale, che vorrebbe collegare il dies a quo alla irrevocabilita’ della decisione di accertamento della causa della dichiarazione di revoca (ossia il piu’ delle volte la sentenza irrevocabile che accerti il secondo reato giustificativo della revoca disciplinata dall’articolo 168 c.p., comma 1) ed un altro che invece valorizzerebbe il momento di adozione della susseguente (anche se spesso contestuale) dichiarazione di revoca della sospensione condizionale della pena. Sarebbe altresi’ presente un terzo indirizzo, identificante il predetto dies a quo nella data di verificazione della causa della revoca (la data di commissione del secondo reato), a prescindere dal suo definitivo accertamento giudiziario.
La questione si complica in ragione della circostanza per cui, per il caso di specie, non sussiste una sentenza irrevocabile che accerti la causa della revoca, ossia l’intervenuta mancata demolizione, bensi’ viene in rilievo la stessa dichiarazione di revoca della sospensione condizionale, adottata dal giudice dell’esecuzione e contestualmente accertativa della mancata demolizione.
2.2. Rispetto al quadro cosi’ emergente dalla lettura degli atti sopra citati, questo collegio intende escludere, per le ragioni di seguito esposte, un reale contrasto giurisprudenziale.
2.3. Occorrono talune premesse, data l’articolata complessita’ della questione.
2.4. Rileva, quanto alla natura della revoca della sospensione condizionale della pena, la pronunzia delle SS.UU. (cfr. Sez. U, n. 7551 del 08/04/1998 Rv. 210798 – 01 Cerroni) – relativa allo specifico caso in cui la revoca consegua “di diritto” alla commissione di un secondo reato entro i 5 anni dalla concessione del beneficio – secondo cui “il provvedimento di revoca della sospensione condizionale della pena previsto dall’articolo 168 c.p., comma 1, ha natura dichiarativa. Conseguentemente gli effetti di diritto sostanziale risalgono “de jure” al momento in cui si e’ verificata la condizione, anche prima della pronuncia giudiziale, e indipendentemente da essa. Sicche’ il provvedimento di revoca non e’ che un atto ricognitivo della caducazione del beneficio gia’ avvenuta “ope legis” al momento del passaggio in giudicato della sentenza attinente al secondo reato. Ne consegue che il giudice di appello – svolgendo un’attivita’ puramente ricognitiva e non discrezionale o valutativa e senza, pertanto, contravvenire al divieto di “reformatio in peius” – ha il potere, anche se l’impugnazione sia stata proposta dal solo imputato, di revocare la sospensione condizionale concessa con altra sentenza irrevocabile in altro giudizio, negli stessi termini in cui tale potere e’ attribuito al giudice dell’esecuzione. Al contrario, nell’ipotesi prevista dallo stesso articolo 168 c.p., comma 2, il provvedimento di revoca non e’ dichiarativo, ma costitutivo, e implica una valutazione che resta preclusa percio’ al giudice di appello, cosi’ come al giudice dell’esecuzione; sicche’, in assenza di impugnazione sul punto del pubblico ministero, al giudice di appello e’ inibito un provvedimento che lederebbe a un tempo il principio del “favor rei” e quello devolutivo”.
2.5. Si tratta di un orientamento pressocche’ consolidato, rispetto al quale coerentemente la giurisprudenza di legittimita’ ha stabilito che: ” quando la revoca di benefici sia prevista come obbligatoria ed automatica, la pur necessaria pronuncia formale che deve essere adottata dal giudice dell’esecuzione ha carattere meramente dichiarativo e ricognitivo di un effetto gia’ prodottosi “ex lege”. Ne consegue che il P.M., quale organo dell’esecuzione, e’ legittimato a porre direttamente in esecuzione la pena gia’ coperta dal beneficio caducato, sempre che nel contempo chieda al competente giudice dell’esecuzione di pronunciare, nelle forme previste, la declaratoria di cui all’articolo 674 c.p.p. ” ossia la revoca del beneficio della pena sospesa” (cfr. tra le altre sez. 1, n. 8670 del 17/02/2006 Rv. 233584 – 01 Urso). Invece, la revoca della sospensione condizionale della pena disposta ai sensi dell’articolo 168 c.p., comma 2, ha natura discrezionale e costitutiva di detto provvedimento e quindi non puo’ essere adottata d’ufficio dal giudice (in tal senso in ordine al caso di revoca, ritenuta illegittima dalla Corte, disposta dal giudice di appello sul solo gravame dell’imputato, Sez. 2, n. 40989 del 11/04/2018 Rv. 274301 – 01 Malvasi).
