Il rapporto di lavoro dei cosiddetti “riders”

Corte di Cassazione, sezione lavoro civile, Sentenza 24 gennaio 2020, n. 1663.

La massima estrapolata:

Il rapporto di lavoro dei cosiddetti “riders” addetti al food delivery è inquadrabile nell’ambito delle collaborazioni eteroorganizzate di cui all’articolo 2 del Dlgs 81/2015 che non costituiscono un “tertium genus” intermedio tra la subordinazione e il lavoro autonomo, ma una fattispecie alla quale, al verificarsi delle caratteristiche individuate dallo stesso articolo 2 citato, la legge, in un’ottica rimediale, ricollega imperativamente l’applicazione integrale della disciplina della subordinazione, al fine di tutelare prestatori ritenuti in condizione di debolezza economica e, quindi, meritevoli della stessa protezione di cui gode il lavoratore subordinato.

Sentenza 24 gennaio 2020, n. 1663

Data udienza 14 novembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente

Dott. RAIMONDI Guido – rel. Consigliere

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere

ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 11629/2019 proposto da:
(OMISSIS) S.R.L., quale incorporante di (OMISSIS) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), tutti domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 26/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 04/02/2019 r.g.n. 468/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/11/2019 dal Consigliere Dott. GUIDO RAIMONDI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
uditi gli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso depositato il 10 luglio 2017, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno chiesto al Tribunale di Torino l’accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso con la (OMISSIS) srl ( (OMISSIS)) in liquidazione, lavoro consistente nello svolgimento di mansioni di fattorino in forza di contratti di collaborazione coordinata e continuativa (cd. riders), con la conseguente condanna della societa’ convenuta al pagamento delle differenze retributive maturate, da liquidarsi in separato giudizio. I ricorrenti hanno inoltre sostenuto di essere stati illegittimamente licenziati dalla societa’ e hanno chiesto il ripristino del rapporto, nonche’ la condanna al risarcimento del danno subito per effetto del licenziamento, e per violazione dell’articolo 2087 c.c.. Gli stessi ricorrenti hanno infine lamentato di aver subito un danno non patrimoniale, da liquidarsi in separato giudizio, per violazione delle norme poste a protezione dei dati personali.
2. Con sentenza del 7 maggio 2018, n. 778 il Tribunale di Torino ha rigettato tutte le domande.
3. Avverso tale sentenza hanno proposto appello i lavoratori.
4. La Corte d’appello di Torino, con sentenza n. 26 depositata il 4 febbraio 2019, in parziale accoglimento dell’appello, ha negato la configurabilita’ della subordinazione e ha ritenuto applicabile al rapporto di lavoro intercorso tra le parti il Decreto Legislativo n. 81 del 2015, articolo 2, come richiesto in via subordinata dai lavoratori gia’ in primo grado; conseguentemente, in applicazione di tale norma ha dichiarato il diritto degli appellanti a vedersi corrispondere quanto maturato in relazione all’attivita’ lavorativa prestata, sulla base della retribuzione stabilita per i dipendenti del V livello del CCNL logistica trasporto merci, dedotto quanto percepito; inoltre, ha condannato la societa’ appellata al pagamento delle differenze retributive cosi’ calcolate, oltre accessori. Ogni altro motivo di appello, tra cui in particolare quello relativo all’asserita illegittimita’ dei licenziamenti, e’ stato respinto, pur osservandosi da parte della Corte di appello, su quest’ultimo punto, che in ogni caso non vi era stata un’interruzione dei rapporti di lavoro in essere da parte della societa’ prima della loro scadenza naturale.
5. Per quanto qui ancora interessa, la Corte distrettuale ha ritenuto che il Decreto Legislativo n. 81 del 2015, articolo 2, nel testo applicabile ratione temporis, individui un “terzo genere”, che si viene a porre tra il rapporto di lavoro subordinato cui all’articolo 2094 c.c. e la collaborazione coordinata e continuativa come prevista dall’articolo 409 c.p.c., n. 3, soluzione voluta dal legislatore per garantire una maggiore tutela alle nuove fattispecie di lavoro che, a seguito dell’evoluzione e della relativa introduzione sempre piu’ accelerata delle nuove tecnologie, si stanno sviluppando. Il giudice di appello ha ritenuto esistenti i presupposti per l’applicazione di questa norma, in particolare la etero-organizzazione dell’attivita’ di collaborazione anche con riferimento ai tempi e ai luoghi di lavoro e il carattere continuativo della prestazione.
6. Avverso la citata sentenza della Corte di appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione la (OMISSIS) s.r.l., quale incorporante della (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione. Il ricorso e’ stato affidato a quattro motivi, illustrati da memoria. I lavoratori hanno resistito con controricorso.
7. Successivamente al deposito del ricorso e’ stato pubblicato il Decreto Legge n. 101 del 2019, recante, fra l’altro, modifiche al Decreto Legislativo n. 81 del 2015, articolo 2. Cio’ ha suggerito il rinvio a nuovo ruolo della causa originariamente fissata per l’udienza del 22 ottobre 2019, in attesa della conversione in legge del suddetto decreto, avvenuto con L. n. 128 del 2019.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente deduce la violazione e/o la falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 81 del 2015, articolo 2, in relazione all’articolo 2094 c.c. e articolo 409 c.p.c., n. 3, nonche’ dell’articolo 12 preleggi.
