Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 27 settembre 2018, n. 42418.
La massima estrapolata:
Il fatto di accompagnare consapevolmente sul luogo del meretricio piu’ donne per consentire alle stesse di esercitare la prostituzione configura il reato di favoreggiamento della prostituzione, il quale si perfeziona attraverso ogni forma di interposizione agevolativa e con qualunque attivita’ che sia idonea a procurare piu’ facili condizioni per l’esercizio del meretricio e venga posta in essere dall’agente con la consapevolezza di facilitare l’altrui attivita’ di prostituzione, senza che abbia rilevanza il movente od il fine di tale condotta.
Sentenza 27 settembre 2018, n. 42418
Data udienza 6 febbraio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAVALLO Aldo – Presidente
Dott. DI NICOLA Vito – rel. Consigliere
Dott. ROSI Elisabetta – Consigliere
Dott. SEMERARO Luca – Consigliere
Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 02-03-2017 della Corte di appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Paola Filippi che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. (OMISSIS) ricorre per cassazione impugnando la sentenza indicata in epigrafe con la quale la Corte di appello di Milano ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale con la quale il ricorrente e’ stato condannato alla pena di anni uno, mesi quattro di reclusione ed Euro 900 di multa per il reato di cui all’articolo 81 cpv. c.p., L. 20 febbraio 1958, n. 75, articolo 3, n. 8 e articolo 4, n. 7 perche’, in concorso con (OMISSIS), ( (OMISSIS) per il quale si e’ proceduto separatamente), con piu’ azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, in tempi diversi, con condotte autonome, favorivano la prostituzione di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) Paraschiva in particolare, contattati singolarmente da (OMISSIS), si rendevano disponibili ad accompagnare sul luogo di meretricio le donne, per poi riportarle presso la loro abitazione al termine del “lavoro”. In particolare:
– (OMISSIS), utilizzando un furgone tg (OMISSIS) di sua proprieta’, accompagnava al bisogno tutte e tre le donne;
– (OMISSIS), utilizzando un’autovettura FIAT 16 tg (OMISSIS) di sua proprieta’, accompagnava al bisogno tutte e tre le donne;
– (OMISSIS), utilizzando una FIAT Punto tg (OMISSIS) di sua proprieta’, accompagnava al bisogno (OMISSIS) e (OMISSIS).
Con l’aggravante di aver commesso il fatto nei confronti di piu’ persone. In (OMISSIS) in data anteriore e prossima al mese di (OMISSIS).
2. Per l’annullamento della gravata sentenza il ricorrente, tramite il difensore, articola tre motivi di impugnazione, qui enunciati, ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e l’erronea applicazione di legge penale per insussistenza del reato di cui alla L. n. 75 del 1958, articolo 3 (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b).
Premette che il reato contestatogli manca dell’elemento soggettivo necessario ad integrarlo, sul rilievo che, per come sarebbe emerso dalle risultanze istruttorie, il ricorrente ha sempre assunto un atteggiamento volto ad aiutare la persona e, anche, la sola persona della (OMISSIS).
Ne’ sono stati nutriti dubbi circa il fatto che il ricorrente fosse a conoscenza dell’attivita’ svolta dalla ragazza e dalle amiche. Tale dato sarebbe assodato e si desume chiaramente dalle stesse intercettazioni, dalle quali pero’ emerge che la volonta’ dell’imputato fosse esattamente opposta rispetto a quella di favorirne il meretricio, risultando – con tutta evidenza – che egli fosse infatuato della (OMISSIS).
Avrebbe pertanto errato il giudice di appello nel sostenere che il ricorrente si sarebbe reso disponibile ad accompagnare le prostitute nel luogo di meretricio.
Dopo aver riportato taluni passi delle intercettazioni, il ricorrente assume che ogni aiuto fornito alla ragazza era sempre destinato alla persona e non certo all’attivita’, comprendendosi cio’ anche dalla scissione argomentativa tra l’attivita’ lavorativa svolta dalla prostituta ed il loro “rapporto”, tanto che, analizzando con attenzione le conversazioni telefoniche, si comprende, con altrettanta chiarezza, che la disponibilita’ del ricorrente mutava progressivamente con il passare del tempo, condizionata dalla acquisenda coscienza dell’abuso della sua disponibilita’ da parte delle altre ragazze.
