Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 16 aprile 2018, n. 9385.
Il danno non patrimoniale da lesione della reputazione, alla stregua degli altri danni da lesione di diritti fondamentali, è un tipico danno-conseguenza e, perciò, non coincide con la lesione dell’interesse (ovvero non è in re ipsa); deve, pertanto, essere allegato e provato da chi chiede il relativo risarcimento.
Ordinanza 16 aprile 2018, n. 9385
Data udienza 22 marzo 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere
Dott. TRICOMI Irene – Consigliere
Dott. DI MARZIO Paolo – rel. est. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7966/2014 R.G., proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv.to (OMISSIS) del Foro di Venezia, giusta procura stesa in calce al ricorso, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv.to (OMISSIS), alla via (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura a margine del controricorso, dagli Avv.ti (OMISSIS) del Foro di Alba, e (OMISSIS) del Foro di Roma, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultima, alla via (OMISSIS);
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS) S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura conferita con atto notarile, dall’Avv.to (OMISSIS), ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, alla via (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1234 -, pronunciata dal Tribunale di Venezia il 26.4.2013, e depositata il 17.6.2013;
ascoltata la relazione svolta dal Consiglier Paolo Di Marzio;
la Corte osserva:
FATTI DI CAUSA
l’odierno ricorrente veniva richiesto dalla (OMISSIS) Spa di onorare le rate di un mutuo, che avrebbe contratto per l’acquisto di un computer portatile presso un esercizio di (OMISSIS) Spa. Non avendo contratto alcun mutuo con la societa’ istante, (OMISSIS), venuto anche a conoscenza che il suo nominativo era stato segnalato alla banca dati privata (OMISSIS) – diffuso sistema di informazioni creditizie – per non aver pagato delle rate di mutuo, conveniva in giudizio le due societa’. Contestava, innanzitutto, l’apocrifia delle sottoscrizioni del contratto di mutuo e, conseguentemente, domandava dichiararsi l’inefficacia del contratto nei suoi confronti. Chiedeva, inoltre, ordinarsi la cancellazione dell’annotazione del proprio nome nella banca dati dei cattivi pagatori, e disporsi il risarcimento del danno subito.
Il primo grado del giudizio si svolgeva innanzi al Tribunale di Venezia, che riteneva accertata la non genuinita’ delle firme apposte a nome del ricorrente sul contratto di mutuo, ed in conseguenza lo dichiarava inefficace nei suoi confronti. Disponeva, inoltre, la cancellazione del nominativo dell’odierno ricorrente dalla banca dati ” (OMISSIS)”, in cui era stato ingiustificatamente inserito.
Il (OMISSIS) rifiutava, poi, la proposta transattiva di risarcimento del danno mediante liquidazione, da parte delle due societa’, della somma di Euro 1.200.00, specificando che il danno da lui subito non aveva natura patrimoniale, bensi’ non patrimoniale.
Il giudice di prime cure, pero’, affermava nella sua decisione che l’iscrizione del (OMISSIS) al (OMISSIS) non costituiva un atto illecito, trattandosi di segnalazione automatica conseguente alla mancata osservanza dei termini di pagamento. Secondo il Tribunale, l’odierno ricorrente avrebbe dovuto, al fine di conseguire la cancellazione della segnalazione, produrre all’Istituto finanziatore (OMISSIS) Spa la denuncia penale che questa gli aveva sollecitato, ma non vi aveva provveduto. In ogni caso, l’odierno ricorrente non aveva indicato “specifici inconvenienti derivanti dall’iscrizione” al (OMISSIS), “e quindi nessun sostegno sussiste alla domanda di risarcimento del danno morale, ex articoli 2043 e 2059 c.c., che va rigettata” (sent. Trib. p. 3). Il Tribunale dichiarava compensate per meta’ le spese di lite, e condannava l’attore a rifondere le rimanenti in favore delle convenute.