2. Secondo la ricorrente, il Decreto Legislativo n. 81 del 2015, articolo 2, non ha introdotto, come invece ritenuto dalla Corte d’appello, un tertium genus di lavoro, non riconducibile ne’ al lavoro coordinato senza subordinazione (previsto dall’articolo 409 c.p.c., n. 3) ne’ alla subordinazione in senso proprio (articolo 2094 c.c.). Secondo la ricorrente, la etero-organizzazione e’ gia’ un tratto tipico della subordinazione disciplinata nell’articolo 2094 c.c., con la conseguenza che l’articolo 2 cit., nel porla in esponente, non aggiungerebbe nulla alla ricostruzione della nozione sin qui compiuta dalla giurisprudenza, presentandosi come una sorta di norma apparente, inidonea a produrre autonomi effetti giuridici (tesi accolta dalla decisione di primo grado).
3. La Corte d’appello avrebbe inoltre commesso un altro grave errore di diritto, laddove essa ha affermato che la etero-organizzazione disciplinata dall’articolo 2, in discorso consisterebbe nel potere di determinare le modalita’ di esecuzione della prestazione e cioe’ la possibilita’ di stabilire i tempi e i luoghi della prestazione. In tal modo, secondo la ricorrente, la Corte territoriale avrebbe trascurato che l’articolo 2, richiede, ai fini della sua applicazione, che le modalita’ di esecuzione della prestazione siano organizzate dal committente “anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”. La parola “anche” del testo normativo dimostrerebbe che le tutele del lavoro subordinato garantite dall’articolo 2, richiedono non una semplice etero-determinazione di tempi e luogo della prestazione, tantomeno in termini di mera “possibilita’”, ma “una ingerenza piu’ pregnante nello svolgimento della collaborazione, eccedente quindi tale etero-determinazione” (pag. 19 del ricorso).
4. Il motivo e’ infondato.
5. Il Decreto Legislativo n. 81 del 2015, articolo 2, comma 1, sotto la rubrica “Collaborazioni organizzate dal committente”, cosi’ recita: “1. A far data dal 1 gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalita’ di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”.
6. Sul testo del Decreto Legislativo n. 81 del 2015, articolo 2, e, piu’ in generale, sul lavoro attraverso piattaforme digitali, in specie sui riders, e’ intervenuto il decreto L. 3 settembre 2019, n. 101, convertito, con modificazioni, nella L. 2 novembre 2019, n. 128. Le modifiche alla disciplina in discorso non hanno carattere retroattivo, per cui alla fattispecie in esame deve applicarsi il suddetto articolo 2, nel testo previgente al citato recente intervento legislativo. Quest’ultimo, in particolare, quanto dell’articolo 2, comma 1, primo periodo, in discorso, sostituisce la parola “esclusivamente” con “prevalentemente” e sopprime le parole “anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”. Inoltre, la novella aggiunge, dopo il primo periodo, il seguente testo: “Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche qualora le modalita’ di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali”.
7. Prima di procedere all’analisi della censura, conviene ricordare sinteticamente il regolamento contrattuale della fattispecie, concluso sotto forma di contratti di collaborazione coordinata e continuativa, e le modalita’ delle prestazioni litigiose, per come tali elementi sono stati ricostruiti dalla Corte territoriale, che richiama la sentenza di primo grado, e ripercorrere brevemente l’iter logico-giuridico seguito dalla sentenza impugnata per giungere alle conclusioni oggi criticate con il ricorso.
8. Secondo la ricostruzione della Corte territoriale, che ha fatto propria quella del giudice di prime cure, la prestazione lavorativa dei ricorrenti si e’ svolta a grandi linee nel modo seguente: dopo avere compilato un formulario sul sito di (OMISSIS) i controricorrenti venivano convocati in piccoli gruppi presso l’ufficio di (OMISSIS) per un primo colloquio nel quale veniva loro spiegato che l’attivita’ presupponeva il possesso di una bicicletta e la disponibilita’ di un telefono cellulare con funzionalita’ avanzate (smartphone); in un secondo momento veniva loro proposta la sottoscrizione di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa e, dietro versamento di una caparra di Euro 50, venivano loro consegnati gli indumenti di lavoro ed i dispositivi di sicurezza (casco, maglietta, giubbotto e luci) e l’attrezzatura per il trasporto del cibo (piastra di aggancio e box).
