Il datore di lavoro è obbligato a comunicare per iscritto i motivi del recesso

Corte di Cassazione, sezione lavoro civile,
Sentenza 6 agosto 2020, n. 16795.

La massima estrapolata:

Il datore di lavoro è obbligato a comunicare per iscritto i motivi del recesso, ma non è tenuto ad esporre specificatamente tutti gli elementi di fatto e di diritto posti a base del provvedimento; è invece sufficiente che indichi la fattispecie di recesso nei suoi tratti e circostanze essenziali, così che in sede di impugnazione non possa invocare una fattispecie totalmente diversa; non è neanche tenuto a fornire, in sede di esposizione dei motivi, la prova degli indicati motivi.

Sentenza 6 agosto 2020, n. 16795

Data udienza 21 gennaio 2020

Tag/parola chiave: Concessioni di distribuzione del gas – Personale addetto alla gestione degli impianti – Passaggio diretto al gestore subentrante ai sensi del d. m. 21.04.2011 – Licenziamento per giustificato motivo oggettivo – Sussistenza dei requisiti – Specificità della motivazione – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere

Dott. CIRIELLO Antonella – Consigliere

Dott. PICCONE Valeria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 27915-2018 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1330/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 11/07/2018 R.G.N. 236/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/01/2020 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO Rita, che ha concluso per l’accoglimento del quarto e del quinto motivo del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega verbale Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 1330 depositata l’11.7.2018 la Corte d’appello di Milano, in sede di reclamo L. n. 92 del 2012, ex articolo 1, comma 58, confermando la sentenza emessa dal Tribunale di Como in sede di opposizione, ha respinto la domanda di annullamento del licenziamento intimato il 5/4/2016 a (OMISSIS) dalla societa’ (OMISSIS) s.p.a. a seguito della perdita dell’appalto per la distribuzione del gas nei Comuni di Como e San Fermo e ai sensi del Decreto Ministeriale 21 aprile 2011, articolo 2 recante norme comuni per il mercato interno del gas.
2. La Corte territoriale, rilevato preliminarmente che il Decreto Ministeriale del 2011 prevede un passaggio diretto dei dipendenti all’impresa subentrante nel servizio di distribuzione del gas previa adozione di un atto da qualificarsi quale licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo da parte dell’impresa uscente, la cui posizione di societa’ controllata o controllante e’ irrilevante, ha accertato l’inclusione del (OMISSIS) nell’ambito delle “funzioni centrali dei servizi amministrativi” cosi’ come illustrati dal suddetto D.M., ed ha ritenuto legittimo il licenziamento in quanto collegato ad esigenze tecnico-produttive ed essendo stata altresi’ dimostrata l’esigenza di mantenere in azienda una figura con maggiore professionalita’ rispetto a quella di un impiegato addetto a mansioni di ordine.
3. Il lavoratore ha proposto, avverso tale sentenza, ricorso per cassazione affidato a cinque motivi illustrati da memoria. La societa’ ha depositato controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Con i primi due motivi il ricorrente denunzia omesso esame di un fatto decisivo e violazione e falsa applicazione dell’articolo 12 preleggi in relazione al Decreto Legislativo n. 164 del 2000, articolo 28 e al Decreto Ministeriale 21 aprile 2011, articoli 1 e 2 (ex articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5) avendo, la Corte territoriale, erroneamente interpretato il Decreto Ministeriale ritenendo inclusi tra i lavoratori destinatari del passaggio diretto all’impresa subentrante nell’appalto anche i dipendenti di societa’ (uscente) controllante o controllate, trascurando l’interpretazione letterale a vantaggio dell’intenzione del legislatore.
5. Con il terzo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione “di regola di diritto” in relazione al Decreto Legislativo n. 164 del 2000, articolo 28 e al Decreto Ministeriale 21 aprile 2011, articoli 1 e 2 (ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo, la Corte territoriale, impropriamente ritenuto la fattispecie in esame un licenziamento speciale rispetto alla tipologia regolata dalla L. n. 604 del 1966, articolo 3 e ritenendo, pertanto, il ricorrente di ribadire la critica diffusamente condotta nel corso del processo di necessaria riconduzione della questione alle regole che disciplinano il recesso del datore di lavoro.
