Corte di Cassazione, penale, Sentenza|20 dicembre 2021| n. 46422.
Il delitto di detenzione illegale di armi è un reato unico che assorbe tutti gli episodi detentivi verificatisi durante la sua permanenza la quale viene interrotta dalla cessazione della disponibilità dell’arma, ovvero dalla denuncia della stessa presso gli organi competenti.
Sentenza|20 dicembre 2021| n. 46422. Il delitto di detenzione illegale di armi è un reato unico
Data udienza 3 dicembre 2021
Integrale
Tag – parola: Detenzione di arma da guerra e di munizioni – Reati unificati dal vincolo della continuazione – Errata qualificazione da parte della corte del merito del reato commissivo permanente – Annullamento con rinvio
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TARDIO Angela – Presidente
Dott. CASA Filippo – Consigliere
Dott. LIUNI Teresa – Consigliere
Dott. TALERICO Palma – rel. Consigliere
Dott. CAIRO Antonio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 14/01/2020 della CORTE APPELLO di BARI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. TALERICO PALMA;
il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. COCOMELLO ASSUNTA, ha per iscritto concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
IL difensore dell’imputato avv. (OMISSIS), ha concluso, per iscritto, insistendo nell’accoglimento del ricorso.
Si e’ proceduto alla trattazione del processo con contraddittorio scritto, ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8 e successive proroghe, in mancanza di richiesta delle parti di discussione orale.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 14 gennaio 2020, la Corte di appello di Bari confermava la pronuncia resa dal Tribunale di Trani il 6.4.2017, con la quale (OMISSIS) era stato ritenuto responsabile dei delitti di detenzione di un’arma da guerra (mitraglietta SMG Uzi) con due caricatori e un silenziatore, e di detenzione illegale di numerose munizioni per arma comune da sparo (fatti accertati il (OMISSIS)) e, conseguentemente, unificati gli stessi sotto il vincolo della continuazione, era stato condannato alla pena di anni tre, mesi quattro di reclusione ed Euro 7.000,00 di multa.
Dava atto la Corte territoriale che: la mitraglietta con i due caricatori e il silenziatore, nonche’ le munizioni (dettagliatamente descritte nel capo di imputazione) erano state rinvenute, in data (OMISSIS), dai Carabinieri della Compagnia di Venosa nel corso di una perquisizione, effettuata, in occasione dell’esecuzione di un’ordinanza applicativa di misura cautelare nei confronti dell’imputato, presso l’azienda agricola dove il nonno di quest’ultimo svolgeva attivita’ di custode e dove lo stesso imputato era solito intrattenersi; il (OMISSIS) con sentenza del Tribunale di Potenza del 13.1.2017, divenuta esecutiva il 10.1.2018, era stato ritenuto responsabile tra gli altri reati, anche di quelli (rubricati al capo B della relativa contestazione) di detenzione illegale e di porto in luogo pubblico di una mitraglietta del tipo Uzi (la medesima arma ritrovata nel corso della perquisizione del (OMISSIS)), ascritti al predetto in occasione degli agguati intimidatori consumati in (OMISSIS), nonche’ in (OMISSIS).
Tanto premesso, riteneva di respingere il motivo di prioritaria doglianza, inteso a censurare la pronuncia di primo grado nella parte in cui aveva escluso l’operativita’ della preclusione derivante dal divieto del ne bis in idem non ravvisando, nel caso di specie, i presupposti di cui all’articolo 649 c.p.p., osservando che: a parte l’identita’ della mitraglietta rinvenuta il (OMISSIS) con quella utilizzata dal correo (OMISSIS) per la realizzazione dei citati agguati, oggetto del giudizio del Tribunale di Potenza, occorreva rilevare che “tutti gli altri reperti, oggetto del richiamato verbale di sequestro”, “non figuravano contemplati nella sentenza del Tribunale di Potenza” e, “quindi, sono sufficienti a determinare un’intrinseca diversita’ del fatto di reato offerto alla cognizione del giudice gravato legittimante la reiezione del bis in idem”; “ma anche con riferimento alla detenzione della mitraglietta SMG Uzi cal. 9 matricola (OMISSIS) non puo’ predicarsi, in alcun modo, l’identita’ del fatto utile alla ricezione del bis in idem in quanto la condotta detentiva stabilizzata dalla pronuncia potentina si arresta in danno dell’odierno appellante alla data del 25.6.2014 e, dunque, non intercetta, in alcun modo, il suo ulteriore protrarsi sino alla data del rinvenimento del (OMISSIS)”.
Aggiungeva che “attesa la natura permanente del reato di cui alla L. n. 895 del 1967, articolo 2, il divieto di un secondo giudizio riguarda la condotta delineata nell’imputazione e accertata con sentenza, di condanna o di assoluzione, divenuta irrevocabile e non anche la prosecuzione della stessa condotta o la sua ripresa in epoca successiva, giacche’ si tratta di un fatto storico diverso non coperto dal giudicato e per il quale non vi e’ impedimento alcuno a procedere”.
