Il diritto all’assegno vitalizio di cui all’art. 580 c.c.

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|26 ottobre 2022| n. 31672.

Il diritto all’assegno vitalizio di cui all’art. 580 c.c.

In tema di successioni legittime, il diritto all’assegno vitalizio di cui all’art. 580 c.c. ha fonte “ex lege” nel mero fatto procreativo e, pertanto, nel novero dei “figli non riconoscibili” aventi diritto a tale assegno vanno compresi anche i figli biologici che, avendo un diverso stato di filiazione, per scelta consapevole non hanno impugnato il riconoscimento o non hanno proposto azione di disconoscimento, non potendo negarsi al figlio, pena la violazione degli artt. 2 e 30 Cost. e 8 CEDU, la possibilità di scegliere tra la “minore tutela” prevista dal menzionato art. 580 c.c. – che, non essendo subordinata alla rimozione dello “status” di figlio altrui, consente di conservare l’identità familiare ormai acquisita – e la “tutela piena” che deriverebbe dall’accertamento giuridico della filiazione.

Sentenza|26 ottobre 2022| n. 31672. Il diritto all’assegno vitalizio di cui all’art. 580 c.c.

Data udienza 27 settembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Famiglia – Filiazione naturale – Accertamento indiretto di paternità e titolo di stato di filiazione – Riconoscimento dell’assegno vitalizio – Successioni aperte prima dell’entrata in vigore dell’art. 580 cod. civ, come modificato dalla l. 151/1975 – Condizioni di cui all’art. 237, l. 151/75 Diritto di credito nei confronti del genitore biologico – Cass. 6365/2004

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente
Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 19372/2017 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)) rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS) ( (OMISSIS)), (OMISSIS) ( (OMISSIS));
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS));
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI FIRENZE n. 660/2017 depositata il 22/03/2017;
udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 27/09/2022 dal
Consigliere CLOTILDE PARISE.

Il diritto all’assegno vitalizio di cui all’art. 580 c.c.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 660/2017 pubblicata il 22 marzo 2017 la Corte d’appello di Firenze ha rigettato l’appello proposto da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) e per l’effetto ha confermato la sentenza non definitiva impugnata n. 225/2015 del Tribunale di Pisa, con la quale era stata accolta la domanda proposta per ottenere l’assegno vitalizio ai sensi dell’articolo 580 c.c. da (OMISSIS), quale assunto figlio naturale di (OMISSIS), nei confronti di (OMISSIS), quale erede di (OMISSIS), fratello di (OMISSIS), e, a seguito del decesso di (OMISSIS), quale erede di (OMISSIS), deceduto nel (OMISSIS) e gia’ de cuius del primo, con rimessione della causa sul ruolo per la quantificazione del suddetto assegno vitalizio. La Corte di merito, nel condividere le argomentazioni svolte dal Tribunale, ha affermato che: a) la prova dello status di figlio nato fuori dal matrimonio e’ sussumibile anche da seri e concorrenti elementi indiziari del trattamento del figlio come tale (tractatus) da parte del preteso padre e della notorieta’ della manifestazione esterna di tale relazione nei rapporti sociali (fama), senza che sia necessaria anche la prova di rapporti sessuali tra i genitori; b) la prova della exceptio plurium concubentium, che gravava sulla parte convenuta, di seguito appellante, non era stata fornita in modo convincente ne’ con le prove testimoniali dedotte ed assunte, ne’ con la prodotta documentazione epistolare, da cui era solo emerso che la madre (OMISSIS) era corteggiata da molti uomini; c) il testimoniale dedotto dall’attore aveva permesso di accertare che (OMISSIS) aveva piu’ volte affermato di essere il padre di (OMISSIS), in ambito locale tale filiazione era notoria e anche nell’ambito familiare era ammessa e riconosciuta; d) le contrarie deposizioni indotte dalla convenuta non avevano efficacia dirimente, atteso che facevano riferimento ad epoca successiva agli anni 60-70, quando (OMISSIS) era ormai adulto e la madre gia’ si era da tempo sposata con (OMISSIS), che aveva pure riconosciuto (OMISSIS) come suo figlio.