7. Con il quarto motivo si denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, articolo 2 (ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo, la Corte territoriale, trascurato la violazione dei requisiti formali della lettera di licenziamento, sprovvista della motivazione posta a supporto del licenziamento.
8. Con il quinto motivo si denunzia nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 112 c.p.c. (ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4) avendo la Corte territoriale, omesso qualsiasi decisione sulla domanda, respinta dal Tribunale in sede di opposizione e riproposta con l’atto di reclamo, di accertamento del diritto al pagamento dell’indennita’ sostitutiva del preavviso.
9. I primi due motivi di ricorso non sono fondati.
Il Decreto Ministeriale 21 aprile 2011 recante “Disposizioni per governare gli effetti sociali connessi ai nuovi affidamenti delle concessioni di distribuzione del gas in attuazione del Decreto Legislativo 23 maggio 2000, n. 164, articolo 28, comma 6, recante norme comuni per il mercato interno del gas” recita:
“Art. 1. Definizioni.
1. Personale addetto alla gestione degli impianti di distribuzione del gas naturale e’ il personale, direttamente dipendente dalla societa’ concessionaria o da una societa’ da essa interamente controllata o dalla sua controllante, purche’ al 100%, che svolge, indipendentemente dalla sede di lavoro, una delle seguenti funzioni sull’impianto di distribuzione oggetto di gara: installazione e manutenzione condotte e impianti; allacciamento clienti; direzione lavori; programmazione lavori, coordinamento tecnico realizzazione impianti, coordinamento tecnico gestione impianti, reperibilita’, gestione e movimentazione odorizzante, ricerca dispersioni, attivita’ di accertamento della sicurezza degli impianti, aggiornamento cartografico, gestione automezzi, progettazione di dettaglio, protezione catodica, manutenzione impianti di telecontrollo, budgeting e reporting costi operativi, gestione dei cicli di lettura dei contatori, gestione degli approvvigionamenti e dei magazzini locali, posa, sostituzione e spostamento contatore; pronto intervento; lettura contatori;
gestione della qualita’ del servizio specifica dell’impianto. E’ escluso dalla definizione il personale che svolge una delle funzioni centrali.
2. Funzioni centrali sono la direzione dell’impresa, l’ingegneria, il vettoriamento, le tariffe e il rapporto con le istituzioni e l’Autorita’ per l’energia elettrica e il gas, la gestione centralizzata della qualita’ del servizio, il servizio legale, i servizi amministrativi, la gestione del personale, il servizio di supporto informatico, il call center, la gestione del patrimonio e dei servizi.
Art. 2. Tutela dell’occupazione del personale.
1. Il personale addetto alla gestione degli impianti di distribuzione del gas naturale oggetto di gara e una quota parte del personale che svolge funzioni centrali di supporto all’attivita’ di distribuzione e misura degli impianti stessi e’ soggetto, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro e salvo espressa rinuncia degli interessati, al passaggio diretto ed immediato al gestore subentrante, con la salvaguardia delle condizioni economiche individuali in godimento, con riguardo ai trattamenti fissi e continuativi e agli istituti legati all’anzianita’ di servizio.
2. La risoluzione del rapporto di lavoro di cui al comma 1 non comporta l’obbligo di liquidazione dell’indennita’ di preavviso. Il gestore uscente deve darne comunicazione per iscritto, almeno 25 giorni prima, alle rappresentanze sindacali costituite, a norma della L. 20 maggio 1970, n. 300, articolo 19, nelle unita’ interessate, nonche’ alle associazioni di categoria.
3. L’obbligo per il gestore subentrante di cui al comma 1 e’ limitato ad un numero di addetti per singolo gestore uscente non superiore alla somma del personale addetto alla gestione degli impianti di distribuzione oggetto di gara e ad una quota parte del personale che svolge funzioni centrali pari alla percentuale dei punti di riconsegna gestiti dal gestore uscente negli impianti oggetto di gara rispetto al totale dei punti di riconsegna gestiti dallo stesso gestore a livello nazionale, sulla base di una dichiarazione sottoscritta dal legale rappresentante del gestore uscente in conformita’ con il Libro Unico del Lavoro e relativa alla situazione 12 mesi prima della richiesta di informazioni per il bando di gara. Tale numero di addetti deve inoltre soddisfare la verifica di congruita’ di cui al comma 4.
