Il divieto di domande suggestive e nocive vale anche per il giudice

Corte di Cassazione, sezione quarta penale, Sentenza 19 maggio 2020, n. 15331.

 

Il divieto di domande suggestive e nocive vale anche per il giudice, pena l’annullamento della sentenza.

Sentenza 19 maggio 2020, n. 15331

Data udienza 6 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Violenza sessuale – Art. 609 bis cp – Giudizio di rinvio – Rinnovazione istruttoria nei confronti della persona offesa – Esame dei testimoni – Disciplina – Art. 498 cpp – Art. 499 cpp – Art. 506 cpp – Assunzione della testimonianza condotta in gran parte dal consigliere relatore – conseguenze sull’attendibilità – Domande vietate – Divieto di domande suggestive – Riferibilità a tutti i partecipanti all’esame – Sussistenza

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI SALVO Emanuele – Presidente

Dott. ESPOSITO Aldo – Consigliere

Dott. BELLINI Ugo – Consigliere

Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere

Dott. DAWAN Daniela – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 14/03/2019 della CORTE APPELLO di GENOVA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. DANIELA DAWAN;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. PINELLI MARIO MARIA STEFANO che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso.
In sostituzione dell’avv. (OMISSIS) del foro di GENOVA e’ presente l’avv. (OMISSIS) del foro di Roma in difesa di (OMISSIS) che deposita delega ex articolo 102 c.p.p. e si riporta ai motivi del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Genova, decidendo in sede di rinvio disposto con sentenza resa il 07/02/2018 dalla Corte di Cassazione, in parziale riforma della sentenza emessa in data 15/10/2014 dal Tribunale di Genova nei confronti di (OMISSIS), appellata dal pubblico ministero, ha dichiarato l’imputato colpevole anche del reato di cui all’articolo 609-bis c.p. relativamente alle condotte poste in essere successivamente al (OMISSIS) e, ritenuta la continuazione con i fatti oggetto della sentenza impugnata e coperti dal giudicato, lo ha condannato alla pena complessiva di anni tre di reclusione, disponendo, in conseguenza, la revoca della sospensione condizionale della pena gia’ concessa con la sentenza di primo grado.
2. L’iter processuale. Il Tribunale di Genova aveva condannato l’imputato alla pena di anni due di reclusione per il reato di cui all’articolo 609-quater c.p., commesso nell’agosto 2009, ritenuta l’ipotesi lieve di cui al comma 4, in danno della minore (OMISSIS), nata il (OMISSIS), compagna di scuola di sua figlia, assolvendolo, invece, dalla contestazione relativa al compimento successivo di atti sessuali posti in essere nel 2010 nei confronti della stessa minore, allorquando costei aveva gia’ compiuto quattordici anni. Con sentenza del 25/01/2017, la Corte di appello di Genova, in accoglimento dell’impugnazione del pubblico ministero, aveva, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ritenuto la responsabilita’ dell’imputato anche per il delitto di cui all’articolo 609-bis c.p., relativo agli atti sessuali compiuti nei confronti della ragazza gia’ quattordicenne, consistiti nel prenderle la mano tenendola ferma sui propri genitali. Lo condannava, pertanto, alla pena di quattro anni di reclusione.
3. La Terza sezione di questa Corte Suprema, investita del ricorso del (OMISSIS), annullava la predetta sentenza di appello sul rilievo che “la pronuncia di appello imponeva ai giudici del gravame di procedere alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale nei confronti della p.o., sulla cui deposizione si era incentrata la decisione dei primi giudici, cosi’ come, a fronte dell’analitica e minuziosa disamina dell’attendibilita’ della teste e del significato delle dichiarazioni da costei rese, ivi sviluppata, una motivazione in grado di disarticolare il ragionamento assolutorio sui singoli punti ritenuti rilevanti ai fini della decisione”.
