Corte di Cassazione, penale, Sentenza|18 febbraio 2021| n. 6391.
Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di valore, per la sua sussidiarietà alla confisca diretta ai sensi dell’art. 2641 cod. civ., è subordinato alla impossibilità, anche solo transitoria e reversibile, di individuare e apprendere i beni costituenti il prodotto, profitto o strumento del reato.
Sentenza|18 febbraio 2021| n. 6391
Data udienza 4 febbraio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Bankitalia – False comunicazioni sociali – Ostacolo all’attività di controllo di bankitalia – Dlgs 231/2000 – Sequestro per equivalente sui beni dell’indagato – Mancata verifica della possibilità del sequestro in forma diretta nei confronti della banca – Violazione del principio di sussidiarietà
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PALLA Stefano – Presidente
Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere
Dott. TUDINO Alessandri – Consigliere
Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere
Dott. MOROSINI E. M. – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 29/05/2020 del TRIBUNALE di BARI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MOROSINI Elisabetta Maria;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale MIGNOLO Olga, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso e rilevando, inoltre, la tardivita’ dei motivi nuovi depositati in data 3 febbraio 2021.
uditi i difensori, avv. (OMISSIS) e (OMISSIS), che hanno concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso e dei motivi nuovi, che sono ammissibili, trattandosi di ricorso in materia cautelare.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del Riesame di Bari ha confermato il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta e per equivalente disposto, ai sensi dell’articolo 2641 c.c., per l’importo di Euro 4.952.162,36, dal giudice per le indagini preliminari nei confronti di (OMISSIS), sottoposto ad indagini per i reati di cui all’articolo 2638 c.c. (capo 1) e articolo 2622 c.c. (capi 2 e 3).
1.1. Si ipotizza che (OMISSIS), quale condirettore della (OMISSIS) s.p.a., societa’ cooperativa per azioni sottoposta per legge a controllo e supervisione delle autorita’ pubbliche di vigilanza, in concorso con (OMISSIS) (responsabile della direzione business) e (OMISSIS) (responsabile dell’ (OMISSIS)), abbia ostacolato l’esercizio delle funzioni delle autorita’ pubbliche di vigilanza demandate alla Banca d’Italia, comunicando falsamente, nella quarta comunicazione trimestrale dell’anno 2015, un ammontare dei fondi propri della banca non corrispondente al vero (articolo 2638 c.c., capo 1).
Viene ipotizzato, inoltre, a carico del (OMISSIS), nella medesima qualita’, il delitto di false comunicazioni sociali, per avere indicato, nel bilancio individuale e consolidato della (OMISSIS) al 31 dicembre 2016 (capo 2) e al 31 dicembre 2017 (capo 3), valori non rispondenti al vero in ordine al possesso di azioni ed obbligazioni proprie e, dunque, al patrimonio netto (e di vigilanza), omettendo di dedurre dal capitale l’acquisto di titoli propri del medesimo istituto di credito, acquistati mediante la concessione di molteplici finanziamenti direttamente e/o indirettamente utilizzati per l’acquisto di azioni proprie.
Per i medesimi titoli di reato sono elevati a cado della (OMISSIS) (BPB) la contestazione di illeciti amministrativi derivanti dai predetti reati (capi 4, 5 e 6).
1.2. In sintesi (OMISSIS):
– nelle prime settimane del 2016 – pur avendo ricevuto comunicazione degli esiti parziali di una verifica interna condotta dall’ (OMISSIS) sui fondi propri della banca, in cui veniva segnalata l’avvenuta concessione di molteplici finanziamenti direttamente e/o indirettamente utilizzati per l’acquisto di azioni proprie, complessivamente incidenti sui fondi propri della Popolare, in negativo, per 48,9 milioni di Euro al 31 dicembre 2015 – aveva omesso di provvedere alla dovute rettifiche ai fondi propri della banca, cosi’ determinando l’inoltro alla Banca d’Italia di una comunicazione trimestrale sovrastimata;
– in tale ambito faceva si’ che venissero concessi finanziamenti in favore di specifici clienti (secondo lo schema riportato nel capo 1 di addebito provvisorio), mediante mezzi fraudolenti consistenti in una operazione negoziale, realizzata attraverso una serie di atti collegati: una parte del credito concesso veniva destinata all’acquisto di azioni e titoli (OMISSIS), con la sottoscrizione contestuale di un mandato irrevocabile a vendere le azioni e i titoli stessi, cosi’ destinando, di fatto, le azioni (e il relativo controvalore) a garanzia del finanziamento concesso, con possibilita’, da parte dell’istituto di credito, di escutere detta garanzia di propria iniziativa.
