Il delitto di “corruzione elettorale”

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|19 maggio 2021| n. 19922.

Il delitto di “corruzione elettorale” previsto dall’art. 86, d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, ha natura di reato comune e, pertanto, autore della condotta corruttiva può essere “chiunque”, non essendo necessaria, diversamente dall’ipotesi di corruzione ordinaria, la presenza attiva di un pubblico ufficiale o di un soggetto politico candidato alla competizione elettorale.

Sentenza|19 maggio 2021| n. 19922. Il delitto di “corruzione elettorale”

Data udienza 12 aprile 2021

Integrale

Tag – parola: Corruzione elettorale – Reato ex art. 86, D.P.R. n. 570/60 – Reato continuato – Ricorso per cassazione – Inammissibilità – Motivi generici e in fatto non deducibili in cassazione – Corretta ed adeguata ricostruzione del fatto materiale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SABEONE Gerardo – Presidente

Dott. PEZZULLO Rosa – Consigliere

Dott. ROMANO Michele – Consigliere

Dott. SESSA Renata – rel. Consigliere

Dott. BRANCACCIO Matilde – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 11/07/2019 della CORTE APPELLO di PALEREMO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. RENATA SESSA;
il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. PICARDI Antonietta, ha concluso, ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, chiedendo dichiararsi inammissibili i ricorsi.
Il difensore delle parti civili, avv. (OMISSIS), ha concluso come da memoria in atti e relativa nota spese.
Il difensore degli imputati, avv. (OMISSIS), ha concluso come da memoria scritta, chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Il delitto di “corruzione elettorale”

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 11 luglio 2019 la Corte di appello di Palermo ha confermato, per quel che qui rileva, la sentenza emessa dal G.U.P. presso il Tribunale di Trapani il 21 aprile 2016 nella parte che aveva condannato gli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS) alle rispettive pene ritenute di giustizia, oltre che al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili, in ordine al reato continuato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960, articolo 86, per avere, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, in concorso con altri, il (OMISSIS) e il (OMISSIS) quali collaboratori di (OMISSIS) e sostenitori del medesimo, a vantaggio del (OMISSIS), candidato consigliere per il rinnovamento del consiglio comunale della citta’ di (OMISSIS) nella lista “(OMISSIS)” – lista questa collegata a quella del candidato a sindaco (OMISSIS) – in relazione all’elezione del predetto nella tornata delle elezioni amministrative di quell’Ente, intervenuta nel mese di maggio 2012, in cambio del voto distribuito ad un numero non meglio determinato di elettori, versanti in condizione di indigenza, e, comunque superiore almeno a 200 unita’, cospicui quantitativi di prodotti e generi alimentari.
2. Avverso la predetta sentenza viene proposto ricorso per cassazione nell’interesse degli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS), per il seguente motivo.
1.1. Si deduce il vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera e), per l’erronea applicazione dell’articolo 110 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960, articolo 86 e dell’articolo 192 c.p.p., commi 1 e 2, in relazione all’articolo 6 CEDU, e la mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato, ed in particolare si assume apparente la motivazione,
La Corte di appello di Palermo fonda la declaratoria di colpevolezza degli imputati in termini di sussistenza della prova del loro consapevole concorso nei fatti contestati a (OMISSIS) ed ai suoi complici.

 

Il delitto di “corruzione elettorale”

Orbene, si rileva in primo luogo che non e’ dato rinvenire, nella sentenza impugnata, l’excursus secondo il quale i giudici hanno ricostruito la sussistenza dell’elemento materiale del reato. Pertanto, appare palese il vizio di motivazione, dato che tanto in primo grado, quanto in secondo, il fatto di reato viene sempre dato per scontato e provato, senza tuttavia mai essere puntualmente ricostruito in sentenza.
In particolare, in relazione alla posizione del (OMISSIS), in ordine al quale la Corte di appello si e’ limitata a ritenere in capo allo stesso la mera sussistenza di un “consapevole concorso”, la sentenza impugnata, per quanto molto estesa, non ha fornito una puntuale motivazione ovvero indicato elementi utili e logici nella ricostruzione.
Lo stesso dicasi con riferimento alla posizione del (OMISSIS), dal momento che il coinvolgimento di quest’ultimo si fonda solamente su un dato numerico relativo ai contatti telefonici intercorsi con il (OMISSIS); ne consegue che anche in relazione al (OMISSIS) non e’ dato rilevare sulla base di quali elementi la Corte di appello abbia ritenuto provati i fatti di reato.
Inoltre, si osserva che in relazione alla posizione del (OMISSIS) la Corte di appello non ha in alcun modo motivato in ordine al mancato accoglimento delle doglianze di appello.
A tal proposito, si osserva che secondo la giurisprudenza piu’ recente della Corte di legittimita’ la sentenza di appello confermativa della decisione di primo grado e’ viziata da carenza di motivazione laddove si limita a riprodurre la decisione confermata, dichiarando in termini apodittici e stereotipati di aderirvi, senza dare conto degli specifici motivi di impugnazione che censurino in maniera puntuale le soluzioni adottate dal giudice di primo grado e senza argomentare sull’inconsistenza o sulla non pertinenza degli stessi; si rileva, dunque, il vizio di motivazione apparente della sentenza impugnata.

