Il custode di beni sottoposti a sequestro giudiziario

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 14 giugno 2019, n. 16057.

La massima estrapolata:

Il custode di beni sottoposti a sequestro giudiziario, in quanto rappresentante di ufficio, nella sua qualità di ausiliario del giudice, di un patrimonio separato, costituente centro di imputazione di rapporti giuridici attivi e passivi, risponde direttamente degli atti compiuti in tale veste, anche se in esecuzione di provvedimenti del giudice ai sensi dell’art. 676 c.p.c., ed è pertanto legittimato a stare in giudizio, attivamente e passivamente, limitatamente alle azioni relative a tali rapporti, attinenti alla custodia ed amministrazione dei beni sequestrati.

Ordinanza 14 giugno 2019, n. 16057

Data udienza 11 ottobre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CORRENTI Vincenzo – Presidente

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

Dott. Dongiacomo Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 13764/2015 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma, p.zza Cavour presso la cancelleria della Corte di cassazione e rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), e dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SRL, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS) SPA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 859/2014 della Corte d’appello di Venezia, depositata il 02/04/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 11/10/2018 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

RILEVATO

che:
– il presente giudizio trae origine, per quanto qui di interesse, dal ricorso per reintegra e/o manutenzione e per denuncia di nuova opera proposto da (OMISSIS) del proprio “(OMISSIS)” nei confronti della societa’ (OMISSIS) s.r.l., della (OMISSIS) e del custode giudiziario (OMISSIS), quest’ultimo designato a seguito di sequestro giudiziario disposto sul predetto fondo, appartenente alla comunione ereditaria nell’ambito della causa di divisione promossa dallo stesso (OMISSIS) nei confronti della sorella (OMISSIS);
– il ricorso possessorio era stato respinto per difetto sia di legittimazione attiva in capo al (OMISSIS) che per difetto del requisito oggettivo dello spoglio o della turbativa;
– era altresi’ stata rigettata l’azione di denuncia di nuova opera per essere i lavori in contestazione gia’ ultimati al momento di proposizione dell’istanza;
– proposto reclamo, lo stesso era respinto;
– anche la pronuncia del Tribunale di Verona del 2007 e riguardante il merito possessorio rigettava le domande dello (OMISSIS) ribadendo l’insussistenza della legittimazione attiva e del requisito dello spoglio o turbativa;
– proposta impugnazione la Corte d’appello di Venezia con la sentenza n. 854 depositata il 2/4/2014 respingeva l’appello proposto dal (OMISSIS);
– la cassazione della suddetta sentenza e’ stata chiesta da (OMISSIS) con ricorso notificato il 18/5/2015 a (OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS) s.r.l. (d’ora in poi solo (OMISSIS)) ed al custode (OMISSIS), cui resistono con controricorso le societa’ (OMISSIS) ed il custode (OMISSIS);
– non ha svolto attivita’ difensiva l’intimata (OMISSIS) s.p.a.;
– parte ricorrente ed il controricorrente (OMISSIS) hanno depositato memorie.

CONSIDERATO

che:
– con il primo motivo il ricorrente deduce, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione di legge per avere il giudice d’appello ritenuto il difetto di legittimazione attiva in capo al ricorrente;
– il motivo e’ inammissibile ai sensi dell’articolo 360 bis c.p.c., poiche’ la Corte d’appello di Venezia ha coerentemente applicato il consolidato orientamento secondo cui “il custode di beni sottoposti a sequestro giudiziario, in quanto esponente e rappresentante di un patrimonio separato, costituente centro di imputazione di rapporti giuridici attivi e passivi, risponde direttamente degli atti compiuti in siffatta veste, quand’anche in esecuzione di provvedimenti del giudice ai sensi dell’articolo 676 c.p.c., e, pertanto, e’ legittimato a stare in giudizio attivamente e passivamente in relazione a tali rapporti e per la tutela degli interessi che vi si collegano (Cass. 7354/1991; id. 10252/2002; id. 8483/2013);
– peraltro non appaiono rilevanti ai fini della individuazione del soggetto legittimato attivo rispetto alla tutela a suo tempo invocata le pronunce indicate dal ricorrente e riguardanti gli sviluppi successivi del cospicuo contenzioso che aveva contraddistinto la divisione della comunione ereditaria fra i fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS), atteso che la legittimazione deve sussistere al momento della proposizione della domanda e fino alla decisione;
– neppure rilevano le circostanze allegate dal (OMISSIS) in relazione all’asserito conflitto di interesse con il custode, essendo ogni dubbio sul punto gia’ stato esaminato nella sentenza impugnata;
– la corte veneziana aveva, infatti, escluso (cfr. pag. 14 della sentenza) sia la configurabilita’ di una gestione altrui, sia e soprattutto, la sussistenza di un interesse dello (OMISSIS) ad evitare possibili danni derivanti dalla supposta collusione del custode con l’affittuaria del fondo sequestrato (OMISSIS), e cio’ sulla scorta della sentenza del Tribunale penale del 2010 che aveva assolto il custode dal reato di cui all’articolo 323 c.p. perche’ il fatto non sussiste a seguito della denuncia sporta dalla (OMISSIS) stesso;
– con il secondo motivo si censura, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la conclusione formulata dai giudici di merito con riguardo alla ritenuta assenza del requisito oggettivo dello spoglio;
– si denuncia, in particolare, che l’omesso esame di materiale probatorio avrebbe condotto all’illegittima conclusione secondo la quale le opere eseguite sul (OMISSIS) e qualificate in termini di violazioni delle obbligazioni scaturenti dal contratto di affitto, non avrebbero “snaturato la vocazione agricola del fondo”;
– la doglianza riguarda l’apprezzamento di fatto svolto dal giudice d’appello, il quale ha specificamente esaminato il secondo motivo d’impugnazione e, sulla scorta delle considerazioni contenute nella relazione del ctu (OMISSIS), ritenuto che le opere realizzate dall’affittuaria (OMISSIS) non erano irreversibili ed avevano conservato la vocazione agricola del fondo;
– si tratta di una motivazione che non presenta il vizio di omesso esame di fatto decisivo e che non appare neppure aggredita nei limiti ora consentiti dal testo riformato dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5;
– il ricorso deve pertanto essere necessariamente respinto; -in applicazione del principio di soccombenza, parte ricorrente va condannata alla rifusione delle spese di lite a favore dei controricorrenti nella misura liquidata in dispositivo;
– ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore dei controricorrenti e liquidate in Euro 3200,00 di cui Euro 200,00 a favore di (OMISSIS) ed in Euro 2700,00 di cui Euro 200,00 per spese a favore di (OMISSIS) s.r.l., oltre per entrambi, 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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