Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|31 marzo 2021| n. 8958.
Il diritto soggettivo di astenersi dalla prestazione in occasione delle festività infrasettimanali è disponibile da parte del lavoratore, il quale può rinunciarvi in virtù di un accordo individuale con il datore di lavoro, il cui contenuto deve essere interpretato alla luce della l. n. 260 del 1949, che, pur prevedendo l’indisponibilità del diritto a livello collettivo e dunque la nullità delle clausole della contrattazione collettiva che dovessero prevederlo come obbligatorio, non prevede un divieto assoluto di lavorare nelle predette festività. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva giudicato nulla per indeterminatezza dell’oggetto la clausola di alcuni contratti individuali di lavoro secondo cui, qualora richiesto, il lavoratore poteva essere chiamato “a prestare attività lavorativa nei giorni festivi e domenicali, fermo il diritto al riposo previsto dalla legge”, ritenendola interpretabile come manifestazione di una generica disponibilità alla prestazione lavorativa, che necessitava di ulteriore specifico consenso del lavoratore, con riferimento alle singole giornate festive nelle quali il datore avesse richiesto il suo impiego).
Ordinanza|31 marzo 2021| n. 8958
Data udienza 19 novembre 2020
Integrale
Tag/parola chiave: Sanzioni disciplinari – Lavoro festivo – Interpretazione del contratto – Valutazione del significato letterale delle parole – Rinvio alla normativa che individua i giorni festivi – Esclusione della discrezionalità del datore di lavoro – Potere del datore di lavoro di richiedere la prestazione lavorativa nelle festività – Necessità del rispetto dei principi di buona fede e correttezza – Annullamento con rinvio
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere
Dott. LORITO Matilde – Consigliere
Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10020/2017 proposto da:
(OMISSIS) S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), tutte elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che le rappresenta e difende;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 3/2017 della CORTE D’APPELLO di TRENTO, depositata il 30/01/2017 R.G.N. 21/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 19/11/2020 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH;
il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Dott. CIMMINO Alessandro, ha depositato conclusioni scritte.
RILEVATO
Che:
1. con sentenza n. 3 depositata in data 30.1.2017 la Corte di appello di Trento, confermando la pronuncia del Tribunale di Rovereto, ha accolto la domanda di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) proposta nei confronti della societa’ (OMISSIS) s.r.l. per l’annullamento delle sanzioni disciplinari conservative applicate alle lavoratrice per essersi astenute dal lavoro durante alcune festivita’ nazionali infrasettimanali (essendo fallito il confronto preventivo effettuato tra il responsabile della filiale e le rappresentanze sindacali del punto vendita, in ossequio all’Accordo aziendale 16.4.2013);
2. la Corte territoriale, ritenuto pacifico l’inserimento (e la vigenza nel periodo de quo), nei contratti individuali di lavoro stipulati dalle lavoratrici, di clausole di disponibilita’ alla prestazione di lavoro nei giorni festivi e domenicali (clausole richiamate anche nei successivi accordi intervenuti tra le parti), ne ha prospettato la nullita’ in considerazione della loro indeterminatezza (e della mancanza della previsione di un corrispettivo), della posizione di debolezza rivestita dalla parte nel momento della sottoscrizione (ossia alla data di assunzione o di trasformazione del rapporto a tempo indeterminato), della piena quanto unilaterale discrezionalita’ del datore di lavoro; peraltro, ha rilevato che una esegesi contrattuale rapportata alla normativa vigente al momento della stipula delle suddette clausole (Decreto Legislativo n. 114 del 1998) e alla prassi (all’epoca del tutto eccezionale, dell’apertura degli esercizi commerciali nelle giornate festive), portava a ritenere acquisita una generica disponibilita’ alla prestazione lavorativa, che richiedeva un successivo accordo tra le parti ogni qual volta l’esigenza aziendale veniva rappresentata secondo criteri di correttezza e buona fede;
