Corte di Cassazione, penale, Sentenza|21 giugno 2021| n. 24159.
Il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti è reato abituale, che si perfeziona soltanto attraverso la realizzazione di più comportamenti non occasionali della stessa specie, finalizzati al conseguimento di un ingiusto profitto, con la necessaria predisposizione di una, pur rudimentale, organizzazione professionale di mezzi e capitali, che sia in grado di gestire ingenti quantitativi di rifiuti in modo continuativo. La gestione dei rifiuti integrante il reato in esame deve concretizzarsi in una pluralità di operazioni con allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, ovvero attività di intermediazione e commercio e tale attività deve essere “abusiva”, ossia effettuata o senza le autorizzazioni necessarie (ovvero con autorizzazioni illegittime o scadute), o violando le prescrizioni e/o i limiti delle autorizzazioni stesse. In particolare, il requisito dell’abusività della gestione deve essere interpretato in stretta connessione con gli altri elementi tipici della fattispecie, quali la reiterazione della condotta illecita e il dolo specifico d’ingiusto profitto. Ne consegue che la mancanza delle autorizzazioni non costituisce requisito determinante per la configurazione del delitto che, da un lato, può sussistere anche quando la concreta gestione dei rifiuti risulti totalmente difforme dall’attività autorizzata, per le modalità concrete con le quali essa viene esplicata, che risultano totalmente difformi da quanto autorizzato, al punto da non potere essere ricondotte al titolo abilitativo.
Sentenza|21 giugno 2021| n. 24159. Il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti
Data udienza 5 maggio 2021
Integrale
Tag – parola: Misure cautelari personali – Obbligo di dimora – GIP – Concorso continuato in ricettazione – Sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza – Configurabilità delle esigenze cautelari – Aspecificità delle censure – Inammissibilità
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ANDREAZZA Gastone – Presidente
Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere
Dott. DI STASI Antonell – rel. Consigliere
Dott. REYNAUD Gianni Filipp – Consigliere
Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 05/11/2020 del Tribunale di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Antonella Di Stasi;
lette le richieste scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Cuomo Luigi, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 05/11/2020, il Tribunale di Catanzaro rigettava l’istanza di riesame proposta nell’interesse di (OMISSIS) avverso l’ordinanza del 23.09.2020 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, con la quale era stata applicata al predetto la misura cautelare dell’obbligo di dimora con riferimento al reato di cui all’articolo 81 c.p., comma 2, articoli 110 e 648 c.p. anche in relazione all’articolo 625 c.p., comma 1, n. 7 bis (capo b) nonche’ al reato di cui all’articolo 81 c.p., comma 2, articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., n. 1 e 2 e articolo 452 quaterdecies c.p. (capo d).
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), a mezzo del difensore di fiducia, articolando due motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce violazione di legge in relazione all’articolo 452 quaterdecies c.p..
Lamenta che il Tribunale aveva ritenuto integrata la gravita’ indiziaria in relazione al reato di cui all’articolo 452-quaterdecies c.p., pur essendo fornita prova che la ditta dei fratelli (OMISSIS), ove il ricorrente si recava a caricare i rifiuti, era provvista di apposita autorizzazione al trattamento degli stessi; difettava, pertanto, il requisito della abusivita’, da intendersi come assenza di autorizzazione ovvero come esercizio dell’attivita’ in totale difformita’ dell’atto autorizzatorio; il Tribunale, infatti, aveva rilevato una parziale difformita’ di esercizio, caratterizzata da mere irregolarita’ gestorie, e non una totale difformita’ dall’autorizzazione.
Con il secondo motivo deduce violazione dell’articolo 648 c.p. e correlato vizio di motivazione.
Argomenta che il Tribunale aveva ritenuto sussistente la gravita’ indiziaria in relazione al delitto di ricettazione dando rilievo unicamente alla circostanza che il (OMISSIS) aveva occultato ai Carabinieri la documentazione di trasporto corretta, mostrandone una artefatta; tale unico indizio non era preciso in quanto era ascrivibile quale indizio di consumazione di entrambi i reati contestati.
Chiede, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Si e’ proceduto in camera di consiglio senza l’intervento del Procuratore generale e dei difensori delle parti, in base al disposto del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, conv. in L. n. 176 del 2020.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso e’ manifestamente infondato.
Il Tribunale del riesame, nel richiamare le convergenti risultanze istruttorie (servizi di osservazione, registrazioni video, accertamenti di p.g.), ha ritenuto integrata la gravita’ indiziaria del delitto di attivita’ organizzate per il traffico illecito di rifiuti – gia’ previsto dal Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, articolo 260 e, successivamente, disciplinato, ai sensi del Decreto Legislativo 1 marzo 2018, n. 21, articoli 7 e 8, dall’articolo 452-quaterdecies c.p. con assoluta continuita’ normativa.
Il Collegio cautelare, con motivazione congrua e priva di vizi logici, ha rimarcato che erano stati accertati plurimi e frequenti accessi presso la ditta (OMISSIS) (munita di Autorizzazione Unica Ambientale inerente alla “messa in sicurezza, la bonifica, la demolizione, il recupero dei materiali e la rottamazione dei veicoli a motore, rimorchi e simili e lo stoccaggio di materiale ferroso”) di numerosi soggetti, tutti privi di apposita autorizzazione, intenti a conferire ingenti volumi di rifiuti di vario genere (veicoli fuori uso e accumulatori al piombo esausti gestiti al di fuori della normativa ambientale, rifiuti ferrosi, rame..), con realizzazione di un ciclo di produzione del tutto sganciato dalle operazioni assentite con l’autorizzazione ambientale di cui era in possesso l’azienda (OMISSIS) e, quindi, evidentemente abusivo.
