Il giudice d’appello può dare una qualificazione giuridica diversa da quella data dal giudice di primo grado

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|9 novembre 2022| n. 33057.

Il giudice d’appello può dare una qualificazione giuridica diversa da quella data dal giudice di primo grado

Il giudice d’appello può dare al rapporto in contestazione una qualificazione giuridica diversa da quella data dal giudice di primo grado o prospettata dalle parti, avendo egli il potere dovere di inquadrare nell’esatta disciplina giuridica gli atti e i fatti che formano oggetto della controversia, anche in mancanza di una specifica impugnazione e indipendentemente dalle argomentazioni delle parti, purché nell’ambito delle questioni riproposte col gravame e col limite di lasciare inalterati il petitum e la causa petendi e di non introdurre nel tema controverso nuovi elementi di fatto.

Ordinanza|9 novembre 2022| n. 33057. Il giudice d’appello può dare una qualificazione giuridica diversa da quella data dal giudice di primo grado

Data udienza 27 settembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Contratto di locazione – Destinazione a parcheggio pubblico – Rilascio del terreno – Risarcimento dei danni in base ai canoni detraibili per l’utilizzazione a parcheggio ovvero liquidazione equitativa – Censure inammissibili

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere

Dott. AMBROSI Irene – rel. Consigliere

Dott. ROSSELLO Carmelo Carlo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 34979/2019 R.G. proposto da:
COMUNE di Nocera Inferiore, in persona del Sindaco, rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS), giusta procura speciale in calce al ricorso, con domicilio presso la Cancelleria della Corte di cassazione, in Roma, Piazza Cavour;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), in proprio e nella qualita’ di assuntore nel Fallimento della (OMISSIS) e del socio accomandatario Dott. (OMISSIS) – Fall. N. (OMISSIS) Tribunale di Nocera; (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), tutti rappresentati e difesi dall’Avv. (OMISSIS), giusta procura speciale in calce al controricorso con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), in (OMISSIS)
– controricorrenti – ricorrenti incidentali –
avverso la sentenza della Corte di appello di Salerno n. 556/2019, pubblicata il 29 aprile 2019.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 27 settembre 2022 dalla Consigliera Dott. Irene Ambrosi.

Il giudice d’appello può dare una qualificazione giuridica diversa da quella data dal giudice di primo grado