3. avverso questa pronuncia ricorre per cassazione la societa’ prospettando undici motivi di ricorso, illustrati da memoria; le lavoratrici resistono con controricorso;
4. il Procuratore generale, con memoria del 28.10.2020, ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO
Che:
1. con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 260 del 1949, articoli 2 e 5, articoli 1325, 1418 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo, la Corte distrettuale, errato nel qualificare la clausola quale rinuncia “pro futuro” al diritto all’astensione dalla prestazione nelle giornate festive, trattandosi di rinuncia ad attuali, concreti ed individuati diritti acquisiti dal lavoratore al momento dell’assunzione;
2. con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 260 del 1949, articoli 2 e 5, articolo 1372 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo, la Corte distrettuale, erroneamente negato – all’accordo intercorso in materia di diritti del lavoratore di astenersi dall’attivita’ lavorativa festiva – carattere generale e disponibile, cosi’ sostanzialmente e paradossalmente ritenendo privo di efficacia l’accordo che non fosse confermato – nel corso del rapporto – in occasione della ricorrenza festiva;
3. con il terzo motivo si deduce omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, avendo, la Corte distrettuale, trascurato che la clausola di disponibilita’ alla prestazione nelle giornate festive era stata ribadita nei successivi accordi intervenuti in occasioni di modifiche del rapporto di lavoro (quali mutamenti di filiali, di orari, del tipo di prestazione);
4. con il quarto motivo si deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 260 del 1949, articoli 2 e 5, articoli 1427, 2113 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo, la Corte distrettuale, trascurato che il diritto in questione e’ diritto disponibile in relazione al quale il legislatore non prevede una specifica tutela di stipulazione assistita ne’ puo’, di conseguenza, ricadere nel perimetro della disciplina dettata per le invalidita’ delle rinunce e transazioni concernenti diritti inderogabili;
5. con il quinto, sesto, settimo ed ottavo motivo si deduce omesso esame di un fatto decisivo, violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1366-1368, 1372, 1375 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, avendo, la Corte distrettuale, ritenuto generica la clausola di disponibilita’ inserita nei contratti individuali nonostante le festivita’ infrasettimanali rappresentino un fatto notorio, le modalita’ ed il preavviso con cui poteva essere chiesta la disponibilita’ erano disciplinate dall’Accordo integrativo aziendale del 16.4.2013 e, pertanto, l’applicazione degli usuali canoni normativi di interpretazione ermeneutica consentivano una agevole e piana ricostruzione dell’oggetto dell’obbligo assunto (da considerare quantomeno determinabile, se non anche del tutto determinato), potendo semmai ridondare l’eventuale richiesta di prestazione per tutte le festivita’ infrasettimanali dell’anno quale vizio funzionale (non genetico) del contratto, da eseguirsi secondo buona fede e correttezza;
6. con il nono motivo si deduce omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, avendo, la Corte distrettuale, trascurato che le clausole individuali di disponibilita’ al lavoro festivo non consentivano l’esercizio di piena ed esclusiva discrezionalita’ del datore di lavoro, posto che l’Accordo integrativo aziendale prevedeva (e prevede) un preventivo confronto a livello di singola filiale tra responsabile e R.S.A., imponeva (e impone) di tener conto in via prioritaria della volontarieta’ espressa dai singoli lavoratori e di provvedere ad una ripartizione equa tra il personale della prestazione lavorativa domenicale e festiva, richiedeva l’affissione del turno di lavoro con anticipo di una settimana rispetto al periodo di riferimento;
7. con il decimo motivo si deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 260 del 1949, articoli 2 e 5, articolo 1344 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo, la Corte distrettuale, errato nel rinvenire l’invalidita’ delle clausole di disponibilita’ in relazione alla disciplina dettata dalla L. n. 260 del 1949, posto che la Suprema Corte ha riconosciuto come disponibile e rinunciabile il diritto all’astensione dal lavoro festivo;
