Il mero criterio della vicinitas

Consiglio di Stato, sezione seconda, Sentenza 20 giugno 2019, n. 4233.

La massima estrapolata:

In ambito urbanistico, il mero criterio della vicinitas di un fondo o di una abitazione all’area oggetto dell’intervento urbanistico-edilizio non può ex se radicare la legittimazione al ricorso, dovendo sempre il ricorrente fornire la prova concreta del vulnus specifico inferto dagli atti impugnati alla propria sfera giuridica, quali il deprezzamento del valore del bene o la concreta compromissione del diritto alla salute e all’ambiente.

Sentenza 20 giugno 2019, n. 4233

Data udienza 21 maggio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1888 del 2008, proposto dal Comune di La Spezia, in persona del Sindaco in carica pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ma. Pu. e Ma. Te. Ba., elettivamente domiciliato presso lo studio della seconda in Roma, via (…),
contro
la signora Da. Mu., non costituita in giudizio,
nei confronti
della Provincia di La Spezia, della Regione Liguria e della signora Fabrizia Rio, non costituite in giudizio,
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per la Liguria, Sezione I, n. 1741 del 27 dicembre 2006, resa inter partes, concernente approvazione del Piano Urbanistico Generale del Comune di La Spezia.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 maggio 2019 il consigliere Giovanni Sabbato e udito, per l’appellante, l’avv. Fe. Ba. su dichiarata delega a verbale degli avvocati Ma. Te. Ba. e Ma. Pu.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso n. 205 del 2003, integrato da motivi aggiunti, proposto innanzi al T.a.r. per la Liguria, la signora Fioretta Rio, alla quale ritualmente subentrava la signora Da. Mu. in qualità di erede, aveva chiesto quanto segue:
a) l’annullamento, in parte qua, dei seguenti atti:
a.1) delibera del consiglio comunale della Spezia, n. 19 del 19 novembre 2002, avente ad oggetto controdeduzioni alle osservazioni al progetto definitivo di piano urbanistico comunale, nella parte in cui ha accolto l’osservazione n. 159, presentata dalla signora Fabrizia Rio;
a.2) verbale della riunione del 31 ottobre 2002 della commissione assetto territoriale ambientale del Comune di La Spezia;
a.3) delibera di consiglio comunale n. 19 del 5 maggio 2003 avente ad oggetto l’adeguamento del p.u.c. ai rilievi formulati dalla Provincia ai sensi e per gli effetti dell’art. 40 comma 7 legge reg. 36/97 sempre riguardo all’osservazione n. 159 (atto impugnato con i motivi aggiunti);
a.4) provvedimento della Provincia di La Spezia in data 3 giugno 2003, avente ad oggetto la presa d’atto dell’avvenuto adeguamento ai rilievi (atto impugnato coni i motivi aggiunti);
a.5) nota del Comune di La Spezia – Area di coordinamento Urbanistica – prot. 37463 del 10 maggio 2006;
b) il risarcimento del danno consequenziale.
2. A sostegno della proposta impugnativa, la signora Rio-Musto – nel contestare la scelta dell’Amministrazione di inserire il terreno identificato al foglio 46, mappale 194, nell’adiacente zona avente possibilità edificatorie ossia nell’ambito di cui all’art. 13 f) “tessuti recenti omogenei” – aveva denunciato, attraverso quattro motivi di gravame, quanto segue:
i) contrariamente a quanto rappresentato dalla controinteressata nella propria osservazione, la proprietà del fondo, per il 50 % (ossia per una superficie di circa 490 mq.), è intestata alla ricorrente a seguito di divisione giudiziale (sentenza del Tribunale di La Spezia n. 1380 del 2001) e questo impedirebbe in radice la configurabilità dell’unità minima d’intervento necessaria ai fini dell’edificazione;
ii) l’accoglimento dell’osservazione è intervenuto dopo che, con atto del 17 settembre 2002, l’Amministrazione comunale si era espressa negativamente, così da configurarsi una “inversione a 180° ” (cfr. pagina 11 del ricorso) della scelta urbanistica del tutto immotivata;
iii-iv) la scelta urbanistica sarebbe comunque incongrua in quanto l’area, alla quale veniva per tal via riconosciuta potenzialità edificatoria, è costituito da un fondo intercluso, non considerabile quale minima unità d’intervento siccome suddiviso tra distinte proprietà e dall’assetto orografico che non si presta facilmente all’edificazione.