2. Avverso detta sentenza, il difensore dell’imputato, avvocato (OMISSIS), ha proposto ricorso per cassazione, formulando tre distinti motivi di impugnazione.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente ha dedotto “travisamento della prova (in relazione alle armi oggetto del giudizio)”.
Secondo la difesa, “errata e fuorviante” sarebbe “la non considerazione della medesimezza delle armi oggetto dei due processi”, risultando dagli atti processuali (verbale di perquisizione e sequestro) che i due processi hanno avuto a oggetto le stesse armi.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente ha dedotto “violazione o errata applicazione dell’articolo 649 c.p.p. (anche a seguito della interpretazione datane dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 200 del 2016)”.
Secondo la difesa, la condotta detentiva delle armi ascritta al (OMISSIS) avrebbe dovuto essere valutata alla luce dei principi espressi nella citata pronuncia della Corte Costituzionale; sarebbe “innegabile che, nella ricostruzione empirica del fatto storico, il dato della detenzione nel periodo coperto dal giudicato (dal momento dell’acquisizione al compimento dei fatti di cui alla sentenza emessa dal Tribunale di Potenza) sia strettamente connesso a quello della detenzione precedente (cioe’ al momento dell’acquisizione delle armi) e a quella successiva (il ritrovamento) nello svilupparsi senza soluzione di continuita’”; “la condotta concretamente contestata dal pubblico ministero di Trani” sarebbe “diretto presupposto di quella contestava Potenza o, diversamente, un post factum gia’ sanzionato”.
2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente ha dedotto “violazione o errata applicazione della L. n. 895 del 1967, articolo 2” e ha sostenuto che la Corte territoriale avrebbe errato anche nell’interpretazione della citata norma allorche’ ha ritenuto elemento di rilievo per la diversita’ del fatto la presenza di parti di arma non considerate nella sentenza del Tribunale di Potenza, in quanto, secondo la giurisprudenza di legittimita’, qualora un soggetto detenga o porti piu’ armi e tale condotta sia accertata in un unico contesto egli deve rispondere di un solo reato e non gia’ di un reato continuato.
3. Si e’ proceduto alla trattazione del processo con contraddittorio scritto, ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, e successive proroghe, in mancanza di richiesta delle parti di discussione orale; il Procuratore generale di questa Corte, Dr.ssa Cocomello Assunta, ha concluso, per iscritto, chiedendo il rigetto del ricorso; il difensore dell’imputato, avvocato (OMISSIS), ha concluso, per iscritto, chiedendo l’accoglimento dell’impugnazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La sentenza impugnata va annullata per le ragioni di seguito esplicitate.
Rilievo assorbente e dirimente deve essere attribuito alle censure contenute nel secondo motivo di ricorso.
Premesso che, come in precedenza evidenziato, i giudici di merito hanno accertato che la mitraglietta Uzi, rinvenuta e sequestrata il (OMISSIS), era la medesima arma oggetto delle condotte di detenzione illegale e di porto in luogo pubblico, giudicate con la sentenza del Tribunale di Potenza del 13.1.2017, irrevocabile dal 18.1.2018, la motivazione della pronuncia impugnata presenta un evidente profilo di contraddittorieta’ nella parte in cui, dopo avere congruamente rilevato che il reato di detenzione illegale ha natura permanente, ha sostanzialmente scisso la condotta dell’imputato in due diversi periodi, quella oggetto della pronuncia del Tribunale di Potenza, commessa in occasione degli agguati intimidatori del (OMISSIS), nonche’ del (OMISSIS) e quella successiva, accertata il (OMISSIS) allorche’ detta arma era stata rinvenuta e sequestrata.
Cosi’ argomentando, la Corte di appello di Bari non ha fatto corretta applicazione del principio di diritto secondo cui “il delitto di detenzione illegale di armi e’ un reato unico, che assorbe tutti gli episodi detentivi verificatisi durante la sua permanenza, la quale viene interrotta dalla cessazione della disponibilita’ dell’arma, ovvero dalla denuncia della stessa presso gli organi competenti” (Cass. Sez. 1, n. 4701 del 14/01/2011, Rv. 249559).
Detta decisione, alla quale il Collegio intende dare continuita’, ha messo in rilievo che, secondo la giurisprudenza di legittimita’, il reato di detenzione di arma da sparo e’ un reato commissivo permanente, la cui consumazione inizia con la disponibilita’ dell’arma non denunciata e termina con la cessazione della detenzione stessa (cfr. Cass. Sez. 1, n. 10433 del 20/02/2009, Rv. 244512; Cass. Sez. 1, n. 303 del 25/01/1988, Guasco).
2. Si impone, dunque, l’annullamento della pronuncia impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Bari, che dovra’ uniformarsi a detto principio di diritto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Bari.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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