1.3. Secondo l’ipotesi accusatoria da tali reati sarebbe derivato un profitto, quantificato in Euro 19.593.000,00 per (OMISSIS) e (OMISSIS), in Euro 26.453.000,00 per (OMISSIS).
Inoltre sarebbero individuabili beni destinati alla commissione dei reati, rappresentati dal corrispettivo delle azioni proprie finanziate mediante operazioni cd. “baciate”, attraverso la conclusione di contratti negozialmente collegati con mandati irrevocabili a vendere, nella misura di Euro 4.952.162,36 per (OMISSIS) e (OMISSIS), di Euro 6.096.929,57 per (OMISSIS).
Su tali presupposti, l’organo di accusa aveva inoltrato al giudice per le indagini preliminari richiesta di sequestro preventivo, ex articolo 321 c.p.p., comma 2, finalizzato alla confisca diretta e per equivalente, ai sensi dell’articolo 2641 c.c., del profitto del reato e dei beni utilizzati per commetterlo, in ragione degli importi sopra indicati.
La parte pubblica non aveva formulato, invece, istanze cautelari nei confronti dell’ente, in ragione dell’intervenuto commissariamento dello stesso da parte dello Stato, pur mantenendo ferme le contestazioni degli illeciti amministrativi sopra richiamati (capi 4, 5 e 6).
1.4. Il giudice per le indagini preliminari ha negato il sequestro finalizzato alla apposizione di un vincolo sul “profitto”, ritenendo che “un profitto” non fosse configurabile nella specie, mentre ha concesso il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta e per equivalente dei “beni utilizzati per la commissione dei reati” nei confronti di:
– (OMISSIS) per un valore pari ad Euro 4.952.162,36;
– (OMISSIS) per un valore pari ad Euro 4.952.162,36;
– (OMISSIS) per un valore pari ad Euro 6.096.929,57
in forma diretta, del denaro nella disponibilita’ degli indagati e, in subordine, nel caso in cui il patrimonio degli stessi fosse risultato, anche solo in parte, incapiente, nella forma per equivalente, sino alla concorrenza delle somme rispettivamente sopra indicate, dei beni mobili ed immobili.
1.5. Il provvedimento e’ stato confermato dal Tribunale del Riesame che ha aderito in toto alla ricostruzione fattuale e giuridica del giudice per le indagini preliminari.
2. Avverso il provvedimento ricorre (OMISSIS), tramite i difensori, articolando un unico motivo con il quale denuncia, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), l’inosservanza dell’articolo 2641 c.c. e articolo 321 c.p.p., comma 2, con riferimento al punto in cui i giudici di merito hanno ritenuto legittimo il sequestro preventivo dei beni di (OMISSIS) di valore equivalente a quelli utilizzati per commettere il reato, senza aver verificato, prima, la capienza dell’ente indagato ai sensi del Decreto Legislativo n. 231 del 2001, ed eventualmente esperito nei confronti di quest’ultimo il sequestro in forma diretta di tali beni strumentali.
2.1. Il decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice per le indagini preliminari ha disposto il sequestro in forma diretta del denaro nella disponibilita’ di (OMISSIS) fino alla concorrenza di 4,952 milioni di Euro, nonche’, in subordine, in caso di incapienza del patrimonio, nella forma per equivalente dei beni mobili e immobili nella disponibilita’ dell’indagato.
In esecuzione di tale provvedimento, sono stati sottoposti a vincolo cautelare tutti i conti correnti e i rapporti finanziari nella disponibilita’ di (OMISSIS), nonche’, nella forma “per equivalente”, i beni immobili da lui posseduti, come risulta dal verbale di sequestro allegato al ricorso.
2.2. In sede di riesame l’imputato aveva lamentato la violazione del principio di sussidiarieta’ da parte del giudice per le indagini preliminari, il quale aveva disposto il sequestro dei beni dell’indagato di valore equivalente a quelli “strumentali”, senza prima accertare la possibilita’ di sottoporre a sequestro in forma diretta i beni utilizzati per commettere il reato (vale a dire una somma di denaro- bene fungibile rispetto al quale la confisca e’ sempre diretta – di valore corrispondente a quello utilizzato per finanziare l’asserito acquisto di azioni proprie) nei confronti della (OMISSIS), che dal reato aveva tratto vantaggio.
