Il delitto di contraffazione di carta filigranata

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|14 gennaio 2021| n. 1495.

In tema di reati di falso, integra il delitto di contraffazione di carta filigranata e non la meno grave ipotesi di fabbricazione o detenzione di filigrane o strumenti destinati alla contraffazione la condotta di illegale detenzione di carta filigranata, in quanto l’espressione “filigrane” oggetto della condotta prevista dall’art. 461 cod. pen. si intende riferita soltanto agli strumenti utilizzabili per imprimere sulla carta l’immagine in trasparenza, che, nel linguaggio corrente, è denominata filigrana, e non anche alla “carta filigranata”, cui fa esplicito riferimento l’art. 460 cod. pen.

Sentenza|14 gennaio 2021| n. 1495

Data udienza 26 ottobre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Contraffazione banconote – Possesso di carta filigranata – Idoneità alla falsificazione di banconote – Trattamento sanzionatorio – Diniego attenuanti generiche

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CATENA Rossella – Presidente

Dott. GUARDIANO Alfredo – rel. Consigliere

Dott. BELMONTE Maria Teresa – Consigliere

Dott. CALASELICE Barbara – Consigliere

Dott. SESSA Renata – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 23/09/2019 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ALFREDO GUARDIANO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. MIGNOLO OLGA, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso.
udito il difensore l’Avv. (OMISSIS) si riporta ai motivi di ricorso.

FATTO E DIRITTO

1. Con la sentenza di cui in epigrafe la Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, confermava la sentenza con cui il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Taranto, in data 24.10.2016, decidendo in sede di giudizio abbreviato, aveva condannato (OMISSIS) alla pena ritenuta di giustizia, in relazione al delitto ex articolo 460 c.p., in rubrica ascrittogli.
2. Avverso la sentenza della torte territoriale, di cui chiede l’annullamento, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore di fiducia, lamentando: 1) violazione o erronea applicazione del norma penale ex articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e); 2) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata diversa qualificazione giuridica del fatto, ai sensi dell’articolo 461 c.p., in ragione del mancato accertamento in ordine alla idoneita’ allo scopo di creare una falsa banconota dello strumento, carta filigranata o filigrana, rinvenuto nella disponibilita’ del ricorrente; 3) violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Il ricorrente, infine, insiste per il riconoscimento della sussistenza della causa di non punibilita’ ex articolo 131 bis c.p., “in caso di accoglimento della richiesta derubricazione” (cfr. p. 3 del ricorso).
3. Il ricorso va dichiarato inammissibile, innanzitutto, perche’ fondato su motivi del tutto generici, in violazione dell’articolo 581 c.p.p., lettera d), che nel dettare, in generale, quindi anche per il ricorso in Cassazione, le regole cui bisogna attenersi nel proporre l’impugnazione, stabilisce che nel relativo atto scritto debbano essere enunciati, tra gli altri, “i motivi, con l’indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta”; violazione che, ai sensi dell’articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c), determina, per l’appunto, l’inammissibilita’ dell’impugnazione stessa.
Il motivo di ricorso in tema di derubricazione appare, inoltre, manifestamente infondato, oltre che di natura squisitamente fattuale.
Come e’ noto l’illegale detenzione di carta filigranata rende configurabile il reato di cui all’articolo 460 c.p., e non quello meno grave di cui all’articolo 461, atteso che l’espressione “filigrane” contenuta in detto ultimo articolo e’ da intendersi riferita soltanto agli strumenti utilizzabili per imprimere sulla carta l’immagine in trasparenza che prende poi, nel linguaggio corrente, il nome di filigrana, mentre alla “carta filigranata” fa, per converso, esplicito riferimento l’articolo 460 (cfr. Cass., Sez. 5, n. 46819 del 20/10/2004, Rv. 231088).
La Corte territoriale ha reso una motivazione conforme a tali principi, evidenziando come nel caso in esame l’imputato sia stato sorpreso nel possesso “di carta filigranata, cioe’ di carta da inserire nel procedimento di falsificazione di banconote e non di semplice filigrana, come chiarito anche dalla Banca d’Italia, con una valutazione che, in tutta evidenza, risolve positivamente alla radice il tema della idoneita’ della carta filigranata rinvenuta nella disponibilita’ del (OMISSIS) alla falsificazione di banconote.
Inammissibile deve ritenersi anche l’ulteriore motivo di ricorso in tema di riconoscimento della causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131 bis c.p., che espressamente il ricorrente condizionava alla invocata derubricazione del fatto ai sensi dell’articolo 461 c.p. (senza tacere che, in ogni caso, anche con riferimento al fatto-reato ritenuto in sentenza, la Corte territoriale ha reso puntuale ed esaustiva motivazione sulle ragioni che impediscono di applicare la menzionata causa di non punibilita’: cfr. P. 3).
Manifestamente infondato e tale da sollecitare una inammissibile valutazione di merito sulla dosimetria della pena, appare l’ultimo motivo di ricorso.
La Corte territoriale, infatti, ha correttamente individuato nell’esistenza a suo carico di reiterati precedenti penali, unitamente alla mancanza di elementi concreti da valutare a favore del (OMISSIS), l’ostacolo alla concessione delle invocate circostanze ex articolo 62 bis c.p., facendo, pertanto, corretto uso dei criteri fissati dall’articolo 133 c.p., conformemente all’orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimita’, che giustifica il diniego delle attenuanti generiche anche solo sulla base della gravita’ della condotta o dei precedenti penali (cfr., ex plurimis, Cass., sez. IV, 28/05/2013, n. 24172; Cass., sez. III, 23/04/2013, n. 23055, rv. 256172).
Estremamente generico e’ il rilievo del ricorrente riguardante la pretesa natura di carichi pendenti di quelli che la Corte di appello ha ritenuto precedenti penali, sulla quale lo stesso ricorrente si esprime in termini vaghi (“per quel che consta a questa difesa”: cfr. p. 4 dell’atto di impugnazione), senza tacere che, per costante insegnamento della giurisprudenza di legittimita’, ai fini dell’applicabilita’ delle circostanze attenuanti generiche il giudice, alla luce dei criteri di determinazione della pena di cui all’articolo 133 c.p., puo’ considerare i precedenti giudiziari, ancorche’ non definitivi, e, persino i precedenti dattiloscopici (cfr. Cass., Sez. 5, n. 39473 del 13/06/2013, Rv. 257200; Cass., Sez. 6, n. 22274 del 29/03/2012, Rv. 252783).
4. Alla dichiarazione di inammissibilita’, segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 3000,00 a favore della Cassa delle Ammende, tenuto conto della circostanza che l’evidente inammissibilita’ dei motivi di impugnazione, non consente di ritenere quest’ultimo immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilita’ (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

 

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