Ambito di operatività del giudicato

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|9 novembre 2022| n. 33021.

Ambito di operatività del giudicato

L’ambito di operatività del giudicato, in virtù del principio secondo il quale esso copre il dedotto e il deducibile, è correlato all’oggetto del processo e colpisce, perciò, tutto quanto rientri nel suo perimetro, incidendo, da un punto di vista sostanziale, non soltanto sull’esistenza del diritto azionato, ma anche sull’inesistenza di fatti impeditivi, estintivi e modificativi, ancorché non dedotti, senza estendersi a fatti ad esso successivi e a quelli comportanti un mutamento del “petitum” e della “causa petendi”, fermo restando il requisito dell’identità delle persone. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che, rispetto alla domanda relativa ai rapporti patrimoniali post-coniugali tra persone di nazionalità iraniana, regolati da convenzione matrimoniale, aveva ritenuto che nella sentenza di divorzio pronunciata tra le stesse parti da un giudice straniero fosse ravvisabile un giudicato esterno, senza però verificare se tra le due cause vi fosse identità di “petitum” e di “causa petendi”, da escludersi quanto alla dote, agli alimenti e al concorso alle incombenze coniugali durante la vita comune, in quanto istituti correlati al matrimonio e non al divorzio).

Ordinanza|9 novembre 2022| n. 33021. Ambito di operatività del giudicato

Data udienza 19 maggio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Divorzio – Sentenza del giudice straniero – Autorità di cosa giudicata sostanziale nel processo pendente in Italia – Riconoscimento – Omessa verifica del riferimento al medesimo oggetto da parte dei due giudizi – Annullamento con rinvio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente
Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 31508/2020 proposto da:
(OMISSIS), domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1227/2020 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, pubblicata il 12/05/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 19/05/2022 dal Cons. Dott. DI MARZIO MAURO.