2. Avverso questa sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi e illustrato con memoria, resistito con controricorso, pure illustrato con memoria, da (OMISSIS).
3. Con ordinanza interlocutoria di questa Corte pubblicata il 30-122021 e’ stato disposto il rinvio della causa a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza del ricorso, gia’ fissato per l’adunanza in camera di consiglio dell’11-11-2021 ai sensi degli articoli 375, ultimo comma, e 380 bis 1, c.p.c..
Per la decisione sui ricorsi proposti per la trattazione in udienza pubblica e’ stato applicato lo speciale rito “cartolare” previsto dal Decreto Legge 137 del 28 ottobre 2020 articolo 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni dalla L. n. 176 del 18 dicembre 2020 e prorogato a tutto il 2022 dal Decreto Legge 30-12-2021 n. 228, convertito dalla L.n. 15 del 25 febbraio 2022.
4. Le parti hanno ritualmente depositato nuove memorie illustrative. La Procura Generale ha depositato conclusioni scritte oltre il termine di legge.
RAGIONI DELLA DECISIONE
5. La ricorrente denuncia: i) con il primo motivo l’omesso esame di fatto decisivo, ex articolo 360, comma 1 n. 5, c.p.c., in relazione al rigetto dell’exceptio plurium concubentium, per non avere la Corte d’appello esaminato il fatto che la madre dell’attore, all’epoca del concepimento, intratteneva un rapporto di fidanzamento con un uomo diverso dal presunto padre; deduce, richiamando le risultanze probatorie, che era stato dimostrato con certezza che la madre dell’attore, attuale controricorrente, era fidanzata con tale (OMISSIS) e detto dato, non esaminato dalla Corte di merito, e perche’ se ne desume che la madre aveva rapporti intimi almeno con un altro uomo, ossia con il fidanzato, oltre che con (OMISSIS), il quale aveva riconosciuto (OMISSIS), pur se nato prima del matrimonio con la madre, sicche’ il mancato esame di quel fatto indiziario senza darne ragione rende implausibile il percorso
motivazionale; con il secondo motivo la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2729 c.c., in relazione agli articoli 269 c.c. e 116 c.p.c., ex articolo 360, comma 1 n. 3, c.p.c., per avere il giudice basato il ragionamento posto a fondamento del rigetto dell’exceptio plurium concubentium su un argomento logico-deduttivo illogico e non verosimile, impiegato per risalire dal fatto noto e provato (rapporto di fidanzamento tra la madre e (OMISSIS)) al fatto ignoto (rapporti intimi tra le suddette persone); rileva che, come incontroverso in causa, il controricorrente era stato concepito tra persone non sposate e dunque la madre aveva avuto rapporti sessuali fuori dal matrimonio, pur se, come affermato dal Tribunale, negli anni ‘40 cio’ costituiva un disvalore, sicche’, ad avviso della ricorrente, il percorso motivazionale della sentenza impugnata non puo’ considerarsi fondato su parametri di logica e ragionevolezza. 6. Osserva il Collegio, ritenuto pregiudizialmente non preclusivo il pronunciamento del Tribunale di Pisa del 2009 in quanto espresso solo in termini argomentativi, che, come affermato nella citata ordinanza interlocutoria, nella specie si pone una serie di questioni inerenti al rapporto tra accertamento di paternita’ e titolo di stato di filiazione, ai fini del riconoscimento dell’assegno vitalizio ai sensi dell’articolo 580 c.c., come modificato dalla I.n. 151/1975 e applicabile anche alle successioni apertesi prima dell’entrata in vigore di detta ultima legge, nella ricorrenza delle condizioni di cui all’articolo 237 della stessa legge. Con il regime dettato dal Decreto Legislativo n. 154 del 2013, applicabile, ex articolo 104 stesso D.Lgs., retroattivamente ai rapporti di filiazione in essere, salvi gli effetti del giudicato formatosi prima dell entrata in vigore della legqe, delega n. 219 del 2012, il legislatore ha introdotto il fondamentale principio dell’unicita’ dello stato di figlio, rimanendo, nel contempo, fermo l’altro principio secondo il quale la formazione di un titolo e’ sempre necessaria perche’ possa propriamente parlarsi di tale stato, mentre la disposizione di cui all’articolo 580 e’ rimasta sostanzialmente invariata, stante il semplice adeguamento lessicale costituito dalla locuzione “figli nati fuori dal matrimonio” in luogo di quella “figli naturali”.