 

Il delitto di “corruzione elettorale”

3. Il Decreto Legge n. 137 del 2020, ex articolo 23, comma 8, le parti hanno cosi’ concluso:
il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibili i ricorsi;
il difensore delle costituite parti civili ha fatto pervenire memoria conclusiva con relativa nota spese;
il difensore degli imputati ha insistito nei motivi di ricorso, chiedendone l’accoglimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono inammissibili, essendo i motivi generici e in fatto, in quanto tali non deducibili in sede di legittimita’.
A fronte della dettagliata sentenza impugnata, la difesa assume che la corte territoriale non abbia ricostruito la sussistenza dell’elemento materiale del reato. In realta’ la corte di appello ha analizzato le singole posizioni dedicando a ciascuna di esse una trattazione specifica e puntuale alla luce delle fonti di prova, passate in rassegna e valutate diffusamente (trattasi prevalentemente di esiti di intercettazioni) nei loro contenuti e significati come ricostruiti attraverso i passaggi logico-fattuali dell’articolata vicenda sottoposta al suo esame. Seppur vero che ha riportato parte della sentenza di primo grado e’ altrettanto vero che a fronte delle doglianze difensive ne ha vagliato autonomamente le componenti rispetto a ciascuna posizione, fornendo adeguata motivazione al riguardo.
E’ necessario ricordare che la decisione di secondo grado non puo’, peraltro, essere isolatamente valutata, ma deve essere esaminata in stretta correlazione con la sentenza di primo grado, dal momento che la motivazione di entrambe sostanzialmente si dispiega in sequenze logico-giuridiche pienamente convergenti (trattasi di cd. doppia conforme). Siffatta integrazione tra le due motivazioni si verifica non solo allorche’ i giudici di secondo grado abbiano esaminato le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, ma anche, e a maggior ragione, quando i motivi di appello non abbiano, in tutto o in parte, riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze gia’ esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione di primo grado (cfr., tra le ultime, Sez. 2, n. 19619 del 13/02/2014, Bruno, Rv. 259929 – 01).
Ne consegue che sono inammissibili le censure rivolte alla sentenza di secondo grado, quando le stesse denuncino una mancata risposta a questioni gia’ esaurientemente risolte dalla sentenza di primo grado e rispetto alle quali i motivi di appello non avevano offerto reali argomenti confutativi.

 

Il delitto di “corruzione elettorale”

E’ inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado che non abbia preso in considerazione un motivo di appello inammissibile “ab origine” per manifesta infondatezza, in quanto l’eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio (Sez. 3, n. 46588 del 03/10/2019, Rv. 277281 – 01, fattispecie in tema di mancata concessione delle attenuanti generiche, in cui l’imputato si doleva della mancata pronuncia della Corte di Appello, a fronte di un motivo di appello manifestamente inammissibile perche’ non specificava le ragioni poste alla base dell’invocato riconoscimento delle stesse circostanze e non adduceva una motivata censura all’argomento al riguardo impiegato dal giudice di primo grado).
1.1. La corte territoriale, in particolare, quanto al (OMISSIS), ha concluso, recependo la ricostruzione operata dal primo giudice sulla base delle risultanze probatorie puntualmente valutate, per la sussistenza di plurime condotte integrative del reato di cd. “corruzione elettorale”, delineatesi in giudizio nei termini di cui alla contestazione.
Invero, sono stati illustrati i plurimi elementi di prova – ricavati soprattutto da intercettazioni telefoniche – che depongono a favore della consapevolezza, da parte del (OMISSIS), della strumentalita’ dell’attivita’ svolta nelle associazioni che presiedeva e di cui era comunque socio nell’interesse e per conto del (OMISSIS), allo scambio tra promesse di generi alimentari e voti a favore del (OMISSIS) medesimo, per il piu’ vicino e preciso evento elettorale da individuarsi nelle elezioni del sindaco e del consiglio comunale di (OMISSIS); per tali ragioni, la corte ha ritenuto di confermare la penale responsabilita’ dell’imputato.
Ed allora, cio’ posto palese e’ l’inammissibilita’ dei motivi proposti, la cui assoluta genericita’, sia intrinseca che estrinseca, balza evidente dai loro contenuti come pedissequamente riportati nel “ritenuto in fatto”.
Giova a tal punto rammentare che peraltro esula dai poteri della corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e’, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita’ neppure la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu’ adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U., n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944).