4. Avverso la sentenza resa dal giudice del rinvio ricorre l’imputato, a mezzo del difensore, articolando due motivi e chiedendo la rettifica del dispositivo nei termini di cui si dira’. Con entrambi i motivi, deduce erronea applicazione della legge penale, nonche’ mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione. Quanto al primo, la censura attiene alle modalita’ di assunzione e valutazione della testimonianza resa dalla persona offesa. La motivazione sulle dichiarazioni di quest’ultima confliggerebbe con i dati probatori raccolti all’esito dell’accertamento istruttorio. Le modalita’ di assunzione della prova testimoniale, contrariamente a quanto riportato in motivazione, non sarebbero consistite nell’esame e controesame ma in domande palesemente suggestive, poste direttamente dal consigliere relatore alla teste, cosi’ minandone la credibilita’. Gli argomenti della Corte territoriale sono parimenti viziati laddove conferiscono patente di verita’ assoluta al racconto di un singolo episodio invece di tener conto della complessita’ della contestazione che occupa un arco temporale di ben nove mesi ((OMISSIS)).
Inoltre, il giudice di appello, al momento di valutare la testimonianza della persona offesa, non avrebbe preso in considerazione la perizia neuropsichiatrica eseguita dal prof. (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS) nell’ambito di altro procedimento. Peraltro, la sentenza impugnata erroneamente pretenderebbe di contrastare la perizia (OMISSIS), in tema di “capacita’ a deporre” della testimone, con l’analisi della Dott.ssa Tattoli relativa al diverso profilo della “attendibilita’” della dichiarante. In particolare, la motivazione sarebbe illogica laddove reputa la perizia (OMISSIS) scarsamente rappresentativa perche’ redatta a distanza di dieci anni dai fatti per cui si procede. Il secondo motivo afferisce alla motivazione della sentenza impugnata che il ricorrente reputa non rafforzata, essendosi limitata a contrapporre la propria lettura del materiale probatorio a quella del Tribunale ed omettendo del tutto di segnalare le ragioni delle differenti conclusioni cui e’ pervenuta, soprattutto avuto riguardo al tema della consapevolezza, in capo all’imputato, del dissenso della persona offesa. Infine, il ricorrente chiede a questa Corte Suprema di rettificare, ai sensi dell’articolo 619 c.p.p., il dispositivo nel senso di inserire l’espresso riferimento alla pur riconosciuta “ipotesi minore” di cui all’articolo 609-bis c.p., ultimo comma, cosi’ come peraltro risulta inequivocabilmente dalla motivazione della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato.
2. La Terza sezione della Corte di cassazione, nel disporre l’annullamento con rinvio della sentenza di appello- che, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva reputato l’imputato colpevole anche del reato di cui all’articolo 609-bis c.p., relativo agli atti sessuali computi nei confronti della ragazza gia’ quattordicenne, consistiti nel prenderle la mano trattenendola sui propri genitali -, aveva demandato al giudice del rinvio di procedere alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale nei confronti della persona offesa, effettuando un vaglio analitico e approfondito della sua attendibilita’ e del significato delle dichiarazioni da costei rese nel corso dell’audizione, al fine di pervenire ad una motivazione in grado di disarticolare il ragionamento assolutorio sui singoli punti ritenuti rilevanti ai fini della decisione.
3. Cio’ detto, il Collegio rileva che le irregolarita’ nella conduzione e nell’assunzione della testimonianza della persona offesa, stigmatizzate dal ricorrente nel primo motivo di ricorso, si sono riverberate, viziandola, sulla motivazione della sentenza impugnata, per le ragioni che si andranno esponendo.
4. Giova porre alcune premesse. La disciplina dell’esame dei testimoni costituisce piena espressione della scelta, operata dal legislatore del 1988, per un processo di parti. L’articolo 498 c.p.p. fissa la regola principale per la quale l’escussione avviene mediante domande rivolte direttamente al testimone dal pubblico ministero e dai difensori, senza il filtro del giudice, eseguendo cadenze predeterminate. L’esame incrociato si articola nei tre momenti dell’esame diretto, del controesame e del riesame. E’ appena il caso di ricordare che l’opzione del legislatore in favore dell’esame incrociato, quale modalita’ tipica di escussione della fonte orale, sottratta, di regola, al monopolio del giudice, trova un richiamo sia nell’articolo 6, par. 3, lettera d), C.E.D.U. e nell’articolo 14, par. 3, lettera e) del Patto internazionale sui diritti civili e politici, sia nell’articolo 111 Cost., commi 3 e 4.