Dunque, alla stregua del mutato contesto normativo, ove applicabile in base alla richiamata disciplina transitoria, il figlio non e’ mai impossibilitato neppure all’esercizio dell’azione di disconoscimento della paternita’, che e’ divenuta per il figlio imprescrittibile, sicche’ vieppiu’ si pone il tema, evidenziato dalla dottrina, del raccordo interpretativo tra la disciplina dettata dell’articolo 580 c.c., in combinato disposto con l’articolo 279 c.c., e i principi di cui si e’ detto. 7. Occorre aggiungere che, gia’ nella vigenza della precedente disciplina sulla filiazione, questa Corte, attribuendo all’assegno vitalizio di cui all’articolo 580 c.c. natura giuridica di legato ex lege, aveva affermato il principio secondo cui l’accertamento incidentale della procreazione naturale si configura come puro fatto materiale, riscontrabile senza efficacia di giudicato, in quanto meramente strumentale al riconoscimento di un diritto patrimoniale, per l’appunto quello all’assegno vitalizio, specificamente azionato in via autonoma, che non presuppone l’attribuzione dello status di figlio “naturale” (Cass. 12733/1992; Cass. 467/1986). Tutto cio’ subordinatamente alla sussistenza del pre-requisito – configurato come condizione di ammissibilita’ dell’azione ex articolo 580 c.c. da Cass. 12733/1992 citata – dell’assoluta e originaria impossibilita’ per il figlio di esperire l’azione di accertamento della paternita’ oppure di disconoscimento di paternita’. Con successiva pronuncia (Cass. 6365/2004), ai fini del riconoscimento del diritto ex articolo 279 c.c. e’ stata, invece, attribuita rilevanza anche all’impossibilita’ sopravvenuta, ossia derivante dall’omessa proposizione di disconoscimento di paternita’ entro il termine di decadenza in allora vigente per il figlio.
Con la riforma del 2013 e’ rimasto sostanzialmente invariato, stante la sola eliminazione delle parole “legittimo o legittimato”, anche il disposto dell’articolo 253 c.c., secondo cui e’ vietato il riconoscimento del figlio gia’ riconosciuto da altro soggetto, ferma restando l’imprescrittibilita’ del diritto di impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicita’ da parte del figlio, gia’ prevista dalla previgente disciplina sulla filiazione, anche ante riforma del 1975.
8. Tanto precisato, nella specie l’odierno controricorrente (OMISSIS) e’ figlio “non riconoscibile” in forza del divieto di cui al citato articolo 253, in quanto egli, nato prima del matrimonio tra sua madre e (OMISSIS), che lo aveva riconosciuto dopo il suddetto matrimonio, e’ erede di quest’ultimo in forza di un titolo di filiazione tuttora in essere e valido e, nel contempo, rivendica la paternita’ naturale di (OMISSIS), come mero fatto procreativo che rileva solo a fini patrimoniali (assegno vitalizio ex articolo 580 c.c.).
Deve, pertanto, stabilirsi quale sia, alla luce non solo dell’ultima novella ma anche e soprattutto della concezione sempre piu’ marcatamente sostanziale della famiglia (cfr. Cass. S.U. 12193/2019 e Corte Cost. 127/2020) e della necessita’ di tutelare l’identita’ famigliare del figlio, quale declinazione della sua personalita’ ex articolo 8 CEDU (cfr. parere consultivo del 10 aprile 2019 Grande Chambre della Corte Europea dei diritti dell’uomo), la corretta interpretazione degli articoli 580 e 279 c.c., norma, quest’ultima, richiamata dalla prima, e di conseguenza stabilire se possano comprendersi nell’ambito di applicazione dell’articolo 580 c.c. anche i casi in cui il figlio non si attivi per rimuovere lo stato di “figlio altrui” che gli impedisce di conseguire quello corrispondente alla verita’ biologica nei confronti del preteso padre defunto, in relazione al quale rivendica il diritto patrimoniale successorio in forza situazione soggettiva di “figlio non riconoscibile”.