Avverso la sentenza n. 1234 del 2013, pronunciata dal Tribunale di Venezia – avendo la Corte d’Appello lagunare dichiarato inammissibile l’interposto appello, pronunciando ai sensi dell’articolo 348 bis c.p.c., con ordinanza dep. il 22.1.2014 – ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi ad un unico articolato motivo, (OMISSIS). Resistono con controricorso (OMISSIS) Spa e (OMISSIS) Spa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 – Con il suo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’impugnante contesta la violazione o falsa applicazione degli articoli 2 e 3 Cost., nonche’ degli articoli 1223, 1226, 2043 e 2059 c.c., per avere l’Istituto di credito, sulla base di dati identificativi errati, acquisiti e forniti dalla asserita venditrice (OMISSIS) Spa, effettuato la segnalazione delsuo nominativo al (OMISSIS), sebbene egli non fosse affatto un debitore, come e’ stato accertato in corso di causa, e tantomeno un debitore insolvente. L’erronea “indicazione al pubblico di uno stato di insolvenza”, infatti, deve ritenersi condotta “di per se’ idonea a ledere l’onore e la reputazione del soggetto che lo subisce” (ric. p. 12). Diversamente, secondo l’odierno ricorrente, il Tribunale avrebbe dovuto aderire a “consolidata giurisprudenza in materia di danno non patrimoniale derivante dalla lesione del diritto ad onore e reputazione, che incontestabilmente identifica tale categoria come pregiudizio in re ipsa, il quale non abbisogna di alcuna dimostrazione ulteriore” (ric. p. 10).
2.1. – Il ricorrente lamenta che, accertata la falsita’ della sottoscrizione del contratto di mutuo, a lui attribuita, la segnalazione del suo nominativo alla banca dati privata (OMISSIS) sarebbe risultata illegittima, e troverebbe causa nella negligenza delle controricorrenti. Dalla descritta condotta illegittima sarebbe derivato un danno all’onore ed alla reputazione dell’impugnante da ristorare, e suscettibile di prova per presunzioni.
(OMISSIS) Spa, che aveva domandato al ricorrente il pagamento delle rate per l’acquisto di un computer portatile, si difende affermando che l’apocrifia delle sottoscrizioni del contratto di mutuo non e’ stata accertata nel corso del giudizio. Sostiene, inoltre, che se, come afferma lo stesso ricorrente, il danno non gli sarebbe derivato dall’iscrizione al (OMISSIS) in se’, bensi’ dall’erronea comunicazione del suo nominativo alla banca dati privata, deve allora evidenziarsi che la descritta condotta e’ ascrivibile alla sola Banca, che ha effettuato la segnalazione. Unico soggetto legittimato a domandare il ristoro di un pregiudizio alla rivenditrice (OMISSIS), pertanto, potrebbe essere proprio la Banca mutuante (OMISSIS).
Occorre in proposito rilevare che la falsita’ della sottoscrizione del contratto di mutuo, attribuita erroneamente al ricorrente, risulta accertata con efficacia di giudicato dal Tribunale di Venezia non essendo stata, la sua pronuncia in materia, impugnata da alcuno.
(OMISSIS) Spa, l’Istituto di credito mutuante, si difende affermando innanzitutto l’inammissibilita’ del ricorso, perche’ controparte contesterebbe, in realta’, un vizio di motivazione. La Banca afferma pure che, ove il ricorrente avesse provveduto a denunciare alla pubblica autorita’ il furto d’identita’ di cui sarebbe rimasto vittima, la Banca avrebbe tempestivamente provveduto a richiedere la cancellazione dell’iscrizione della segnalazione al (OMISSIS). Anche l’Istituto di credito, poi, afferma che non vi sarebbe stato accertamento della falsita’ della sottoscrizione del contratto di mutuo (p. 11 del controricorso), ma questo argomento, occorre ribadirlo, e’ infondato, perche’ la falsita’ della sottoscrizione e’ stata accertata dal Tribunale con pronuncia definitiva sul punto.
Puo’ quindi osservarsi che, essendo stata accertata la falsita’ della sottoscrizione del mutuatario, deve ritenersi integrata anche la negligenza nell’accertamento della identita’ del reale contraente. La segnalazione alla banca dati (OMISSIS) dei cattivi pagatori e’ stata quindi effettuata in conseguenza di colpa.
Rimane pero’ da verificare se l’indebita iscrizione di un nominativo nella banca dati dei cattivi pagatori sia suscettibile di comportare un danno, e se vi sia la prova della ricorrenza, nel caso di specie, degli elementi costitutivi di un danno risarcibile. In ordine alla astratta configurabilita’ del danno, questa Corte ha gia’ avuto modo di osservare che “la banca” mutuante “che segnali al gestore dell’archivio dei debitori insolventi (cosiddetto (OMISSIS)) il nominativo del mutuatario, il cui inadempimento all’obbligo di restituzione della somma mutuata si riveli essere, al momento della segnalazione stessa, conseguenza di un disguido ad esso non imputabile, integra la violazione del fondamentale dovere di solidarieta’ inerente al rapporto contrattuale, in forza del quale ciascun contraente e’ tenuto a non pregiudicare ingiustificatamente le ragioni dell’altro”, Cass. sez. 1, sent. 7.11.2011, n. 2 033. Il Collegio ritiene l’orientamento condivisibile, ed intende conformarvisi. Pertanto, un danno conseguente ad una segnalazione indebita e’ configurabile.
