Il giudicato va assimilato agli elementi normativi

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|8 aprile 2021| n. 9388.

Il giudicato va assimilato agli elementi normativi, cosicché la sua interpretazione deve essere effettuata alla stregua dell’esegesi delle norme e non già degli atti e dei negozi giuridici, e gli eventuali errori interpretativi sono sindacabili sotto il profilo della violazione di legge; ne consegue che il giudice di legittimità può direttamente accertare l’esistenza e la portata del giudicato esterno, con cognizione piena, che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall’interpretazione data al riguardo dal giudice di merito.

Ordinanza|8 aprile 2021| n. 9388

Data udienza 2 dicembre 2020

Integrale

Tag/parola chiave: Fallimento – Istanza – Assenza di presupposti – Banca – Risarcimento

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – rel. Presidente

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 649-2019 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), e (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, (OMISSIS) SPA IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA;
– intimati –
avverso la sentenza n. 2538/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 02/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 02/12/2020 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

RILEVATO

che:
(OMISSIS) convenne in giudizio, innanzi al Tribunale di Prato la (OMISSIS) s.p.a.. Espose l’attore quanto segue: a fronte di una pretesa creditoria (in realta’ inesistente) della convenuta per scoperto di conto corrente, il (OMISSIS) aveva conferito alla banca mandato a vendere dieci immobili fino a concorrenza del credito, nonche’ ceduto i canoni di locazione relativi agli stessi immobili, con l’impegno da parte della banca che il mandante, indipendentemente dall’esito delle vendite, sarebbe stato liberato da ogni debito; la banca non aveva ottemperato al mandato, vendendo un primo immobile ad un prezzo modesto e disinteressandosi per circa due anni delle vendite; successivamente, nonostante l’esistenza di altri immobili, la banca aveva deciso di vendere l’abitazione dell’attore ad un valore inferiore a quello di mercato, ma l’attore riusciva a vendere tale immobile ad acquirente che avrebbe concesso al venditore di risiedere per qualche anno ancora nell’immobile; la banca aveva rifiutato la somma ricavata dalla vendita e chiesto il fallimento dell’attore, fallimento che era stato dichiarato e confermato in sede di opposizione alla relativa dichiarazione. Il (OMISSIS) chiese quindi, previo accertamento incidentale di insussistenza della pretesa creditoria della banca, la condanna della banca medesima al risarcimento per ogni danno derivato dai fatti esposti, ivi compreso il dichiarato fallimento.
La convenuta eccepi’ l’esistenza di giudicato esterno in relazione alla domanda di danno proposta con l’opposizione alla dichiarazione di fallimento, definita con sentenza del Tribunale di Prato di data (OMISSIS) passata in cosa giudicata. Il Tribunale adito rigetto’ la domanda accogliendo l’eccezione di giudicato. Avverso detta sentenza propose appello il (OMISSIS). Con sentenza di data 2 novembre 2018 la Corte d’appello di Firenze rigetto’ l’appello.
Osservo’ la corte territoriale, per quanto qui rileva, che, come correttamente rilevato dal primo giudice, il (OMISSIS) aveva chiesto in sede di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento il risarcimento dei danno deducendo quale causa petendi comportamenti illeciti della banca descritti in termini corrispondenti a quelli a fondamento della presente azione (rilascio della procura a vendere, a fronte della rilevante esposizione a vendere, con la cessione dei canoni di locazione, in cambio dell’impegno a liberare il mandante dai debiti a prescindere dall’esito delle vendite; comportamento inerte della banca in relazione all’attivita’ di vendita, concorrendo cosi’ all’aumento delle passivita’ ed al deterioramento finanziario del (OMISSIS); richiesta di danni “subiti e subendi” derivati dalla dichiarazione di fallimento) e che pertanto i fatti coincidevano con quelli la cui inesistenza era stata accertata con efficacia di giudicato dalla sentenza del Tribunale di Prato del (OMISSIS). Aggiunse che nel precedente giudizio era stato azionato genericamente il danno, senza alcuna specificazione o riserva, sicche’ l’azione aveva compreso l’intero credito esercitabile. Osservo’ infine che il giudice dell’opposizione alla dichiarazione di fallimento, ritenendo “di manifesta irrilevanza” ogni disquisizione “sulla pregressa attivita’ di esecuzione del mandato a vendere da parte da parte della (OMISSIS)”, aveva risolto con efficacia di giudicato la questione dell’insussistenza di nesso causale fra l’evento di danno (la dichiarazione di fallimento) e le asserite condotte illecite ascritte alla banca, restando coperto da giudicato, come deducibile, anche l’accertamento incidentale relativo alla pretesa insussistenza dell’esposizione debitoria del conto corrente, stante l’assenza di autonomia di tale accertamento rispetto a quello di esclusione di qualunque ricaduta sulla dichiarazione di fallimento della condotta della banca concernente l’esecuzione del mandato.
Ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) sulla base di un motivo. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 380 bis.1 c.p.c.. E’ stata presentata memoria.

