Il dissequestro temporaneo, per provvedere alla protezione di parti deperibili dell’edificio in costruzione, non fa venire meno, neppure un periodo di tempo limitato e prestabilito, il vincolo imposto in origine

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 30 agosto 2018, n. 39275.

La massima estrapolata:

Il dissequestro temporaneo, per provvedere alla protezione di parti deperibili dell’edificio in costruzione, non fa venire meno, neppure un periodo di tempo limitato e prestabilito, il vincolo imposto in origine. C’è solo la possibilità di accedere temporaneamente al bene con modalità rigorosamente prestabilite e non derogabili.

Sentenza 30 agosto 2018, n. 39275

Data udienza 12 giugno 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente

Dott. RAMACCI Luca – rel. Consigliere

Dott. CERRONI Claudio – Consigliere

Dott. GAI Emanuela – Consigliere

Dott. ANDRONIO Alessandro M – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 15/02/2018 del TRIB. LIBERTA’ di SALERNO;
udita la relazione svolta dal Consigliere LUCA RAMACCI;
lette/sentite le conclusioni del PG PAOLA FILIPPI;
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’;
udito il difensore (Avv. (OMISSIS) foto di Roma);
il difensore presente si riporta ai motivi.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Salerno, con ordinanza del 15 febbraio 2018, ha rigettato l’appello, proposto ai sensi dell’articolo 322 bis c.p.p., nell’interesse di (OMISSIS), avverso l’ordinanza di rigetto dell’istanza di dissequestro temporaneo di un immobile in corso di costruzione, sottoposto a sequestro preventivo emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vallo della Lucania il 20 ottobre 2017, al fine di provvedere alla protezione di parti deperibili del costruendo edificio.
Il sequestro era stato ordinato ipotizzandosi i reati di cui all’articolo 110 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44 lettera c), articoli 64, 71, 93, 94 e 95; Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181; articolo 734 c.p.; L. n. 394 del 1991, articoli 13 e 30.
Avverso tale pronuncia la predetta propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p..
2. Con un unico motivo di ricorso deduce la violazione di legge, rilevando che il sequestro era stato disposto, da un lato, dalla necessita’ di soddisfare le esigenze cautelari di cui all’articolo 321 c.p.p., e, dall’altro, allo scopo di mantenere immutato lo stato dei luoghi.
Osserva che, nel rigettare l’istanza di dissequestro, il G.i.p. avrebbe modificato la natura del provvedimento, adottandone uno del tutto diverso, che comporterebbe una modifica in peggio del vincolo cautelare inizialmente imposto, rendendo lo strumento talmente invasivo da precludere, addirittura, la conservazione del bene dagli agenti atmosferici, condannandolo ad un definitivo deterioramento pur in mancanza un definitivo giudizio.
Rileva, inoltre, che l’impugnazione del provvedimento innanzi al Tribunale risulterebbe ammissibile, in quanto il diniego delle misure conservative richieste non sarebbe attinente alle ordinarie modalita’ esecutive della misura cautelare reale, perche’ ne modificherebbe la portata, rendendo quindi appellabile il provvedimento ai sensi dell’articolo 322 bis c.p.p..
Assume, inoltre, che essendo stata nominata custode giudiziario del manufatto, il provvedimento emesso le impedirebbe l’esercizio della funzione attribuitale e, segnatamente, quella di garantire la conservazione del bene sequestrato.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso. In data 30/5/2018 ha depositato memoria ad ulteriore sostegno delle proprie ragioni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile.
2. La ricorrente basa le proprie censure su un presupposto non rispondente al vero e, cioe’, che il provvedimento di diniego di interventi asseritamente manutentivi da eseguire sul bene in sequestro, emesso dal Giudice per le indagini preliminari, ne avrebbe stravolto le originarie finalita’, rendendolo conseguentemente suscettibile di impugnazione mediante appello ai sensi dell’articolo 322 bis c.p.p..
In realta’, una simile evenienza non trova alcuna conferma nel contenuto del provvedimento impositivo della misura cautelare reale, che la ricorrente ha pure allegato in copia al ricorso, unitamente al verbale di sequestro di iniziativa predisposto dalla polizia giudiziaria.
3. Occorre peraltro osservare, a tale proposito, che le finalita’ del sequestro preventivo sono indicate chiaramente dalla legge e non possono essere diversamente individuate dal giudice che dispone la misura cautelare reale.
L’articolo 321 c.p.p., come e’ noto, stabilisce che il sequestro preventivo puo’ essere disposto quando vi e’ pericolo che la libera disponibilita’ di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso, ovvero agevolare la commissione di altri reati, nonche’ quando oggetto della misura e’ un bene suscettibile di confisca.