Potendosi ritenere le decisioni espressive di principi estensibili anche all’ipotesi in esame, in cui la revoca consegue al peculiare caso del mancato adempimento dell’obbligo di demolizione, siccome in tale ipotesi non si reputa che venga in rilievo una “valutazione” discrezionale assimilabile al caso di cui all’articolo 168 c.p., comma 2, bensi’ una presa d’atto (quindi avente natura ricognitiva) su conforme comunicazione, di norma, degli apparati operativi (es. Polizia Municipale), dovrebbe ritenersi che gli effetti di diritto sostanziale – nel caso di specie la decorrenza del termine entro cui debba eseguirsi la pena, salva prescrizione – debbano muovere dalla scadenza del momento entro cui, nella sentenza di condanna, era stato posto l’obbligo di procedere alla demolizione (nel caso in esame 60 gg. dal passaggio in giudicato della sentenza).
2.6. Del resto, nel senso della natura dichiarativa si e’ espressa la sezione terza di questa Suprema Corte, laddove ha stabilito che “il mancato adempimento, entro il termine fissato, dell’obbligo di demolizione del manufatto abusivo – cui sia subordinata la concessione della sospensione condizionale della pena – determina la revoca di diritto del beneficio, salva l’ipotesi di sopravvenuta impossibilita’, non essendo attribuito al giudice dell’esecuzione alcun margine di discrezionalita’”. (Fattispecie in cui la demolizione era intervenuta oltre il termine previsto in sentenza) (cfr. Sez. 3, n. 32834 del 19/06/2013 Rv. 255874 – 01 Natalizi). Indirizzo che trova conforto in altre diverse pronunzie (Sez. 3, n. 9859 del 21/01/2016 Rv. 266466 – 01 Fontana; Sez. 3, n. 19387 del 27/04/2016 Rv. 267109 – 01 Di Dio; sez. 3 n. 32706 del 27/07/2004; sez. 3 n. 20378 del 30/04/2004; Sez. 3 sent. n. 10672 del 05/03/2004).
2.7. Un conforto a tale ricostruzione, che in concreto riguarda iniziative di revoca per mancato adempimento assunte dal giudice dell’esecuzione, puo’ desumersi dalla massima secondo cui il potere attribuito dall’articolo 674 c.p.p., al giudice dell’esecuzione di revocare la sospensione condizionale della pena deve intendersi riferito alle ipotesi di revoca di diritto previste dall’articolo 168 c.p.p., comma 1 e non anche a quella di revoca discrezionale prevista dal comma 2 dello stesso articolo. Infatti, detta revoca implica una valutazione discrezionale, riservata solamente al giudice di cognizione e non consentita al giudice dell’esecuzione, tenuto ad osservare le sentenze divenute definitive. (Sez. 1, n. 1257 del 15/03/1994, Cortini, Rv. 197527 -01.
3. Quanto al profilo inerente i dati normativi di riferimento, occorre premettere altresi’ che in ordine alla disciplina della decorrenza del dies a quo del termine di prescrizione della pena, in caso di revoca della sospensione condizionale, assume rilievo l’articolo 172 c.p.. Con riguardo, in particolare, alla interpretazione dell’articolo 172 c.p., comma 5, la norma concorre, con la previsione di cui al precedente comma 4, a determinare la decorrenza del termine di prescrizione. L’indirizzo di legittimita’ consolidato, in particolare, e’ nel senso che l’articolo 172 c.p., non prevede ne’ l’istituto della sospensione ne’ quello della interruzione della prescrizione della pena, per lo meno nell’accezione propria della disciplina della prescrizione del reato, in quanto si da’ rilievo solo all’inizio dell’esecuzione come momento di definitiva interruzione del decorso del termine.
