Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|8 febbraio 2021| n. 2970.
Il percorso trifasico costituisce il momento ineludibile del giudizio volto alla determinazione dell’inquadramento del lavoratore subordinato. Detto procedimento logico giuridico si sviluppa in tre fasi successive, consistenti nell’accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte, nell’individuazione delle qualifiche e dei gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e nel raffronto tra il risultato della prima indagine ed i testi della normativa contrattuale individuati nella seconda. L’osservanza del cd. criterio “trifasico” non richiede che il giudice si attenga pedissequamente alla ripetizione di una rigida e formalizzata sequenza delle azioni fissate dallo schema procedimentale, ove risulti che ciascuno dei momenti di accertamento, di ricognizione e di valutazione abbia trovato concreto ingresso nel ragionamento decisorio, concorrendo a stabilirne le conclusioni.
Ordinanza|8 febbraio 2021| n. 2970
Data udienza 23 settembre 2020
Integrale
Tag/parola chiave: Lavoro – Differenze retributive – Inquadramento del lavoratore subordinato – secondo il livello del CCNL – Reiterazione di censure di mero fatto – Rigetto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere
Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere
Dott. PATTI Adriano P. – Consigliere
Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9200-2016 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A., (incorporante la (OMISSIS) S.P.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS), e (OMISSIS), che lo rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6932/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 09/10/2015 R.G.N. 4437/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/09/2020 dal Consigliere Dott. MATILDE LORITO.
RILEVATO
CHE:
La Corte d’Appello di Roma, con sentenza resa pubblica il 9/10/2015, in riforma della pronuncia di prime cure, accoglieva la domanda proposta da (OMISSIS) nei confronti della s.p.a. (OMISSIS) e dichiarava il diritto del ricorrente all’inquadramento nel secondo livello del c.c.n.l. di settore a far tempo dal 18/5/2004, condannando la societa’ al pagamento delle conseguenti differenze retributive.
Nel pervenire a tali conclusioni il giudice del gravame, dopo aver richiamato le declaratorie contrattuali corrispondenti alla qualifica ascritta al lavoratore ed a quella da lui rivendicata, facendo espresso riferimento agli specifici profili ivi declinati, osservava che il quadro istruttorio delineato in prime cure consentiva di accertare nello specifico, la fondatezza del diritto azionato, anche con riferimento al profilo di accertatore/collaudatore enunciato nel contesto della categoria rivendicata. Con argomentazione conclusiva, rimarcava quindi che nella suindicata direzione militava l’ulteriore circostanza che il ricorrente era stato assunto “nel 2003 con contratto di formazione, finalizzato all’acquisizione della qualifica di accettatore, oggetto di azione dal consolidamento del rapporto”:
Avverso tale decisione interpone ricorso per cassazione la s.p.a. (OMISSIS) (incorporante la (OMISSIS)) con plurimi motivi, successivamente illustrati da memoria.
Resiste con controricorso l’intimato.
CONSIDERATO
CHE:
1. La ricorrente denunzia con plurimi profili di censura, “omessa individuazione degli elementi che in termini di mansioni ed autonomia, caratterizzano il livello superiore rivendicato dal lavoratore attraverso la accessoria analisi delle qualifiche e dei gradi previsti al ccnl (per il 3 e 2 livello); omesso confronto fra. le mansioni riferite dai testimoni con quelle previste dalla declaratoria di appartenenza del lavoratore (3 livello); violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c.; violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 97 ccnl Commercio (ora articolo 100)”.
Ci si duole che la Corte di merito abbia omesso di confrontare gli accertamenti in fatto risultanti dalle testimonianze con entrambe le declaratorie contrattuali di riferimento, trascurando di seguire il procedimento logico-giuridico trifasico che presiede a tale tipologia di giudizio.
Si deduce che il quadro istruttorio aveva definito linee di inquadramento delle mansioni svolte dal dipendente, ben diverse da quelle enunciate dal giudice del gravame, escludendo quel grado di autonomia impropriamente enfatizzato dal giudice del gravame.
2. Il ricorso non e’ meritevole di accoglimento.
La societa’ ricorrente, nella definizione della critica articolata, muove dal presupposto giuridico che individua nello svolgimento del cd. percorso trifasico, il momento ineludibile del giudizio volto alla determinazione dell’inquadramento del lavoratore subordinato.