4. Qualora il numero complessivo di addetti di cui al comma 3 comporti un numero di punti di riconsegna gestiti per addetto inferiore al valore soglia di 1500, il gestore uscente e’ tenuto a giustificarlo alla stazione appaltante sulla base di specificita’ locali. Qualora la stazione appaltante non ritenga sufficiente la giustificazione, il numero di addetti con obbligo di assunzione di cui al comma 3 e’ limitato ad un valore tale che il numero dei punti di riconsegna gestiti per addetto non sia inferiore al valore soglia di cui sopra o al 90% della media dei valori presentati dalle altre imprese che operano all’interno del territorio del Comune o dei Comuni oggetto di gara, qualora tale media sia inferiore a 1500.
5. In caso di limitazione del numero degli addetti in base ai criteri di cui al comma 4, ha priorita’ di assunzione il personale che opera nel territorio del Comune o dei Comuni oggetto di gara e, successivamente, l’eventuale personale con sede di lavoro al di fuori di esso, con priorita’ per chi opera in sedi piu’ prossime a tale territorio.
6. Al personale addetto alla gestione degli impianti di distribuzione e al personale che svolge funzioni centrali, che in seguito alle limitazioni di cui ai commi 3 e 4, risulti in esubero, si applicano gli ammortizzatori sociali previsti dalla normativa per le singole tipologie di impresa. Per i lavoratori dipendenti delle imprese a capitale interamente pubblico, si applicano gli ammortizzatori sociali in deroga, incluse le eventuali proroghe come ammesse dalla normativa vigente. Inoltre, per i due anni successivi alla data di inizio dell’affidamento della gestione della rete di distribuzione, il gestore subentrante si impegna alla loro assunzione, salvo espressa rinuncia degli interessati, prima di procedere a nuove assunzioni, a parita’ di esperienza e qualifica, per le localita’ di cui ha assunto la gestione per effetto del nuovo affidamento”.
Questa Corte ha gia’ affermato che, in base all’articolo 12 preleggi, nell’ipotesi in cui l’interpretazione letterale di una norma di legge o (come nella specie) regolamentare non sia sufficiente ad individuarne, in modo chiaro ed univoco, il relativo significato e la connessa portata precettiva, l’interprete deve ricorrere al criterio ermeneutico sussidiario costituito dalla ricerca, merce’ l’esame complessivo del testo, della mens legis. In particolare, qualora la lettera della norma medesima risulti ambigua, l’elemento letterale e l’intento del legislatore, insufficienti in quanto utilizzati singolarmente, acquistano un ruolo paritetico in seno al procedimento ermeneutico, si’ che il secondo funge da criterio comprimario e funzionale ad ovviare all’equivocita’ del testo da interpretare (Cass. n. 5128 del 2001, Cass. n. 20357 del 2017).
La Corte distrettuale si e’ conformata a detto principio e, utilizzando l’intenzione del legislatore quale criterio comprimario di ermeneutica, atto ad ovviare all’equivocita’ della formulazione del testo da interpretare, ha correttamente interpretato il Decreto Ministeriale 21 aprile 2011, articoli 1 e 2 attribuendo funzione definitoria autonoma all’inciso “quota parte del personale che svolge funzioni centrali di supporto di distribuzione e misura degli impianti stessi” in quanto rivolta a istituire un collegamento tra i due gruppi di personale (quelli direttamente implicati nelle attivita’ di distribuzione del gas e quelli posti a livello centrale per lo svolgimento di funzioni centrali), considerata la funzione ancillare o accessoria del secondo gruppo di personale rispetto al primo.
Ne’ appare dirimente, come suggerisce il ricorrente con riguardo al criterio strettamente letterale, il comma 2 dell’articolo 1 del Decreto Ministeriale il quale non fornisce la definizione del “personale” bensi’ delle “funzioni” (nella specie “centrali”).