Tale valutazione e’ conforme ai principi di diritto affermati da questa Suprema Corte in subiecta materia.
Il delitto di attivita’ organizzate per il traffico illecito di rifiuti e’ reato abituale, che si perfeziona soltanto attraverso la realizzazione di piu’ comportamenti non occasionali della stessa specie, finalizzati al conseguimento di un ingiusto profitto, con la necessaria predisposizione di una, pur rudimentale, organizzazione professionale di mezzi e capitali, che sia in grado di gestire ingenti quantitativi di rifiuti in modo continuativo (Sez. 3, n. 52838 del 14/07/2016, Rv.268920 – 01; Sez. 3, n. 16036 del 28/02/2019, Rv. 275395 – 02).
La gestione dei rifiuti integrante il reato in esame deve concretizzarsi in una pluralita’ di operazioni con allestimento di mezzi e attivita’ continuative organizzate, ovvero attivita’ di intermediazione e commercio (cfr. Sez. 3, n. 40827 del 6/10/2005, Carretta, Rv. 232348; Sez. 3, n. 28685 del 04/05/2006, Buttone, Rv. 234931), e tale attivita’ deve essere “abusiva”, ossia effettuata o senza le autorizzazioni necessarie (ovvero con autorizzazioni illegittime o scadute), o violando le prescrizioni e/o i limiti delle autorizzazioni stesse (cfr. Sez. 3, n. 40828 del 6/10/2005, Fradella, Rv. 232350; Sez. 4, n. 28158 del 02/07/2007, Costa, Rv. 236906).
In particolare, e’ stato affermato che il requisito dell’abusivita’ della gestione deve essere interpretato in stretta connessione con gli altri elementi tipici della fattispecie, quali la reiterazione della condotta illecita e il dolo specifico d’ingiusto profitto. Ne consegue che la mancanza delle autorizzazioni non costituisce requisito determinante per la configurazione del delitto che, da un lato, puo’ sussistere anche quando la concreta gestione dei rifiuti risulti totalmente difforme dall’attivita’ autorizzata, per le modalita’ concrete con le quali essa viene esplicata, che risultano totalmente difformi da quanto autorizzato, al punto da non potere essere ricondotte al titolo abilitativo (Sez. 3, n. 44449 del 15/10/2013, Rv. 258326 – 01; Sez. 3, n. 358 del 20/11/2007, dep. 08/01/2008, Rv. 238559 – 01).
Ne consegue la manifesta infondatezza della doglianza difensiva che contesta la sussistenza della gravita’ indiziaria sulla base della considerazione che la ditta (OMISSIS) era provvista di apposita autorizzazione al trattamento dei rifiuti; la doglianza, peraltro e’ anche genericamente formulata perche’ priva di confronto critico con le argomentazioni svolte sul punto dal Collegio cautelare, confronto doveroso per l’ammissibilita’ dell’impugnazione, ex articolo 581 c.p.p., perche’ la sua funzione tipica e’ quella della critica argomentata avverso il provvedimento oggetto di ricorso (Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Rv.243838; Sez.6, n. 22445 del 08/05/2009, Rv.244181).
2. Il secondo motivo di ricorso ha ad oggetto doglianze non proponibili in sede di legittimita’.
Il Tribunale del riesame ha adeguatamente argomentato in ordine alla gravita’ indiziaria relativa ai reati contestati, rimarcando come le emergenze istruttorie comprovavano che il (OMISSIS), in occasione del sequestro operato a suo danno in data 06.02.2018, era stato trovato in possesso di ingenti quantitativi di rame di provenienza delittuosa, prelevati poco prima presso la sede dell’azienda F.lli (OMISSIS), cosi’ risultando inserito stabilmente nel ciclo di gestione illecita dei rifiuti, e che lo stesso aveva deliberatamente occultato ai Carabinieri la documentazione di trasporto corretta, ostentandone una artefatta, dimostrando cosi’ di essere pienamente consapevole della provenienza delittuosa di parte dei rifiuti trasportati emergeva, altresi’, che in data 23.3.2018 il (OMISSIS) veniva osservato dalla P.G. nel corso di una cessione di un ingente quantitativo di cavi di rame presente sull’autocarro condotto dallo stesso.
La motivazione e’ congrua e logica e si sottrae al sindacato di legittimita’.
A fronte di tale adeguata motivazione il ricorrente propone in sostanza doglianze in fatto, tese ad una rivalutazione del materiale probatorio, che non possono trovare ingresso in sede di legittimita’.
Va, poi, evidenziato che il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti relativi all’applicazione di misure cautelari personali e’ ammissibile soltanto se denunci la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicita’ della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando proponga censure che riguardano la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 5, n. 46124 del 8/10/2008, Pagliaro, Rv. 241997; Sez.6, n. 11194 del 8/03/2012, Lupo, Rv. 252178; Sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015, Rv.265244).
3. Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso.
4. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, alla declaratoria dell’inammissibilita’ consegue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonche’ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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