2.3. Il Tribunale del riesame ha respinto la censura sul rilievo che la regola di sussidiarieta’ individuata dalla giurisprudenza della Corte di cassazione concerne il sequestro del profitto dei reati tributari e non si applica nella fattispecie in rassegna avente ad oggetto, invece, i beni utilizzati per la commissione di reati societari.
2.4. Sostiene il ricorrente che la decisione si pone in contrasto con la previsione dell’articolo 2641 c.c..
La norma sancisce espressamente il principio di sussidiarieta’ della confisca di valore rispetto a quella in forma diretta in relazione tanto al prodotto e al profitto del reato quanto ai beni destinati a commetterlo. Non e’ prevista una disciplina diversa per i beni strumentali.
La struttura e’ identica a quella delle altre disposizioni normative che regolano istituti analoghi, non solo in materia di reati tributari, ma anche nei delitti contro la pubblica amministrazione e nei reati contro il patrimonio; la disciplina diverge solo in relazione all’oggetto materiale dell’apprensione che, nella previsione dell’articolo 2641 c.c., comprende oltre al prodotto e al profitto del reato anche i beni strumentali.
2.5. La vicenda di Veneto banca, concernente il sequestro preventivo finalizzato alla confisca in ordine al reato di ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza ex articolo 2638 c.c., e’ diversa da quella in rassegna, poiche’, in quel caso, l’ente e’ stato ritenuto estraneo al reato, in forza di una specifica motivazione resa sul punto dal Tribunale del Riesame (Sez. 5, n. 42778 del 26 maggio 2017), al contrario, nel caso in esame, la (OMISSIS) non puo’ definirsi “terza estranea”, dato che viene chiamata a rispondere ai sensi della L. n. 231 del 2001.
2.6. Circa la capienza dell’istituto di credito, il ricorrente precisa che la sottoposizione dell’ente a procedura concorsuale non sarebbe di ostacolo al sequestro dei beni in forma diretta, come stabilito dalla terza sezione penale con sentenza n. 36428 del 2019 (conf. Sez. 5, n. 5400 del 21 gennaio 2020).
Segnala, poi, che l’intervenuto commissariamento non giustificava la scelta della Procura di non escutere in via diretta il patrimonio dell’ente, dato che l’attivita’ di intermediazione creditizia era sempre proseguita regolarmente, anche dopo la sottoposizione dell’istituto di credito alla procedura di amministrazione straordinaria; procedura, che, peraltro, dovrebbe essersi conclusa il 15 ottobre 2020, con il conseguente ritorno in bonis dell’istituto di credito.
2.7. In conclusione, l’aver disposto il sequestro per equivalente sui beni del ricorrente senza aver preliminarmente vagliato la possibilita’ di rinvenire e conseguentemente apprendere in via diretta i beni strumentali al reato in seno alla (OMISSIS) nel cui interesse e a vantaggio della quale i reati societari sono stati commessi, violerebbe il principio di sussidiarieta’ che regola i rapporti tra le due tipologie di sequestro contemplate dall’articolo 321 c.p.p., comma 2 e articolo 2641 c.c..
3. Con memoria trasmessa in data 3 febbraio 2021, tramite posta elettronica certificata, i difensori del ricorrente hanno proposto un motivo nuovo con il quale lamentano, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), la inosservanza dell’articolo 2641 c.p. e articolo 321 c.p.p., comma 2, in relazione al punto in cui e’ stato ritenuto legittimo il sequestro preventivo disposto nei confronti di (OMISSIS) senza aver prima esperito nei confronti della (OMISSIS) il sequestro in forma diretta dei beni utilizzati per commettere il reato.
3.1. “Beni utilizzati per commettere il reato” sono stati individuati nel “valore in denaro dei finanziamenti garantiti dai mandati a vendere”.
Secondo il chiaro disposto dell’articolo 2641 c.c., vige anche in relazione ai beni strumentali la regola della sussidiarieta’, come stabilito dalla Corte di cassazione (Sez. 5., n. 54254 del 30 maggio 2018). Il che significa che, anche nell’ambito dei reati societari, prima di procedere alla confisca di valore, occorre verificare se i beni utilizzati per commettere il reato siano ancora fisicamente rintracciabili e, dunque, suscettibili di apprensione anticipata in via diretta.
La confisca diretta e’ misura ripristinatoria; essa opera indipendentemente dalla contestazione di un illecito amministrativo dipendente da reato; l’unico limite che si frappone alla esperibilita’ della confisca in forma diretta nei confronti di soggetti diversi dall’autore del reato e’ costituito dalla estraneita’ di questi ultimi al reato stesso.