3.1. Il termine di prescrizione della pena decorre, quindi, dalla data di irrevocabilita’ della condanna ovvero, nel caso di esecuzione gia’ iniziata, dalla data in cui il condannato si e’ sottratto volontariamente alla esecuzione della pena (articolo 172 c.p., comma 4); allorquando l’esecuzione della pena sia subordinata alla scadenza di un termine o al verificarsi di una condizione, come nel caso in esame – il termine decorre dalla scadenza del termine e dal verificarsi della condizione (articolo 172 c.p., comma 5).
3.2. La norma di cui all’articolo 172 c.p., comma 5 e’ applicata nel caso di condanna a pena condizionalmente sospesa e nel caso di pena condonata, qualora la legge di indulto preveda la revocabilita’ del beneficio. La giurisprudenza che si e’ occupata della norma menzionata ha ritenuto, con orientamento costante, che la ratio della disposizione consiste nel determinare la decorrenza del termine di prescrizione della pena dal momento della eseguibilita’ della condanna (per i predetti principi, cfr. Sez. 1, n. 49747 del 26/06/2018 Rv. 274536 – 01 KAJA).
4. Tale impostazione giurisprudenziale e’ in linea con l’antecedente decisione delle SS. UU., le quali hanno espresso taluni principi utili per il caso in esame, partendo dal quesito “se, nel caso in cui l’esecuzione della pena sia subordinata alla revoca dell’indulto, il termine di estinzione della sanzione, a norma dell’articolo 172 c.p., comma 5, decorre dalla data in cui e’ divenuta definitiva la sentenza di condanna che costituisce il presupposto dal quale dipende la revoca del beneficio, o, invece, dalla data in cui e’ divenuta definitiva la decisione che accerta la sussistenza della causa di revoca del condono” (cfr. Sez. U, n. 2 del 30/10/2014 (dep. 02/01/2015) Rv. 261399 Maiorella).
4.1. In proposito e, in estrema sintesi, le Sezioni unite hanno operato una scelta contrapposta rispetto ad un indirizzo secondo cui, in ipotesi di subordinazione dell’esecuzione della pena alla scadenza di un termine o al verificarsi di una condizione, il dies a quo da computarsi ai fini dell’estinzione della pena, secondo il dettato dell’articolo 172 c.p., comma 5, dovrebbe decorrere “dal giorno in cui e’ divenuta definitiva la sentenza o l’ordinanza che ha accertato la causa della revoca”. Cosicche’ secondo tale non condiviso indirizzo, “nell’ipotesi di indulto sottoposto alla condizione risolutiva della commissione di un nuovo reato, il termine di prescrizione della pena deve farsi decorrere dal momento in cui, verificatasi la decadenza dal beneficio, la pena puo’ essere concretamente posta in esecuzione. Tale momento non coincide temporalmente con la data di passaggio in giudicato della sentenza di condanna comportante la perdita del beneficio anteriormente concesso, bensi’ con la data in cui, disposta la revoca del condono, il relativo provvedimento e’ divenuto irrevocabile. (…). E’ pur vero, infatti, che la pronunzia giudiziale di revoca di benefici ha natura dichiarativa, tuttavia, in mancanza della relativa declaratoria, la pena non e’ suscettibile di esecuzione poiche’ il provvedimento con cui il beneficio e’ stato concesso conserva efficacia finche’ non venga formalmente revocato”. Si tratta di un orientamento che, come sempre osservato preliminarmente dalle SS.UU., e’ stato ribadito “anche in relazione all’analogo tema della prescrizione della pena in relazione alla revoca della sospensione condizionale della stessa” – di interesse in questa sede -. Cosi’ con sentenza della prima sezione, n. 13414 del 21/02/2013, Strusi, Rv. 255647, si e’ affermato che “il dies a quo da cui decorre il termine di prescrizione della pena, oggetto di sospensione condizionale poi revocata, deve essere individuato nel giorno di passaggio in giudicato della decisione che ha disposto la revoca del beneficio, e non dal momento in cui e’ stato commesso il reato che ha dato luogo alla revoca medesima, e sebbene da cio’ possa scaturire un danno al condannato, derivante dall’eventuale ritardo con cui e’ possibile venga accertata la causa della revoca, questa soluzione appare comunque quella da preferirsi, essendo necessario che a prevalere sia il generale interesse alla certezza dei rapporti giuridici”. Orientamento peraltro ribadito anche con altre decisioni della sezione prima di questa Suprema corte (cfr. n. 39565 del 13/06/2014, Venosa, non massimata e n. 43489 del 05/07/2013, Longhitano, Rv. 257412).
