Il lasso di tempo che fa sorgere in capo alla pubblica amministrazione l’onere di una motivazione rafforzata per l’ingiunzione di demolizione

Consiglio di Stato, Sezione sesta, Sentenza 12 ottobre 2020, n. 6112.

Il lasso di tempo che fa sorgere in capo alla pubblica amministrazione l’onere di una motivazione rafforzata per l’ingiunzione di demolizione di opera edilizia abusivamente realizzata, non è quello che intercorre tra il compimento dell’abuso ed il provvedimento sanzionatorio, ma tra la conoscenza da parte dell’amministrazione dell’abuso ed il provvedimento sanzionatorio adottato, con la conseguenza che, in mancanza di conoscenza dell’illecito da parte dell’amministrazione, non può consolidarsi in capo al privato alcun affidamento giuridicamente apprezzabile, il cui sacrificio meriti di essere adeguatamente considerato in sede motivazionale.

Sentenza 12 ottobre 2020, n. 6112

Data udienza 9 luglio 2020

Tag – parola chiave: Abusi edilizi – Ordine di demolizione – Lasso di tempo – Motivazione rafforzata – Conoscenza dell’illecito – Legittimo affidamento del privato – Non è configurabile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3404 del 2019, proposto dalla signora An. Av., rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. Vi. La Pe., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Comune di Latina, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Fr. Pa. Ca., dell’Avvocatura comunale, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizi;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione staccata di Latina, Sez. I, 1 febbraio 2019 n. 54, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Vista la costituzione in giudizio del Comune di Latina e i documenti prodotti;
Esaminate le ulteriori note depositate da entrambe le parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella udienza pubblica del 9 luglio 2020 (svolta secondo la disciplina prevista dall’art. 84 comma 5, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla l. 24 aprile 2020, n. 27, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto dalla circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario generale della Giustizia amministrativa) il Cons. Stefano Toschei;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. – Con ricorso in appello la signora An. Av. ha chiesto a questo Consiglio la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione staccata di Latina, Sez. I, 1 febbraio 2019 n. 54, con la quale è stato respinto il ricorso (n. R.g. 686/2017) proposto al fine di vedere annullata l’ordinanza 5 giugno 2017 n. 15892/6118, adottata dal dirigente del competente ufficio del Comune di Latina, con la quale è stato ordinato alla signora An. Av. di demolire alcune opere edilizie effettuate nella sua proprietà in assenza del necessario titolo edilizio.
2. – La documentazione prodotta in giudizio dalle parti controvertenti in sede di appello (nonché nel giudizio di primo grado) consente di ricostruire la vicenda contenziosa come segue, limitatamente alle questioni fatte oggetto di ricorso in primo grado e decise con la sentenza della quale qui si chiede la riforma:
– alla signora An. Av. è stata contestata, dal Comune di Latina, la realizzazione, senza il prescritto titolo edilizio, di un “manufatto, staccato dal corpo centrale, realizzato in mattoni (del tipo identico a quelli del fabbricato per civile abitazione), con sovrastante copertura in fogli bituminosi, provvisto di infissi e porta di accesso, adibito a locale magazzino delle dimensioni in pianta pari a ml 4,00 x 6,00 circa con altezza pari a ml 1.80 circa. All’interno dello stesso è scoro ricavato un piccolo locale WC, ed il tutto risulta ribassato rispetto al piano cortilizio di circa ml 0,30” (così, testualmente, nel provvedimento impugnato in primo grado);
– la signora Av. impugnava detto provvedimento dinanzi al TAR per il Lazio, sezione distaccata di Latina, contestandone la legittimità in quanto il comune procedente era stato reso edotto, grazie alle memorie depositate dall’interessata nel corso dell’istruttoria, della circostanza che il manufatto fosse risalente nel tempo e che comunque fosse già esistente nell’anno 1967, non avendo il comune offerto alcuna dimostrazione dell’epoca in cui l’immobile era stato realizzato;
– in particolare la odierna appellante dimostrava la bontà del proprio assunto difensivo per il tramite del deposito di foto aeree (corredate del c.d. sistema di certificazione S.A.R.A NISTRI) che confermavano la fondatezza della censura dedotta;
– il Tribunale amministrativo regionale, tuttavia, respingeva il ricorso affermando che la parte ricorrente non avesse dato prova dell’anteriorità al 1967 delle opere contestate come abusive.
Da qui la proposizione dell’appello nei confronti della pronuncia resa dal giudice di prime cure.
3. – La signora Av., nella presente sede di appello si duole della erroneità con la quale il giudice di primo grado non abbia tenuto conto, come avrebbe dovuto, della decisiva circostanza che la ricorrente in primo grado avesse offerto ampia dimostrazione di avere acquistato l’immobile in questione nel lontano 1985 e che già nell’atto notarile di compravendita era indicata la realizzazione dell’immobile in epoca antecedente al 1967. In ragione di ciò e del legittimo affidamento ingenerato nella signora Av., quest’ultima non aveva mai chiesto alcuna sanatoria delle opere inerenti all’edificio.
D’altronde dalle aereofotogrammetrie depositate in primo grado si appalesa evidente l’esistenza del fabbricato nel 1974.
Di conseguenza la odierna appellante concludeva chiedendo la riforma della sentenza di primo grado, qui oggetto di appello, con conseguente accoglimento del ricorso proposto in primo grado e annullamento del provvedimento demolitorio impugnato, in quanto illegittimo.
4. – Si è costituito il Comune di Latina sostenendo la correttezza della sentenza assunta in prime cure e ribadendo la legittimità del percorso repressivo sanzionatorio sviluppato dagli uffici comunali. Di conseguenza il comune appellato chiedeva la reiezione dell’appello e la conferma della sentenza di primo grado.