9. Occorre premettere, ricostruendo in estrema sintesi il sistema specialmente come delineato con l’ultima riforma (I. n. 219/2012 e d. legisl. n. 154/2013), che, pur essendo il fatto procreativo e la successiva nascita del figlio i presupposti per il sorgere della responsabilita’ del genitore ex articolo 316 e ss. c.c., questa viene in essere e produce effetti giuridici, compresi quelli di carattere patrimoniale, soltanto a seguito di accertamento dello status, che e’ requisito essenziale per la piena titolarita’ e l’esercizio di situazioni giuridiche soggettive derivanti dal rapporto filiale. In altri termini, il fatto procreativo non determina automaticamente la costituzione del rapporto giuridico di filiazione e la relativa attribuzione con efficacia erga omnes dello status, occorrendo a tal fine, come ben evidenziato dalla dottrina richiamata anche dal controricorrente, o un atto di autoresponsabilita’ del genitore, o un provvedimento del giudice, o comunque – con riferimento alla filiazione matrimoniale – l’operare del sistema di presunzioni di cui agli articoli 231 ss. c.c..
In quest’ottica di sistema si innesta l’ulteriore rilievo che, in talune fattispecie legali, il fatto procreativo in se’ puo’ assumere una ben minore valenza, diversa sia per natura sia per conseguenze giuridiche, poiche’ puo’ determinare solo il sorgere di una responsabilita’ patrimoniale limitata del genitore, senza che avvenga la costituzione dello status, come per l’appunto si verifica nelle ipotesi previste dalla legge, derogatorie ed eccezionali, di accertamento cd. indiretto della paternita’, nel cui alveo si inquadra la fattispecie disciplinata dall’articolo 580 c.c..
Ritiene, infatti, il Collegio di dover dare continuita’ a quanto affermato da questa Corte con le pronunce sopra citate, secondo cui la ratio della disposizione di cui trattasi e’ quella di assicurare, in via eccezionale e derogatoria, una tutela patrimoniale successoria sui generis, ossia un diritto di credito nei confronti dell’eredita’ del genitore biologico, senza attribuzione ne’ della qualita’ di erede dello status di figlio, ai soggetti sprovvisti di un titolo di stato di filiazione nei confronti del de cuius.
Pertanto il fatto procreativo, come puro fatto materiale, nei casi di accertamento cd. indiretto di paternita’ connotati dalla “non riconoscibilita’” del figlio, determina solo il sorgere di un rapporto obbligatorio ex lege a limitati fini patrimoniali.
Le ipotesi a cui la tutela e’ certamente riferibile sono quelle in cui il figlio si trova dinanzi ad un ostacolo alla rimozione dello stato di “figlio altrui” non dipendente dalla propria volonta’ (figli non riconoscibili perche’ nati da genitori che non abbiano compiuto il sedicesimo anno di eta’, salva l’autorizzazione del giudice – articolo 250, comma 5, c.c.; figlio infraquattrodicenne non riconoscibile per mancanza di consenso del genitore che abbia gia’ effettuato il riconoscimento, salva l’autorizzazione del Tribunale – articolo 250, commi 3 e 4, come modificato dall’arti, comma 2, lettera d) I.n. 219/2012; figlio privo di assistenza morale e materiale, per il quale siano intervenuti la dichiarazione di adottabilita’ e l’affidamento preadottivo – articolo 11, ultimo comma, I.n. 184/1983- per essere in tale ipotesi il riconoscimento divenuto inefficace).