4.2. In contrapposizione a tali indirizzi, le citate SS.UU. hanno optato per il diverso orientamento “per il quale il termine di prescrizione della pena, in caso di indulto successivamente revocato, decorre dal momento in cui si sono verificati i presupposti per la revoca del beneficio precedentemente concesso, ovvero e’ divenuta definitiva la sentenza di condanna determinante la causa della revoca dell’indulto stesso. In sostanza, per questa piu’ recente opzione ermeneutica, ai fini dell’individuazione del dies a quo per il decorso della prescrizione della pena, in caso di revoca di benefici, si deve fare riferimento al momento in cui siano per legge maturate le condizioni che abbiano portato alla revoca stessa e non a quello in cui viene adottato il provvedimento di revoca del beneficio”. Si e’ osservato, nella citata decisione delle SS.UU., come la giurisprudenza di legittimita’ abbia in proposito rilevato che il predetto orientamento “risulta rispondente ad una lettura dell’articolo 172 c.p., comma 5, che e’ sorretta da precisi ed univoci argomenti testuali, logici e sistematici. (…) Dalla formulazione letterale della norma traspare, quindi, un primo elemento che milita a favore della soluzione qui condivisa, dato che l’esplicito riferimento al “giorno in cui (…) la condizione si e’ verificata” inequivocabilmente attesta che la decorrenza del termine di prescrizione della pena e’, di per se’, collegata alla data in cui si e’ realizzato il presupposto dal quale la legge fa derivare la revoca della sospensione condizionale della pena, non rilevando, per contro, il momento in cui e’ adottato il provvedimento di revoca del beneficio. Ne’ vale obiettare, a giustificazione della tesi contraria, che la pena diventa concretamente eseguibile soltanto a seguito della decisione di revoca, per l’evidente ragione che la decadenza dal beneficio della sospensione condizionale della pena opera di diritto, non appena la condanna che la comporta passa in giudicato, e che il provvedimento di revoca ha mera funzione ricognitiva della condizione risolutiva del beneficio, di talche’ i relativi effetti si producono ex tunc, retroagendo al momento in cui la condizione si e’ verificata. Un ulteriore argomento esegetico dispiega incidenza decisiva a sostegno dell’opzione ermeneutica favorevole alla tesi che fa decorrere il termine di prescrizione non dalla data della revoca del beneficio, ma da quella di avveramento della condizione risolutiva. Se si considera, infatti, che la ratio della disciplina della prescrizione, sia del reato che della pena, e’ indissolubilmente legata all’esigenza di certezza delle situazioni giuridiche, appare chiaro che il termine prescrizionale non puo’ che decorrere dal fatto oggettivo della verificazione delle condizioni che rendono revocabile di diritto la sospensione condizionale della pena, dato che, se cosi’ non fosse, la prescrizione verrebbe collegata ad una data che varia in relazione alle contingenti determinazioni dell’autorita’ giudiziaria: con l’ulteriore conseguenza che i termini e il decorso della prescrizione verrebbero fatti dipendere da cause riferibili alla maggiore o minore tempestivita’ delle decisioni degli organi deputati all’esecuzione della pena e alla revoca del beneficio, in palese violazione dei principi di certezza e di legalita’”.
5. La conclusione delle SS.UU., di condivisione del secondo orientamento, formulata con riguardo, lo si ripete, al caso specifico del sopravvenire di un reato idoneo a giustificare la revoca dell’indulto – e tale da dare risalto al passaggio in giudicato della sentenza accertativa del sopravvenuto reato “ostativo” piuttosto che alla revoca dell’indulto -, riporta passaggi argomentativi anche estensibili al tema, qui di interesse, della revoca della sospensione condizionale.
