Il divieto di fare uso di apparecchi radiotelefonici durante la marcia

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza 23 ottobre 2020, n. 23331.

Il divieto, posto dall’art. 173, comma 2, cod. strada, di fare uso di apparecchi radiotelefonici durante la marcia permane nel caso di arresto del veicolo dovuto – come nell’ipotesi di impegno di un incrocio, in attesa del passaggio delle vetture con precedenza e con obbligo di sgomberare l’area nel più breve tempo possibile – ad esigenze della circolazione, risiedendo la “ratio” di tale prescrizione nella necessità di impedire comportamenti in grado di provocare una situazione di pericolosità nella circolazione stradale, inducendo il guidatore a distrarsi ed a non consentire di avere, con certezza, il completo controllo del veicolo in movimento.

Ordinanza 23 ottobre 2020, n. 23331

Data udienza 16 luglio 2020

Tag/parola chiave: Sanzioni amministrative – Uso di telefono cellulare alla guida ex art. 173 cds – Attraversamento di incrocio con semaforo rosso ex art. 146 cds – Liquidazione delle spese legali maggiorate dell’80% – Ammissibilità ex art. 4 comma1 dm n. 55/2014 – Nozione di arresto ex art. 157 cds

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 3205-2017 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv.to (OMISSIS) che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
PREFETTURA UTG TORINO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– resistente –
avverso la sentenza n. 3356/2016 del TRIBUNALE di TORINO, depositata il 10/06/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/07/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) proponeva opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione con la quale gli era stata irrogata una sanzione a seguito della contestazione della violazione dell’articolo 173 C.d.S., comma 2, e articolo 146 C.d.S., comma 3, per aver fatto uso durante la guida del telefono cellulare senza auricolare o apparato vivavoce e per aver proseguito la marcia nonostante il semaforo rosso.
2. All’esito del giudizio il giudice di pace accoglieva il ricorso per la violazione dell’articolo 146 C.d.S., comma 3, relativa all’attraversamento dell’incrocio con semaforo rosso, mentre confermava l’ordinanza ingiunzione per la violazione dell’articolo 173 C.d.S. relativa all’uso del telefono durante la guida.
3. (OMISSIS) proponeva appello avverso la suddetta sentenza.
Il Tribunale di Torino rigettava l’impugnazione. Per quel che ancora rileva il Tribunale riteneva infondato il motivo di appello relativo alla pretesa di versamento della sanzione in favore dell’ente consortile dell’Unione dei comuni e non in favore del comune di San Mauro Torinese dov’era avvenuta la violazione.
L’Unione dei comuni, infatti, era un soggetto abilitato a ricevere i proventi delle sanzioni.
Il Tribunale rigettava anche il motivo di appello relativo alla mancanza di prova circa il fatto che il veicolo guidato dal ricorrente si trovasse in movimento al momento dell’accertamento, in quanto il verbale faceva prima piena prova fino a querela di falso di quanto accertato dall’agente verbalizzante e, peraltro, la prova che il veicolo si trovasse in movimento sarebbe stata superflua. Rigettava il motivo di gravarne con cui si lamentava l’omessa produzione del verbale redatto in occasione dell’accertamento e redatto con sistema di elaborazione dati, ai sensi dell’articolo 385 reg. att. C.d.S., comma 3, e condannava l’opponente al pagamento delle spese di lite pari a Euro 792 con un aumento dell’80% per la particolare complessita’ della causa.
4. (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di quattro motivi di ricorso.
5. La prefettura di Torino si e’ costituita tardivamente al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione della causa.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: violazione falsa applicazione del decreto ministeriale n. 55 del 2014.
La censura attiene alla regolamentazione delle spese del giudizio di appello da parte del Tribunale di Torino che ha considerato la causa di particolare complessita’ e ha aumentato dell’80% la condanna alle spese del ricorrente.
Secondo il ricorrente il calcolo dell’importo sarebbe comunque errato, posto che il valore dichiarato della causa era di Euro 341 e dunque, all’avvocato doveva essere riconosciuto un importo pari a Euro 125 che pur maggiorato dell’80% non poteva superare i 450 Euro
1.2 Il primo motivo di ricorso e’ infondato.
Il Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, articolo 4, comma 1 prevede che: “Ai fini della liquidazione del compenso si tiene conto delle caratteristiche, dell’urgenza e del pregio dell’attivita’ prestata, dell’importanza, della natura, della difficolta’ e del valore dell’affare, delle condizioni soggettive del cliente, dei risultati conseguiti, del numero e della complessita’ delle questioni giuridiche e di fatto trattate. In ordine alla difficolta’ dell’affare si tiene particolare conto dei contrasti giurisprudenziali” e della quantita’ e del contenuto della corrispondenza che risulta essere stato necessario intrattenere con il cliente e con altri soggetti. Il giudice tiene conto dei valori medi di cui alle tabelle allegate, che, in applicazione dei parametri generali, possono essere aumentati di regola sino all’80 per cento, ovvero possono essere diminuiti in ogni caso non oltre il 50 per cento”.
Il ricorrente ha sollevato questioni particolarmente complesse rispetto al valore della causa e, in ogni caso, la valutazione del giudice su tale complessita’ non e’ sindacabile da questa Corte se non nei ristretti limiti della violazione di legge o dell’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.