8. con l’undicesimo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 2106 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dovendo conseguire, alla validita’ ed efficacia delle clausole di disponibilita’ al lavoro festivo, una pronuncia di legittimita’ delle sanzioni conservative applicate alle lavoratrici, integrando – il loro rifiuto alla prestazione nel giorno festivo – un inadempimento contrattuale;
9. i primi dieci motivi, che possono essere trattati congiuntamente per la loro stretta connessione, meritano accoglimento;
10. come esposto nella sentenza impugnata, risulta pacifico tra le parti, nonche’ documentalmente provato, che le lavoratrici, originarie ricorrenti, hanno sottoscritto all’atto dell’assunzione (2000 la (OMISSIS), 2001 la (OMISSIS), 2008 la (OMISSIS)) nonche’ “indirettamente o a volte direttamente richiamate nelle successive convenzioni modificative dei rispettivi rapporti di lavoro (nella vicenda lavorativa delle ricorrenti si sono verificati mutamenti di filiali, di orari, di tipo di prestazione) pag. 4 della sentenza impugnata – una clausola del seguente tenore: “si conviene che, qualora richiesto, lei sara’ chiamata a prestare attivita’ lavorativa nei giorni festivi e domenicali, fermo il diritto al riposo previsto dalla legge”;
11. va premesso che, le valutazioni del giudice di merito in ordine all’interpretazione degli atti negoziali soggiacciono, nel giudizio di cassazione, ad un sindacato limitato alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale ed al controllo della sussistenza di una motivazione logica e coerente (ex plurimis, Cass. n. 12360 del 2014; Cass. n. 4851 del 2009; Cass. n. 3187 del 2009; Cass. n. 15339 del 2008; Cass. n. 11756 del 2006; Cass. n. 6724 del 2003; Cass. n. 17427 del 2003); la denuncia della violazione delle regole di ermeneutica e la denuncia del vizio di motivazione esigono – come effettuato nel caso di specie – la precisazione del modo attraverso il quale si e’ realizzata l’anzidetta violazione e delle ragioni della obiettiva deficienza e contraddittorieta’ del ragionamento del giudice di merito – non potendo le censure risolversi, in contrasto con l’interpretazione loro attribuita, nella mera contrapposizione di una interpretazione diversa da quella criticata (tra le innumerevoli: Cass. n. 18375 del 2006; Cass. n. 12468 del 2004; Cass. n. 22979 del 2004, Cass. n. 7740 del 2003; Cass. n. 12366 del 2002; Cass. n. 11053 del 2000).
12. la Corte territoriale ha premesso che la suddetta clausola negoziale (non precisando le festivita’ in particolare a cui si riferiva ne’ le modalita’ del preavviso al fine di consentire al lavoratore la programmabilita’ del proprio tempo libero) rimetteva “alla piena ed esclusiva discrezione del datore di lavoro l’esercizio di un suo esclusivo quanto insindacabile diritto ad esigere la prestazione lavorativa anche nei giorni di festivita’”, con cio’ finendo per eludere la finalita’ voluta dal legislatore;
13. la Corte territoriale ha, dunque, ritenuto di percorrere un diverso e alternativo itinerario esegetico (rispetto al giudice di primo grado) che, valorizzando la prassi di eccezionale apertura festiva degli esercizi commerciali alla data in cui fu sottoscritta, per la prima volta, la clausola nonche’ la mancata previsione di un corrispettivo per tale prestazione festiva, consentisse di accertare la comune intenzione delle parti nella volonta’ “di dare evidenza ad una organizzazione aziendale nell’ambito della quale avrebbe anche ed eventualmente potuto manifestarsi l’esigenza di lavoro nelle giornate di festivita’, esigenza rispetto alla quale le lavoratrici manifestavano (a differenza di altri colleghi) la disponibilita’ di essere richiesta della prestazione, ferma restando, tuttavia, la necessita’ di un accordo da concludere di volta in volta secondo criteri di correttezza e buona fede (articolo 1375 c.c.), anche tenuto conto delle loro peculiari esigenze personali e familiari in essere al tempo dell’esigenza rappresentata dall’azienda”;