9. Il contratto che veniva sottoscritto, cui era allegato un foglio contenente l’informativa sul trattamento dei dati personali e la prestazione del consenso, aveva le seguenti caratteristiche:
si trattava di un contratto di “collaborazione coordinata e continuativa”;
era previsto che il lavoratore fosse “libero di candidarsi o non candidarsi per una specifica corsa a seconda delle proprie disponibilita’ ed esigenze di vita”;
il lavoratore si impegnava ad eseguire le consegne avvalendosi di una propria bicicletta “idonea e dotata di tutti i requisiti richiesti dalla legge per la circolazione”;
era previsto che il collaboratore avrebbe agito “in piena autonomia, senza essere soggetto ad alcun vincolo di subordinazione, potere gerarchico o disciplinare, ovvero a vincoli di presenza o di orario di qualsiasi genere nei confronti della committente”, ma era tuttavia “fatto salvo il necessario coordinamento generale con l’attivita’ della stessa committente”;
era prevista la possibilita’ di recedere liberamente dal contratto, anche prima della scadenza concordata, con comunicazione scritta da inviarsi a mezzo raccomandata a/r con 30 giorni di anticipo;
il lavoratore, una volta candidatosi per una corsa, si impegnava ad effettuare la consegna tassativamente entro 30 minuti dall’orario indicato per il ritiro del cibo, con la comminatoria a suo carico di una penale di 15 Euro;
il compenso era stabilito in Euro 5,60 al lordo delle ritenute fiscali e previdenziali per ciascuna ora di disponibilita’;
il collaboratore doveva provvedere ad inoltrare all’INPS “domanda di iscrizione alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995 n. 335” e la committente doveva provvedere a versare il relativo contributo;
– la committente doveva provvedere all’iscrizione del collaboratore all’INAIL ai sensi del Decreto Legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, articolo 5; il premio era a carico del collaboratore per un terzo e della committente per due terzi;
– la committente – come accennato – doveva affidare al collaboratore in comodato gratuito un casco da ciclista, un giubbotto e un bauletto dotato dei segni distintivi dell’azienda a fronte del versamento di una cauzione di Euro 50.
10. Quanto alle modalita’ di esecuzione delle prestazioni litigiose, la gestione del rapporto avveniva attraverso la piattaforma multimediale “(OMISSIS) e un applicativo per smartphone (inizialmente “(OMISSIS)” e successivamente “(OMISSIS)”), per il cui uso venivano fornite da (OMISSIS) apposite istruzioni. L’azienda pubblicava settimanalmente su (OMISSIS) le fasce orarie (slot) con l’indicazione del numero di riders necessari per coprire ciascun turno. Ciascun rider poteva dare la propria disponibilita’ per le varie fasce orarie in base alle proprie esigenze personali, ma non era obbligato a farlo. Raccolte le disponibilita’, il responsabile della “flotta” confermava tramite (OMISSIS) ai singoli riders l’assegnazione del turno. Ricevuta la conferma del turno, il lavoratore doveva recarsi all’orario di inizio di quest’ultimo in una delle tre zone di partenza predefinite ((OMISSIS)), attivare l’applicativo (OMISSIS) inserendo le credenziali (nome dell’utilizzatore, user name, e parola d’ordine, password) per effettuare l’accesso (login) e avviare la geolocalizzazione (GPS). Il rider riceveva quindi sull’applicazione la notifica dell’ordine con l’indicazione dell’indirizzo del ristorante. Accettato l’ordine, il rider doveva recarsi con la propria bicicletta al ristorante, prendere in consegna i prodotti, controllarne la corrispondenza con l’ordine e comunicare tramite l’apposito comando dell’applicazione il buon esito della verifica. A questo punto, posizionato il cibo nel box, il rider doveva provvedere a consegnarlo al cliente, il cui indirizzo gli era stato nel frattempo comunicato tramite l’applicazione, e doveva quindi confermare di avere regolarmente effettuato la consegna.
11. Non ignora la Corte il vivace dibattito dottrinale che ha accompagnato l’entrata in vigore e i primi anni di vita del Decreto Legislativo n. 81 del 2015, articolo 2, comma 1 – dibattito che non si e’ esaurito e che certamente proseguira’ alla luce delle novita’ portate dal recente intervento legislativo che si e’ ricordato – e nell’ambito del quale sono state proposte le soluzioni interpretative piu’ varie, soluzioni che possono schematicamente e senza alcuna pretesa di esaustivita’ cosi’ evocarsi:
a) una prima via, che segue inevitabilmente il metodo qualificatorio, preferibilmente nella sua versione tipologica, e’ quella di riconoscere alle prestazioni rese dai lavoratori delle piattaforme digitali i tratti della subordinazione, sia pure ammodernata ed evoluta;
b) una seconda immagina l’esistenza di una nuova figura intermedia tra subordinazione e autonomia, che sarebbe caratterizzata dall’etero-organizzazione e che troverebbe nel Decreto Legislativo n. 81 del 2015, articolo 2, comma 1, il paradigma legale (teoria del tertium genus o del lavoro etero-organizzato);
c) la terza possibilita’ e’ quella di entrare nel mondo del lavoro autonomo, dove tuttavia i modelli interpretativi si diversificano notevolmente essendo peraltro tutti riconducibili nell’ambito di una nozione ampia di parasubordinazione;
d) infine, vi e’ l’approccio “rimediale”, che rinviene in alcuni indicatori normativi la possibilita’ di applicare una tutela “rafforzata” nei confronti di alcune tipologie di lavoratori (quali quelli delle piattaforme digitali considerati “deboli”), cui estendere le tutele dei lavoratori subordinati.
12. La via seguita dalla sentenza impugnata e’ quella per cui il Decreto Legislativo n. 81 del 2015, articolo 2, avrebbe introdotto un tertium genus avente caratteristiche tanto del lavoro subordinato quanto di quello autonomo, ma contraddistinto da una propria identita’, sia a livello morfologico, che funzionale e regolamentare.