3.2. La (OMISSIS) non puo’ considerarsi “terza estranea” al reato in quanto: viene chiamata a rispondere dell’illecito amministrativo ai sensi del Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 25-ter; gia’ nella prima richiesta cautelare reale (respinta dal giudice per le indagini preliminari) la Procura della Repubblica aveva ritenuto che i reati fossero stati posti in essere nell’interesse e a vantaggio della Banca la quale aveva ottenuto, da un lato, la sottoscrizione integrale degli aumenti di capitale e, dall’altro, la rappresentazione di una situazione patrimoniale piu’ solida rispetto a quella effettiva cosi’ da poter proseguire nella sua attivita’ di impresa ed aumentare la sua concreta operativita’; che, anche nella seconda richiesta cautelare (parzialmente accolta), la parte pubblica aveva evidenziato, sulla scorta delle osservazioni del consulente tecnico del Pubblico ministero, i vantaggi ingiusti conseguiti dalla Banca: allargamento e consolidamento dell’assetto proprietario, ingiustificato sovradimensionamento delle proprie capacita’ operative, minor impegno patrimoniale del cd. fondo acquisto azioni proprie (con conseguente liberazione di risorse economiche per l’attivita’ caratteristica), sistematica acquisizione di un genere di garanzia dei finanziamenti erogati (mandati a vendere) della quale la stessa (OMISSIS) governava in via esclusiva i processi di negoziazione e di formazione del prezzo.
3.3. Nella fattispecie in rassegna e’ pacifico che: i finanziamenti assistiti da mandati a vendere (beni strumentali) sono stati erogati utilizzando risorse della Banca; nessuno di tali finanziamenti e’ confluito nel patrimonio personale di (OMISSIS); casomai, nella prospettiva dei giudici di merito, tali finanziamenti sarebbero entrati nel patrimonio dei clienti (neppure essi qualificabili come soggetti estranei ai reati avendo ricevuto liquidita’).
Da cio’ il ricorrente trae la conclusione che soltanto i fondi della Banca sarebbero riconducibili alla nozione di beni utilizzati per commettere il reato societario oggetto di addebito e, dunque, soltanto i fondi della Banca sarebbero sottoponibili a sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta, dovendosi peraltro escludere l’eventualita’, neppure rappresentata, che la Banca costituisse “schermo fittizio”.
Opera il principio, delineato in tema di reati tributari, secondo cui il sequestro di denaro presso il legale rappresentante della societa’ nel cui interesse sono stati commessi i reati e che non sia uno “schermo fittizio” deve sempre essere considerato quale sequestro per equivalente, di talche’ il sequestro preventivo impugnato dovrebbe essere annullato nella sua interezza, poiche’ anche laddove formalmente dispone nei confronti di (OMISSIS) il sequestro prodromico alla confisca diretta, si sostanzierebbe, in realta’, in un sequestro “per equivalente”.
3.4. Infine si ribadisce che la (OMISSIS) dispone di risorse finanziarie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato nei termini di seguito indicati.
2. Il Tribunale del riesame ha respinto l’eccezione di sussidiarieta’ ritenendo che il relativo principio operasse solo con riferimento al sequestro del profitto nei reati tributari.
Questa impostazione giuridica e’ errata e da’ luogo al vizio di violazione di legge denunciato dal ricorrente.
Per definire con chiarezza i contorni della questione, occorre inquadrare l’istituto processuale in rilievo.
2.1. Il sequestro preventivo e’ stato disposto ai sensi dell’articolo 321 c.p.p., comma 2, in funzione della successiva confisca obbligatoria prevista, per i reati societari (nella specie articoli 2638 e 2622 c.c.), dall’articolo 2641 c.c., secondo cui: “In caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti per uno dei reati previsti dal presente titolo e’ ordinata la confisca del prodotto o del profitto del reato e dei beni utilizzati per commetterlo” (comma 1). “Quando non e’ possibile l’individuazione o l’apprensione dei beni indicati nel comma 1, la confisca ha ad oggetto una somma di denaro o beni di valore equivalente” (comma 2). “Per quanto non stabilito nei commi precedenti si applicano le disposizioni dell’articolo 240 c.p.” (comma 3).
2.2. L’articolo 2641 c.c., condivide la medesima struttura e formulazione di altre norme presenti nel codice penale e nelle leggi speciali in materia di confisca.