14. orbene, si tratta di una esegesi del testo contrattuale che espunge dalla ricostruzione del significato (obiettivo) dell’accordo il criterio dell’interpretazione letterale (articolo 1362 c.c., comma 1), violando, inoltre, il principio di conservazione del contratto (articolo 1367 c.c.);
15. questa Corte, rispetto all’esigenza primaria di ricostruire la comune volonta’ delle parti, ha affermato che il tradizionale principio in claris non fit interpretatio postula che la formulazione testuale sia talmente chiara da precludere la ricerca di una volonta’ diversa; la sussistenza di tale chiarezza costituisce propriamente il thema demostrandum, e non gia’ premessa argomentativa di fatto (v. Cass. n. 12957 del 2004); tanto significa che per poter ritenere operante detto principio occorre prima affrontare e risolvere il problema della sussistenza o meno di tale chiarezza ed univocita’; ed il legislatore ha attribuito al giudice di merito il potere-dovere di stabilire se la comune intenzione delle parti risulti in modo certo ed immediato dalla dizione letterale del contratto (cfr. Cass. n. 511 del 1984);
16. questa Corte ha, altresi’, ritenuto che l’articolo 1362 c.c., allorche’ nel comma 1, prescrive all’interprete di indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti senza limitarsi al senso letterale delle parole, non svaluta l’elemento letterale del contratto ma, al contrario, intende ribadire che, qualora la lettera della convenzione, per le espressioni usate, riveli con chiarezza ed univocita’ la volonta’ dei contraenti e non vi sia divergenza tra la lettera e lo spirito della convenzione, una diversa interpretazione non e’ ammissibile (Cass. n. 21576 del 2019; Cass. n. 10290 del 2001);
17. nella specie, il giudice di merito ha ritenuto che la dizione letterale della clausola fosse chiara, nel senso di un riconoscimento di un potere organizzativo del datore di lavoro, esclusivo ed insindacabile, di richiedere la prestazione lavorativa anche nei giorni di festivita’; ha, peraltro, ritenuto che il testo dell’accordo fosse incoerente con indici esterni (quali la debolezza contrattuale del lavoratore nell’accettazione di clausole imposte dal datore di lavoro, resa evidente dall’articolo 2113 c.c.) rivelatori di una diversa volonta’ dei contraenti;
18. la sentenza impugnata non e’ conforme ai principi affermati da questa Corte essendo pervenuta alla ricostruzione del significato della clausola elidendo del tutto l’elemento letterale (elemento peraltro riconosciuto dallo stesso giudice di merito, come determinante ai fini dell’accertamento della volonta’ delle parti), trascurando la valenza dei riferimenti normativi esterni a cui la clausola rinviava (ossia la normativa dettata in materia di festivita’ infrasettimanali, L. n. 260 del 1949) ed inserendo valutazioni, alla situazione soggettiva del lavoratore subordinato, generiche e non attinenti allo specifico diritto vantato (il diritto all’astensione dall’attivita’ lavorativa nelle festivita’ infrasettimanali, diritto soggettivo rinunciabile, come questa Corte ha gia’ affermato, Cass. n. 16634 del 2005 e, da ultimo, Cass. n. 18887 del 2019), e, infine, privando la clausola di qualsiasi effetto utile (in quanto l’obbligo di richiedere, di volta in volta, il consenso del lavoratore non differenzia, nella sostanza, le posizioni di coloro che abbiano pattuito la loro disponibilita’ a lavorare durante le festivita’ infrasettimanali da coloro che non l’abbiano esplicitata, potendo essi sempre manifestarla);
19. il significato letterale della clausola in questione e’ univoco e diretto ad attribuire al datore di lavoro, che ha acquisito il consenso del lavoratore, il potere di richiedere la prestazione lavorativa nei giorni festivi (e domenicali), nel rispetto della normativa dettata in materia di riposo settimanale, come emerge chiaramente dall’uso della dizione “sara’ chiamata a prestare attivita’ lavorativa”: l’interpretazione e’ coerente con la struttura del rapporto di lavoro subordinato, caratterizzato da un bilanciamento tra l’eterodirezione dell’attivita’ (nel caso di specie, il potere di articolare l’orario di lavoro dei singoli dipendenti per il perseguimento degli obiettivi dell’attivita’ d’impresa), e un apparato protettivo, composto da diritti ritenuti inderogabili, costruito attorno al lavoratore e finalizzato a rimuovere disuguaglianze sostanziali e ad evitare che l’iniziativa economica privata si svolga in contrasto con l’utilita’ sociale o pregiudichi la sicurezza, la liberta’ e la dignita’ umana (nel caso di specie, i limiti di durata della giornata lavorativa previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva e le disposizioni in materia di riposi);