CONSIDERATO

che:
con il motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 2909 c.c. e articolo 12 disp. gen., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che, come affermato nell’atto di appello, i fatti esposti nell’opposizione alla dichiarazione di fallimento erano finalizzati alla negazione della sussistenza dello stato di insolvenza, mentre il petitum era rappresentato dalla revoca del fallimento con domanda di danno ai sensi dell’articolo 96 c.p.c. per responsabilita’ aggravata in relazione al fallimento chiesto in assenza di presupposti, laddove invece nel presente giudizio la domanda di danno ai sensi dell’articolo 2043 c.c., proposta in relazione alla condotta di chi ha posto in essere le condizioni per le quali il fallimento e’ stato (legittimamente) dichiarato, e’ piu’ ampia rispetto ai danni derivati dal fallimento e concerne ogni danno derivato dalle condotte illecite della banca, e non solo quindi i danni derivati dalla dichiarazione di fallimento. Aggiunge che il Tribunale dell’opposizione alla dichiarazione di fallimento aveva dichiarato i fatti in questione come “di assoluta e manifesta irrilevanza” in relazione all’accertamento dei presupposti del fallimento, senza dunque pronunciare in ordine ai detti fatti, neppure sotto il profilo del giudicato implicito, non ricorrendo alcun nesso di indissolubile dipendenza fra l’accertamento dei presupposti del fallimento e la responsabilita’ della banca per avere con condotta illecita determinato lo stato di insolvenza.
Il motivo e’ fondato. Va premesso che il giudicato va assimilato agli elementi normativi, cosicche’ la sua interpretazione deve essere effettuata alla stregua dell’esegesi delle norme e non gia’ degli atti e dei negozi giuridici, e gli eventuali errori interpretativi sono sindacabili sotto il profilo della violazione di legge; ne consegue che il giudice di legittimita’ puo’ direttamente accertare l’esistenza e la portata del giudicato esterno, con cognizione piena, che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall’interpretazione data al riguardo dal giudice di merito (Cass. 5 ottobre 2009, n. 21200; 28 novembre 2007, n. 24664).
L’esame del giudicato esterno in questione, presente in atti come da indicazione in ricorso ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, e’ sufficiente per l’accertamento della relativa portata, senza che sia necessario estendere l’indagine al contenuto della domanda. La circostanza dell’esecuzione del mandato conferito alla banca e’ stata valutata nel giudicato in questione esclusivamente ai fini dell’accertamento dello stato di insolvenza, in relazione al quale il Tribunale ha fatto riferimento all’esposizione debitoria ed all’assenza di liquidita’ di cassa e di credito bancario, sottolineando che “ogni discettazione sulla pregressa attivita’ di esecuzione del mandato a vendere da parte della (OMISSIS) e’ di assoluta e di manifesta irrilevanza”, da cui la conclusione dell’infondatezza dell’opposizione alla dichiarazione di fallimento. L’irrilevanza della circostanza dell’esecuzione del mandato non e’ stata dunque posta in relazione ad una fattispecie di responsabilita’ civile, quale assenza di nesso eziologico fra la circostanza in questione e la dichiarazione di fallimento, come affermato dal giudice di merito, ma e’ da riferire allo scrutinio della impugnazione della dichiarazione di fallimento medesima nel senso che dirimenti per la sentenza sono stati i profili dell’esposizione debitoria e dell’assenza di liquidita’ di cassa, e non anche il profilo della pregressa condotta della banca creditrice concernente il mandato.
Tale accertamento, come si e’ detto, e’ sufficiente ed e’ assorbente rispetto all’esame degli atti processuali ed in particolare dell’atto introduttivo del giudizio, ove invero la domanda risarcitoria, sia in sede di causa petendi che di petitum, e’ espressamente limitata al danno conseguente al fallimento da revocare perche’ privo dei relativi presupposti (solo in sede di istanze istruttorie si chiede CTU per l’accertamento dei danni non solo conseguenti alla dichiarazione di fallimento, ma anche al comportamento inerte tenuto dalla banca in relazione alle vendite immobiliari). Anche ipotizzando in astratto che una domanda risarcitoria per il danno da collegare direttamente all’attivita’ di esecuzione del mandato sia stata proposta, assorbente e’ il rilievo che nel giudicato in questione una pronuncia su una simile domanda manca e che l’omessa pronuncia in ordine a tale ipotetica domanda avrebbe il solo rilievo di giudicato di mero rito, che non impedisce pertanto la riproposizione della domanda (ne’ sarebbe ravvisabile un giudicato implicito con riferimento alla dedotta fattispecie di responsabilita’ civile per la mancanza di un nesso di pregiudizialita’ logica con la fattispecie relativa ai presupposti della dichiarazione di fallimento).

P.Q.M.

accoglie il ricorso; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di appello di Firenze in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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