Si pensi, nel codice penale, all’articolo 322 ter c.p., articolo 600 septies, articolo 640 quater, articolo 644, u.c., articolo 648 quater, oppure, nelle leggi speciali, agli istituti previsti dalla L. n. 146 del 2006, articolo 11, Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 7 bis, fino alla confisca di cui all’articolo 187 t.u.f., che si sviluppa secondo una scansione e una formulazione identiche a quelle dell’articolo 2641 c.c..
Si differenzia solo l’oggetto dell’apprensione (prezzo, profitto, prodotto, beni strumentali) secondo una ragionevole scelta del legislatore derivante dalla tipologia di illecito e dalle relative caratteristiche, il che spiega la rilevata identita’ tra il disposto dell’articolo 2641 c.c. e quello dell’articolo 187 TUF.
2.2.1 Mutuando quanto osservato dalle Sezioni Unite Lucci sull’articolo 322 ter c.p., puo’ affermarsi che la confisca “diretta” ha natura di misura di sicurezza e attrae prezzo, prodotto, profitto del reato o beni utilizzati per commetterlo “all’interno di un nucleo per cosi’ dire unitario di finalita’ ripristinatoria dello status quo ante” in un’ottica di prevenzione, (cosi’ Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, in motivazione).
Essa postula la verifica sulla esistenza di un prodotto, profitto, prezzo del reato o dei beni strumentali e la individuazione dei beni, delle somme di denaro o delle altre utilita’ da apprendere.
Con la precisazione che qualora prodotto, profitto, prezzo o beni strumentali siano costituiti da denaro, la confisca delle somme depositate su conto corrente bancario, di cui il soggetto abbia la disponibilita’, deve essere qualificata come confisca diretta e, in considerazione della natura del bene, non necessita della prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto della ablazione e il reato (Sez. U, Lucci, cit. Rv. 264437).
2.2.2 La confisca “per equivalente” o “di valore” e’ azionabile, in via subordinata, ove la confisca diretta non sia attuabile.
Sulla natura della confisca per equivalente si e’ pronunciata la Corte costituzionale che ha affermato trattarsi di misura che attinge beni non intrinsecamente pericolosi e che non sono in rapporto di diretta pertinenzialita’ con il reato per cui si procede, il che esclude la riconducibilita’ dell’istituto alla categoria delle misure di sicurezza e consente di assegnare alla misura ablatoria una connotazione prevalentemente afflittiva e una natura “eminentemente sanzionatoria” (Corte costituzionale n. 97 del 2009).
Su questa scia si e’ posta la giurisprudenza di legittimita’ secondo cui la confisca di valore o per equivalente “viene ad assolvere una funzione sostanzialmente ripristinatoria della situazione economica, modificata in favore del reo dalla commissione del fatto illecito, mediante l’imposizione di un sacrificio patrimoniale di corrispondente valore a carico del responsabile ed e’, pertanto, connotata dal carattere afflittivo e da un rapporto consequenziale alla commissione del reato proprio della sanzione penale, mentre esula dalla stessa qualsiasi funzione di prevenzione che costituisce la principale finalita’ delle misure di sicurezza (ex plurimis, Sez. U, n. 18374 del 31/01/2013, Adami, Rv. 255037; Sez. 3, n. 18311 del 06/03/2014, Cialini, Rv 259103; Sez. 3, n. 23649 del 27/02/2013, D’Addario, Rv. 256164). E’ evidente, infatti, che, essendo la confisca di valore parametrata al profitto, prezzo, prodotto, beni strumentali dell’illecito solo da un punto di vista “quantitativo”, l’oggetto della ablazione finisce per essere rappresentato direttamente da una porzione del patrimonio, il quale, in se’, non presenta alcun elemento di collegamento col reato; il che consente di declinare la funzione della misura in chiave “marcatamente sanzionatoria” (Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, in motivazione che richiama al riguardo anche l’ordinanza n. 97 del 2009 della Corte costituzionale, nonche’ la sentenza della Corte EDU Welch c. Regno Unito del 9 febbraio 1995).
2.2.3. In estrema sintesi la confisca “diretta” si dirige “in prima battuta” verso i beni che presentano una derivazione causale dal reato e che dunque vengono appresi ovunque si trovino anche se detenuti o posseduti o acquisiti da terzi, se non estranei al reato. Quindi e’ preminente la componente dell'”oggetto” della confisca, mentre rimane in secondo piano quella del “soggetto” che viene privato del bene (persona fisica o giuridica, non necessariamente sottoposta a procedimento penale), salvo che si tratti di persona estranea al reato.