5.1. Assume rilievo, in particolare, la considerazione per cui per la questione esaminata e’ decisivo “il dato testuale: poiche’ il tema centrale e’ l’estinzione della pena per decorso inattivo del tempo, e cioe’ la prescrizione della stessa, l’individuazione del dies a quo e’ argomento nel quale la formulazione normativa, in un tema che riveste carattere sostanziale, non puo’ che assurgere al paradigma della tipicita’. Nel caso in cui l’esecuzione della pena sia subordinata al verificarsi di una condizione, “il tempo necessario per l’estinzione della pena decorre dal giorno in cui (…) la condizione si e’ verificata”, come recita testualmente l’articolo 172 c.p., comma 5″. Si e’ cosi’ ribadito che il provvedimento di revoca, successivo e ricognitivo di un effetto gia’ verificatosi, resta estraneo al decorrere del tempo ai fini dell’estinzione della pena per prescrizione.
Di interesse, sul piano generale, appare anche la considerazione, formulata per illustrare le carenze dell’orientamento non condiviso, secondo cui ove invece l’eseguibilita’ della pena dovesse attendere il provvedimento giudiziale dichiarativo di tale revoca il condannato sarebbe esposto in maniera inaccettabile alla maggiore o minore tempestivita’ dei provvedimenti giudiziali, con lesione del principio di uguaglianza; sarebbero vulnerati l’principi, di rango costituzionale, relativi all’effettivita’ ed alla ragionevole durata del processo (anche della fase esecutiva, ex articolo 111 Cost.), ma anche afferenti ai valori rieducativi (articolo 27 Cost., comma 2), per cui l’esecuzione della pena deve essere il piu’ vicino possibile alla commissione del reato ed alla definitivita’ della condanna.
Anche sul piano sistematico e sull’operativita’ del meccanismo processuale che ne deriva, il contrario orientamento non appare convincente secondo le Sezioni Unite: volendosi legare il dies a quo della prescrizione della pena alla concreta eseguibilita’ della stessa che si avrebbe – secondo l’avversato orientamento – solo con la definitivita’ del provvedimento di revoca, si determinerebbe un duplice errore: a) sotto un primo aspetto, la prescrizione e’ istituto legato al decorrere dei tempo e, per quanto attiene all’estinzione della pena, non sono previste cause di sospensione, mentre l’interruzione si ha solo con l’inizio della sua concreta esecuzione; dunque, a fronte di un dies a quo determinato per legge, il preteso rinvio del decorso della prescrizione fino al momento della (presunta) successiva eseguibilita’, e’ argomento che, introducendo una sospensione della prescrizione non prevista, non ha basi normative e si pone come anomalo nel sistema: questo prevede invero cause di sospensione dell’esecuzione (gia’ avviata: v. articolo 656 c.p.p.), ma non sospensioni della prescrizione della pena; ed invero, ancora, l’articolo 172 c.p., prevede diversi dies a quibus (a seconda dei casi: condannato che si sottrae volontariamente all’esecuzione gia’ iniziata; verificarsi di una condizione), ma non, come appena detto, ipotesi di sospensione del corso della prescrizione rispetto ad un inizio fissato per legge; b) l’eseguibilita’ della pena non si ha di necessita’ solo con il provvedimento di revoca dell’indulto; in caso di avveramento della condizione risolutiva, efficace ope legis, deve affermarsi invero l’immediata eseguibilita’ della pena senza attendere la dichiarazione formale e meramente ricognitiva della revoca del beneficio; in quest’ultimo senso le SS.UU hanno rilevato come la giurisprudenza di legittimita’ abbia gia’ avuto modo di ricordare (si veda Sez. 1, n. 23457 del 24/01/2011, Ianni, Rv. 250419, in tema di indulto e Sez. 1, n. 8670 del 17/02/2006, Urso, Rv. 233584, in tema di sospensione condizionale), come il pubblico ministero possa, ed anzi debba, in forza dell’articolo 655 c.p.p., porre subito in esecuzione la pena, e dunque anche quella derivante dall’avvenuto avveramento della condizione risolutiva del concesso beneficio; avveramento che egli stesso puo’ rilevare – trattandosi di un’operazione che di norma non richiede articolate valutazioni, di mero recepimento di una sentenza irrevocabile di condanna – contemporaneamente chiedendo al giudice dell’esecuzione di procedere, ai sensi dell’articolo 674 c.p.p., alla dichiarazione (come detto, ricognitiva) della revoca del beneficio; seguendo, se proposto, eventuale incidente di esecuzione in opposizione.