20. l’oggetto della clausola e’ senz’altro determinabile in quanto inequivocabilmente individuabile mediante il riferimento ai “giorni festivi”, e, dunque, con un esplicito rinvio alla normativa che individua tali giorni (L. n. 260 del 1949), con conseguente esclusione di una determinazione di tali festivita’ rimessa all’arbitrio della parte datoriale; deve, d’altra parte, richiamarsi l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte secondo cui e’ sufficiente, ai fini della validita’ del contratto e della determinabilita’ dell’oggetto, “il rimando ad elementi esterni ma idonei a consentirne l’identificazione in modo inequivoco, purche’, per l’appunto, l’intervenuta convergenza delle volonta’ sia comunque, anche “aliunde” o “per relationem”, logicamente ricostruibile” (Cass. n. 8810 del 2003; Cass. n. 11297 del 2018); del pari, nell’ambito delle controversie di lavoro, questa Corte – secondo consolidato orientamento – ha ritenuto valida, in quanto determinabile, l’indicazione, anche non analitica, delle mansioni affidate al lavoratore in prova se specificate nel contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro (Cass. n. 14950 del 2000; Cass. n. 15307 del 2001; Cass. n. 17045 del 2005; Cass. n. 21698 del 2006; Cass. n. 1957 del 2011);
21. questa Corte ha affermato, in materia di orario di lavoro, che non possono estendersi al contratto a tempo pieno i limiti posti allo ius variandi nei contratti part-time, nei quali la programmabilita’ del tempo libero assume carattere essenziale che giustifica la immodificabilita’ dell’orario da parte datoriale per garantire la esplicazione di ulteriore attivita’ lavorativa o un diverso impiego del tempo che la scelta del particolare rapporto evidenzia come determinante per l’equilibrio contrattuale; nel rapporto a tempo indeterminato l’impiego del tempo libero da parte del lavoratore non puo’ ricevere la stessa tutela perche’ cio’ si tradurrebbe nella negazione del diritto dell’imprenditore di organizzare l’attivita’ produttiva, diritto che puo’ soffrire limiti solo in dipendenza di pattuizioni individuali o fonti collettive che lo vincolino o lo condizionino a particolari procedure (Cass. n. 4507 del 1993; Cass. n. 14999 del 2012; 25006 del 2016; Cass. nn. 1375 e 10142 del 2018; Cass. n. 9134 del 2000)
22. ebbene, le festivita’ infrasettimanali, a differenza delle ferie e del riposo settimanale, non sono tutelate dalla Costituzione (cfr. articolo 36, comma 3); invero, il legislatore ha ritenuto di diversificare la disciplina in base alla considerazione che le ferie ed il riposo hanno la finalita’ di tutelare un bene primario della persona non suscettibile di alcun bilanciamento con altri diritti anche costituzionalmente tutelati, ossia la finalita’ di reintegrare le energie psico-fisiche del lavoratore, mentre le festivita’ non tutelano immediatamente il diritto alla salute, bensi’, a seconda dei casi, l’esigenza di consentire la celebrazione comunitaria di ricorrenze festive profondamente radicate nella tradizione, non solo religiosa, ovvero legate a particolari significati e valori civili, diritti disponibili dal lavoratore;
23. la disciplina delle festivita’ e’ contenuta nella L. n. 260 del 1949 (in parte novellata dalla L. n. 90 del 1954) che dichiara giorni festivi determinate ricorrenze religiose e civili (articoli 1-3), durante le quali i lavoratori hanno diritto ad astenersi dal lavoro conservando la retribuzione piena e, in aggiunta a questa, una retribuzione maggiorata per il lavoro eventualmente prestato in tali ricorrenze (articolo 5);