RILEVATO

Che:
1. Nel marzo 2011, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) convenivano in giudizio il Comune di Nocera Inferiore dinanzi al Tribunale della stessa citta’ per sentire dichiarare: l’avvenuta risoluzione di diritto del contratto di locazione del terreno di loro proprieta’ di mq. 5337, sito nello stesso Comune, affinche’ fosse destinato a parcheggio pubblico sino al 31 gennaio 2004; l’occupazione illecita del terreno e la condanna del Comune convenuto al rilascio immediato del bene, oltre al risarcimento dei danni da commisurare ai canoni detraibili per l’utilizzazione a parcheggio o mediante liquidazione equitativa, oltre rivalutazione e interessi.
Il convenuto Comune, costituitosi in giudizio, contestava la non integrita’ del contraddittorio per non essere stata citata in giudizio la comproprietaria (OMISSIS) e, nel merito eccepiva che la domanda era fondata sull’erroneo presupposto che il contratto de quo, di durata pattizia di meno di dieci mesi, fosse svincolato dalla durata minima prevista per legge dei sei anni e fosse riconducibile ad un contratto di locazione ad uso nona abitativo regolato della L. n. 392 del 1978, articoli 27 e segg. e/o articolo 42, non rinvenendosi i caratteri della locazione a carattere transitorio di cui all’articolo 27, comma 5, stessa Legge; sicche’ dopo la scadenza senza disdetta il contratto si era rinnovato sino all’aprile del 2015 e, quindi, senza detenzione illecita e concludeva per il rigetto della domanda.
Il Tribunale di Nocera, ritenuta l’integrita’ del contraddittorio (essendo deceduta prima dell’introduzione del giudizio (OMISSIS)), accoglieva la domanda, ritenendo il contratto intercorso tra le parti risolto nel gennaio 2004 e atipico, con condanna del Comune convenuto alla restituzione dell’area e al risarcimento dei danni quantificato in Euro 49.920,00 (pari al canone concordato moltiplicato per 48 mensilita’), oltre interessi, maggior danno e spese.
2. Avverso la sentenza di prime cure ha proposto appello il Comune di Nocera, chiedendo la riforma integrale della sentenza e contestando la qualificazione del contratto e il conseguente liquidato risarcimento, e in via subordinata, chiedendo di limitare la condanna al solo risarcimento dei danni pari alla differenza tra quanto liquidato in sentenza e l’importo di Euro 28.080,00 per i canoni dovuti per gli anni 2009 e 2010 e fino a marzo 2011 come previsto dal D.I. n. 471 del 2011, costituente giudicato esterno. Costituitisi gli appellati e in particolare, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (questi ultimi tre quali eredi di (OMISSIS)) hanno chiesto il rigetto dell’appello poiche’ infondato.
Nelle more del processo di appello si e’ costituita la Curatela fallimentare del Dott. (OMISSIS).
La Corte di appello di Salerno, in parziale riforma della sentenza gravata, ha rideterminato la condanna del Comune al pagamento della differenza tra quanto liquidato dalla sentenza impugnata e quanto gia’ versato all’esito del giudizio di ottemperanza, con condanna del Comune alle spese del grado.
Per quel che ancora rileva, la Corte di merito ha affermato la sussistenza nella fattispecie de qua dei presupposti della locazione transitoria prevista dalla L. n. 392 del 1978, articolo 27, comma 5, e cio’ per quanto risultava dalla documentazione negoziale.
3. Avverso la sentenza di appello, il Comune di Nocera Inferiore ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi. Hanno resistito con controricorso (OMISSIS), (OMISSIS) – in proprio e nella spiegata qualita’ di assuntore nel Fallimento della (OMISSIS) e del socio accomandatario Dott. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e hanno proposto ricorso incidentale articolato in due motivi.
La trattazione del ricorso e’ stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’articolo 380-bis.1 c.p.c..
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni, ne’ le parti hanno depositato memorie.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso principale, il Comune lamenta la “Nullita’ della sentenza per violazione degli articoli 112 e 345 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4”; in particolare, sostiene che la decisione della Corte territoriale “ha travalicato i limiti della mera interpretazione e riqualificazione della domanda, interferendo nel potere dispositivo delle parti ed alterando la causa petendi e i susseguenti petita al punto di accedere ad una prospettazione giuridica contestata dagli stessi appellati”.
2. Con il secondo motivo lamenta la “Violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, articolo 27, commi 4 e 5 e articolo 42, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3” in quanto la Corte di appello, nel pervenire alla qualificazione giuridica del rapporto controverso come “locazione non abitativa transitoria” L. n. 392 del 1978, ex articolo 27, comma 5, ha adottato un criterio soggettivo secondo cui, ad integrare tale tipo di locazione non e’ tanto il carattere provvisorio ed eccezionale dell’attivita’ da espletare nell’immobile locato, ma sono le circostanze soggettive che emergono tutte le volte in cui occorra assicurare per un tempo limitato il godimento dell’immobile.
La Corte di appello avrebbe con cio’ trascurato di considerare il requisito oggettivo della transitorieta’ dell’attivita’ espletata o da espletare che deve comunque sussistere; a tal fine, sarebbero irrilevanti gli antefatti riportati dalla sentenza impugnata (precedente requisizione dei terreni per alloggi precari per terremotati, successiva espropriazione dei terreni, impugnata dagli espropriati e annullata dal giudice amministrativo; pendenza di un giudizio risarcitorio per abusiva occupazione in dipendenza dell’annullamento del provvedimento espropriativo) nonche’ la circostanza dell’urgenza di destinare l’area in questione a parcheggio per le difficolta’ derivate dall’apertura dei cantieri per effettuare i lavori di riqualificazione di vie e piazze.
Il Comune ricorrente evidenzia che “a recidere ogni dubbio in ordine alla reale natura della locazione in discussione e’ il comportamento acquiescente rilevante ai sensi dell’articolo 1362 c.c., comma 2, assunto dai locatori nel lungo arco temporale trascorso dalla scadenza del contratto (31.12.2004) all’introduzione della lite (25.03.2011) e concretizzatosi nella percezione senza riserva dei canoni fino al 2008 e nel ricorso per ingiunzione di pagamento dei canoni per le annualita’ successive” e tali circostanze sarebbero incompatibili con la ritenuta transitorieta’ della locazione.