Ambito di operatività del giudicato

FATTI DI CAUSA

1. – (OMISSIS) e (OMISSIS), entrambi iraniani, il secondo avente anche cittadinanza italiana, hanno contratto matrimonio in (OMISSIS) in data (OMISSIS). Con sentenza del 31 agosto 2008, divenuta definitiva per mancata impugnazione, la competente autorita’ giudiziaria iraniana ha accolto la domanda di divorzio per inconciliabilita’ tra i coniugi proposta dal (OMISSIS).
2. – (OMISSIS) ha convenuto in giudizio (OMISSIS) dinanzi al Tribunale di Bologna chiedendone condanna al pagamento di un importo pari all’equivalente della meta’ del suo patrimonio mobiliare, in forza della previsione in proposito contenuta nel contratto di matrimonio, con il quale i coniugi avevano pattuito appunto che, in caso di divorzio richiesto dal marito non per colpa della moglie, egli avrebbe dovuto corrisponderle senza corrispettivo meta’ del proprio patrimonio acquistato durante in matrimonio.
3. – Il giudice adito, pronunciando in contraddittorio con il (OMISSIS), che ha resistito, sia sostenendo che la previsione contrattuale era nulla per contraddittorieta’ all’ordine pubblico, sia affermando che l’insussistenza del diritto azionato era coperta da giudicato, dal momento che la sentenza iraniana aveva integralmente disciplinato i rapporti patrimoniali tra i coniugi, ha respinto la domanda in accoglimento del primo dei due argomenti difensivi spiegati dal convenuto.
4. – Con sentenza del 12 maggio 2020 la Corte d’appello di Bologna ha respinto l’appello dell’originaria attrice, dopo aver escluso pero’ la nullita’ della menzionata pattuizione, in accoglimento del secondo argomento, pur non fatto oggetto di riproposizione ai sensi dell’articolo 346 c.p.c., con la motivazione che segue: “Le considerazioni fino ad ora svolte non conducono, pero’, all’accoglimento dell’appello di (OMISSIS) e quindi, alla riforma dell’impugnata sentenza nel senso voluto dall’appellante (accoglimento della domanda proposta in primo grado). Occorre, invero, ricordare che, pur essendo applicabile al rapporto sostanziale intercorso tra appellante e appellato la legge iraniana, il presente procedimento e’ disciplinato dalle disposizioni del diritto processuale civile italiano, tenuto conto della disposizione di cui alla L. n. 218 del 1995, articolo 12, il quale prevede “Il processo civile che si svolge in Italia e’ regolato dalla legge italiana”. Va, sul tema, rilevato che, nel processo civile, regolato dal vigente codice di rito, il giudicato esterno, al pari di quello interno, risponde alla finalita’ d’interesse pubblico di eliminare l’incertezza delle situazioni giuridiche e di rendere stabili le decisioni, sicche’ il suo accertamento non costituisce patrimonio esclusivo delle parti; pertanto il giudice al quale ne risulti l’esistenza non e’ vincolato dalla posizione assunta da queste ultime in giudizio, potendo procedere al suo rilievo e valutazione anche d’ufficio, in ogni stato e grado del processo… Il potere del giudice di rilievo d’ufficio del giudicato non implica, pero’, il superamento del divieto della scienza privata, occorrendo pur sempre che determinati fatti modificativi, impeditivi o estintivi risultino acquisiti agli atti… Orbene, nel caso che ci occupa, entrambe le parti hanno evidenziato (l’appellante (OMISSIS) anche nell’atto di impugnazione) che la sentenza di divorzio, pronunciata dall’Autorita’ Giudiziaria Iraniana tra i soggetti in causa, divenuta definitiva…, ha compiutamente disciplinato anche i rapporti patrimoniali tra gli ex coniugi, stabilendo che il marito versasse alla moglie tutta la donazione nuziale nonche’ 5.000.000 di rial quale “concorso alle incombenze coniugali durante la vita comune”, e 6.000,000 di rial “per alimenti’. Appare pertanto, evidente che la pretesa di (OMISSIS), fondata sul patto contenuto nell’atto di matrimonio, fatta valere dinanzi al Giudice italiano, era gia’ deducibile dinanzi all’Autorita’ Giudiziaria Iraniana, che ha pronunciato la sentenza di divorzio e disciplinato i rapporti patrimoniali tra gli ex coniugi, essendo il patto predetto gia’ esistente all’epoca della pronuncia del Giudice iraniano. Sono ravvisabili, dunque, nella fattispecie in esame, quelle finalita’ di interesse pubblico all’eliminazione dell’incertezza e alla stabilita’ delle decisioni, alle quali e’ preordinato l’istituto del giudicato esterno. Si vuole dire, quindi, che la domanda di (OMISSIS) deve considerarsi inammissibile, perche’ vertente su questione deducibile e non dedotta nell’indicato giudizio dinanzi al Giudice iraniano, conclusosi con pronuncia, divenuta definitiva, che ha disciplinato i rapporti patrimoniali tra i coniugi… L’assetto dei rapporti patrimoniali tra gli ex coniugi dei quali si tratta risulta, percio’, gia’ da sentenza dell’Autorita’ Giudiziaria Iraniana oramai passata in giudicato. La sentenza impugnata, che ha disatteso la domanda di (OMISSIS), deve, pertanto essere confermata, anche se per le diverse ragioni da ultimo evidenziate”.
5. – Per la cassazione della sentenza (OMISSIS) propone ricorso affidato a cinque mezzi.
6. – (OMISSIS) resiste con controricorso.