5.2. Quest’ultima affermazione, riferita seppur solo incidentalmente al caso della revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena, consente anche sul piano “formale”, oltre che in ragione della sostanziale estensibilita’ dei principi espressi dalle SS. UU., di confermare l’estensibilita’ quali statuizioni generali – delle suesposte considerazioni, anche al profilo qui di interesse: della revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena e della decorrenza del termine di prescrizione della stessa.
Peraltro, tale ampia visuale esegetica appare confermata dalla conclusione finale pure formulata dalle SS.UU secondo cui: “la soluzione al posto quesito che qui si afferma come corretta risulta poi fornita di evidente coerenza rispetto al parallelo istituto della prescrizione del reato (articoli 157 e segg. c.p.) e dunque presenta il pregio di comporre una sistematica unitarieta’. Ed invero – allo stato della normativa, di cui occorre prendere atto, al di la’ dei piu’ vari progetti di riforma – come il dies a quo per l’estinzione del reato decorre dalla commissione del fatto (elemento sostanziale), e non dall’inizio del processo di cognizione diretto ad accertarlo, cosi’ il dies a quo per l’estinzione della pena non puo’ non decorrere dall’irrevocabilita’ della sentenza o, per quanto rilevi, dall’avverarsi della condizione risolutiva che costituisce il presupposto della revoca (elemento sostanziale), e non dall’attivita’ processuale, peraltro di conclamata natura formale e ricognitiva, nonche’ variabile nei tempi, che prenda atto del gia’ avvenuto avverarsi di tale condizione risolutiva”.
Sempre secondo le SS.UU. infine, con portata ancora una volta estensibile al caso in esame, la soluzione cosi’ privilegiata si propone anche come interpretazione costituzionalmente orientata e coerente con i principi di ragionevole durata, di sollecita definizione e di minor sacrificio esigibile evincibili dagli articoli 5 e 6 CEDU.
5.3. Di seguito a tale sentenza, la Suprema Corte ha confermato che “Il termine di decorrenza della prescrizione della pena, per sopravvenuta eseguibilita’ in ragione del verificarsi delle condizioni per la revoca del beneficio della sospensione condizionale, ha inizio nel momento in cui diviene definitiva la decisione di accertamento della causa della revoca e non in quello in cui sia adottato dal giudice dell’esecuzione il provvedimento di revoca. (Sez. 1, n. 11156 del 02/12/2015 – dep. 16/03/2016, Ouledfares, Rv. 26634301). In motivazione ha altresi’ correttamente e opportunamente aggiunto che solo apparentemente un altro arresto giurisprudenziale precedente avrebbe sostenuto il contrario, per cui il dies a quo del termine di prescrizione della pena coinciderebbe con la data di irrevocabilita’ del provvedimento di revoca del beneficio (Cass., sez. 1 n. 43489 del 5/7/2013, Longhitano, Rv. 257412), atteso che tale decisione e’ solo “erroneamente dissonante, a causa di una non esatta massimazione, dal contrapposto orientamento interpretativo maggioritario, come si desume dalla motivazione della pronuncia citata, nella quale e’, al contrario, ribadito il principio, secondo il quale il termine di prescrizione deve computarsi a far data dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna per il delitto commesso nel successivo quinquennio dalla concessione della sospensione condizionale”.
Altra sentenza, contrapposta ai principi sopra espressi dalle SS.UU., per cui il “dies a quo” del termine di prescrizione della pena oggetto di sospensione condizionale poi revocata coincide con il giorno in cui e’ passata in giudicato la decisione che ha disposto la revoca del beneficio e non con il momento in cui e’ stato commesso il reato che ha dato luogo alla revoca (cfr. Sez. 1, n. 5689 del 10/06/2014 (dep. 06/02/2015) Rv. 262462 – 01 Tardio), da una parte e’ anteriore alle statuizioni delle SS.UU., dall’altra, in motivazione, richiama precedenti decisioni, tra cui taluna (cfr. Sez. 1, n. 46691 del 24/10/2012 (dep. 03/12/2012) Rv. 253974 – 01 Jacovitti), a fronte della formale affermazione di tale principio, in concreto fa riferimento al caso in cui la decorrenza del termine di prescrizione della pena coincide con un’unica data: la stessa data in cui e’ passata in giudicato sia la sentenza di accertamento del reato giustificativo della revoca sia la revoca medesima, trattandosi di un’ipotesi – assai diffusa – in cui e’ lo stesso giudice che accerta il secondo reato e dispone contestualmente la revoca della sospensione condizionale gia’ concessa. Cosicche’, in tali casi, non emerge in concreto alcuna effettiva discrasia tra l’indirizzo che fa decorrere il termine di prescrizione della pena dalla sentenza di accertamento della causa di revoca della sospensione e quello che lo individua alla data del passaggio in giudicato della decisione che ha disposto la revoca.