3. Costituitisi ad infringendum l’Amministrazione comunale, la Provincia di La Spezia e la signora Fabrizia Rio, quest’ultima nella veste di controinteressata, il Tribunale adì to, Sezione I, ha così deciso il gravame al suo esame:
– ha respinto l’eccezione di inammissibilità per difetto d’interesse, sollevata per il fatto che dall’accoglimento dell’osservazione è scaturita l’edificabilità del suolo della ricorrente;
– ha ritenuto “superato” il primo motivo di ricorso, col quale si lamentava l’erronea considerazione del fondo quale unità minima d’intervento sebbene diviso tra più proprietari;
– ha respinto il terzo motivo di ricorso, col quale si lamentava l’interclusione del fondo tale da rendere impossibile l’edificazione (questo capo della sentenza non è stato impugnato ed è pertanto passato in giudicato);
– ha respinto anche il quarto (ed ultimo) motivo, col quale si lamentava che il carattere acclive del fondo avrebbe indotto l’uso di tecniche edificatorie non usuali per le zone circostanti (anche questo capo della sentenza non è stato impugnato);
– ha accolto, invece, il secondo motivo di ricorso, col quale si lamentava il difetto di motivazione nel quale sarebbe incorso il Comune nell’accogliere l’osservazione;
– ha respinto la richiesta di risarcimento dei danni;
– ha compensato le spese di lite.
4. In particolare, il Tribunale ha ritenuto che:
– “i contenuti del diritto proprietario hanno anche una dimensione soggettiva viste soprattutto le caratteristiche della proprietà immobiliare:il possesso di un’area può avere per il proprietario scopi diversi, tra i quali possono risiedere pacificamente e maggiormente in una realtà cittadina o comunque urbanizzata anche i fini di godere di una zona verde per finalità salutari o ricreative e quindi l’interesse allo sfruttamento meramente economico della proprietà fondiaria non può ritenersi assoluto”;
– preso atto che l’osservazione della controinteressata era stata precedentemente respinta con un’ampia e diffusa motivazione afferente alla posizione del mappale, “nel caso di specie la Sezione ritiene che il Comune dovesse giustificare la modificazione radicale deliberata, sia perché essa ha investito una serie di mappali tanto da poter essere considerata una delle scelte che hanno informato la formazione del piano, sia perché senza tale motivazione l’iter di formazione lo strumento urbanistico appare del tutto irrazionale”.
5. Avverso tale pronuncia il Comune di La Spezia ha interposto appello, notificato l’11 febbraio 2008 e depositato il 9 febbraio 2008, lamentando, attraverso due motivi di gravame (pagine 4 – 11), quanto di seguito sintetizzato:
I) avrebbe errato il Tribunale nel disattendere l’eccezione di inammissibilità del ricorso, in quanto la ricorrente originaria è nelle condizioni, in base alla disciplina urbanistica, di opporsi all’edificazione esprimendo, quale comproprietaria al 50 % del mappale, una volontà contraria alla stessa impedendo il raggiungimento del quoziente proprietario necessario per l’approvazione del PUO attuativo di iniziativa privata;
I.1) avrebbe errato il Tribunale nel ritenere che le delibere n. 29 del 5 febbraio 2005 e n. 21 del 21 settembre 2006 che hanno approvato la variante alle norme di conformità e congruenza, stabilendo una possibilità edificatoria per “sub unità minima” di intervento, abbiano oltrepassato l’opposizione di proprietari di mappali contrari all’edificazione, in quanto permane la necessità del consenso dei comproprietari all’edificazione nella misura del 75 % degli aventi diritto;
II) il Tribunale non avrebbe considerato, nell’accogliere il motivo di ricorso afferente al preteso difetto motivazionale, che, nel verbale della riunione della Commissione consiliare del 28 ottobre 2002, è stato deciso di accogliere in via generale, ed allo scopo di evitare disparità di trattamento per situazioni analoghe, tutte le osservazioni in precedenza respinte e che riguardavano “lotti edificabili” UMI all’interno del tessuto urbano.
