È irrevocabile il consenso all’esecuzione in Italia di una sentenza straniera manifestato dal condannato

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|8 gennaio 2021| n. 476.

È irrevocabile il consenso all’esecuzione in Italia di una sentenza straniera manifestato dal condannato, ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. d), d.lgs. 7 settembre 2010, n.161, all’autorità competente dello Stato di condanna secondo le forme stabilite dalla legge di detto Stato (nella specie Regno Unito).

Sentenza|8 gennaio 2021| n. 476

Data udienza 8 ottobre 2020

Integrale
Tag – parola chiave: Sentenza straniera – Riconoscimento – Trasferimento in Italia di cittadino italiano condannato all’estero – Consenso del reo – Art. 10 comma 1 lettera d) dlgs n. 161/2010 – Successivo dissenso – Irrilevanza

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IASILLO Adriano – Presidente

Dott. SARACENO Rosa Anna – Consigliere

Dott. LIUNI Teresa – Consigliere

Dott. CENTOFANTI Francesc – rel. Consigliere

Dott. RENOLDI Carlo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 03.04.2020 della Corte di Appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. CENTOFANTI Francesco;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr. Barberini Roberta, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS), cittadino italiano, e’ stato condannato nel Regno Unito, con sentenza irrevocabile, alla pena di quattro anni e sei mesi di reclusione per reato ivi commesso.
In data 17 settembre 2019 la Corte di appello di Roma ha riconosciuto la sentenza predetta ai fini della sua esecuzione in Italia, dando atto, tra l’altro, che (OMISSIS) aveva espresso il suo consenso al trasferimento, ai sensi del Decreto Legislativo n. 161 del 2010, articolo 10, comma 1, lettera d). La sentenza di riconoscimento e’ divenuta parimenti irrevocabile.
Nelle more del trasferimento dal Regno Unito in Italia, cosi’ deliberato (OMISSIS), con dichiarazione indirizzata alla Corte capitolina, ha revocato il consenso, chiedendo alla Corte stessa di poter continuare l’espiazione nello Stato di condanna, ove avrebbe potuto usufruire della liberazione anticipata.
La Corte adita, con l’ordinanza in epigrafe indicata, ha respinto la richiesta, opponendo il giudicato e l’esistenza di analogo istituto nel nostro ordinamento penitenziario.
2. Avverso la predetta ordinanza (OMISSIS), munito di rituale ministero difensivo, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione.
Il ricorrente, dopo aver ricordato le finalita’ umanitarie sottostanti la disciplina del mutuo riconoscimento delle sentenze penali che irrogano pene detentive, ai fini della loro esecuzione in Stato dell’Unione Europea diverso da quello di condanna, si duole, a cospetto della decisione impugnata, del mancato da essa assegnato – in questo contesto – al decisivo presupposto del necessario consenso dell’interessato, e al persistere del presupposto stesso sino al momento di attuazione del trasferimento.
Il ricorrente, in rapporto alle medesime finalita’ umanitarie, ribadisce di aver revocato il consenso, dopo aver appurato i deteriore trattamento che, in punto di benefici penitenziari, gli sarebbe riservato in Italia, in relazione alla natura del reato (violenza sessuale) cui l’esecuzione e’ riferibile.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il trasferimento in Italia del ricorrente, condannato nel Regno Unito, e’ stato deciso alla stregua del Decreto Legislativo 7 settembre 2010, n. 161, recante disposizioni per conformare il diritto interno alla Decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della liberta’ personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione Europea.
Nell’ambito della cooperazione giudiziaria rafforzata, da tale Decisione Quadro ribadita, alimentato dalla particolare reciproca fiducia degli Stati membri nei rispettivi ordinamenti giuridico-penali, anche processuali (punto 5 dei “Considerando”), il trasferimento nello Stato di esecuzione ha lo scopo dl accrescere la possibilita’ di reinserimento sociale della persona condannata; nell’accertarsi di cio’, occorre tener conto di elementi quali, per esempio, l’attaccamento della persona allo Stato di esecuzione e il fatto che questa consideri tale Stato il luogo in cui mantiene legami familiari, linguistici, culturali, sociali o economici e di altro tipo (punto 9 del “Considerando”).