13. La conseguenza piu’ significativa dell’inquadramento proposto dalla Corte torinese e’ rappresentata dall’applicazione delle tutele del lavoro subordinato al rapporto di collaborazione dei riders. Anche in questo caso, pero’, la Corte territoriale non ritiene praticabile un’estensione generalizzata dello statuto della subordinazione, ma opta per un’applicazione selettiva delle disposizioni per essa approntate, limitata alle norme riguardanti la sicurezza e l’igiene, la retribuzione diretta e differita (quindi relativa all’inquadramento professionale), i limiti di orario, le ferie e la previdenza ma non le norme sul licenziamento.
14. Contro la sentenza della Corte torinese i lavoratori non hanno proposto ricorso incidentale, non insistendo cosi’ sulla loro originaria tesi principale, tendente al riconoscimento nella fattispecie litigiosa di veri e propri rapporti di lavoro subordinato.
15. Venendo ora all’esame del motivo, sotto il primo profilo la doglianza censura radicalmente l’applicazione alla fattispecie litigiosa del Decreto Legislativo n. 81 del 2015, articolo 2, comma 1, giacche’ si tratterebbe di norma “apparente”, incapace come tale di produrre effetti nell’ordinamento giuridico.
16. Non ritiene la Corte di poter accogliere tale radicale tesi.
17. Come e’ stato osservato, i concetti giuridici, in specie se direttamente promananti dalle norme, sono convenzionali, per cui se il legislatore ne introduce di nuovi l’interprete non puo’ che aggiornare l’esegesi a partire da essi, sforzandosi di dare alle norme un senso, al pari di quanto l’articolo 1367 c.c., prescrive per il contratto, stabilendo che, nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziche’ in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno.
18. La norma introdotta nell’ordinamento nel 2015 va contestualizzata. Essa si inserisce in una serie di interventi normativi con i quali il legislatore ha cercato di far fronte, approntando discipline il piu’ possibile adeguate, alle profonde e rapide trasformazioni conosciute negli ultimi decenni nel mondo del lavoro, anche per effetto delle innovazioni tecnologiche, trasformazioni che hanno inciso profondamente sui tradizionali rapporti economici.
19. In attuazione della delega di cui alla L. n. 183 del 2014, cui sono seguiti i decreti delegati dei quali fa parte il Decreto Legislativo n. 81 del 2015, e che vanno sotto il nome di Jobs Act, il legislatore delegato, nel citato D.Lgs., dopo aver indicato nel lavoro subordinato a tempo indeterminato il modello di riferimento nella gestione dei rapporti di lavoro, ha infatti affrontato il tema del lavoro “flessibile” inteso come tale in relazione alla durata della prestazione (part-time e lavoro intermittente o a chiamata), alla durata del vincolo contrattuale (lavoro a termine), alla presenza di un intermediario (lavoro in somministrazione), al contenuto anche formativo dell’obbligo contrattuale (apprendistato), nonche’ all’assenza di un vincolo contrattuale (lavoro accessorio). Per quanto attiene allo svolgimento del rapporto, il legislatore delegato ha poi introdotto un ulteriore incentivo indiretto alle assunzioni, innovando profondamente la disciplina delle mansioni attraverso il Decreto Legislativo n. 81 del 2015, articolo 3, con la riformulazione dell’articolo 2103 c.c..
20. La finalita’ complessiva degli interventi del Jobs Act, costituita dall’auspicato incremento dell’occupazione, perseguita attraverso la promozione del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, e’ stata attuata anche attraverso l’esonero contributivo previsto dalla legge di stabilita’, la quale ha previsto questa agevolazione per un triennio nel caso di assunzioni effettuate nel 2015 e l’esonero contributivo del 40% per un biennio per le assunzioni effettuate nel 2016; il legislatore delegato del 2015 e’ dunque intervenuto in tutte le fasi del rapporto di lavoro con l’intento di incentivare le assunzioni in via diretta ed indiretta.
21. Anche l’abolizione dei contratti di lavoro a progetto, la stabilizzazione dei collaboratori coordinati e continuativi anche a progetto e di persone titolari di partite IVA e la disciplina delle collaborazioni organizzate dal committente si collocano dunque nella medesima prospettiva.
22. In effetti, le previsioni del Decreto Legislativo n. 81 del 2015, articolo 2, vanno lette unitamente all’articolo 52 dello stesso decreto, norma che ha abrogato le disposizioni relative al contratto di lavoro a progetto previsto dal Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articoli da 61 a 69-bis (disposizioni che continuano ad applicarsi per la regolazione dei contratti in atto al 25 giugno 2015, data di entrata in vigore del decreto), facendo salve le previsioni di cui all’articolo 409 c.p.c.. Quindi dal 25 giugno 2015 non e’ piu’ consentito stipulare nuovi contratti di lavoro a progetto e quelli esistenti cessano alla scadenza, mentre possono essere stipulati contratti di collaborazione coordinata e continuativa ai sensi dell’articolo 409 c.p.c., n. 3, sia a tempo determinato sia a tempo indeterminato.
23. E’ venuta meno, percio’, una normativa che, avendo previsto dei vincoli e delle sanzioni, comportava delle garanzie per il lavoratore, mentre e’ stata ripristinata una tipologia contrattuale piu’ ampia che, come tale, comporta il rischio di abusi. Pertanto, il legislatore, in una prospettiva anti-elusiva, ha inteso limitare le possibili conseguenze negative, prevedendo comunque l’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato a forme di collaborazione, continuativa e personale, realizzate con l’ingerenza funzionale dell’organizzazione predisposta unilateralmente da chi commissiona la prestazione. Quindi, dal 1 gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato tutte le volte in cui la prestazione del collaboratore abbia carattere esclusivamente personale e sia svolta in maniera continuativa nel tempo e le modalita’ di esecuzione della prestazione, anche in relazione ai tempi e al luogo di lavoro, siano organizzate dal committente.