6. La signora Da. Mu., nella veste di appellata, non si è costituita nel presente giudizio sebbene ritualmente intimata.
7. In vista della trattazione nel merito del ricorso l’appellante ha svolto difese scritte.
8. Il ricorso, discusso alla pubblica udienza del 21 maggio 2019, merita accoglimento.
9. L’appellante, con il primo motivo, lamenta l’inammissibilità del ricorso di primo grado per la dedotta carenza di interesse della ricorrente.
9.1. Il motivo è fondato. Difatti, alla luce di quanto risulta dal ricorso di primo grado, non emerge che la ricorrente abbia prospettato alcun preciso danno scaturente dalla disciplina urbanistica impugnata, sebbene attributiva di vocazione edificatoria. La ricorrente si limita infatti a discorrere di “gravissimopregiudizio”, senza specificare in che cosa esso consista a fronte di una variazione della disciplina urbanistica che ha carattere incrementativo delle possibilità edificatorie dell’area e quindi del valore economico della stessa. Se è vero che vi potrebbe essere un interesse contrario all’edificazione è vero anche che la ricorrente non prospetta alcun interesse specifico, connesso alla fruibilità dell’ambiente circostante nella sua verginità costruttiva. Questo Consiglio ha avuto modo di evidenziare che “Il diritto al ricorso nel processo amministrativo sorge in conseguenza della lesione attuale di un interesse sostanziale e tende a un provvedimento del giudice idoneo, se favorevole, a rimuovere quella lesione. Le condizioni soggettive per agire in giudizio sono la legittimazione processuale, cosiddetta legittimazione ad agire, e l’interesse a ricorrere” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 21 gennaio 2019, n. 508). L’interesse a ricorrere sussiste, quindi, laddove vi sia una lesione della posizione giuridica del soggetto, ovvero se sia individuabile un’utilità della quale esso fruirebbe per effetto della rimozione del provvedimento e se non sussistano elementi tali per affermare che l’azione si traduca in un abuso della tutela giurisdizionale. Il ricorrente, proponendo ricorso in primo grado, aspira al vantaggio pratico e concreto che può ottenere dall’accoglimento dell’impugnativa, dovendosi postulare che l’atto censurato abbia prodotto in via diretta una lesione attuale della posizione giuridica sostanziale dedotta in giudizio. Come di recente ribadito da questo Consiglio, la lesione da cui deriva, ex art. 100 c.p.c., l’interesse a ricorrere deve costituire “una conseguenza immediata e diretta del provvedimento dell’Amministrazione e dell’assetto di interessi con esso introdotto, deve essere concreta e non meramente potenziale, e deve persistere al momento della decisione del ricorso” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 29 aprile 2019, n. 2732). Non può quindi reputarsi sufficiente quanto evidenziato in sede di ricorso originario in ordine al fatto che la ricorrente “risiede nelle immediate vicinanze”. In ambito urbanistico, il mero criterio della vicinitas di un fondo o di una abitazione all’area oggetto dell’intervento urbanistico – edilizio non può ex se radicare la legittimazione al ricorso, dovendo sempre il ricorrente fornire la prova concreta del vulnus specifico inferto dagli atti impugnati alla propria sfera giuridica, quali il deprezzamento del valore del bene o la concreta compromissione del diritto alla salute e all’ambiente. In effetti il criterio della vicinitas, se è idoneo a definire la sussistenza di una posizione giuridica qualificata e differenziata in astratto configurabile come interesse legittimo, tuttavia non esaurisce le condizioni necessarie cui è subordinata la legittimazione al ricorso, dovendosi da parte di chi ricorre fornire invece la prova del concreto pregiudizio patito e patiendo (sia esso di carattere patrimoniale o di deterioramento delle condizioni di vita o di peggioramento dei caratteri urbanistici che connotano l’area) a cagione dell’intervento edificatorio (Cons Stato, sez. IV, 15 dicembre 2017, n. 5908).