Quanto alla violazione dei parametri di legge, il ricorrente non tiene conto della motivazione della sentenza impugnata che ha precisato come la causa rientrasse nello scaglione fino ad Euro 1100 e che, sulla base della maggiorazione dell’80 per cento per la complessita’ della controversia, i compensi erano liquidati in Euro 225 per la fase di studio, in Euro 225 per la fase introduttiva e in Euro 342 per la fase decisionale.
Il ricorrente, invece, pone alla base del suo calcolo solo l’importo pari ad Euro 125 senza neanche precisare a quale fase esso si riferisca.
2. Il secondo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: violazione e falsa applicazione dell’articolo 208 C.d.S., comma 1, nonche’ degli articoli 115 e 116 c.p.c..
La censura verte sulla legittimazione a riscuotere la sanzione da parte della Unione di comuni secondo quanto affermato dal tribunale di Torino e non del singolo Comune di San Mauro Torinese dov’era avvenuta la violazione come risulterebbe dalla articolo 208 C.d.S. e dallo statuto dell’Unione dei comuni in questione.
2.1 Il secondo motivo e’ infondato.
L’articolo 208 C.d.S. non e’ di ostacolo alla previsione di una convenzione tra Comuni che possono ricorrere a servizi comuni sia nella funzione di accertamento delle violazioni al C.d.S. che nella destinazione dei proventi per le finalita’ istituzionali previste dalla legge, quali la messa a norma e la manutenzione programmata delle dotazioni di sicurezza della rete stradale.
Peraltro, deve evidenziarsi come il ricorrente non abbia alcun interesse a far valere la suddetta censura, spettando al piu’ al Comune, eventualmente, pretendere la destinazione della somma in luogo dell’Unione dei Comuni.
3. Il terzo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: violazione e falsa applicazione dell’articolo 157 C.d.S. e dell’articolo 173 C.d.S., comma 2, nonche’ omessa motivazione su un punto decisivo della controversia.
La censura attiene al fatto che non vi era alcuna prova della situazione di marcia del veicolo ma si faceva riferimento alla sola guida, mentre ai sensi dell’articolo 157 C.d.S. la guida non puo’ essere equiparata alla situazione di marcia.
3.1 Il terzo motivo e’ manifestamente infondato.
Il ricorrente e’ stato sanzionato perche’ durante la guida, mentre impegnava un incrocio, faceva uso di un apparecchio radio telefonico. In proposito la sentenza impugnata risulta correttamente motivata nella parte in cui afferma che il verbale fa piena prova fino a querela di falso circa il fatto che la vettura era in movimento e la censura del ricorrente non si confronta con tale affermazione.
In ogni caso, deve precisarsi che l’articolo 157 C.d.S. dispone che per arresto si intende l’interruzione della marcia del veicolo dovuta ad esigenze della circolazione e, in questi casi, permane il divieto di usare far uso di apparecchi radiotelefonici. Infatti, sarebbe del tutto irragionevole immaginare che, in casi come quello in esame, il conducente, al momento di impegnare un incrocio in attesa del passaggio delle vetture con precedenza e con l’obbligo di sgomberare l’area il prima possibile, possa tranquillamente utilizzare un apparecchio radiomobile proprio nel momento di maggior pericolo, per il solo fatto che il veicolo si e’ momentaneamente arrestato.
La ratio del divieto di cui all’articolo 173 C.d.S., comma 2, (Decreto Legislativo n. 285 del 1992), infatti, risiede nell’impedire comportamenti che siano in grado di provocare una situazione di pericolosita’ nella circolazione stradale, inducendo il guidatore a distrarsi e a non consentire di avere con certezza il completo controllo del veicolo in movimento.
4. Il quarto motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: violazione dell’articolo 115 c.p.c., comma 1, falsa applicazione dell’articolo 385 reg. att. C.d.S., comma 1, e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, articolo 18 nonche’ violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 6 ovvero omesso esame di un fatto decisivo per la controversia.
La censura attiene alla mancanza di documentazione relativa al verbale di accertamento che non era stato trasfuso agli atti neanche in copia conforme e non vi era corrispondenza delle date tra il verbale relativo all’accertamento e’ quello redatto successivamente dall’agente relativo a quanto in precedenza accertato.
4.1 Il quarto motivo e’ infondato.
Il Tribunale ha dato atto che la prefettura aveva prodotto nel giudizio di primo grado il verbale cui faceva riferimento l’ordinanza ingiunzione. Tale verbale era stato redatto dall’organo accertatore in modo meccanizzato, ai sensi dell’articolo 384 reg. att. C.d.S., e conteneva tutti i requisiti previsti di tempo e luogo dell’accertamento e le ragioni per cui non era stata possibile la contestazione immediata e costituiva piena prova dei fatti in esso indicati. Lo stesso, peraltro, era stato notificato in modo conforme a quanto previsto dal successivo articolo 385, ovvero con il modulo prestampato recante l’intestazione dell’ufficio o comando.
Nessuna violazione delle norme indicate dal ricorrente si e’ dunque prodotta. La copia consegnata all’ufficio postale recava l’attestazione di conformita’ e come risultava dallo stesso verbale si dava atto del nominativo dell’accertatore e del responsabile del procedimento.
5. Il ricorso e’ rigettato. Nulla sulle spese essendosi costituita in giudizio la parte intimata al solo fine di partecipare all’eventuale discussione.
6. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dell’articolo 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;
ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il, versamento da parte del ricorrente di un’ulteriore imposta a titolo del contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dell’articolo 1 bis dello stesso articolo 13.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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