24. questa Corte ha precisato che la L. n. 260 del 1949, ha riconosciuto ai lavoratori un diritto soggettivo ad astenersi dal lavoro durante le festivita’ infrasettimanali, diritto non disponibile a livello collettivo (con conseguente nullita’ delle clausole della contrattazione collettiva che lo dovessero prevedere come obbligatorio, salvo accordi sindacali stipulati da OO.SS. cui il lavoratore abbia conferito esplicito mandato: cfr. sul punto Cass. n. 18887 del 2019); il divieto a lavorare in occasione di tali festivita’ non e’ assoluto, potendo il lavoratore nell’esercizio della propria autonomia individuale esprimere il consenso a lavorare in tali giornate, come si ricava agevolmente dalla L. n. 260 del 1949, articolo 5, che prevede una retribuzione aggiuntiva per i lavoratori che “prestino la loro opera nelle suindicate festivita’”, si’ da ammettere chiaramente la possibilita’ di svolgere la prestazione lavorativa in tali giornate (Cass. n. 16634 del 2005, Cass. n. 16592 del 2015 e, da ultimo, Cass. n. 18887 del 2019); risulta, pertanto, fuorviante e inappropriato il richiamo, da parte della sentenza impugnata, della tutela legislativa approntata nei confronti dei diritti inderogabili del lavoratore (articolo 2113 c.c.), essendo – il diritto allo svolgimento di attivita’ lavorativa nelle festivita’ infrasettimanali – estraneo al campo di applicazione;
25. il potere di organizzare l’articolazione dell’orario di lavoro e, nel caso di specie, di richiedere la prestazione lavorativa nei giorni festivi risulta essere stato esercitato dal datore di lavoro nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza, principi che si sostanziano, tra l’altro, in un generale obbligo di solidarieta’ che impone a ciascuna delle parti di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra: la Corte territoriale ha, invero, dato atto del rispetto, da parte della societa’, di tutte le regole dettate dall’Accordo integrativo aziendale (confronto preventivo tra il Responsabile di filiale e le rappresentanze aziendali del punto vendita per la scelta dei lavoratori a fronte delle numerose comunicazioni di non disponibilita’ al lavoro festivo; valutazione delle ragioni di assenza, per malattia, maternita’, dimissioni, di altre lavoratrici; congruo preavviso dei turni di lavoro) e non avendo, la parte controricorrente, indicato altre circostanze di fatto (tempestivamente allegate nel ricorso introduttivo del giudizio) sintomatiche della violazione di tali principi di civilta’ giuridica;
26. va, pertanto, enunciato il seguente principio di diritto: la rinuncia al diritto all’astensione dalla prestazione nelle giornate festive infrasettimanali di cui della L. n. 260 del 1949, articolo 2, puo’ essere anche validamente inserita come clausola del contratto individuale di lavoro; in particolare, il giudice, esaminando gli accordi intervenuti tra le parti in materia di festivita’ infrasettimanali, dovra’ attenersi ai seguenti principi: il diritto del lavoratore ad astenersi dalla prestazione durante le festivita’ infrasettimanali e’ diritto disponibile e sono validi gli accordi individuali, intercorsi tra lavoratore e datore di lavoro; l’oggetto di detti accordi e’ chiaramente determinabile mediante il ricorso al riferimento normativo esterno costituito dalla L. n. 260 del 1949; il potere del datore di lavoro di richiedere la prestazione lavorativa nei giorni festivi va esercitato nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza;
27. il ricorso va, dunque, accolto con rinvio alla Corte di appello di Venezia che – alla luce dei principi di diritto enunciati in questa sede – dovra’ rivalutare gli accordi intercorsi tra le parti e la validita’ delle sanzioni disciplinari adottate dalla societa’ nei confronti delle originarie ricorrenti a causa della mancata presentazione in servizio nelle giornate festive sulla base dell’apprezzamento di tutte le circostanze del loro verificarsi e dell’intensita’ dell’elemento intenzionale;
28. l’undicesimo motivo di ricorso, attinente alla validita’ delle sanzioni disciplinari intimate, va assorbito.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi dieci motivi di ricorso e dichiara assorbito l’undicesimo motivo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Venezia cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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