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3. Con il terzo motivo del ricorso principale, il Comune ricorrente lamenta la “violazione dell’articolo 2909 c.c. e della L. n. 392 del 1978, articolo 80, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3” dolendosi in particolare che la Corte di appello non abbia rilevato la circostanza – assolutamente pacifica e comunque ben nota ai locatori – della perdurante destinazione dell’immobile de quo a pubblico parcheggio per ben sette anni dalla scadenza del contratto fino alla proposizione dell’azione, con cio’ non valutando l’effetto di tale condotta che avrebbe stabilizzato il rapporto nel regime ordinario di cui all’articolo 27, comma 4 in rapporto alla L. n. 392 del 1978, articolo 42.
4. Con il primo motivo del ricorso incidentale, i resistenti denunciano la “violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’articolo 2909 c.c. e articolo 12 disp. gen.” poiche’, in ragione della mancata opposizione al decreto ingiuntivo n. 457 del 2001, emesso dal Tribunale di Nocera nei confronti del Comune su loro istanza, si e’ formato giudicato esterno rispetto alle questioni essenziali concernenti la fattispecie in esame e, nello specifico, sia rispetto alla dovuta indennita’ di occupazione per gli anni 2009, 2010 e primo trimestre 2011, connessa alla occupazione sine titulo del bene sia rispetto all’esito del rapporto di concessione de quo, scaduto il 31 gennaio 2004; non avendo il Comune di Nocera Inferiore proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo suindicato – ove si era chiarito che il rapporto contrattuale era venuto meno – lo stesso avrebbe sostanzialmente fatto acquiescenza e favorito il formarsi del giudicato sul punto. Della esistenza del giudicato esterno ha dato conto il giudice di appello (pagg. 6 e 12 della sentenza impugnata) e, al pari di quello interno, l’eccezione di giudicato e’ rilevabile in ogni stato e grado, anche d’ufficio, senza che cio’ rechi alcuna violazione dei principi del giusto processo. Pertanto, acclarata la mancata opposizione del Comune di Nocera al decreto ingiuntivo citato, si sostiene che questa Corte ben potra’ rilevare il giudicato esterno formatosi in relazione allo spirare del rapporto inter partes, indipendentemente dal nomen iuris da attribuire allo stesso sino a quella data.
5. Con il secondo motivo del ricorso incidentale, i controricorrenti lamentano l'”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ed in specie, l’estensione del giudicato esterno e la conseguente mancata opposizione al D.I. n. 471 del 2011, del Tribunale di Nocera Inferiore (nonche’ omessa, insufficiente e, contraddittoria motivazione sul punto)” e ribadiscono che la motivazione della sentenza impugnata, gia’ censurata con il primo motivo, e’ censurabile anche come vizio motivazionale tenuto conto che, una volta valutato il giudicato esterno derivante dalla mancata opposizione del D.I. citato, esso copriva anche lo spirare del rapporto inter partes, indipendentemente dal nomen iuris da attribuire allo stesso.
6. Il primo motivo del ricorso principale cosi’ come prospettato e sopra sinteticamente riassunto, e’ inammissibile ai sensi dell’articolo 360-bis c.p.c., n. 1.