10. Ritiene il Collegio che nel novero della categoria dei figli “non riconoscibili” propria della fattispecie disciplinata dall’articolo 580 c.c., il cui testo e’ rimasto sostanzialmente immutato dopo l’ultima riforma, che, dunque, ne’ lo ha abrogato, ne’ ne ha specificato l’ambito soggettivo di applicazione, debbano comprendersi anche coloro che, avendo un diverso stato di filiazione, per scelta consapevole non hanno impugnato il precedente riconoscimento o non hanno proposto azione di disconoscimento di paternita’, e cio’ in linea di continuita’ evolutiva rispetto a quanto statuito dalla citata Cass. 6365/2004, che ha attribuito rilevanza anche all’impossibilita’ sopravvenuta, ossia derivante dall’omessa proposizione dell’azione di disconoscimento di paternita’ entro il termine di decadenza in allora vigente per il figlio, ai fini del riconoscimento ex articolo 279 c.c..
10.1. Non osta a detta opzione interpretativa il principio dell’unicita’ dello stato di figlio, dal momento che, come si e’ visto, la peculiare tutela successoria di cui trattasi attribuisce solo un diritto di credito verso l’eredita’ del genitore biologico, e non lo stato di figlio, ne’ quello di erede, sicche’ e’ destinato a restare uno solo il titolo di status, ossia quello preesistente e mai rimosso, pur se, in realta’, non corrispondente alla procreazione biologica.
10.2. Neppure osta alla suddetta soluzione ermeneutica il principio del favor veritatis, che non ha valenza costituzionale (da ultimo Cass. 30403/2021; Cass. 4791/2020; Cass.26767/2016; Corte Cost. 272/2017 e 127/2020). Questa Corte, facendo applicazione dei principi enunciati dal Giudice delle leggi, ha affermato, in tema di azioni volte alla rimozione dello status (cfr. Cass. 30403/2021 concernente l’impugnazione per difetto di veridicita’ del riconoscimento proposta dal curatore del minore su iniziativa del P.M.M.), che nell’ottica del bilanciamento tra l’interesse pubblico alla verita’ biologica e l’interesse del figlio (soprattutto se minore), il primo puo’ essere recessivo, nel caso concreto, ove si accerti la necessita’ di tutelare “il diritto all’identita’ personale del figlio, non necessariamente correlato alla verita’ biologica ma ai legami affettivi e personali sviluppatisi all’interno di una famiglia”, e cio’ “con particolare riferimento agli effetti del provvedimento richiesto in relazione all’esigenza di un suo sviluppo armonico dal punto di vista psicologico, affettivo, educativo e sociale” (cosi’ Cass.26767/2016 citata). Di conseguenza, a date condizioni, puo’ consentirsi al genitore “sociale” il mantenimento dello status genitoriale e la permanenza del rapporto giuridico di filiazione con un soggetto rispetto al quale difetta il fatto procreativo.
Nel caso in esame ritiene il Collegio che possano mutuarsi gli stessi principi, con gli opportuni adattamenti. Nello specifico, una volta affermato che il favor veritatis non ha valenza costituzionale., nonche’ ribadito che e’ salvaguardato il principio dell’unicita’ dello stato di filiazione poiche’ uno solo resta il titolo di stato, subordinare il riconoscimento dei diritti patrimoniali successori del figlio biologico alla rimozione dello status preesistente significherebbe violare il suo diritto all’identita’ familiare, declinato ex articolo 30 Cost. e anche ex articolo 8 Cedu, che tutela il diritto alla stabilita’ dell’identita’ familiare del figlio in tutti casi in cui, sul piano fattuale e sostanziale, si sia instaurato, per un periodo apprezzabile, un rapporto corrispondente alla genitorialita’ (cfr. parere consultivo del 10 aprile 2019 Grande Chambre della Corte Europea dei diritti dell’uomo).
10.3. Da quest’impostazione evolutiva, in linea anche con l’articolo 2 Cost. oltre che con l’ordinamento sovranazionale, discende che non puo’ negarsi al figlio, pena la violazione delle citate norme, la possibilita’ di scegliere tra la minore tutela successoria di cui all’articolo 580 c.c., non subordinata alla previa rimozione dello status di figlio altrui, e quella “piena” che gli competerebbe ove facesse giuridicamente accertare la filiazione biologica. Come rimarcato dalla dottrina richiamata anche dal controricorrente, solo attribuendo la suddetta scelta al figlio gli si consente di operare un bilanciamento dipendente da sue valutazioni soggettive e personali correlate a piu’ diritti meritevoli di tutela, ossia solo in tal modo gli si puo’ consentire di decidere di preservare lo status e l’identita’ familiare con il genitore sociale, in forza di un legame affettivo verosimilmente consolidatosi in maniera continuativa per anni, senza dovere, al contempo, rinunciare ad ottenere quanto dovuto dal genitore biologico per i limitati diritti patrimoniali successori previsti dalla legge.