9.2. Ma il ricorso proposto in prime cure si palesa inammissibile per non essere assistito dal necessario profilo d’interesse anche sotto altro profilo, che parte appellante valorizza attraverso il riferimento il disposto dell’art. 54 comma 8 della L.R. 36 del 1997 che prevede, con il richiamo all’art. 51 comma 1 della stessa legge, la necessità per il PUO di iniziativa privata del consenso dei proprietari di immobili rappresentanti almeno il 75% del rispettivo valore catastale. L’art. 54, comma 8, infatti prevede che “In caso di P.U.O. di iniziativa privata i proponenti, ai fini del rispetto degli impegni assunti nei confronti del Comune per la cessione delle aree necessarie alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, possono conseguire mediante espropriazione la piena disponibilità degli immobili dei proprietari non aderenti all’iniziativa assunta ai sensi dell’articolo 51, comma 1”, il quale a sua volta statuisce che “Il PUO di iniziativa privata o mista può essere redatto anche a cura e spese dei proprietari di immobili, rappresentanti almeno il 75 per cento del rispettivo valore catastale, previo formale invito ai restanti proprietari ad aderire all’iniziativa entro il termine prefissato ed una volta che questo sia infruttuosamente decorso. Ai fini della determinazione della percentuale di cui sopra non si tiene conto della rendita dei fabbricati esistenti nel perimetro del PUO dei quali non sia prevista, né richiesta alcuna trasformazione”.
In base a tale disposizione, infatti, la ricorrente, proprietaria del mappale al 50 %, ben potrebbe opporsi all’edificazione rifiutandosi di prestare il consenso all’approvazione del piano attuativo, che, come detto, richiede almeno il 75 % del valore degli immobili, così neutralizzando la scelta urbanistica nei suoi possibili effetti pregiudizievoli. Di ciò ha preso atto la stessa ricorrente di primo grado laddove ha evidenziato che “L’unità minima costituita dal mappale n. 194, essendo suddivisa in due porzioni pari alla metà dell’intero, non potrà mai essere edificata ai sensi del PUC adottato e dell’art. 54 della LUR, non potendo raggiungere gli altri proprietari (ossia l’attuale controinteressata e sua madre) la percentuale minima del 75 % in assenza del consenso della ricorrente” (cfr. pagina 8 del ricorso). Il fatto che le predette disposizioni siano contemplate a livello di legge regionale deve far ritenere che loro portata applicativa non sia neutralizzabile, contrariamente a quanto opinato sul punto dal Tribunale, per effetto delle sole deliberazioni consiliari n. 29 del 5 dicembre 2005 e n. 21 del 21 settembre 2006 nella parte in cui prevedono, peraltro del tutto genericamente, una possibilità edificatoria per “sub unità minima” di intervento.
9.3. Tanto è sufficiente per l’accoglimento dell’appello, risultando assorbito il secondo motivo di gravame, afferente al merito della controversia, la cui disamina è invariabilmente preclusa dalla statuizione in rito circa la rilevata inammissibilità del ricorso originario.
10. In conclusione, l’appello è fondato e pertanto, in riforma dell’impugnata sentenza, il ricorso instaurativo della lite va dichiarato inammissibile per difetto d’interesse.
11. L’assoluta particolarità della vicenda costituisce eccezionale motivo per disporre la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (R.G. n. 1888/2008), lo accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, dichiara il ricorso instaurativo della lite inammissibile per difetto d’interesse.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 maggio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo – Presidente
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Giancarlo Luttazi – Consigliere
Giovanni Sabbato – Consigliere, Estensore
Carla Ciuffetti – Consigliere

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