24. Il legislatore, d’un canto consapevole della complessita’ e varieta’ delle nuove forme di lavoro e della difficolta’ di ricondurle ad unita’ tipologica, e, d’altro canto, conscio degli esiti talvolta incerti e variabili delle controversie qualificatorie ai sensi dell’articolo 2094 c.c., si e’ limitato a valorizzare taluni indici fattuali ritenuti significativi (personalita’, continuita’, etero-organizzazione) e sufficienti a giustificare l’applicazione della disciplina dettata per il rapporto di lavoro subordinato, esonerando da ogni ulteriore indagine il giudice che ravvisi la concorrenza di tali elementi nella fattispecie concreta e senza che questi possa trarre, nell’apprezzamento di essi, un diverso convincimento nel giudizio qualificatorio di sintesi.
25. In una prospettiva cosi’ delimitata non ha decisivo senso interrogarsi sul se tali forme di collaborazione, cosi’ connotate e di volta in volta offerte dalla realta’ economica in rapida e costante evoluzione, siano collocabili nel campo della subordinazione ovvero dell’autonomia, perche’ cio’ che conta e’ che per esse, in una terra di mezzo dai confini labili, l’ordinamento ha statuito espressamente l’applicazione delle norme sul lavoro subordinato, disegnando una norma di disciplina.
26. Tanto si spiega in una ottica sia di prevenzione sia “rimediale”. Nel primo senso il legislatore, onde scoraggiare l’abuso di schermi contrattuali che a cio’ si potrebbero prestare, ha selezionato taluni elementi ritenuti sintomatici ed idonei a svelare possibili fenomeni elusivi delle tutele previste per i lavoratori. In ogni caso ha, poi, stabilito che quando l’etero-organizzazione, accompagnata dalla personalita’ e dalla continuita’ della prestazione, e’ marcata al punto da rendere il collaboratore comparabile ad un lavoratore dipendente, si impone una protezione equivalente e, quindi, il rimedio dell’applicazione integrale della disciplina del lavoro subordinato.
27. Si tratta di una scelta di politica legislativa volta ad assicurare al lavoratore la stessa protezione di cui gode il lavoro subordinato, in coerenza con l’approccio generale della riforma, al fine di tutelare prestatori evidentemente ritenuti in condizione di “debolezza” economica, operanti in una “zona grigia” tra autonomia e subordinazione, ma considerati meritevoli comunque di una tutela omogenea. L’intento protettivo del legislatore appare confermato dalla recente novella cui si e’ fatto cenno, la quale va certamente nel senso di rendere piu’ facile l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato, stabilendo la sufficienza – per l’applicabilita’ della norma di prestazioni “prevalentemente” e non piu’ “esclusivamente” personali, menzionando esplicitamente il lavoro svolto attraverso piattaforme digitali e, quanto all’elemento della “etero-organizzazione”, eliminando le parole “anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”, cosi’ mostrando chiaramente l’intento di incoraggiare interpretazioni non restrittive di tale nozione.
28. Il secondo profilo della doglianza in esame invita proprio questa Corte, invece, a adottare un’interpretazione restrittiva della norma in discorso.
29. Secondo la ricorrente, come si e’ detto, la Corte territoriale, affermando che la etero-organizzazione disciplinata dall’articolo 2, consisterebbe nel potere di determinare le modalita’ di esecuzione della prestazione e cioe’ la possibilita’ di stabilire i tempi e i luoghi di lavoro, avrebbe trascurato che l’articolo 2, richiede, ai fini della sua applicazione, che le modalita’ di esecuzione della prestazione siano organizzate dal committente “anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”. La parola “anche” del testo normativo dimostrerebbe che le tutele del lavoro subordinato garantite dall’articolo 2, richiedono non una semplice etero-determinazione di tempi e luogo della prestazione, tantomeno in termini di mera “possibilita’”, ma “una ingerenza piu’ pregnante nello svolgimento della collaborazione, eccedente quindi tale etero-determinazione”.
30. Anche tale censura non puo’ essere condivisa.
31. La norma introduce, a riguardo delle prestazioni di lavoro esclusivamente personali e continuative, la nozione di etero-organizzazione, “anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”.
32. Una volta ricondotta la etero-organizzazione ad elemento di un rapporto di collaborazione funzionale con l’organizzazione del committente, cosi’ che le prestazioni del lavoratore possano, secondo la modulazione unilateralmente disposta dal primo, opportunamente inserirsi ed integrarsi con la sua organizzazione di impresa, si mette in evidenza (nell’ipotesi del Decreto Legislativo n. 81 del 2015, articolo 2) la differenza rispetto ad un coordinamento stabilito di comune accordo dalle parti che, invece, nella norma in esame, e’ imposto dall’esterno, appunto etero-organizzato.