11. La Corte ritiene di dover enunciare il seguente principio di diritto ex articolo 384 c.p.c.: “Il diritto all’assegno vitalizio di cui all’articolo 580 c.c., che sorge “ex lege” per responsabilita’ patrimoniale del genitore biologico avente fonte nel fatto procreativo, spetta anche al figlio che abbia gia’ il diverso “status” di figlio altrui e nel novero dei figli “non riconoscibili” devono comprendersi anche coloro che, avendo un diverso stato di filiazione, per scelta consapevole non hanno impugnato il precedente riconoscimento o non hanno proposto azione di disconoscimento di paternita’, non potendo negarsi al figlio, pena la violazione degli articoli 2 e 30 Cost. e 8 CEDU, la possibilita’ di scegliere tra la minore tutela successoria di cui all’articolo 580 c.c., conservando la stabilita’ della sua identita’ familiare precedente, e quella “piena” che gli competerebbe ove facesse giuridicamente accertare la filiazione biologica”.
12. Passando ora all’esame dei motivi di ricorso, il primo e’ in parte inammissibile e in parte infondato.
12.1. In disparte il rilievo che il primo motivo d’appello, avente per l’appunto ad oggetto l’exceptio plurium concubentium e le conseguenze che comporta in tema di valutazione delle prove (pag. 3 e 4 sentenza impugnata), e’ stato dichiarato inammissibile dalla Corte di merito e detta statuizione non e’ specificamente censurata, secondo il costante orientamento di questa Corte che il Collegio condivide ed intende qui ribadire, il motivo di ricorso per l’omesso esame di elementi istruttori non si risolve nella prospettazione di un vizio di omesso esame di un fatto decisivo ove il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. S.U. n. 8053/2014; tra le tante successive conformi Cass. 14324/2015 e Cass. 27415/2018).
Nella specie, la circostanza relativa al fidanzamento della madre del (OMISSIS) con tale (OMISSIS) non appare decisiva, tenuto conto che il vizio di omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali e che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti, puo’ essere utilmente dedotto ove abbia carattere decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia;
pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori (in tesi il suindicato fidanzamento) non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa (nella specie le relazioni sessuali con altri uomini, ivi compreso il (OMISSIS)), sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. Va aggiunto che e’ solo la suddetta circostanza del fidanzamento, secondo la prostettazione di cui al ricorso, a configurarsi come fatto storico, non anche la relazione sessuale tra i fidanzati, che, infatti, la stessa ricorrente assume come presunzione probabile scaturente dal rapporto di fidanzamento.
Cio’ posto, la Corte di merito ha scrutinato le varie censure svolte dall’appellante e odierna ricorrente, richiamando in dettaglio le risultanze probatorie, e, quanto alle frequentazioni di (OMISSIS) con altri uomini all’epoca (febbraio 1941) della assunta relazione con (OMISSIS), ha “condiviso l’assunto del primo giudice che rileva il contenuto “generico” delle missive prodotte dall’appellante come doc. da 3 a 6, redatte prevalentemente da militari al fronte e dimostrative solo del fatto che la madre dell’appellato all’epoca era molto corteggiata, ma nulla di piu’. Inoltre il primo giudice sottolinea come il testimoniale ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) dedotto a prova di relazioni sessuali (le sole rilevanti) con tali uomini era rimasto del tutto carente dei risultati di prova dedotti: il che riceve conferma nelle dichiarazioni dei testi, riportate anche in sentenza” (pag.13 della sentenza impugnata).