6. Alla luce delle considerazioni e dei principi sopra illustrati, puo’ concludersi nel senso che: a partire dalla citata sentenza delle SS.UU. del 2015 e’ stato valorizzato, per la decorrenza del termine di prescrizione della pena, il momento della verificazione irretrattabile della causa giustificativa della “revoca” piuttosto che quello della definitivita’ della “revoca” medesima. Tale momento puo’ corrispondere, a seconda dei casi, al passaggio in giudicato della sentenza accertativa del reato giustificativo della revoca dell’indulto come di quello fondante la revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena ex articolo 168 c.p., comma 1. Casi in cui, di norma, con la sentenza accertativa della nuova responsabilita’ si adotta anche la revoca (dell’indulto o della sospensione condizionale della pena), cosicche’ poi, nella sostanza, la data del passaggio in giudicato dell’accertamento del reato coincide con quella della definitivita’ della revoca, siccome contenuta nella medesima sentenza; con eliminazione, in concreto, di ogni contrapposizione di orientamento tra l’individuazione della data di irrevocabilita’ della sentenza di condanna piuttosto che della revoca (dell’indulto o della sospensione condizionale).
Diverso, nella sua articolazione concreta, risulta il caso di una revoca della sospensione condizionale della pena che intervenga in fase esecutiva e, quindi, in data distinta da quella della sentenza di riferimento che accerti il secondo reato giustificativo della revoca della sospensione condizionale. Per tale ipotesi, secondo i suesposti principi la decorrenza della prescrizione opera dal giudicato della sentenza relativa al secondo reato.
Ancor piu’ peculiare appare il caso in esame, in cui si e’ in assenza di qualsivoglia accertamento giudiziale, con sentenza, della causa “risolutiva” della sospensione che preceda la revoca: cio’ in quanto in tale ipotesi e’ con la “revoca” che si accerta contestualmente l’intervenuta causa risolutiva (a fronte di un beneficio da revocare), ovvero l’inadempimento dell’ordine di demolizione. Alla luce dei principi suindicati, che valorizzano il momento di verificazione della causa della revoca, piuttosto che la revoca in se’, e della natura meramente ricognitiva di quest’ultima, almeno per i casi di revoca “di diritto”, tra cui deve essere incluso anche quello in esame, ancora una volta la data di decorrenza della prescrizione della pena dovrebbe identificarsi nel momento dell’inadempimento, ossia nel giorno successivo a quello, ultimo, entro cui l’interessato era chiamato alla demolizione.
Come gia’ in precedenza accennato, si tratta di una linea interpretativa che puo’ reputarsi indiscussa, atteso che le SS.UU, pur affrontando il tema con riguardo all’indulto, hanno espresso pri’ncipi generali estensibili ad altri casi di “revoca” correlati alla eseguibilita’ della pena e, nel contempo, sull’argomento si rinviene una sola successiva sentenza, che risulta conforme alla predetta decisione delle SS. UU. (cfr. Sez. 1, n. 11156 del 02/12/2015 (dep. 16/03/2016) Rv. 266343 – 01 Ouledfares cit.). Mentre le pronunzie contrapposte, laddove davvero anche in concreto contrastanti, sono comunque anteriori alla decisione delle SS.UU..
La quale, quindi, deve ritenersi aver risolto ogni contrasto.
7. Consegue per le suesposte considerazioni l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Lecce alla luce dei principi sopra illustrati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Lecce per nuovo esame.
Si da’ atto che il presente provvedimento e’ sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, articolo 1, comma 1, lettera a).

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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