Ed infatti, in ogni occasione di litigio tra il ricorrente e la (OMISSIS) interveniva un naturale rifiuto ad accontentare le richieste in favore delle amiche.
Si sostiene che il ricorrente intendeva inserire la ragazza in un contesto positivo, mosso dallo scopo di indurla ad abbandonare la strada e, nella consapevolezza del fatto che non avrebbe sortito alcun risultato, imporle di non prostituirsi.
Peraltro, il ricorrente non intratteneva mai rapporti o contatti con nessun altro, parlando infatti sempre e solo con la (OMISSIS).
In una sola occasione, egli venne osservato ad accompagnare le ragazze, ossia in data 26 maggio, con la conseguenza che l’unicita’ dell’episodio consente di affermare l’occasionalita’ del fatto ed il venir meno dell’ulteriore requisito richiesto dalla giurisprudenza per l’integrazione del reato, che pertanto doveva essere escluso per la assorbente ragione per la quale l’aiuto fornito alla persona e non alla prostituta) non e’ utile ad integrare il reato di favoreggiamento contestato.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la mancanza, la contraddittorieta’ o la manifesta illogicita’ della motivazione in relazione alla sussistenza degli elementi sintomatici su cui si fonda la convinzione della materialita’ del reato, nonche’ in relazione alla sussistenza dell’elemento psicologico (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e).
Confrontandosi con il passaggio motivazionale della sentenza impugnata, laddove si afferma che le “conversazioni testualmente richiamate nella sentenza di primo grado chiariscono al di la’ di ogni ragionevole dubbio, che l’attivita’ di accompagnamento di tutte le prostitute era continuativa e stabile e comunque svolta nell’assoluta consapevolezza del meretricio delle donne”, sostiene che il giudice di appello avrebbe utilizzato gli stessi segni linguistici che avevano contraddistinto la sentenza del Tribunale, impugnata da ricorrente, senza accorgersi che le richiamate intercettazioni, in effetti riportate dal Tribunale, si riferivano alla posizione del (OMISSIS) e non al (OMISSIS), con la conseguenza che il giudice di secondo grado avrebbe affermato, con assoluta certezza, la penale responsabilita’ dell’imputato sulla base delle intercettazioni richiamate nel primo provvedimento del Tribunale e riferite al solo coimputato, ossia il (OMISSIS).
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e l’erronea applicazione della legge penale con riferimento alla erronea applicazione dell’articolo 133 c.p. (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), sul rilievo che anche in termini di determinazione della sanzione penale inflitta con la sentenza di condanna, sussisterebbe una sperequazione tra la posizione del ricorrente e quella del coimputato, in quanto ad entrambi e’ stata irrogata la medesima pena e, tuttavia, nel comportamento del coimputato si riscontra sia un elemento materiale che psicologico di ben piu’ pregnante intensita’.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ inammissibile per manifesta infondatezza e perche’ strutturato con censure non consentite nel giudizio di legittimita’.
2. I primi due motivi di impugnazione, in quanto connessi, vanno congiuntamente esaminati.
2.1. Con accertamento di fatto, adeguatamente e logicamente motivato, che percio’ si sottrae al sindacato di legittimita’, i Giudici del merito, con doppia conforme decisione, hanno chiarito che le indagini furono avviate a seguito di una denuncia di una ragazza rumena, esercitante la prostituzione nel territorio del comune di Milano, la quale aveva riferito agli agenti di Polizia locale, in occasione di un ordinario intervento di controllo, di essere sfruttata ed aveva fornito le modalita’ con le quali era stata reclutata per l’esercizio del meretricio.
L’attivita’ di indagine svolta, consistita in intercettazioni telefoniche, supportate da servizi di osservazione, pedinamento e controllo, portava all’individuazione di una serie di soggetti dediti al favoreggiamento e allo sfruttamento della prostituzione.
In particolare veniva identificato, oltre ai reclutatori e agli sfruttatori, (OMISSIS) che era solito accompagnare alcune prostitute, tra cui (OMISSIS) e (OMISSIS), sul luogo in cui esercitavano il meretricio.