12.2. Alla stregua di quanto precede, la censura e’ infondata sia perche’ concerne il mancato esame di un elemento istruttorio nei termini precisati, sia perche’ la motivazione non e’ affatto priva di giustificazione.
La medesima censura e’ inammissibile nella parte in cui sollecita una rivalutazione del materiale probatorio, riproponendo il contenuto delle testimonianze dalle quali sarebbe dato evincere la fondatezza di quanto la ricorrente sostiene in ordine alla pluralita’ di rapporti sessuali della (OMISSIS) con diversi uomini nel periodo del concepimento. In tema di procedimento civile, sono, infatti, riservate al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilita’ e della concludenza delle prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonche’ la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento, sicche’ e’ insindacabile, in sede di legittimita’, il “peso probatorio” di alcune testimonianze rispetto ad altre (ex plurimis Cass. 21187/2019).
13. Il secondo motivo e’ inammissibile.
In primo luogo la doglianza concerne la motivazione della sentenza del Tribunale, non quella della Corte d’appello (pag.17 ricorso), nella quale ultima non e’ espressa, ne’ e’ specificamente richiamata la ragione di decisione che viene criticata (nella societa’ degli anni ‘40 era tutt’altro che scontato che due fidanzati avessero rapporti intimi).
Secondariamente vanno ribaditi i principi secondo cui: a) in sede di legittimita’ e’ possibile censurare la violazione degli articoli 2727 e 2729 c.c. solo allorche’ ricorra il cd. vizio di sussunzione, ovvero quando il giudice di merito, dopo avere qualificato come gravi, precisi e concordanti gli indizi raccolti, li ritenga, pero’, inidonei a fornire la prova presuntiva oppure qualora, pur avendoli considerati non gravi, non precisi e non concordanti, li reputi, tuttavia, sufficienti a dimostrare il fatto controverso (Cass. 3541/2020); b) il ragionamento del giudice di merito e’ censurabile ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. solo qualora sussuma erroneamente sotto i tre caratteri individuatori della presunzione (gra (OMISSIS)’, precisione, concordanza) fatti concreti che non sono invece rispondenti a quei requisiti (Cass. 29635/2018; Cass.18611/2021).
Nella specie, sotto il profilo sub a), non e’ affatto dedotto il vizio di sussunzione nei termini suindicati, ne’ e in ogni caso ricorre avendo la Corte di merito ritenuto, con motivazione adeguata, non dimostrato il fatto che avrebbe dovuto considerarsi noto e dimostrato (rapporti intimi tra la madre del controricorrente e altri uomini nel periodo del concepimento), e percio’ non utilizzabile come indizio escludente nella ricostruzione del fatto ignoto e controverso indagato (rapporto sessuale con il (OMISSIS) e concepimento del figlio (OMISSIS) ad opera dello stesso).
Sotto il profilo sub b), la ricorrente non lamenta che il giudice di merito abbia sussunto erroneamente sotto i tre caratteri individuatori della presunzione (gravita’, precisione, concordanza) fatti concreti che non sono invece rispondenti a quei requisiti, con riferimento al tractatus e alla fama, posti a fondamento della decisione, ma svolge argomentazioni dirette ad infirmarne la plausibilita’, criticando la ricostruzione del fatto effettuata dalla Corte di merito circa la mancanza di prova di rapporti intimi con altri uomini, dolendosi, in buona sostanza, della mancata valorizzazione di un fatto diverso ( (OMISSIS) fu concepito tra persone non sposate e la madre ebbe rapporti sessuali fuori dal matrimonio), cosi’ prospettando surrettiziamente una rivalutazione del materiale probatorio.
14. In conclusione, il ricorso va rigettato.
15. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dall’articolo 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Va disposto che in caso di diffusione della presente sentenza siano omesse le generalita’ delle parti e dei soggetti in essa menzionati a norma del Decreto Legislativo n. 30 giugno 2003 n. 196, articolo 52.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 9.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dall’articolo 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Dispone che in caso di diffusione della presente sentenza siano omesse le generalita’ delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del Decreto Legislativo n. 30 giugno 2003 n. 196, articolo 52.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Le sentenze sono di pubblico dominio.

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