Questa Corte ha affermato con orientamento consolidato ed in via generale, che il giudice d’appello puo’ dare al rapporto in contestazione una qualificazione giuridica diversa da quella data dal giudice di primo grado o prospettata dalle parti, avendo egli il potere dovere di inquadrare nell’esatta disciplina giuridica gli atti e i fatti che formano oggetto della controversia, anche in mancanza di una specifica impugnazione e indipendentemente dalle argomentazioni delle parti, purche’ nell’ambito delle questioni riproposte col gravame e col limite di lasciare inalterati il petitum e la causa petendi e di non introdurre nel tema controverso nuovi elementi di fatto (cfr. Cass. Sez. 3, 04/09/1974 n. 2412; Cass. Sez. 3, 25/09/1998 n. 9597; Cass. Sez. 3 10/02/2003, n. 1939; Cass. Sez. 1 11/09/2007, n. 19090; Cass. Sez. 3 8/05/2015, n. 9294; Cass. Sez. 1, 31/07/2015 n. 16213).
Nello specifico, il giudice di merito, nell’esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della domanda, neppure e’ condizionato dalle espressioni adoperate dalla parte ma deve accertare e valutare il contenuto sostanziale della pretesa, quale desumibile non esclusivamente dal tenore letterale degli atti ma anche dalla natura delle vicende rappresentate dalla medesima parte e dalle precisazioni da essa fornite nel corso del giudizio, nonche’ dal provvedimento concreto richiesto, con i soli limiti della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e del divieto di sostituire d’ufficio un’azione diversa da quella proposta. Il relativo giudizio, estrinsecandosi in valutazioni discrezionali sul merito della controversia, e’ sindacabile in sede di legittimita’ unicamente se sono stati travalicati i detti limiti o per vizio della motivazione (Sez. 3, Ordinanza n. 13602 del 21/05/2019 Rv. 653921 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 8225 del 29/04/2004 Rv. 572456 – 01).
Venendo alla fattispecie in esame – diversamente da quanto affermato dal giudice di prime cure (il quale, facendo leva sul nomen utilizzato dalle parti le quali avevano denominato il contratto de quo come “concessione”, aveva qualificato il contratto come atipico e innominato ai sensi dell’articolo 1322 c.c.) la Corte territoriale ha ritenuto di qualificare il rapporto come contratto di locazione transitoria non abitativa di un immobile ad uso di parcheggio, essendo risultato che i locatari si erano obbligati a far utilizzare al Comune un terreno di loro proprieta’ per un determinato periodo di tempo dietro corrispettivo di un canone ai sensi della L. n. 392 del 1978, articolo 27, comma 5 (cfr. sentenza impugnata pag. 7).
Nella specie, lo stesso Comune aveva appellato sulla qualificazione del contratto e, quindi, dei suoi fatti costitutivi, prospettando la natura ex articoli 27 e segg. del contratto e la corte territoriale, essendo investita della questione di qualificazione del medesimo, non era vincolata ad esaminarla – fermi i fatti soltanto secondo la prospettazione del Comune, ma ben poteva ravvisare, peraltro all’interno della tesi della sussistenza del contrato locativo ex articoli 27 e segg. citati, disattesa deal primo giudice e censurata, ricondurre il contratto al suo comma 5, come ha fatto.
7. Parimenti inammissibile il secondo motivo del ricorso principale, sopra meglio sintetizzato, per due distinte e concorrenti ragioni.
La prima, perche’ il Comune ricorrente, omettendo di individuare il punto della motivazione criticata, non si correla ad essa, ma si limita a sostenere che la corte territoriale avrebbe applicato un criterio soggettivo anziche’ quello oggettivo.
La seconda perche’ deducendo quale violazione dell’articolo 1362 c.c., comma 2, il comportamento acquiescente tenuto dai locatari nel tempo trascorso fra la scadenza del contratto e l’introduzione della lite, introduce un elemento argomentativo oggettivamente non idoneo ad essere apprezzato come rilevante ai fini della qualificazione del contratto, ma soprattutto in manifesto contrasto con le risultanze contrattuali come risulta da quanto evidenziato dalla Corte territoriale e nuovamente ignorato da parte ricorrente.