33. Tali differenze illustrano un regime di autonomia ben diverso, significativamente ridotto nella fattispecie del Decreto Legislativo n. 81 del 2015, articolo 2: integro nella fase genetica dell’accordo (per la rilevata facolta’ del lavoratore ad obbligarsi o meno alla prestazione), ma non nella fase funzionale, di esecuzione del rapporto, relativamente alle modalita’ di prestazione, determinate in modo sostanziale da una piattaforma multimediale e da un applicativo per smartphone.
34. Cio’ posto, se e’ vero che la congiunzione “anche” potrebbe alludere alla necessita’ che l’etero-organizzazione coinvolga tempi e modi della prestazione, non ritiene tuttavia la Corte che dalla presenza nel testo di tale congiunzione si debba far discendere tale inevitabile conseguenza.
35. Il riferimento ai tempi e al luogo di lavoro esprime solo una possibile estrinsecazione del potere di etero-organizzazione, con la parola “anche” che assume valore esemplificativo. In tal senso sembra deporre la successiva soppressione dell’inciso ad opera della novella cui si e’ fatto piu’ volte cenno. Del resto e’ stato condivisibilmente rilevato che le modalita’ spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa sono, nell’attualita’ della rivoluzione informatica, sempre meno significative anche al fine di rappresentare un reale fattore discretivo tra l’area della autonomia e quella della subordinazione.
36. Parimenti si deve ritenere che possa essere ravvisata etero-organizzazione rilevante ai fini dell’applicazione della disciplina della subordinazione anche quando il committente si limiti a determinare unilateralmente il quando e il dove della prestazione personale e continuativa.
37. Il motivo in esame non critica dunque efficacemente le pertinenti statuizioni della sentenza impugnata.
38. Detto questo, non ritiene la Corte che sia necessario inquadrare la fattispecie litigiosa, come invece ha fatto la Corte di appello di Torino, in un tertium genus, intermedio tra autonomia e subordinazione, con la conseguente esigenza di selezionare la disciplina applicabile.
39. Piu’ semplicemente, al verificarsi delle caratteristiche delle collaborazioni individuate dal Decreto Legislativo n. 81 del 2015, articolo 2, comma 1, la legge ricollega imperativamente l’applicazione della disciplina della subordinazione. Si tratta, come detto, di una norma di disciplina, che non crea una nuova fattispecie.
40. Del resto, la norma non contiene alcun criterio idoneo a selezionare la disciplina applicabile, che non potrebbe essere affidata ex post alla variabile interpretazione dei singoli giudici. In passato, quando il legislatore ha voluto assimilare o equiparare situazioni diverse al lavoro subordinato, ha precisato quali parti della disciplina della subordinazione dovevano trovare applicazione. In effetti, la tecnica dell’assimilazione o dell’equiparazione e’ stata piu’ volte utilizzata dal legislatore, ad esempio con il Regio Decreto n. 1955 del 1923, articolo 2, con la L. n. 370 del 1934, articolo 2 e con la L. n. 1204 del 1971, articolo 1, comma 1, con cui il legislatore aveva disposto l’applicazione al socio di cooperativa di alcuni istituti dettati per il lavoratore subordinato, nonche’ con il Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 2, comma 1 e il Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 2, comma 1, lettera a), in tema di estensione delle norme a tutela della salute e della sicurezza, e con il Decreto Legislativo n. 151 del 2001, articolo 64, come successivamente modificato, che ha disposto l’applicazione alle lavoratrici iscritte alla Gestione Separata dell’INPS alcune tutele previste per le lavoratrici subordinate.
41. Non possono escludersi situazioni in cui l’applicazione integrale della disciplina della subordinazione sia ontologicamente incompatibile con le fattispecie da regolare, che per definizione non sono comprese nell’ambito dell’articolo 2094 c.c., ma si tratta di questione non rilevante nel caso sottoposto all’esame di questa Corte.
42. All’opposto non puo’ neanche escludersi che, a fronte di specifica domanda della parte interessata fondata sul parametro normativo dell’articolo 2094 c.c., il giudice accerti in concreto la sussistenza di una vera e propria subordinazione (nella specie esclusa da entrambi i gradi di merito con statuizione non impugnata dai lavoratori), rispetto alla quale non si porrebbe neanche un problema di disciplina incompatibile; e’ noto quanto le controversie qualificatorie siano influenzate in modo decisivo dalle modalita’ effettive di svolgimento del rapporto, da come le stesse siano introdotte in giudizio, dai risultati dell’istruttoria espletata, dall’apprezzamento di tale materiale effettuato dai giudici del merito, dal convincimento ingenerato in questi circa la sufficienza degli elementi sintomatici riscontrati, tali da ritenere provata la subordinazione; il tutto con esiti talvolta difformi anche rispetto a prestazioni lavorative tipologicamente assimilabili, senza che su tali accertamenti di fatto possa estendersi il sindacato di legittimita’.
43. Del resto la norma in scrutinio non vuole, e non potrebbe neanche, introdurre alcuna limitazione rispetto al potere del giudice di qualificare la fattispecie riguardo all’effettivo tipo contrattuale che emerge dalla concreta attuazione della relazione negoziale, e, pertanto, non viene meno la possibilita’ per lo stesso di accertare l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, secondo i criteri elaborati dalla giurisprudenza in materia, trattandosi di un potere costituzionalmente necessario, alla luce della regola di effettivita’ della tutela (cfr. Corte Cost. n. 115 del 1994) e funzionale, peraltro, a finalita’ di contrasto all’uso abusivo di schermi contrattuali perseguite dal legislatore anche con la disposizione esaminata (analogamente v. Cass. n. 2884 del 2012, sul Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 86, comma 2, in tema di associazione in partecipazione).