L’articolo 506 c.p.p., comma 2, (nel testo modificato dalla L. n. 479 del 1999) prevede il potere del presidente di rivolgere domande ai testimoni, ai periti, ai consulenti tecnici, alle persone indicate nell’articolo 210 c.p.p. e alle parti private solo dopo l’esame e il controesame. La puntualizzazione che le domande possano essere rivolte solo dopo l’esame e il controesame e’ stata considerata opportuna, posto che un intervento officioso del giudice con finalita’ chiarificatrice dei fatti oggetto del processo e in funzione surrogatoria rispetto alle parti, in tanto trova giustificazione in un processo tendenzialmente accusatorio, in quanto non sia stato possibile ottenere i necessari chiarimenti mediante le domande che hanno posto le parti.
5. Cio’ premesso, il Collegio rileva che le modalita’ di assunzione della testimonianza, condotta in prima battuta e in gran parte dal consigliere relatore, e il contenuto delle domande da questi rivolte alla persona offesa ne hanno gravemente pregiudicato l’attendibilita’, di talche’ la motivazione fondata sulle dichiarazioni rese da costei – che rivestono, all’evidenza, un ruolo centrale nell’odierno procedimento, cosi’ come statuito dalla stessa sentenza di annullamento – appare radicalmente viziata sotto il profilo della tenuta logica della sentenza impugnata.
L’articolo 499 c.p.p., come e’ esplicitamente indicato nella sua intestazione, detta le “regole per l’esame del testimone”, indica cioe’ i criteri cui il giudice deve attenersi nell’ammettere o vietare le domande delle parti. Il giudice, pertanto, deve vietare in modo assoluto le domande che possono nuocere alla sincerita’ delle risposte (comma 2); vietare alla parte che ha addotto il teste o che ha un interesse comune con lo stesso di formulare le domande in modo da suggerirgli le risposte (comma 3); assicurare durante l’esame del teste la pertinenza delle domande, la genuinita’ delle risposte, la lealta’ dell’esame e la correttezza delle contestazioni (comma 6).
Il divieto di formulare domande che possano nuocere alla sincerita’ delle risposte, nel duplice senso delle domande “suggestive” – nel significato che il termine assume nel linguaggio giudiziario di domande che tendono a suggerire la risposta al teste ovvero forniscono le informazioni necessarie per rispondere secondo quanto desiderato dall’esaminatore, anche attraverso una semplice conferma- e delle domande “nocive” – finalizzate a manipolare il teste, fuorviandone la memoria, poiche’ gli forniscono informazioni errate e falsi presupposti tali da minare la stessa genuinita’ della risposta -e’ espressamente previsto con riferimento alla parte che ha chiesto la citazione del teste, in quanto tale parte e’ ritenuta dal legislatore interessata a suggerire al teste risposte utili per la sua difesa. A maggior ragione, detto divieto deve applicarsi al giudice al quale spetta il compito di assicurare, in ogni caso, la genuinita’ delle risposte ai sensi del comma 6 della medesima disposizione (Sez. 3, n. 7373 del 18/01/2012,B,Rv. 252134;Sez. 3, n. 25712 del 11/05/20 11, M, Rv. 250615: il caso concerneva, in particolare, l’esame del testimone minorenne, riguardo al quale, in motivazione, la Corte ha precisato che, ove si ritenesse diversamente, si arriverebbe all’assurda conclusione che le regole fondamentali per assicurare una testimonianza corretta verrebbero meno laddove, per la fragilita’ e la suggestionabilita’ del dichiarante, sono piu’ necessarie. Per una breve disamina degli orientamenti della giurisprudenza di legittimita’ sul tema, cfr. Sez. 3, n. 45931 del 09/10/2014, Cifaldi, Rv. 260872).
E’ evidente, pertanto, che l’inosservanza delle regole stabilite dal codice di rito per assicurare la sincerita’ e genuinita’ delle risposte del teste rende la prova non genuina e poco attendibile.