Si accertava pertanto che il ricorrente, con regolare continuita’, si era reso costantemente disponibile a prelevare le prostitute accompagnandole consapevolmente sul luogo di esercizio del meretricio e da qui alla loro abitazione, cosicche’ i Giudici del merito hanno ritenuto pienamente provata la penale responsabilita’ di (OMISSIS) in ordine all’ipotesi di favoreggiamento della prostituzione a lui ascritta.
2.2. Ai rilievi mossi nei confronti della prima sentenza, rilievi che sono stati meramente riprodotti con il ricorso per cassazione, la Corte di appello ha risposto come fosse apparso indiscutibile lo svolgimento dell’attivita’ di meretricio da parte donne, con la conseguenza che la condotta di accompagnamento delle stesse, con continuita’ sul luogo di esercizio del meretricio, integrava il reato di favoreggiamento della prostituzione.
A tale ultimo riguardo, la Corte del merito ha osservato che – se pur vero che il (OMISSIS) manteneva con la parte lesa (OMISSIS) una relazione piu’ intensa, con le caratteristiche di una relazione parasentimentale, nel senso che in effetti l’uomo appariva interessato ad avere una relazione esclusiva con la ragazza, mentre la stessa era piuttosto interessata soltanto ai suoi servigi – non poteva essere negata la circostanza che il ricorrente si rendeva disponibile a prelevare tutte le ragazze del gruppo e ad accompagnarle consapevolmente nel luogo dove svolgevano la loro attivita’.
Sicche’ una tale condotta, a ragione, integra pienamente, sia dal punto di vista materiale che psicologico, il reato di favoreggiamento della prostituzione e va aggiunto come, in punto di fatto, tale circostanza, ampiamente accertata nel corso del giudizio di merito, non sia stata affatto contestata dall’imputato che, anzi, ha prospettato, sulla base di cio’, ma a torto, la mancanza dell’elemento soggettivo del reato.
Invero, e con tutta evidenza, il fatto di accompagnare consapevolmente sul luogo del meretricio piu’ donne per consentire alle stesse di esercitare la prostituzione configura il reato di favoreggiamento della prostituzione, il quale si perfeziona attraverso ogni forma di interposizione agevolativa e con qualunque attivita’ che sia idonea a procurare piu’ facili condizioni per l’esercizio del meretricio e venga posta in essere dall’agente con la consapevolezza di facilitare l’altrui attivita’ di prostituzione, senza che abbia rilevanza il movente od il fine di tale condotta (Sez. 3, n. 47226 del 04/11/2005, Palmiero, Rv. 233268).
Peraltro, dal testo della sentenza impugnata, emerge, in modo indiscutibile dai servizi di osservazione, controllo e pedinamento del (OMISSIS), come il ricorrente accompagnasse, alle 9 di mattina sui rispettivi luoghi di esercizio della prostituzione, non solo la (OMISSIS) ma anche (OMISSIS) e (OMISSIS), cosicche’ l’omogeneita’ dei servizi di accompagnamento, assicurati sempre a favore delle medesime prostitute, e’ stato logicamente ritenuto, con fondamento, dimostrativo della consapevolezza da parte del ricorrente della rilevanza del servizio offerto in termini di facilitazione dello svolgimento della prostituzione delle donne, emergendo dalle conversazioni telefoniche che l’attivita’ di accompagnamento di tutte le prostitute era continuativa, stabile e comunque svolta nell’assoluta consapevolezza, da parte dell’imputato, del meretricio dalle stesse praticato.
In aggiunta, la Corte di appello ha sottolineato come l’attivita’ svolta dal ricorrente non potesse essere considerata priva di qualsiasi vantaggio per l’imputato, visto il suo interesse ad avere una relazione “esclusiva” con la (OMISSIS), di certo coinvolgente anche la sfera sessuale e comunque lungi dall’avere le caratteristiche di un atteggiamento di protezione paterna.
D’altra parte, come risulta dal testo della sentenza impugnata, lo stesso ricorrente, ha ammesso il fatto di reato nella sua materialita’, salvo dichiarare di aver agito per sottrarre la (OMISSIS) dalla strada, ma le intercettazioni delineavano, con tutta evidenza, che la sua crescente predilezione per tale prostituta invero aveva poco a vedere con l’amore paterno rivendicato.