Ambito di operatività del giudicato

RAGIONI DELLA DECISIONE

7. – Il ricorso contiene cinque motivi che la ricorrente cosi’ sintetizza:
i) violazione dell’articolo 115 c.p.c., comma 1, per avere ritenuto incontestato che la sentenza di divorzio dell’autorita’ giudiziaria italiana abbia “compiutamente disciplinato anche i rapporti patrimoniali tra gli ex coniugi”;
ii) falsa applicazione e/o violazione dell’articolo 2909 c.c., per erronea interpretazione della sentenza ritenuta giudicato esterno e conseguente erronea sussunzione della fattispecie concreta nell’ambito di applicazione della norma;
iii) nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, mancanza di motivazione o motivazione apparente, manifesta contraddittorieta’ della motivazione;
iv) violazione della L. 31 maggio 1995, n. 218, articoli 15, 30 e 31, per aver interpretato la sentenza di divorzio iraniana, ritenuta giudicato esterno, secondo i criteri di interpretazione dettati dalla normativa italiana e non secondo i criteri dettati dalla legge iraniana;
v) violazione della L. 31 maggio 1995, n. 218, articolo 14, per avere omesso di accertare la legge iraniana, sostanziale e processuale, in materia di matrimonio, divorzio e rapporti patrimoniali tra coniugi e di limiti oggettivi del giudicato.
8. – Il ricorso e’ manifestamente fondato.
I motivi, tutti concernenti l’autorita’ di giudicato riconoscili dalla Corte territoriale alla menzionata sentenza iraniana, possono essere simultaneamente esaminati.
Essi vanno accolti.
8.1. – Il principio, costantemente ribadito da questa Corte, secondo cui il giudicato copre il “dedotto ed il deducibile” sta a significare che il vincolo del giudicato esclude che, successivamente al suo formarsi, possano esser fatte valere ragioni in fatto o in diritto che potrebbero rimettere in discussione la statuizione contenuta nella sentenza, quantunque non fatte valere ed esaminate in precedenza nel processo. In virtu’ del principio, l’efficacia del giudicato si estende non solo a quanto dedotto dalle parti (c.d. giudicato esplicito) ma anche a quanto da esse non dedotto (c.d. giudicato implicito), qualora le ragioni non dedotte siano logicamente implicate dalla pronuncia: percio’ e’ precluso alle parti la proposizione, in un successivo giudizio, di qualsivoglia domanda o eccezione avente ad oggetto situazioni soggettive incompatibili con il diritto accertato (tra le tante a mero titolo di esempio Cass. 14 novembre 2000, n. 14747; Cass. 9 gennaio 2004, n. 112; Cass. 28 ottobre 2011, n. 22520; Cass. 4 marzo 2020, n. 6091). Il giudicato si misura cioe’ in relazione al diritto accertato; l’ambito di operativita’ del giudicato e’ in altri termini correlato all’oggetto del processo, nel senso che tutto cio’ che rientra nel perimetro di questo e’ da essa colpito: in tal senso viene ripetuto che il giudicato sostanziale copre non soltanto l’esistenza del diritto azionato, ma anche l’inesistenza di fatti impeditivi, estintivi e modificativi, sebbene non dedotti, mentre non si estende, oltre che ai fatti successivi al giudicato, a quelli che comportino un mutamento del petitum ovvero della causa petendi (Cass. 24 novembre 2000, n. 15178; Cass. 13 febbraio 2002, n. 2083; Cass. 24 marzo 2006, n. 6628; Cass. 19 luglio 2006, n. 16540; Cass. 11 maggio 2010, n. 11360), fermo ovviamente il requisito dell’identita’ delle personae. Insomma, il giudicato si forma soltanto su cio’ che ha costituito oggetto della decisione, ricomprendendosi in esso anche gli accertamenti di fatto che abbiano rappresentato le premesse necessarie e il fondamento logico-giuridico, oltre che funzionale, per l’emanazione della pronuncia, con effetto preclusivo dell’esame degli stessi elementi in un successivo giudizio, sempre che l’azione in esso dispiegata abbia identici elementi costitutivi (Cass. 20 aprile 2007, n. 9486). Val quanto dire che, almeno tendenzialmente, il giudicato dispiega il suo effetto in un successivo giudizio contraddistinto dai medesimi elementi identificativi, personae, causa petendi e petitum, sia pure avendo riguardo non al dato della mera coincidenza esteriore di tali elementi, bensi’ al criterio del c.d. petitum sostanziale (v. sul tema Cass., Sez. Un., 23 marzo 2019, n. 11161).