La confisca di valore viene in rilievo solo in via subordinata, quando la confisca diretta non sia possibile. Essa riguarda beni di provenienza lecita, non connessi al reato, che sono sottoposti a vincolo solo per il controvalore dei beni causalmente collegati al reato che, per varie ragioni, non sono escutibili. Quindi e’ prevalente la componente “soggettiva”, nel senso che la confisca si rivolge al patrimonio dell’indagato, imputato, condannato, mentre l’oggetto rimane in secondo piano, perche’ assume rilievo solo come “tantundem”.
In questo senso deve essere interpretato e inteso il “principio di sussidiarieta’” (preferibile all’espressione beneficium excussionis che evoca concetti e categorie civilistiche di altra natura), tenendo presente che l’impossibilita’ del reperimento dei beni puo’ essere transitoria e reversibile, purche’ sussistente al momento della richiesta e dell’adozione della misura, non essendo necessaria la preventiva ricerca generalizzata dei beni (cfr. per tutte Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014, Gubert, Rv. 258648).
Va ulteriormente rammentato che e’ legittimo il decreto di sequestro preventivo che presenti una struttura “mista”, prevedendo, in parte, la sottoposizione a vincolo a titolo di sequestro diretto e, in parte, a titolo di sequestro per equivalente, salva la necessita’, nel secondo caso, di predeterminare, gia’ con il provvedimento genetico, il valore del compendio assoggettabile alla cautela (Sez. 3, n. 38858 del 14/06/2016, Fiusco, Rv. 267631).
2.3. L’articolo 2641 c.c., individua, dunque, due diverse tipologie di confisca: la confisca “diretta” (misura di sicurezza) del prodotto o del profitto del reato e dei beni utilizzati per commetterlo; la confisca “per equivalente” (misura a contenuto eminentemente sanzionatorio) per un valore corrispondente a prodotto, profitto, beni strumentali.
La medesima norma sancisce il rapporto di sussidiarieta’ della confisca di valore (del prodotto, profitto, beni strumentali) rispetto alla confisca diretta che deve essere esperita in via prioritaria (cfr. in motivazione Sez. 5, n. 54524 del 30/05/2018, Urgheghe, sul tema analogo del sequestro anticipatorio della confisca ex articolo 187 TUF); il ricorso alla confisca di valore e’ consentito solo nel caso di impossibilita’ (come sopra intesa, cfr. Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014, Gubert, Rv. 258648) di “individuare” o “apprendere” i beni costituenti prodotto, profitto o strumento del reato, che, dato il rapporto causale diretto con il reato, vanno sottoposti a vincolo ovunque si trovino, presso gli indagati/imputati o presso terzi (persone fisiche o giuridiche), ad eccezione dei terzi estranei al reato (in tal senso va letto il richiamo all’articolo 240 c.p., sul punto cfr. infra, paragrafo 2.4.).
Il “prodotto” del reato e’ il risultato materiale della condotta criminosa in immediato e diretto legame causale con la stessa.
Il “profitto” e’ il risultato economico vantaggioso tratto dalla realizzazione del reato.
Quanto infine ai “beni utilizzati” per commettere l’illecito, va osservato che la nozione di “beni” e’ piu’ ampia di “cose”, comprendendo anche il denaro e che l’impiego del termine “utilizzati” fa riferimento a cio’ che e’ stato effettivamente impiegato per commettere l’illecito, concetto da cui rimangono estranei i beni soltanto “destinati” a commetterlo (cfr. articolo 240 c.p.).
Secondo quanto osservato dalla Corte Costituzionale in tema di abusi di mercato (sent. n. 112 del 2019), i “beni utilizzati” per commettere l’illecito “lungi dal poter essere identificati nei tradizionali instrumenta sceleris, in genere rappresentati da cose intrinsecamente pericolose se lasciate nella disponibilita’ del reo (…) non possono che consistere nelle somme di denaro” o negli strumenti finanziari impiegati nel negozio illecito.
In particolare la Corte di cassazione ha avuto modo di affermare che costituiscono “beni utilizzati per commettere il reato” di cui all’articolo 2638 c.c., confiscabili ai sensi dell’articolo 2641 c.c., i finanziamenti concessi da un istituto di credito a terzi per l’acquisto di azioni ed obbligazioni dello stesso istituto, finalizzati a rappresentare una realta’ economica del patrimonio di vigilanza dell’ente creditizio diversa da quella effettiva, con ostacolo delle funzioni delle autorita’ pubbliche di vigilanza (Sez. 5, n. 42778 del 26/05/2017, Consoli, Rv. 271440).
2.4. L’articolo 2641 c.c., comma 3, nel rinviare alla disciplina generale dettata dall’articolo 240 c.p., ha inteso esplicitare l’esclusione, dall’oggetto della confisca, delle cose possedute dalla “persona estranea al reato”.