Entrambe le parti costituite hanno presentato note per il passaggio in decisione della controversia nelle quali confermavano le conclusioni già formulate negli atti processuali.
5. – Pare evidente che la soluzione della controversia qui in grado di appello è caratterizzata, essenzialmente, dalla corretta individuazione dell’epoca di realizzazione delle opere edilizie contestate come abusive, piuttosto che della realizzazione dell’immobile nel quale esse sono inserite.
In punto di diritto giova, preliminarmente, ricordare che:
– grava esclusivamente sul privato l’onere della prova in ordine alla data della realizzazione dell’opera edilizia al fine di poter escludere al riguardo la necessità di rilascio del titolo edilizio per essere stata l’opera medesima realizzata secondo il regime originariamente previsto dall’art. 31, comma 1, l. 17 agosto 1942, n. 1150, ossia prima della novella introdotta dall’art. 10 della c.d. legge ponte, l. 6 agosto 1967, n. 765, tenuto conto che tale onere discende attualmente, in linea di principio, dagli artt. 63, comma 1, e 64, comma 1, c.p.a. in forza dei quali spetta al ricorrente l’onere della prova in ordine a circostanze che rientrano nella sua disponibilità (cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. II, 8 maggio 2020 n. 2906);
– più specificamente, con riferimento alla realizzazione di opere edilizie all’interno di un immobile già realizzato, l’onere della prova dell’ultimazione entro una certa data di un’opera edilizia abusiva, allo scopo di dimostrare che essa rientra fra quelle per le quali si può ottenere una sanatoria speciale ovvero fra quelle per cui non era richiesto un titolo ratione temporis, perché realizzate legittimamente senza titolo, ratione temporis, incombe in linea generale sul privato a ciò interessato, unico soggetto ad essere nella disponibilità di documenti e di elementi di prova, in grado di dimostrare con ragionevole certezza l’epoca di realizzazione del manufatto (cfr., tra le molte, Cons. Stato, Sez. VI, 5 marzo 2018 n. 1391);
– nondimeno nell’ambito della surriferita opinione giurisprudenziale (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 18 luglio 2016 n. 3177) si ammette un temperamento secondo ragionevolezza nel caso in cui, il privato da un lato porti a sostegno della propria tesi sulla realizzazione dell’intervento prima del 1967 elementi dotati di un alto grado di plausibilità (aeorofotogrammetrie, dichiarazioni sostitutive di edificazione ante 1 settembre 1967) e, dall’altro, il comune fornisca elementi incerti in ordine alla presumibile data della realizzazione del manufatto privo di titolo edilizio, o con variazioni essenziali;
– per completezza va poi rammentato che il lasso di tempo, che fa sorgere in capo alla pubblica amministrazione l’onere di una motivazione rafforzata per l’ingiunzione di demolizione di opera edilizia abusivamente realizzata, non è quello che intercorre tra il compimento dell’abuso ed il provvedimento sanzionatorio, ma tra la conoscenza da parte dell’amministrazione dell’abuso ed il provvedimento sanzionatorio adottato, con la conseguenza che, in mancanza di conoscenza dell’illecito da parte dell’amministrazione, non può consolidarsi in capo al privato alcun affidamento giuridicamente apprezzabile, il cui sacrificio meriti di essere adeguatamente considerato in sede motivazionale (cfr., in argomento, Cons. Stato, Sez. IV, 1 agosto 2017 n. 3840 e Sez.VI, 8 aprile 2016 n. 1393).
6. – Nel caso di specie, in punto di fatto, la odierna appellante aveva depositato nel giudizio di primo grado le foto aeree certificate dalla società S.A.R.A. NISTRI S.r.l. dalle quali emerge che l’edificio era già esistente nel 1974.
Tale documento, come pare evidente, non costituisce elemento probatorio utile a dimostrare l’antecedenza della realizzazione dell’edificio rispetto al 1967, ma soprattutto non permette di dimostrare che le opere edilizie contestate come abusive e indicate specificamente nel provvedimento demolitorio impugnato in primo grado siano state realizzate in epoca antecedente al 1967, limitandosi (peraltro solo in veste presuntiva) la dimostrazione della loro esistenza in epoca successiva al 1967 (il 1974).
La dimostrazione, per come già sopra rappresentato, della realizzazione ante 1967 delle opere contestate dal comune come abusive spettava al privato, oggi parte appellante, e certo non all’amministrazione comunale, con la conseguenza che il provvedimento comunale impugnato in primo grado si manifesta legittimamente adottato, non potendosi poi certamente attribuire valore decisivo alla menzione della data di realizzazione delle opere nell’atto di acquisto stipulato nel 1985.
7. – In ragione delle suesposte osservazioni l’appello va respinto, confermandosi la sentenza fatta oggetto di appello nonché la reiezione del ricorso proposto dalla signora An. Av. in primo grado.
Le spese di giudizio del grado di appello seguono la soccombenza, per il noto principio di cui all’art. 91 c.p.c., per come richiamato espressamente dall’art. 26, comma 1, c.p.a., di talché le stesse vanno imputate a carico della parte appellante signora An. Av. ed in favore della parte appellata, il Comune di Latina, nella misura complessiva di Euro 3.000,00 (euro tremila/00), oltre accessori come per legge.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello n. R.g. 3404/2019, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione staccata di Latina, Sez. I, 1 febbraio 2019 n. 54.
Condanna la parte appellante, signora An. Av., a rifondere le spese del grado di appello in favore dell’appellato, Comune di Latina, in persona del Sindaco pro tempore, che liquida nella misura complessiva di Euro 3.000,00 (euro tremila/00), oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 9 luglio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro – Presidente
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere
Stefano Toschei – Consigliere, Estensore

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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