4. Orbene, nel provvedimento che riguarda il caso in esame, il giudice, dopo aver dato atto della sussistenza del fumus – dei reati oggetto di provvisoria incolpazione, stante l’esecuzione di opere edilizie in assenza dei necessari titoli abilitativi, ha chiaramente indicato la sussistenza di un concreto pericolo di aggravamento delle conseguenze dannose degli illeciti, “trattandosi di opere ancora non ultimate, delle quali occorre impedire la prosecuzione”, cosi’ correttamente attenendosi alla lettera della legge.
Vero e’ che nel verbale del sequestro eseguito di iniziativa dalla polizia giudiziaria e successivamente convalidato viene specificato che le opere erano sequestrate non solo per le ricordate finalita’ preventive, ma anche per evitare che lo stato dei luoghi potesse alterarsi o comunque modificarsi, ma tale specificazione non era certo vincolante per il Pubblico Ministero ne’, tanto meno, per il Giudice per le indagini preliminari.
Invero, come si e’ gia’ avuto modo di osservare, la qualificazione come probatorio o preventivo del sequestro operato in via d’urgenza dalla polizia giudiziaria rientra tra i poteri del Pubblico Ministero (Sez. 4, n. 21000 del 26/4/2016, Scifo, Rv. 266863. Conf. Sez. 3, n. 26916 del 14/5/2009, Viola e altri, Rv. 244241; Sez. 6, n. 2061 del 17/12/2003 (dep. 2004), Di Maio, Rv. 227896; Sez. 3, n. 1038 del 30/3/1995, Viola, Rv. 202953).
5. Dopo l’esecuzione della misura, come si rileva dal contenuto del provvedimento impugnato e del ricorso, l’indagata ha richiesto il “dissequestro temporaneo” al fine di eseguire “opere tese a tutelare gli elementi della copertura sottoposti a deterioramento per effetto degli agenti atmosferici”, come si evince dal parere contrario del Pubblico Ministero, pure allegato in copia al ricorso, nel quale si evidenzia come il provvedimento richiesto non sia necessario, in quanto finalizzato alla conservazione del piano di copertura del fabbricato che risultava eseguito senza titolo.
Il Giudice per le indagini preliminari, aderendo a quanto prospettato dall’ufficio di Procura, ha respinto la richiesta osservando che le stesse opere di consolidamento, oltre ad essere anch’esse sprovviste di titolo abilitativo, andrebbero paradossalmente a salvaguardare un bene edificato del tutto illecitamente.
6. Cio’ posto, va evidenziato che il “dissequestro temporaneo”, spesso adottato nella prassi, attiene certamente, come correttamente osservato dal Tribunale nel provvedimento impugnato, alle modalita’ di esecuzione del sequestro preventivo.
Invero non puo’ certo attribuirsi rilievo alla terminologia adottata (dissequestro temporaneo) per ritenere che eventuali istanze in tal senso debbano ritenersi correlate alla verifica della sussistenza o della permanenza dei presupposti per l’applicazione della misura cautelare reale.
Come e’ stato gia’ ricordato, infatti, tanto con il riesame avverso il decreto genetico del sequestro preventivo, quanto con l’appello avverso le successive ordinanze nella stessa materia, i soggetti legittimati possono far valere le proprie ragioni in ordine all’esistenza o alla persistenza dei presupposti di applicazione di quella misura cautelare reale, cio’ potendosi indirettamente desumere dal fatto che l’articolo 321 c.p.p., comma 3, cui l’articolo 322 bis, e’ collegabile, si riferisce alla istanza con la quale si chieda la revoca del sequestro preventivo per la mancanza, eventualmente anche sopravvenuta, delle condizioni originarie di applicabilita’ della stessa misura (cosi’, in motivazione, Sez. 6, n. 16170 del 2/4/2014, Stollo, Rv. 259769).
La figura del “dissequestro temporaneo” al di la’ del nome, ha lo scopo, cosi’ come l’autorizzazione al temporaneo accesso ai luoghi in sequestro sotto il diretto controllo della polizia giudiziaria ed altre similari procedure, di consentire il momentaneo accesso alle cose in sequestro per le finalita’ di volta in volta prospettate ed oggetto di valutazione da parte di chi riceve l’istanza, al fine di impedire che un eventuale accoglimento si risolva, sostanzialmente, nel consentire la ripresa dell’attivita’ illecita interrotta dall’apposizione del vincolo.
Deve quindi escludersi che il “dissequestro temporaneo” faccia venir meno, seppure per un periodo di tempo limitato e prestabilito, il vincolo originariamente imposto, risolvendosi, nella sostanza, nella possibilita’ di accedere temporaneamente al bene con modalita’ rigorosamente prestabilite e non derogabili.
Si tratta, conseguentemente di attivita’ riguardante le modalita’ esecutive del sequestro ed, in quanto tali, impugnabili con la procedura dell’incidente di esecuzione (Sez. 2, n. 44504 del 3/7/2015, Steccato Vattume’, Rv. 265103; Sez. 6, n. 16170 del 2/4/2014, Stollo, Rv. 259769; Sez. 3, n. 26729 del 23/3/2011, Lannino, Rv. 250637).
7. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilita’ consegue l’onere delle spese del procedimento, nonche’ quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di Euro 2.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2.000,00 (duemila) in favore della Cassa delle ammende

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