10. Il terzo motivo e’ inammissibile.
Nel caso di specie difetta la necessaria riferibilita’ della censura alla motivazione della sentenza impugnata, in quanto la Corte territoriale ha ricondotto il recesso nell’alveo della disciplina ordinaria dettata dalla L. n. 604 del 1966 (della quale ha altresi’ riportato, quale inciso, parte del testo dell’articolo 3) rilevando che “… detto licenziamento non puo’ che inquadrarsi nell’ambito dei recessi per giustificato motivo oggettivo in quanto indubbiamente intimato per ragioni inerenti “all’attivita’ produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa” (pagg. 8 e 9 della sentenza impugnata). La Corte ha espressamente affermato che “anche nel caso di specie la salvaguardia prevista dal Decreto Ministeriale citato, emesso in applicazione del Decreto Legislativo n. 164 del 2000, non esonera il datore di lavoro dal rispetto delle norme in materia di licenziamento” (pag. 10) ed ha accertato che ricorrevano entrambi i requisiti che connotano il licenziamento per giustificato motivo oggettivo ossia l’esigenza tecnico-produttiva consistente nella cessione degli impianti di distribuzione del gas ed lo stretto nesso di causalita’ con le mansioni svolte dal lavoratore, la cui scelta era rispettosa dei criteri di buona fede e correttezza in quanto determinata dalla necessita’ di mantenere in azienda una figura con maggiore professionalita’.
La censura non coglie la ratio decidendi perche’ il ricorrente insiste sulla ricostruzione, da parte della Corte territoriale, di una fattispecie speciale e derogatoria rispetto alla disciplina dettata dalla L. n. 604 del 1966 ma nulla deduce sulla ricorrenza delle ragioni organizzative e produttive che – sulla base del presupposto giustificativo indicato dal Decreto Ministeriale 21 aprile 2011 (la perdita dell’appalto relativo all’attivita’ di distribuzione del gas e l’appartenenza del lavoratore ad una delle due categorie (nella specie coloro che sono addetti a funzioni centrali di supporto) avente diritto al passaggio diretto alle dipendente dell’impresa subentrante – la Corte ha ritenuto ricorrenti al fine di legittimare il datore di lavoro a procedere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
11. Il quarto motivo non e’ fondato.
Questa Corte ha affermato il principio di diritto, che in questa sede il Collegio intende ribadire, in base al quale il datore di lavoro ha l’obbligo di comunicare per iscritto i motivi del recesso, ma non e’ tenuto ad esporre specificamente tutti gli elementi di fatto e di diritto a base del provvedimento, essendo invece sufficiente che indichi la fattispecie di recesso nei suoi tratti e circostanze essenziali, cosi’ che in sede di impugnazione non possa invocare una fattispecie totalmente diversa (v. tra le altre, Cass. n. 3752 del 1985), e, a fortiori, non e’ certamente tenuto a fornire, in sede di esposizione dei motivi, anche la prova degli indicati motivi.
E’ stato altresi’ affermato che non e’ necessaria l’indicazione della inutilizzabilita’ aliunde nella motivazione del licenziamento per soppressione del posto, trattandosi di elemento implicito da provare direttamente in giudizio (cfr. Cass. n. 3752 del 1985).
Il suddetto principio e’ stato confermato anche a seguito delle modifiche medio tempore intervenute della L. n. 604 del 1966, articolo 2 (novellato dalla L. n. 92 del 2012, articolo 1, comma 37 che impone la specificazione dei motivi contestuale al licenziamento scritto) posto che la ratio della previsione legislativa sull’onere della forma era ed e’ sempre quella che la motivazione del licenziamento sia specifica ed essenziale e consenta al lavoratore di comprendere le effettive ragioni del recesso (che, con riguardo al licenziamento per giustificato motivo oggettivo, si sostanziano nella ragione inerente l’attivita’ produttiva, l’organizzazione del lavoro e il regolare funzionamento di essa, come richiesto dalla L. n. 604 del 1966, articolo 3), discendendo dai principi di immutabilita’ della motivazione e dall’orientamento consolidato di questa Corte in ordine alla delineazione dell’obbligo di repechage quale elemento costitutivo del licenziamento (cfr. Cass. n. 10435 del 2018) l’obbligo del datore di lavoro di dimostrare in giudizio l’impossibilita’ di adibire il lavoratore in altre mansioni. Invero, la novella legislativa si e’ limitata a rimuovere l’anomalia della possibilita’ di intimare un licenziamento scritto immotivato (e motivabile solo su richiesta) introducendo la contestualita’ dei motivi, lasciando immutata la funzione della motivazione (gia’ perseguita dal legislatore precedente la novella legislativa del 2012 e sottolineata da questa Corte) che e’ quella di far comprendere al lavoratore le effettive ragioni del recesso.