44. Il secondo ed il terzo motivo possono essere esaminati congiuntamente, stante la loro stretta connessione.
45. Con il secondo motivo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente deduce la violazione e/o la falsa applicazione dell’articolo 132 c.p.c. e articolo 118 disp. att. c.p.c., in correlazione con l’articolo 111 Cost.. La motivazione sarebbe caratterizzata da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili. La sentenza sarebbe giunta alla sussunzione della fattispecie concreta nell’articolo 2, dopo aver descritto le modalita’ di espletamento della prestazione da parte degli appellanti in termini tali (liberta’ di dare la disponibilita’ ai turni, liberta’ di non presentarsi all’inizio del turno senza previa comunicazione e senza sanzione) da escludere alla radice l’etero-organizzazione, come poi delineata e assunta a base della sussunzione.
46. Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente deduce la violazione e/o la falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 81 del 2015, articolo 2, in relazione al requisito della etero-organizzazione. L’errore che nel secondo motivo si rifletterebbe sulla motivazione e’ qui denunciato direttamente come di errore di sussunzione e dunque come violazione di legge.
47. In realta’ con il secondo motivo, pur se esso viene presentato come error in judicando, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si deduce un vizio di nullita’ della sentenza, rilevante ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (cfr. Cass., SU, n. 8053 del 2014), dolendosi la ricorrente di un contrasto irriducibile tra affermazioni della sentenza impugnata che sarebbero tra loro inconciliabili, in particolare in relazione a due dati funzionali all’accertamento della etero-determinazione dei tempi e dei luoghi di lavoro dalla sentenza ritenuti decisivi, cioe’, da una parte il “fattore tempo”, in particolare con riguardo alla circostanza che, secondo la Corte di appello “Gli appellanti… lavoravano sulla base di una “turnistica” stabilita dall’appellata” e, d’altra parte, al fattore “luogo della prestazione”, giacche’ la stessa sentenza riconosce che i lavoratori dovevano recarsi all’orario di inizio del turno in una delle tre zone di partenza definite ((OMISSIS)).
48. Sotto il primo profilo si fa valere che la stessa sentenza impugnata aveva riconosciuto che, pur trattandosi di fasce orarie predeterminate dalla societa’, questa non aveva il potere di imporre ai lavoratori di lavorare nei turni in questione o di non revocare la disponibilita’ data, oltre al fatto che si ammette nella sentenza della Corte territoriale che i lavoratori erano liberi di dare la propria disponibilita’ per i vari turni offerti dall’azienda, e che la stessa Corte aveva pure accertato l’insussistenza di un potere gerarchico disciplinare da parte della societa’ nei confronti degli appellanti, giacche’ quest’ultima non aveva mai adottato sanzioni disciplinari a danno dei lavoratori anche se questi dopo aver dato la loro disponibilita’ la revocavano (funzione swap) o non si presentavano a rendere la prestazione (no show).
49. Sotto il secondo profilo, la ricorrente fa valere che la possibilita’ per il lavoratore di recarsi in una qualsiasi delle tre piazze indicate evidenziava che la scelta del luogo non era imposta dalla societa’.
50. Come si e’ notato, gli stessi elementi vengono valorizzati come vizio di sussunzione nella fattispecie disciplinata dal Decreto Legislativo n. 81, articolo 2, comma 1, come interpretato dalla Corte di appello, e quindi come violazione di legge.
51. A parere della Corte le critiche mosse con le due doglianze in esame non valgono a censurare efficacemente la sentenza impugnata, che ha individuato l’organizzazione impressa ai tempi e al luogo di lavoro come significativa di una specificazione ulteriore dell’obbligo di coordinamento delle prestazioni, con l’imposizione di vincoli spaziali e temporali emergenti dalla ricostruzione del regolamento contrattuale e delle modalita’ di esecuzione delle prestazioni. In particolare, sotto il primo profilo, valorizzando l’impegno del lavoratore, una volta candidatosi per la corsa, ad effettuare la consegna tassativamente entro 30 minuti dall’orario indicato per il ritiro del cibo, sotto comminatoria di una penale. Sotto il secondo profilo, dando peso alle modalita’ di esecuzione della prestazione, in particolare:
– all’obbligo per ciascun rider di recarsi all’orario di inizio del turno in una delle zone di partenza predefinite e di attivare l’applicativo (OMISSIS), inserendo le credenziali e avviando la geolocalizzazione;
– all’obbligo, ricevuta sulla applicazione la notifica dell’ordine con indicazione dell’indirizzo del ristorante, di recarsi ivi con la propria bicicletta, prendere in consegna i prodotti, controllarne la corrispondenza con l’ordine e comunicare tramite apposito comando della applicazione il buon esito dell’operazione;
– all’obbligo di consegna del cibo al cliente, del cui indirizzo il rider ha ricevuto comunicazione sempre tramite l’applicazione, e di conferma della regolare consegna.