Ambito di operatività del giudicato

8.2. – Occorreva pertanto che la Corte d’appello individuasse la causa petendi ed il petitum dedotti nel giudizio di divorzio, raffrontandoli con gli elementi identificativi della domanda introdotta dalla donna dinanzi al giudice italiano.
Ora, la donna, nel giudizio proposto in Italia, ha invocato il contratto di matrimonio con il quale i coniugi avevano pattuito che, in caso di divorzio pronunciato su richiesta del marito e non motivato, come nel caso in esame, da violazione dei doveri matrimoniali da parte della moglie, l’uomo avrebbe dovuto trasferirle, senza corrispettivo, la meta’ del proprio patrimonio acquisito durante il matrimonio: la domanda, cioe’, aveva ad oggetto la disciplina dei rapporti patrimoniali post-coniugali, siccome regolati, in caso di divorzio “incolpevole”, dal contratto di matrimonio.

Ambito di operatività del giudicato

Sicche’ la Corte territoriale avrebbe dovuto verificare se detto giudizio aveva ad oggetto situazioni soggettive incompatibili con il diritto accertato dal giudice iraniano.
8.3. – Orbene, nel caso in esame, la Corte d’appello ha affermato che entrambe le parti avrebbero concordemente “evidenziato
che la sentenza di divorzio, pronunciata dall’Autorita’ Giudiziaria Iraniana… ha compiutamente disciplinato anche i rapporti patrimoniali tra gli ex coniugi”: sarebbe cioe’ pacifico in causa che il giudice iraniano, secondo la Corte d’appello, ha disciplinato i rapporti patrimoniali post-coniugali tra le parti in causa.
Ma tale affermazione, laddove pare sostenere essere pacifica la circostanza, e’ totalmente destituita di fondamento, e tradisce una lettura superficiale e frettolosa degli atti di causa, ove si consideri che l’originaria attrice, posta dinanzi all’eccezione di giudicato formulata dal convenuto, ha immediatamente replicato, gia’ all’udienza del 3 giugno 2013, con il negare “che i rapporti patrimoniali tra le parti siano gia’ stati regolati dalla sentenza di divorzio”, ed aggiungendo, nella prima memoria di cui all’articolo 183 c.p.c., che il medesimo assunto era “indimostrato ed infondato”, per ribadire poi questa affermazione negli stessi termini in atto d’appello.
8.4. – Se, poi, la Corte d’appello avesse inteso invece affermare non gia’ che le parti avevano concordemente riconosciuto che il giudice iraniano aveva “compiutamente disciplinato anche i rapporti patrimoniali tra gli ex coniugi”, ma che il thema decidendum dedotto in quel giudizio si estendeva anche alla regolamentazione dei rapporti patrimoniali tra le parti, l’affermazione non sarebbe meno errata.
8.4.1. – In primo luogo, la motivazione addotta, e che si risolve nella affermazione secondo cui “appare, pertanto, evidente che la pretesa di (OMISSIS)… era gia’ deducibile dinanzi all’Autorita’ Giudiziaria Iraniana”, costituisce esempio paradigmatico di motivazione meramente apparente, in mancanza dell’individuazione degli elementi che documenterebbero l’evidenza.
E, nel nostro caso, non emerge dalla sentenza impugnata (ne’ da quella del giudice iraniano), che la causa petendi ed il petitum dedotto nel giudizio di divorzio involgesse la compiuta disciplina dei rapporti patrimoniali post-coniugali tra gli ex coniugi.
8.4.2. – Ma, soprattutto, una simile conclusione non poteva essere dedotta dalla circostanza che la sentenza di divorzio avesse provveduto sulla “donazione nuziale”, sul “concorso alle incombenze coniugali durante la vita comune” e sugli “alimenti”, statuizioni, quelle menzionate, nient’affatto concernenti i rapporti destinati ad istituirsi tra le parti, in forza del contratto di matrimonio, una volta intervenuta la pronuncia di divorzio, e cioe’ concernenti, come si diceva, i rapporti patrimoniali post-coniugali.