Detto procedimento logico-giuridico, secondo l’insegnamento di questa Corte, si sviluppa in tre fasi successive, consistenti nell’accertamento in fatto delle attivita’ lavorative in concreto svolte, dall’individuazione delle qualifiche e dei gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e dal raffronto tra il risultato della prima indagine ed i testi della normativa contrattuale individuati nella seconda, ed e’ sindacabile in sede di legittimita’ qualora la pronuncia abbia respinto la domanda senza dare esplicitamente conto delle predette fasi (cfr. ex aliis, Cass. 27/9/2010 n. 20272, Cass. 28/4/2015 n. 8589, Cass. 22/11/2019 n. 30580).
Sempre secondo i condivisi dicta di questa Corte (vedi Cass. 27/9/2016 n. 18943) l’osservanza del cd. criterio “trifasico”, da cui non si puo’ prescindere nel procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell’inquadramento del lavoratore, non richiede che il giudice si attenga pedissequamente alla ripetizione di una rigida e formalizzata sequenza delle azioni fissate dallo schema procedimentale, ove risulti che ciascuno dei momenti di accertamento, di ricognizione e di valutazione abbia trovato concreto ingresso nel ragionamento decisorio, concorrendo a stabilirne le conclusioni.
Nello specifico, deve rimarcarsi come la Corte di merito abbia addotto una serie di argomentazioni idonee a confermare la ricorrenza degli elementi dal medesimo ricorrente posti a fondamento del diritto azionato, che inducono a ritenere percorso – il paradigma motivazionale enucleato dalla giurisprudenza di legittimita’ ai fini qui considerati.
– La Corte distrettuale ha innanzitutto fatto richiamo al livello III in godimento, riservato ai lavoratori che svolgono mansioni di concetto o prevalentemente tali, che comportino particolari conoscenze tecniche e adeguata esperienza, ed ai lavoratori specializzati provetti che condizioni di autonomia (“arra= nell’ambito delle proprie mansioni.
Ha poi riportato la disposizione contrattuale che definisce il II livello rivendicato come quello cui appartengono i lavoratori di concetto che svolgono compiti operativamente autonomi e/o con funzioni di coordinamento e controllo, nonche’ il personale che esplica la propria attivita’ con carattere di creativita’ nell’ambito di una specifica professionalita’ tecnica e/o scientifica.
Ha quindi rimarcato che gli esiti della prova testimoniale avevano suffragato appieno il disimpegno da parte appellante, di compiti operativamente autonomi, e, specificamente, della attivita’ di accettatore, specifico profilo riconducibile alla qualifica superiore rivendicata, precisando altresi’ che egli era stato assunto con contratto di formazione finalizzato proprio alla acquisizione della qualifica di accettatore.
La struttura logico-giuridica che innerva l’impugnata sentenza, risponde – dunque ai canoni che definiscono una corretta sussunzione della fattispecie nell’archetipo normativo di riferimento.
3. E’ bene rammentare al riguardo che in tema di ricorso per cassazione, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’ esterna all’esatta interprethzione della norma di legge ed inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura e’ possibile, in sede di legittimita’, sotto l’aspetto del vizio di omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti. Il discrimine tra le distinte ipotesi di violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – e’ segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, e’ mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. n. 7394 del 2010, Cass. n. 16698 del 2010, Cass. n. 8315 del 2013).
Tanto precisato, non puo’ sottacersi che le critiche articolate dalla difesa della ricorrente non hanno il tono proprio di una censiira di legittimita’.
Esse, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione e falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, degradano in realta’ verso l’inammissibile richiesta a questa Corte di una rivalutazione dei fatti storici da cui e’ originata l’azione (cfr. Cass., Sez. Un., 17/12/2019 n. 33373).
In breve, la complessiva censura traligna dal modello legale di denuncia di un vizio riconducibile all’articolo 360 c.p.c., perche’ pone a suo presupposto una diversa ricostruzione del merito degli accadimenti, senza neppure confrontarsi con la ratio decidendi.
Del resto, secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, l’accertamento della natura delle mansioni concretamente svolte. dal dipendente, ai fini dell’inquadramento del medesimo in una determinata categoria di lavoratori, una volta rispettato – cosi’ come nella specie costituisce giudizio di fatto riservato al giudice del merito ed e’ insindacabile, in sede di legittimita’, se sorretto da congrua motivazione (vedi Cass. 30/10/2008 n. 26234, Cass. 31/12/2009 n. 28284, Cass. 28/4/2015 n. 8589). Alla luce delle sinora esposte considerazioni, la sentenza impugnata si sottrae alle censure mosse.
4. Il ricorso, pertanto, e’ respinto.
La regolazione delle spese inerenti al presente giudizio, segue il regime della soccombenza, nella misura in dispositivo liquidata, da distrarsi in favore degli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS).
Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimita’ liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge da distrarsi in favore degli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS).
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a, norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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