Il Giudice di prime cure ha pero’ ritenuto, nel caso ora in esame, di negare il ristoro del pregiudizio sofferto dall’odierno ricorrente, affermando che egli “non ha indicato specifici inconvenienti derivanti” dall’iscrizione, “(rifiuto di mutui, altre segnalazioni o conseguenze concretamente pregiudizievoli) e quindi nessun sostegno sussiste alla domanda di risarcimento del danno morale, ex articoli 2043 e 2059 c.c., che va quindi rigettata)” (sent. Trib., p. 3). Invero, il danno da lesione di diritti assoluti della personalita’ costituzionalmente protetti, quale la reputazione, che sia derivato da condotta colpevole, puo’ essere provato mediante presunzioni, ed e’ un danno conseguenza suscettibile di quantificazione in via equitativa. Trattasi di questione di diritto, e non di motivazione. Nel caso in esame, pero’, il Tribunale ha ritenuto non integrata la prova del pregiudizio sofferto, non avendo il ricorrente neppure allegato, con un minimo di specificita’, quale fosse il pregiudizio di cui sarebbe rimasto vittima. Questa chiara ratio decidendi non ha trovato nell’argomentare del ricorrente una critica specifica da esaminare, essendosi l’impugnante limitato a riproporre la propria tesi della configurabilita’ di un danno in re ipsa.
Diversamente questa Corte condivide ed intende pertanto assicurare continuita’ al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita’, recentemente confermato, secondo cui “il danno non patrimoniale” da lesione di diritti fondamentali, “quale tipico danno-conseguenza, non coincide con la lesione dell’interesse (ovvero non e’ in re ipsa) e, pertanto, deve essere allegato e provato da chi chiede il relativo risarcimento, anche se, trattandosi di un pregiudizio proiettato nel futuro, e’ consentito il ricorso a valutazioni prognostiche ed a presunzioni sulla base di elementi obbiettivi che e’ onere del danneggiato fornire”, Cass. sez. 3, ord. 18.1.2018, n. 907 (in senso analogo, Cass. sez. 1, sent. 25.1.2017, n. 1931), essendo stato anche chiarito che, “in materia di responsabilita’ civile… e’ configurabile il risarcimento del danno non patrimoniale, da identificarsi con qualsiasi con conseguenza pregiudizievole della lesione… di diritti della personalita’ costituzionalmente protetti, ivi compreso quello all’immagine, il cui pregiudizio, non costituendo un mero danno-evento, e cioe’ in re ipsa, deve essere oggetto di allegazione e prova, anche tramite presunzioni semplici”, Cass. sez. 3, sent. 13.10.2016, n. 20643. Questo indirizzo giurisprudenziale, del resto, segue l’autorevole orientamento proposto dalle stesse Sezioni Unite della Suprema Corte, le quali hanno da tempo chiarito che e’ “da respingere… l’affermazione che nel caso di lesione di valori della persona il danno sarebbe in re ipsa, perche’ la tesi snatura la funzione del risarcimento, che verrebbe concesso non in conseguenza dell’effettivo accertamento di un danno, ma quale pena privata per un comportamento lesivo”, Cass. SU, sent. 11.11.2008, n. 26972. Infine, per quanto necessita, merita ancora di essere ricordato che la Suprema Corte ha anche avuto modo di specificare che “in tema di responsabilita’ civile… il danno all’onore ed alla reputazione, di cui si invoca il risarcimento, non e’ in re ipsa, identificandosi il danno risarcibile non con la lesione dell’interesse tutelato dall’ordinamento ma con le conseguenze di tale lesione, sicche’ la sussistenza di siffatto danno non patrimoniale deve essere oggetto di allegazione e prova, anche attraverso presunzioni”, Cass. sez. 3, sent. 26.10.2017, n. 25420. In questo giudizio, pero’, il ricorrente si e’ limitato ad insistere sulla propria tesi della ricorrenza, nel caso di specie, di un danno in re ipsa, anziche’ impegnarsi a fornire la prova, anche presuntiva, del danno ingiusto che afferma di avere subito.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso proposto da (OMISSIS).
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore delle resistenti, e le liquida, per ciascuna, in complessivi Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
Dispone, ai sensi del Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196, articolo 52, comma 5, che, in caso di riproduzione per la diffusione della presente decisione, le generalita’ e gli altri dati identificativi delle parti e dei soggetti menzionati siano omessi.
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