E’ pacifico che l’ente che trae profitto dall’altrui condotta illecita non puo’ mai essere considerato terzo “estraneo” al reato (cfr. per tutte Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014, Gubert, Rv. 258647; da ultimo, Sez. 3, n. 17840 del 05/12/2018, dep. 2019, Limetti, Rv. 275599 – 02).
3. L’applicazione di tali principi al caso in rassegna, conduce a ritenere fondate le censure svolte dal ricorrente circa l’inosservanza e l’erronea applicazione dell’articolo 321 c.c., comma 2 e articolo 2641 c.c., con le seguenti precisazioni.
3.1. Il giudice per le indagini preliminari ha disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca ex articolo 2641 c.c., dei beni utilizzati per la commissione dei reati di cui agli articoli 2638 e 2622 c.c., nei confronti di (OMISSIS):
– in via diretta di somme di denaro di importo pari a Euro 4.952.162,36;
– in via sussidiaria, qualora il patrimonio dell’indagato fosse risultato, anche in parte, incapiente, nella forma per equivalente dei beni mobili ed immobili nella disponibilita’ di (OMISSIS), sino alla concorrenza della somma sopra indicata.
3.1.1. Va subito chiarito che:
– il sequestro in esame presenta una struttura “mista” (cfr. Sez. 3, n. 38858 del 14/06/2016, Fiusco, Rv. 267631, sopra cit.);
– si discute soltanto della parte concernente il sequestro preordinato alla confisca di valore;
– la parte in cui viene disposto il sequestro prodromico alla confisca “diretta” dei beni strumentali alla commissione del reato non ha formato oggetto di impugnazione con il ricorso principale e dunque esso non e’ stato devoluto alla cognizione del giudice di legittimita’.
3.1.2. Questi dati sono stati pacifici anche per il ricorrente alla luce del tenore del ricorso principale.
In esso il ricorrente da’ atto, espressamente, che il sequestro e’ stato disposto “in forma diretta” sul denaro nella disponibilita’ di (OMISSIS) limitatamente alle somme costituenti il corrispettivo delle azioni proprie finanziate con la parallela conclusione di contratti di mandati irrevocabili a vendere e, in subordine, in caso di incapienza del patrimonio, “per equivalente” (pag. 7 ricorso); il medesimo ricorrente, nell’illustrare l’esecuzione del decreto, precisa che sono stati sottoposti a sequestro tutti i conti correnti e i rapporti finanziari nella disponibilita’ dell’indagato, “nonche’ – nella forma per equivalente – dei beni immobili da lui posseduti” (pagg. 7 e 8 ricorso).
3.1.3. Solo con i motivi nuovi il ricorrente “aggiusta il tiro”, sostenendo che l’intero decreto di sequestro sarebbe nella sostanza per equivalente e, quindi, afferma di volerlo impugnare in toto, ma incorre in una preclusione.
Secondo ius receptum, in tema di impugnazioni, il principio generale concernente la necessaria connessione tra i motivi originariamente proposti e i motivi nuovi, non e’ derogato nell’ambito del ricorso per cassazione contro provvedimenti cautelari (personali o reali), e l’unica diversita’ rispetto alla ordinaria disciplina attiene al termine per la proposizione dei motivi nuovi, che non e’ quello di quindici giorni prima dell’udienza ma e’ spostato all’inizio della discussione (Sez. 2, n. 15693 del 08/01/2016, Campiso, Rv. 266441; Sez. 4, n. 12995 del 05/02/2016, Uda, Rv. 266295).
Ne consegue che al ricorrente e’ inibito impugnare, con i motivi nuovi, un punto del provvedimento non colpito dal ricorso principale.
3.1.4. Ergo questo collegio non puo’ pronunciarsi su quella parte del decreto concernente il sequestro finalizzato alla confisca “diretta”, ne’ puo’ sondarne la effettiva natura.