Difatti il giudice di appello ha ritenuto: – “dalla premessa e dalla regolamentazione del contratto, peraltro redatto da persona esperta quale il segretario generale del Comune di Nocera Inferiore, emerga chiaramente che la parte conduttrice aveva interesse a stipulare una locazione temporanea; si stabiliva quindi che l’uso dell’area veniva concesso al Comune in via temporanea e precaria (articolo 1); che la concessione sarebbe scaduta improrogabilmente il 31/12/2004 e che essa sarebbe stata eventualmente rinnovata esclusivamente in forma scritta e per altro limitato periodo di tempo da concordarsi tra le parti (articolo 2); che il canone mensile di Euro 1040,00 era stato concordato tra le parti in misura riduttiva e quasi simbolica, tenendosi conto della specifica fruibilita’ della concessione, della sua finalita’, delle opere da effettuarsi dal Comune (…) e quindi a prescindere dalla sua congruita’ ed effettiva entita’ ritraibile dei concedenti in base all’effettivo valore e redditivita’ dell’area concessa (articolo 3)” (cfr. sentenza impugnata, pag. 11).
Emerge evidente che l’espressa previsione del rinnovo in forma scritta esclude il rilievo del preteso comportamento successivo alla stipulazione del contratto, in disparte poi la circostanza che il Comune, quale qnte locale, era soggetto all’onere della forma scritta ai sensi del Regio Decreto n. 2440 del 1923, articolo 16.
9. E’ parimenti inammissibile il terzo motivo del ricorso principale in quanto la censura con la quale viene lamentata la mancata applicazione alla fattispecie della previsione di cui alla L. n. 392 del 1978, articolo 80, per la non corrispondenza tra uso effettivo dell’immobile e uso dichiarato nel contratto, costituisce censura nuova rispetto ai motivi gia’ sollevati nel grado di appello, non proponibile con il ricorso per cassazione.
10. L’inammissibilita’ del ricorso principale comporta, ai sensi dell’articolo 334 c.p.c., comma 2, l’inefficacia del ricorso incidentale, che e’ tardivo, essendo stato notificato dopo la scadenza del termine per impugnare, da individuarsi nella data del 29/11/2019 (cfr. da ultimo Cass. Sez. 5, 22/06/2021 n. 17707).
11. In conclusione, va rigettato il ricorso principale e dichiarato inefficace quello incidentale, spese del grado compensate.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del Comune ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del citato articolo 13, comma 1 bis, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
Viceversa, non e’ dovuto il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato da parte dei ricorrenti in via incidentale il cui ricorso e’ divenuto inefficace ai sensi dell’articolo 334 c.p.c., comma 2, in quanto, con la perdita di efficacia, il ricorso incidentale tardivo diviene tanquam non esset e non viene preso in esame dalla Corte, non potendosi cosi’ pervenire ad una pronuncia di “rigetto” o ad una declaratoria di “inammissibilita’” o “improcedibilita’” dell’impugnazione, che costituiscono le sole ipotesi in presenza delle quali l’articolo 13 cit., prevede che chi ha proposto l’impugnazione debba versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato (cfr. Cass. Sez. 6-2, 25/07/2017 n. 18348; Cass. Sez. 3, 20/02/2014 n. 4074).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale, dichiara inefficace quello incidentale, spese compensate.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del Comune ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del citato articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

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