Tale essendo le finalita’ della disciplina, il consenso al trasferimento, espresso dalla persona condannata, rappresenta il momento cruciale ai fini dell’applicazione della disciplina medesima, in quanto idoneo ad attestare l’effettiva esistenza delle anzidette maggiori opportunita’ di reinserimento. Tale pregiudiziale consenso e’ dunque richiesto, di norma, sulla base dell’articolo 6, comma 1, della Decisione Quadro (recepito, in parte qua, e per il caso di trasmissione della domanda dall’estero, Decreto Legislativo n. 161 del 2010, articolo 10, comma 1, lettera d), che ala sui, prestazione, nelle forme regolate dalla legge dello Stato di condanna, subordina la dislocazione dell’esecuzione penale da compiersi. Esistono peraltro eccezioni alla regola del consenso, a fronte di situazioni nelle quali l’emersione dei ricordati legami, di natura familiare, linguistico-culturale o socio-economica, possa essere affidabilmente ricavata per altra via.
una di queste eccezioni e’ rappresentata dalla titolarita’, in capo al condannato, della cittadinanza dello Stato di esecuzione, accompagnata dalla circostanza della pregressa residenza in tale Stato. In un’eventualita’ siffatta, si prescinde dal menzionato consenso (articolo 5, comma 2, lettera a, della Decisione quadro, recepito in parte qua, dal Decreto Legislativo n. 161 del 2010, articolo 10, comma 4).
2. Cosi’ sinteticamente ricostruita la cornice normativa di riferimento della odierna vincenda processuale, il proposto ricorso si rivela manifestamente infondato solo che si consideri che (OMISSIS), come risulta dal tenore del ricorso stesso, e come efficacemente rilevato dal Procuratore generale requirente, e’ cittadino italiano, in Italia residente, sicche’ il tema del consenso, e della sua oerdurante efficacia – su cui il ricorso stesso e’ incentrato – appare privo di rilievo dirimente, ben potendo il suo trasferimento in Italia essere attuato indipendentemente dal consenso stesso.
3. Si consideri inoltre che, conformemente alla Decisione quadro, competente a raccogliere il consenso ai trasferimento – come gia’ rilevato – risulta, sulla base della legislazione: da essa allo scopo dettata, l’Autorita’ giudiziaria dello Stato di condanna, la quale deve farne menzione nel certificato da cui e’ corredata la sentenza da eseguire, trasmessa, ex articolo 4, comma 1, della Decisione quadro; allo Stato membro richiesto di procedere all’esecuzione.
La manifestazione di successivo dissenso, da (OMISSIS) viceversa direttamente indirizzata all’Autorita’ giudiziaria di tale ultimo Stato, appare dunque irrituale, oltre che tardiva, alla luce del principio per cui, nelle procedure tra Stati inerenti il trasferimento delle persone condannate, il consenso validamente a tale fine prestato dall’interessato, e posto a base della decisione di trasferimento gia’ adottata, non e’ revocabile, non essendo nella disponibillita’ del medesimo il prodursi di effetti giuridici diversi da quelli gia’ realizzatisi a seguito della resa manifestazione di volonta’ (sez. 6, n. 10684 del 17.02.2003, Rebboah, rv. 225027-01; sez. 6, n. 4375 del 20.12.1999, dep. 2000, Alvarez Munoz, Rv. 21587-01).
4. La manifesta infondatezza de, ricorso si traduce, ex articolo 606 c.p.p., comma 3, nella sua inammissibilita’” ogni altra questione assorbita.
Da tale declaratoria consegue, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa correlati all’irritualita’ dell’impugnazione (Corte Cost., sentenza n. 186 del 2000 – di una somma in favore della Cassa delle Ammende nella misura che, in ragione delle decisioni dedotti, si stima equo determinare in in tremila Euro.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma Euro tremila in favore della cassa delle ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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