Ambito di operatività del giudicato

Sarebbe difatti bastato compulsare il codice civile iraniano, cosa che il giudice di merito aveva il dovere di fare, ai sensi della L. 31 maggio 1995, n. 218, articolo 14, oltre che leggere con attenzione la sentenza iraniana, per avvedersi:
-) che cio’ che la Corte d’appello ha qualificato come “donazione nuziale”, e’ in effetti il Mahr, la dote, regolata dagli articoli 1078 c.c. e segg.; la dote, in questo caso in buona sostanza 700 monete d’oro, e’ di proprieta’ della donna (“Immediatamente dopo lo svolgimento della cerimonia nuziale, la moglie diventa proprietaria della dote e puo’ disporne in qualsiasi modo e maniera che le piace”: articolo 1082 c.c. iraniano), lo e’ in forza del contratto di matrimonio, e rimane dovuta nonostante il divorzio, come agevolmente si desume dell’articolo 1093 c.c., di guisa che la corresponsione della dote non sorge certo dal divorzio, e non attiene affatto alla regolamentazione dei rapporti post-coniugali previsti nel contratto di matrimonio;
-) che il riferimento agli alimenti andava inteso in applicazione dell’articolo 1106 c.c. iraniano, secondo cui: “Le spese di mantenimento della moglie sono a carico del marito nei matrimoni permanenti”, ed in relazione al successivo articolo 1109, il quale stabilisce che: “Le spese di mantenimento della moglie divorziata durante il periodo di uddeh sono a carico del marito, a meno che il divorzio non sia avvenuto per disobbedienza”, sicche’, anche in questo caso, la pronuncia concerne un’obbligazione che la legge iraniana pone a carico del marito e che nasce dal matrimonio, non certo dal divorzio;
-) che il compenso per il “concorso alle incombenze coniugali durante la vita comune” atteneva appunto ad un riequilibrio retrospettivo dei rapporti economici tra le parti, e non ad una pronuncia diretta regolare, ancora una volta, i rapporti post-coniugali in conformita’ alla previsione del contratto di matrimonio.
8.4.3. – Ed ancora, l’articolo 1133 c.c. iraniano stabilisce che: “Un uomo puo’ divorziare dalla moglie quando lo desidera”, senza subordinare il divorzio, per regola generale, a particolari requisiti, se non quelli di capacita’ dell’uomo.

Ambito di operatività del giudicato

In tale prospettiva il divorzio appare presentarsi come un atto unilaterale, sebbene destinato a produrre effetti per il tramite dell’intervento del giudice, tant’e’ che l’articolo 1138, richiede il patrocinio di un avvocato per la domanda di divorzio, e non altro.
Ecco dunque che la Corte territoriale avrebbe dovuto chiarire, con esattezza, come il tema degli obblighi post-coniugali, basati sul contratto di matrimonio, ove era contemplata l’eventualita’ del sopraggiungere del divorzio, avesse in concreto fatto ingresso nel giudizio di divorzio pendente dinanzi al giudice iraniano, si da connotarne petitum e causa petendi.
8.5. – In definitiva, in violazione dei principi di cui si e’ in precedenza dato conto, la Corte territoriale ha ritenuto che la statuizione del giudice iraniano dispiegasse autorita’ di cosa giudicata sostanziale nel processo pendente in Italia omettendo di verificare se i due giudizi vertessero sul medesimo oggetto e se, pertanto, potesse predicarsi l’operativita’, nel processo italiano, del principio secondo cui il giudicato copre dedotto e deducibile.
La sentenza impugnata e’ pertanto cassata e rinviata alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione, che si atterra’ a quanto dianzi indicato e provvedera’ anche sulle spese di questo giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione.
In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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