3.2. Il Tribunale ha ritenuto infondata la eccezione di sussidiarieta’ sul rilievo che le pronunce della Corte di cassazione – richiamate dalla difesa “a cominciare dalla nota S.U. Gubert”, che affermano il principio per cui l’impossibilita’ del reperimento dei beni e valori costituenti il “profitto” del reato e’ condizione necessaria per procedere al sequestro finalizzato alla confisca “per equivalente” – concernono il profitto dei reati tributari “quindi di ipotesi sotto due riversi profili diverse ad quella di cui ci si occupa” (pag. 58 ordinanza impugnata); aggiunge inoltre il Tribunale che “e’ appena il caso di osservare che, sebbene a carico della BPB sia stato contestato l’illecito amministrativo Decreto Legislativo n. 231 del 2001, ex articoli 5 e 25 ter, e’ quanto meno dubbio che le operazioni baciate abbiano apportato un duraturo vantaggio economico alla banca, traducendosi in un annacquamento del capitale sociale foriero di conseguenze negative nel medio-lungo periodo sotto il profilo della solidita’ complessiva dell’istituto di credito. Non e’ un caso che l’ (OMISSIS) nell’appunto da sottoporre alla verifica di G.I. e Ferro ipotizzasse l’intervento di sponsor esterni per risolvere la situazione” (pag. 58 ordinanza impugnata).
3.3. Questa decisione si fonda su una impostazione giuridica errata, che deve essere rivista alla luce dei principi sopra delineati al paragrafo 2.
Mentre e’ solo abbozzato, come mero argomento di sostegno, quello della possibile estraneita’ dell’ente al reato; argomento che, pero’, non e’ in grado di sorreggere da solo la pronuncia, per il modo, ipotetico e generico, in cui e’ formulato.
3.4. Esigenze di chiarezza impongono ulteriori precisazioni.
3.4.1. Se la struttura “mista” del sequestro deve ritenersi legittima, la legittimita’ dipende, pero’, dalla condizione di sussidiarieta’ tracciata nel decreto stesso, che, in astratto, non puo’ dipendere dalla ricerca “diretta” dei beni strumentali limitata al patrimonio dell’indagato e alla relativa incapienza; mentre, in concreto, potra’ atteggiarsi nei modi ritenuti conformi alle peculiari caratteristiche della fattispecie che devono essere analiticamente illustrate e spiegate.
Questo significa che il Tribunale del riesame non potra’ esimersi dal motivare specificamente perche’ quei beni strumentali se non reperiti presso l’indagato non possano trovarsi presso altri e dunque non avrebbe senso ricercarli altrove di talche’ una volta verificato che non si trovano presso l’indagato puo’ per cio’ solo farsi ricorso alla confisca per equivalente;
3.4.2. In questo ambito e nell’ottica del principio di sussidiarieta’, e’ irrilevante l’assenza di una richiesta cautelare del Pubblico ministero finalizzata al sequestro verso l’ente ex L. n. 231 del 2001.
Poiche’ il regime di operativita’ del sequestro preventivo penale e la connessa possibilita’ di vincolare “in via diretta” beni strumentali presenti nel patrimonio della persona giuridica sono del tutto slegati da una eventuale richiesta cautelare ai sensi della L. n. 231 del 2001.
La scelta del Pubblico ministero di non formulare istanza cautelare reale per la responsabilita’ amministrativa dell’ente non si riverbera sul meccanismo di sussidiarieta’ di cui all’articolo 2641 c.c. e articolo 321 c.p.p., comma 2, tanto e’ vero che quel meccanismo opera, pacificamente, anche nei casi di reati per i quali non e’ prevista la responsabilita’ dell’ente.
Giova ripetere che la confisca diretta (e il sequestro prodromico ad essa) si appunta su un “dato oggettivo” (prodotto, profitto, beni strumentali) e cerca questo oggetto ovunque si trovi e presso chiunque lo detenga, data la derivazione causale diretta dal reato e la funzione di prevenzione svolta dalla misura di sicurezza.
Di contro la confisca di valore (e il sequestro prodromico) riguarda beni leciti del patrimonio dell’autore del reato (o comunque, in sede cautelare, del soggetto raggiunto da seri indizi di collegamento con il reato) che vengono assoggettati a vincolo per un valore equivalente a quelli, non reperiti, oggetto di confisca diretta.
4. Discende l’annullamento del provvedimento impugnato relativamente al sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente ex articolo 2641 c.c..
Il processo deve essere rinviato al Tribunale del riesame di Bari che, alla luce del principio di sussidiarieta’ operante anche nella ipotesi disciplinata dall’articolo 2641 c.c., verifichera’, in concreto, la sussistenza o meno dei presupposti di fatto legittimanti il ricorso al sequestro prodromico alla confisca per equivalente.
Va ribadito che, in difetto di impugnazione sul punto, il decreto impugnato ha stabilizzato i propri effetti quanto al profilo del sequestro prodromico alla confisca diretta.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata relativamente al sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente con rinvio per nuovo esame sul punto al Tribunale del riesame di Bari.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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