 

Il delitto di “corruzione elettorale”

Ed invero, la stessa regola dell'”al di la’ di ogni ragionevole dubbio”, secondo cui il giudice pronuncia sentenza di condanna solo se e’ possibile escludere ipotesi alternative dotate di razionalita’ e plausibilita’, impone all’imputato che, deducendo il vizio di motivazione della decisione impugnata, intenda prospettare, in sede di legittimita’, attraverso una diversa ricostruzione dei fatti, l’esistenza di un ragionevole dubbio sulla colpevolezza, di fare riferimento ad elementi sostenibili, cioe’ desunti dai dati acquisiti al processo, e non meramente ipotetici o congetturali. (Sez. 5, n. 18999 del 19/02/2014 – dep. 08/05/2014, C e altro, Rv. 26040901). Ne’ potrebbe assumere di per se’ rilievo la singola affermazione di un teste o di un imputato a fronte di una pluralita’ di convergenti elementi che attestano un determinato svolgimento del fatto, soprattutto se avente ad oggetto unicamente un aspetto della vicenda di per se’ non idoneo a stravolgere l’apparato argomentativo, ne’, tanto meno, a insinuare un dubbio ragionevole sulla ricostruzione.
Invero, come e’ dato leggere nella sentenza, la sussistenza del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960, articolo 86, risulta pienamente provata, non essendovi dubbio alcuno che sia il (OMISSIS) che il (OMISSIS) abbiano coscientemente fornito un apporto causale alla struttura posta in essere dal (OMISSIS) per la realizzazione di promesse di generi alimentari alle famiglie bisognose alcamesi, dietro la richiesta, a costoro, del voto a favore del medesimo (OMISSIS) nelle future elezioni politiche del Consiglio comunale di (OMISSIS).
1.2. Parimenti inammissibile e’, dunque, anche il ricorso presentato nell’interesse del (OMISSIS), avendo, anche in tal caso, la corte territoriale risposto in maniera adeguata alle censure difensive in quella sede proposte; censure che vengono, peraltro, qui pedissequamente riproposte a dimostrazione della mancanza di un effettivo dialogo con la pronuncia impugnata.
Tutti gli elementi di prova valutati dai giudici di primo grado appalesano ad avviso della Corte di appello la piena consapevolezza, anche da parte del (OMISSIS), della strumentalita’ dell’attivita’ svolta nelle associazioni delle quali era socio, nell’interesse e per conto del (OMISSIS), allo scambio tra promesse di generi alimentari e voti a favore di quest’ultimo per il vicino evento elettorale da individuarsi nelle elezioni del sindaco e del consiglio comunale di (OMISSIS).
D’altronde, ai fini della configurazione del delitto previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, articolo 86, comma 2 (cd. corruzione elettorale), e’ necessario – e sufficiente – che l’accordo illecito tra l’elettore ed il candidato sia realizzato in funzione del voto da esprimere in una determinata e prossima competizione elettorale (cfr. Sez. 6, Sentenza n. 50116 del 11/10/2016 Cc. (dep. 25/11/2016) Rv. 269231 – 01).
Il delitto previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, articolo 86, ha, inoltre, natura di reato comune e, pertanto, autore della condotta corruttiva puo’ essere “chiunque”, non essendo necessaria, diversamente dall’ipotesi di corruzione ordinaria, la presenza attiva di un pubblico ufficiale o di un soggetto politico candidato alla competizione elettorale (cfr. tra tante, Sez. 1, Sentenza n. 45152 del 17/03/2016, Rv. 268035 – 01), con la conseguenza che assume certamente rilievo penale anche la condotta posta in essere da un qualunque soggetto che si adoperi nei termini di cui alla previsione normativa, laddove il suo collegamento con un determinato candidato per il quale agisce si risolve piuttosto, sul piano probatorio, in un sintomo dello scopo del suo operare contribuendo a colorare la prova della sussistenza del reato (fermo restando ovviamente che ove emerga il detto collegamento sia ravvisabile il concorso nel reato del candidato).
2. Dalle ragioni sin qui esposte deriva la declaratoria di inammissibilita’ dei ricorsi, cui consegue, per legge, ex articolo 606 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese di procedimento, nonche’, trattandosi di causa di inammissibilita’ determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso, al versamento, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000,00 in relazione alla entita’ delle questioni trattate; consegue altresi’ la condanna dei ricorrenti alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio dalle parti civili, difese dall’avv. (OMISSIS), che si liquidano in complessivi Euro 4000 oltre accessori di legge; nonche’ la condanna dei ricorrenti alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio dalle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS), ammesse al gratuito patrocinio – come dalle medesime affermato -, in favore dello Stato, nella misura che sara’ liquidata dalla Corte di Appello competente per tale determinazione (competendo, come di recente affermato da questa Corte a Sezioni Unite nella sentenza del 26.9.19, (OMISSIS), a questa Corte, in caso di parte civile ammessa al gratuito patrocinio, unicamente la condanna generica dell’imputato al pagamento delle spese, spettando al giudice del rinvio o a quello che ha pronunciato la sentenza passata in giudicato la liquidazione di tali spese mediante l’emissione del decreto di pagamento ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articoli 82 e 83).

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende. Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili difese dall’avv. (OMISSIS) che liquida in complessivi Euro 4000,00, oltre accessori di legge. Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS) ammesse al Patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sara’ liquidata dalla Corte di Appello di Palermo con separato decreto di pagamento ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articoli 82 e 83, disponendo il pagamento in favore dello Stato.

 

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