Tutte le captazioni poi offrivano la contezza del fatto che, alla reazione non propriamente adesiva della (OMISSIS), il (OMISSIS) reagiva, non gia’ allontanandosi dal circuito di prostitute sfruttate, ma proseguiva nella sua attivita’ di “driver” per le altre ragazze.
Pertanto, in disparte la manifesta infondatezza del primo e del secondo motivo di ricorso, la mera riproposizione delle censure gia’ esaminate e risolte, con logica ed adeguata motivazione, dal Giudice del merito e la loro natura tipicamente fattuale, rendono i motivi di ricorso anche aspecifici e non proponibili, in quanto non consentiti, nel giudizio di legittimita’.
3. Anche il terzo motivo e’ inammissibile perche’ proposto per la prima volta nel corso del giudizio di legittimita’, con la conseguenza che la novita’ della doglianza rende il motivo non consentito.
In aggiunta, occorre rilevare come il motivo sia anche aspecifico.
Sotto tale ultimo aspetto, e’ il caso di ricordare che la giurisprudenza di legittimita’, con condivisibile orientamento al quale occorre dare continuita’, ha affermato che e’ inammissibile, per difetto di specificita’ del motivo, il ricorso per cassazione con cui si deducano violazioni di legge verificatesi nel giudizio di primo grado, se l’atto non procede alla specifica contestazione del riepilogo dei motivi di appello contenuto nella sentenza impugnata, qualora questa abbia omesso di indicare che l’atto di impugnazione proposto avverso la decisione del primo giudice aveva anch’esso gia’ denunciato le medesime violazioni di legge (Sez. 2, n. 31650 del 03/04/2017, Ciccarelli Rv. 270627; Sez. 2, n. 9028 del 05/11/2013, dep. 2014, Carrieri, Rv. 259066).
Il richiamato indirizzo fonda sul rilievo che, quando le doglianze non risultano formulate tra i motivi di appello, circostanza evincibile anche dal riepilogo degli stessi riportato nel testo della sentenza impugnata, il ricorrente, se ritiene incompleto o comunque non corretto il predetto riepilogo, ha il dovere processuale, avuto riguardo a quanto disposto dall’articolo 606 c.p.p., comma 3, u.p. ed in virtu’ dell’onere di specificita’ dei motivi di ricorso per cassazione, imposto dall’articolo 581 c.p.p., comma 1, lettera c), di contestare specificamente nel ricorso per cassazione l’incompletezza o l’erronea indicazione dei motivi di impugnazione proposti contro la prima sentenza, e cio’ in quanto la tempestiva deduzione della violazione di legge come motivo di appello costituisce requisito che legittima la riproposizione della doglianza in cassazione e, pertanto, di cio’ il ricorso, con la dovuta specificita’, deve dar conto.
Si tratta di un orientamento del tutto condivisibile, dovendosi considerare che incorre nel vizio di omessa motivazione il giudice di appello che non esamini una questione espressamente prospettata nei motivi d’impugnazione oppure una questione che possa ritenersi allo stesso tacitamente devoluta, se ed in quanto in rapporto di necessaria connessione con quelle espressamente proposte, costituendone l’antecedente logico-giuridico.
Percio’, non e’ sufficiente affermare genericamente che il giudice d’appello sia incorso nel vizio di omessa motivazione su un punto decisivo per il giudizio, ma costituisce onere per il ricorrente, che denunci il vizio di omessa motivazione, in relazione ad una questione non elencata come motivo di impugnazione nel testo della sentenza impugnata, di fornire al giudice del gravame, con il ricorso per cassazione, gli elementi dai quali si possa desumere che, nel novero dei motivi riassunti dal giudice d’appello nella sentenza impugnata, manchi completamente il riferimento alla questione gia’ sollevata e non decisa, dovendosi, in mancanza, ritenere la genericita’ del motivo di ricorso.
Nel caso di specie, da un lato, non risulta che, con l’atto di appello, la questione sia stata proposta e, dall’altro, il ricorrente non ha assolutamente contestato che nel testo della sentenza impugnata sia stato omesso il contenuto di un motivo di ricorso devoluto e non esaminato, con la conseguenza che il motivo di ricorso e’ inammissibile perche’ nuovo e generico.
4. Sulla base delle precedenti considerazioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e cio’ comporta l’onere per il ricorrente, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi e’ ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.
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