6. Nel caso in disamina, le domande rivolte dal consigliere relatore alla testimone (OMISSIS) – come risulta dalla trascrizione dell’esame testimoniale allegata al ricorso – presentano entrambi gli aspetti di suggestivita’ e di nocivita’, nel rispettivo senso sopra indicato. Si tratta, invero, di domande assertive che indirizzano la teste verso una mera conferma di quanto l’interrogante va postulando. Le domande entrano nel dettaglio, con palese manipolazione delle risposte date dalla giovane donna. Di seguito si riportano le domande che il Collegio reputa tali da compromettere la genuinita’ delle risposte.
Giudice consigliere “L’ha conosciuto, poi lui vi portava ogni tanto a scuola con la macchina…”.
La domanda e’ suggestiva perche’ serve a surrettiziamente suggerire alla testimone che l’episodio di cui si tratta e’ avvenuto in macchina.
Giudice consigliere: “E poi, da li’, ci sono stati determinati rapporti tra di voi”: la domanda, posta in forma assertiva – tale, cioe’, da perdere il connotato interrogativo, attribuendo al suo contenuto un carattere di certezza – e’ nociva poiche’ palesemente manipolatoria rispetto al ricordo della testimone, cui fornisce falsi presupposti.
Giudice consigliere: “Il fatto materiale lo possiamo dare per pacifico”. Si tratta, all’evidenza, di assunto nocivo perche’ da’ per scontato il fatto oggetto della testimonianza, quello, cioe’, che l’esame della persona offesa e’ proprio finalizzato a dimostrare.
Giudice consigliere: “Lei ricorda che aveva denunciato che ad un certo punto questa persona, un giorno eravate in macchina cosi’, aveva preso la sua mano… e se l’era messa sulle sue parti intime”.
Questa e’ una domanda suggestiva, la quale contiene la risposta che si intende suggerire e in cui il giudice ripropone il fatto come assodato.
Domande ed asserzioni, queste, cui la (OMISSIS) risponde semplicemente annuendo.
Giudice consigliere: “Ecco, se lei ricorda questo episodio, ricorda anche se ha avuto una reazione, prima, durante o dopo che lui ha compiuto questo gesto-“. La domanda e’ suggestiva perche’ tende a suggerire una risposta alla testimone, che risponde “No, della reazione non mi ricordo. So che me l’ha tenuta li’ (la mano sui genitali dell’uomo) per un po’…. e poi lo ho cercato di levarla e dopo un po’ lui l’ha staccata”. Il giudice continua chiedendole se avesse cercato di levarla subito la mano e, alla risposta negativa della donna, afferma interrogativamente. “… Quindi come se lei avesse accettato, in quel momento, questo gesto”. La domanda e’ nociva perche’ volta a forzare la risposta della persona offesa la quale afferma “No, lo ho provato a tirarmi indietro”.
Dopo che la testimone ha riferito che “guardava male” l’uomo, come per dirgli di finirla, il giudice consigliere le chiede, palesemente suggerendole la risposta confermativa:
“… e poi, ad un certo punto, quando lui le ha messo la mano sopra, lei gliel’ha presa per levarsela-“. La risposta della ragazza e’ ancora una volta “Si'”.
7. Quanto appena rilevato riverbera i suoi effetti anche sul piano epistemico atteso che la prova, indicata dalla sentenza di annullamento, non ha fornito un sapere certo: la teste, infatti, si e’ limitata, per gran parte dell’esame, ad assecondare, nella maniera di cui si e’ detto, il giudice che la interrogava. E’, pertanto, condivisibile l’assunto del ricorrente laddove afferma che il descritto approccio, non garantendo la spontaneita’ delle risposte della persona offesa, ne pregiudica l’attendibilita’.
Sicche’ puo’ ben dirsi che la motivazione della sentenza non soddisfa il requisito della specifica confutazione delle argomentazioni poste dal giudice di primo grado a fondamento della diversa decisione, ne’ soddisfa l’obbligo di motivazione, cosi’ come indicato dalla sentenza di annullamento.
8. I profili di doglianza del secondo motivo restano assorbiti.
9. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio, per nuovo giudizio, ad altra sezione della Corte d’appello di Genova. In caso di diffusione del presente provvedimento, si dovranno omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia, per nuovo giudizio, ad altra sezione della Corte d’appello di Genova.
Oscuramento dati.
Si da’ atto che il presente provvedimento e’ sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, articolo 1, comma 1, lettera a).

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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