– In tema di licenziamento individuale, la novellazione della L. n. 604 del 1966, articolo 2, comma 2, per opera della L. n. 92 del 2012, articolo 1, comma 37, si e’ limitata a rimuovere l’anomalia della possibilita’ di intimare un licenziamento scritto immotivato, introducendo la contestualita’ dei motivi, ma non ha mutato la funzione della motivazione, che resta quella di consentire al lavoratore di comprendere, nei termini essenziali, le ragioni del recesso; ne consegue che nella comunicazione del licenziamento il datore di lavoro ha l’onere di specificarne i motivi, ma non e’ tenuto, neppure dopo la suddetta modifica legislativa, a esporre in modo analitico tutti gli elementi di fatto e di diritto alla base del provvedimento (Cass. n. 6678 del 2019).
La lettera di comunicazione di licenziamento ha chiaramente esplicitato la ragione dell’adozione del provvedimento richiamando il Decreto Ministeriale 21 aprile 2011, articolo 2, la cessione degli impianti di distribuzione del gas alla societa’ (OMISSIS) s.p.a. ed il passaggio diretto alle dipendenze della societa’ subentrante con salvaguardia delle condizioni economiche godute.
12. Il quinto motivo non e’ fondato.
Questa Corte ha affermato che non ricorre il vizio di omessa pronuncia (unica censura avanzata dal ricorrente), nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo (Cass. n. 29191 del 2017, Cass. n. 5351 del 2007).
La Corte territoriale ha osservato che il Decreto Legislativo n. 164 del 2000, articolo 28 e il Decreto Ministeriale 21 aprile 2011 hanno previsto, nei casi di subentro nella concessione per la distribuzione del gas naturale, un sistema di salvaguardia dei livelli occupazionali, disponendo ex lege il passaggio diretto ed immediato al gestore subentrante dei lavoratori coinvolti, con obbligo di mantenimento delle precedenti condizioni economiche. Lo scrutinio della legittimita’ del regolamento del 2011 (ove e’ espressamente prevista l’esclusione dell’obbligo di liquidazione dell’indennita’ di preavviso in caso di risoluzione del rapporto di lavoro) nonche’ la valutazione positiva della tutela approntata dalla fonte normativa di rango secondario a favore dei lavoratori che conservano le stesse condizioni economiche godute presso l’impresa uscente (e che evitano lo stato di disoccupazione normalmente conseguente al recesso datoriale) consentono di rinvenire chiaramente una pronuncia di rigetto in ordine alla domanda di liquidazione dell’indennita’ di mancato preavviso.
13. Va rilevato che altra causa (n. 24891/2018 R.G.) discussa nella medesima udienza (in relazione alla quale e’ stata confermata la sentenza del giudice di merito che ha dichiarato illegittimo il licenziamento ivi impugnato nei confronti di (OMISSIS) s.p.a.) ha – concordemente alla presente causa – confermato la ricostruzione esegetica della risoluzione del rapporto prevista dal Decreto Ministeriale 21 aprile 2011 quale licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ma ha avuto esito differente in considerazione del diverso quadro probatorio concernente la ricorrenza dei requisiti dettati dalla L. n. 604 del 1966, articolo 3.
14. In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite sono regolate secondo il criterio della soccombenza dettato dall’articolo 91 c.p.c..
15. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 (legge di stabilita’ 2013) pari a quello – ove dovuto – per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita’ liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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