52. Gli elementi posti in rilievo dalla ricorrente, se confermano l’autonomia del lavoratore nella fase genetica del rapporto, per la rilevata mera facolta’ dello stesso ad obbligarsi alla prestazione, non valgono a revocare in dubbio il requisito della etero-organizzazione nella fase funzionale di esecuzione del rapporto, determinante per la sua riconduzione alla fattispecie astratta di cui al Decreto Legislativo n. 81 del 2015, articolo 2, comma 1.
53. Come si osservava, se l’elemento del coordinamento dell’attivita’ del collaboratore con l’organizzazione dell’impresa e’ comune a tutte le collaborazioni coordinate e continuative, secondo la dizione dell’articolo 409 c.p.c., comma 3, nel testo risultante dalla modifica di cui alla L. n. 81 del 2017, articolo 15, comma 1, lettera a), nelle collaborazioni non attratte nella disciplina del Decreto Legislativo n. 81 del 2015, articolo 2, comma 1, le modalita’ di coordinamento sono stabilite di comune accordo tra le parti, mentre nel caso preso in considerazione da quest’ultima disposizione tali modalita’ sono imposte dal committente, il che integra per l’appunto la etero-organizzazione che da’ luogo all’applicazione della disciplina del lavoro subordinato.
54. La Corte territoriale ha individuato gli aspetti logistici e temporali dell’etero-organizzazione, facendo leva sulla dimensione funzionale del rapporto, e dandone conto con una motivazione coerente, esente dal “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” denunciato dalla ricorrente.
55. Non sussistono dunque ne’ il vizio di motivazione inferiore al “minimo costituzionale” (Cass., SU, n. 8053 del 2014, cit.) ne’ quello di sussunzione risolventesi in violazione di legge.
56. A conclusione della disamina dei primi tre motivi di ricorso deve osservarsi che, pur non avendo questo Collegio condiviso l’opinione della Corte territoriale quanto alla riconduzione dell’ipotesi prevista dal Decreto Legislativo n. 81 del 2015, articolo 2, comma 1, a un tertium genus, intermedio tra la subordinazione ed il lavoro autonomo, e alla necessita’ di selezionare le norme sulla subordinazione da applicare, il dispositivo della sentenza impugnata deve considerarsi, per quanto detto, conforme a diritto, per cui la stessa sentenza non e’ soggetta a cassazione e la sua motivazione deve intendersi corretta in conformita’ alla presente decisione, ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., u.c., come richiesto dall’Ufficio del Procuratore Generale.
57. Non vi sono censure relative alle altre condizioni richieste per l’applicabilita’ del Decreto Legislativo n. 81 del 2015, articolo 2, comma 1, cioe’ il carattere esclusivamente personale della prestazione e il suo svolgimento in maniera continuativa nel tempo.
58. A conclusione del ricorso, la ricorrente prospetta poi, come quarto motivo, una questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 2, in discorso se interpretato come norma di fattispecie, come norma cioe’ idonea a produrre effetti giuridici e a dar vita a un terzo genere di rapporto lavorativo, a meta’ tra la subordinazione e la collaborazione coordinata e continuativa. Sotto un primo profilo la ricorrente osserva che la delega contenuta nella L. n. 183 del 2014, avrebbe autorizzato il legislatore delegato a riordinare le tipologie contrattuali esistenti, ma non a crearne di nuove. Se interpretato nei termini tracciati dalla Corte d’appello di Torino, l’articolo 2, si porrebbe dunque in contrasto con l’articolo 76 Cost., in quanto esso violerebbe i limiti posti dal legislatore delegante. Inoltre, sotto un secondo profilo, tale lettura renderebbe l’articolo 2, irragionevole e dunque in contrasto con l’articolo 3 Cost., equiparando l’riders ai fattorini contemplati dalla contrattazione collettiva, a prescindere dalla effettiva equiparabilita’ delle mansioni svolte.
59. Sotto il primo profilo, la questione sollevata non ha piu’ ragione di essere, avendo questa Corte ritenuto il Decreto Legislativo n. 81 del 2015, articolo 2, comma 1, norma di disciplina e non norma di fattispecie, dovendosi escludere che essa abbia dato vita ad un tertium genus, intermedio tra la subordinazione ed il lavoro autonomo, per cui non puo’ parlarsi di eccesso di delega, ben potendo inquadrarsi la norma in discorso nel complessivo riordino e riassetto normativo delle tipologie contrattuali esistenti voluto dal legislatore delegante.
60. Sotto il secondo aspetto, il Collegio non ravvisa alcun profilo di irragionevolezza nella scelta del legislatore delegato di equiparare, quanto alla disciplina applicabile, i soggetti di cui al Decreto Legislativo n. 81 del 2015, articolo 2, comma 1, ai lavoratori subordinati, nell’ottica della tutela di una posizione lavorativa piu’ debole, per l’evidente asimmetria tra committente e lavoratore, con esigenza di un regime di tutela piu’ forte, in funzione equilibratrice.
61. Le questioni di costituzionalita’ sollevate devono dunque ritenersi manifestamente infondate.
62. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso e’ quindi complessivamente da rigettare.
63. L’assoluta novita’ della questione giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimita’, ai sensi dell’articolo 92 c.p.c., comma 2, come modificato dal Decreto Legge n. 132 del 2014, articolo 13, comma 1, convertito, con modificazioni, nella L. n. 162 del 2014.
64. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della societa’ ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimita’. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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